Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 03-12-2010) 05-01-2011, n. 210 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza depositata in data 1/2/2010 la Corte di Appello di Roma ha esaminato l’istanza proposta da A.G. volta alla applicazione ex art. 671 c.p.p. del regime della continuazione tra i reati di cui alle sentenze:

– Corte di Appello di Roma in data 5/10/2004 recante condanna per i reati di cui agli artt. 468 e 646 c.p., D.L. n. 429 del 1982, art. 4, n. 1 conv. in L. n. 516 del 1982, commessi tra (OMISSIS), e per il reato di cui all’art. 368 c.p. commesso il (OMISSIS);

– Tribunale di Roma in data 8/5/2003 recante condanna per il reato di cui all’art. 110 c.p., L. Fall., art. 216, n. 1 e art. 223 commesso nel (OMISSIS);

– Corte di Appello di Roma in data 10/7/2008 recante condanna per il reato di cui all’art. 110 c.p., L. Fall., artt. 216 e 219 commesso il (OMISSIS).

All’esito della disamina la Corte, quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza sull’assunto che, di nessun rilievo essendo il collegamento dei vari episodi alla professione di commercialista dell’ A., difettava la prova di un collegamento teleologico in sede di previa risoluzione criminosa, avendo riguardo alla diversità di oggettività giuridica dei reati (falsi, appropriazioni indebite, reati fiscali, reati fallimentari e calunnia), alla loro distribuzione in ben nove anni di tempo ed alla commissione di alcuni uti singulus e di altri come concorrente.

Per l’annullamento di tale ordinanza il difensore del ricorrente ha proposto ricorso il 16/2/2010.

Motivi della decisione

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza o radicale irricevibilità delle formulate doglianze.

Il ricorrente difensore ha lamentato una sostanziale disapplicazione del regime della continuazione, avendo la Corte di merito obliterato la condizione professionale dell’ A., commercialista, ed il suo operare costantemente o in concorso o in conflitto con i propri clienti ma comunque in un contesto omogeneo di appropriazioni e falsificazioni. Le censure formulate nel ricorso, al di là di quei profili puramente valutativi e di fatto e, come tali, non ricevibili in questa sede, non offrono alcun elemento per far ritenere incongrua sul piano logico la valutazione negativa che il giudice del merito ha formulato con riguardo alla riconducibilità allo stesso previo disegno criminoso degli episodi descritti nelle tre sentenze. Ed infatti, e come ben evidenziato, se la prima vicenda afferisce a pluralità di falsi ed appropriazioni indebite nei riguardi di propri clienti, realizzati tra il (OMISSIS), la seconda coinvolge una distrazione da una società, poi fallita, commessa dall’ A. quale amministratore, nel 1992 (data della vendita dell’immobile della società) e la terza conclama una diversa bancarotta per distrazione di una diversa società dall’ A. amministrata, nell’anno 1993.

Appare quindi immune da vizi logici la sottolineatura della diversità dei fatti, delle modalità, dei soggetti e dei tempi nonchè la conclusione della non riconducibilità degli episodi allo stesso disegno criminoso, a nulla valendo addurre che tutti gli episodi vennero commessi nell’esercizio della professione di commercialista essendo detta professione di per sè sola un elemento che certamente consente ma che altrettanto certamente non unifica gli episodi stessi.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente A. G. al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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