Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 01-12-2010) 05-01-2011, n. 197

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza in data 12.2.2010 il giudice di pace di Treviglio condannava B.A., identificato mediante accertamenti A.F.I.S. (Automated Fingerprint Identification System), per il reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 10 bis alla pena di Euro 4.000 di ammenda, sostituita, ai sensi del D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 62- bis con la misura dell’espulsione dal territorio dello Stato per un periodo di cinque anni.

2. Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Brescia denunciando l’erronea applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 16, comma 1 e contraddittorietà manifesta della motivazione, chiedendo l’annullamento della sentenza limitatamente all’applicazione della sanzione sostitutiva.

Ad avviso del ricorrente il giudice di pace ha applicato la misura dell’espulsione in sostituzione della pena pecuniaria sulla base di ragioni di opportunità e convenienza, omettendo di valutare la sussistenza di condizioni ostative all’espulsione di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 1, (come è, invece, espressamente previsto dall’art. 16, comma 1 del T.U.) tenuto conto, peraltro, che nel caso di specie l’imputato era sedicente e sprovvisto di qualsivoglia documento attestante la sua identità e nazionalità.

Motivi della decisione

1. Il Giudice di pace ha disposto, ai sensi del D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 62-bis la sostituzione della ammenda, inflitta per il reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 10-bis con la misura dell’espulsione prevista dall’art. 16, comma 1, del medesimo T.U..

Il ricorrente impugna siffatta statuizione denunziando violazione di legge e vizi della motivazione in ordine alla sussistenza delle condizioni ostative di cui del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 1.

Devono essere, invero, preliminarmente valutate le ricadute della sostituzione della pena pecuniaria con la misura dell’espulsione sulla individuazione del regime delle impugnazioni alla luce della disciplina dettata dal D.Lgs. n. 274 del 2000, artt. 36 e 37 tenuto conto, peraltro, che questa Corte ha già affermato l’appellabilità della sentenza di condanna per la contravvenzione di ingresso soggiorno illegale che abbia applicato l’espulsione a titolo di sanzione sostitutiva (Sez. 1, 28 ottobre 2010, n. 20252, El Halawani, non massimata).

2. Il sottosistema delle impugnazioni disciplinato dal D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274 del 2000, in attuazione dei criteri fissati dalla Legge Delega 24 novembre 1999, n. 468, appare chiaramente ispirato alla ratio di consentire sia alla parte pubblica sia all’imputato di proporre appello avverso le sentenze che, in qualsivoglia modo, si discostino dalla mera condanna all’ammenda, irrogando una pena diversa da quella pecuniaria o comunque infliggendo una condanna aggiuntiva, pur se relativa soltanto al risarcimento del danno.

Tanto si delinea con tutta evidenza nella Relazione governativa al D.Lgs. n. 274 del 2000, laddove relativamente al regime delle impugnazioni è stato indicato che il criterio di delega specifico, contenuto nell’art. 17, comma 1, lett. n) – che espressamente prevedeva l’appellabilità delle sentenze emesse dal giudice di pace, ad eccezione di quelle che applicano la sola pena pecuniaria e di quelle di proscioglimento relative a reati puniti con la sola pena pecuniaria – doveva prevalere rispetto al disposto generale del successivo art. 18, che aveva sostituito l’art. 593 cod. proc. pen., comma 3 stabilendo, in via generale, l’inappellabilità delle sentenze di condanna relative a reati per i quali era stata applicata la sola pena dell’ammenda.

A fondamento di tale prevalenza veniva sottolineato, sotto il profilo formale, il carattere speciale della disposizione di delega, e, dal punto di vista sostanziale, "la natura, non professionale, del primo giudice e la particolare semplificazione del procedimento". Pertanto, un giudizio di primo grado connotato da tali elementi rendeva opportuno "ampliare le possibilità di appello dinanzi al giudice professionale".

Il criterio di delega è stato, quindi, consapevolmente interpretato "nel senso di sottrarre alla garanzia del secondo grado di merito le pronunce che rechino condanna alla sola pena pecuniaria, e non anche quelle nelle quali sia statuita una ulteriore condanna (sia pur relativa all’azione civile)".

Sulla conformità della scelta operata dal legislatore delegato alla formulazione letterale del principio direttivo recato dalla L. n. 468 del 1999, art. 17, comma 1, lett. n), e agli indirizzi generali della delega in materia di procedimento penale davanti al giudice di pace, si è già peraltro espressa la Corte Costituzionale con la sentenza n. 426 del 2008 e, quindi, con l’ordinanza n. 32 del 2010, evidenziando, fra l’altro: che "il legislatore delegante ha inteso attribuire una portata generale alla previsione dell’appellabilità delle sentenze del giudice di pace, configurando come eccezioni, dunque di stretta interpretazione, le ipotesi di loro inappellabilità"; che coerentemente il legislatore delegato ha dato rilievo concreto "al grado di afflittività delle pronunce"; che non poteva operarsi alcun raffronto con il sistema dell’inappellabilità istituito dall’art. 593 c.p.p. comma 3, perchè "il procedimento penale davanti al giudice di pace configura un modello di giustizia non comparabile con quello davanti al tribunale, in ragione dei caratteri peculiari che esso presenta".

I principi affermati – sebbene le questioni di legittimità costituzionale esaminate avevano esclusivo riguardo all’appellabilità delle sentenze recanti condanna al risarcimento del danno – possono, evidentemente, costituire canoni ermeneutici anche con riferimento alla questione in esame della appellabilità della sentenza con la quale il giudice di pace applica la sanzione sostitutiva dell’espulsione.

3. Nè può ritenersi dirimente la natura meramente amministrativa della sanzione sostitutiva in esame, secondo quanto affermato dalla Corte Costituzionale con l’ordinanza n. 369 del 1999.

Non può, invero, più dubitarsi che l’espulsione con accompagnamento alla frontiera "inerisce alla materia regolata dall’art. 13 della Costituzione, in quanto presenta quel carattere di immediata coercizione che qualifica, per costante giurisprudenza costituzionale, le restrizioni della libertà personale" (C. Cost. n. 105 del 2001) e che anche la espulsione coattiva disposta dal giudice in sede di condanna in sostituzione della pena ben "possa costituire in concreto per lo straniero, non già un beneficio, ma una sanzione alternativa dal contenuto ancor più afflittivo di quello proprio di una pena detentiva".

Nè può sottovalutarsi che, stante il tenore formale del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 16, comma 1 deve ritenersi che la sostituzione della pena con la misura dell’espulsione abbia natura discrezionale, come, del resto – sia pure incidentalmente – ha affermato il giudice delle leggi nella recente decisione n. 250 del 2010. 4. Solo in apparenza confligente con la soluzione qui condivisa dell’appellabilità della sentenza del giudice di pace che applica la sanzione sostitutiva appare il dictum della sentenza delle S.U., 3 febbraio 1995, n. 7902, Bonifazi, (rv. 201546, massimata nel senso che "l’impugnazione esperibile avverso sentenza di condanna per contravvenzione per la quale sia stata inflitta la sola pena dell’ammenda, in tutto od in parte come sanzione sostitutiva dell’arresto, è l’appello e non il ricorso per cassazione"). La pronuncia fa leva principalmente sulla ricostruzione della portata dell’art. 593 c.p.p., comma 3, mentre nel caso in esame – come si è detto – la disciplina di riferimento è quella specifica dettata dal D.Lgs. n. 274 del 2000. 5. Tanto considerato, il ricorso, con il quale si prospettano anche vizi della motivazione, deve dunque, ai sensi dell’art. 568 c.p.p., comma 5 e art. 569 c.p.p., comma 3, essere qualificato appello e trasmesso al Tribunale di Bergamo per il giudizio sull’impugnazione.

P.Q.M.

Qualificato il ricorso come appello, dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Bergamo.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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