Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 01-12-2010) 05-01-2011, n. 182

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza in data 12.10.2009 il giudice di pace di Bologna affermava la penale responsabilità di A.B. in ordine al reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 10 bis perchè – come si legge nell’imputazione – si tratteneva nel territorio dello Stato pur essendo privo di permesso di soggiorno o di idonea documentazione attestante la richiesta ovvero la dichiarazione di soggiorno breve L. n. 68 del 2007, ex art. 1 accertato il (OMISSIS).

Nella sentenza viene preliminarmente riportata la complessa ed articolata ordinanza con la quale il giudice ha rigettato la questione di legittimità costituzionale delle norme di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 10 bis e art. 16 sollevata in via preliminare dal pubblico ministero.

2. Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia.

Con un primo motivo denuncia vizio di motivazione in relazione all’ordinanza di rigetto sui diversi profili della questione di legittimità costituzionale sollevata dal pubblico ministero.

Con il secondo motivo denuncia vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della sussistenza di un giustificato motivo.

Sul punto, ad avviso del ricorrente, il giudice, pur avendo ritenuto in astratto la possibilità di estendere anche alle fattispecie di cui all’art. 10 bis la previsione del giustificato motivo contenuta in altre disposizioni del D.Lgs. n. 286 del 1998, avrebbe omesso la motivazione in ordine alla insussistenza nel caso concreto della causa di giustificazione.

Il ricorrente, quindi, chiede che la Corte sollevi la questione di legittimità costituzionale e/o annulli la sentenza impugnata.

Motivi della decisione

1. Nella sentenza impugnata viene riportata l’articolata ordinanza con la quale il giudice di pace ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata con riferimento ad una pluralità di profili dal pubblico ministero in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 10 bis e art. 16.

Il ricorrente lamenta il vizio di motivazione, nonchè, la violazione di legge della sentenza avuto riguardo alla ritenuta infondatezza della questione.

Deve essere, innanzitutto, ribadito che non può essere dedotto sotto forma di difetto di motivazione la carente considerazione riservata dal giudice di merito alle questioni di legittimità costituzionale prospettate dalla parte. Il provvedimento negativo relativo alla questione di costituzionalità è, infatti, in sè non impugnabile, ben potendo essere riproposta la questione in ogni grado del giudizio (Sez. 6, 19 febbraio 1997, n. 706, Grafini, rv. 208126); a condizione, evidentemente, che sussista la rilevanza per la definizione del giudizio, nel senso che dall’invocata dichiarazione di illegittimità possa conseguire una pronuncia favorevole in termini di annullamento, totale o parziale, del provvedimento (Sez. 1, 10 dicembre 2008, n. 409, Sardelli, rv. 242456; Sez. 1, 11 novembre 2009, n. 45511, Papandrea, rv. 245509).

Nella specie il ricorrente si limita a censurare le argomentazioni poste a fondamento della valutazione del giudice sulla questione di legittimità costituzionale sollevata dal pubblico ministero – che, peraltro, non allega – ma non indica, se non genericamente, i profili specifici della pretesa illegittimità delle norme.

Peraltro, per quel che si desume dalla motivazione della sentenza impugnata, tutti le questioni di legittimità costituzionale sottoposte dal pubblico ministero alla valutazione del giudice rientrano tra quelle esaminate e decise dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 250 del 2010. 2. Quanto al secondo motivo con il quale il ricorrente si duole della mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza del "giustificato motivo" idoneo ad escludere la punibilità dell’imputato, si tratta, all’evidenza, di censura del tutto generica, non supportata da alcuna indicazione di una prospettata o prospettabile circostanza idonea a ritenere il giustificato motivo.

3. La manifesta infondatezza del ricorso impone la declaratoria di inammissibilità dello stesso ai sensi dell’art. 591 c.p.p. e art. 606 c.p.p., comma 3.

Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma ritenuta congrua di Euro 1.000,00 (mille) in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di mille Euro alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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