T.A.R. Toscana Firenze Sez. II, Sent., 05-01-2011, n. 14 Amministrazione pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso a questo Tribunale, notificato il 21 luglio 2008 e depositato il successivo 29 luglio, la società indicata in epigrafe chiedeva l’annullamento, previa sospensione, delle ordinanze pure sopra indicate che disponevano alcune disposizioni in ordine all’orario di chiusura del pubblico esercizio da lei gestito.

In particolare, la ricorrente evidenziava che, con l’ordinanza n. 519 del 30 maggio 2008 – sulla base di un rapporto della Polizia Municipale del 17 maggio 2008 che riscontrava apertura del locale ancora alle ore 2,20 nonché presenza di circa 100 persone all’esterno dello stesso intente a consumare e presenza di bicchieri di vetro abbandonati e/o frantumati a terra – il Sindaco di Firenze ordinava la riduzione dell’orario di apertura al pubblico alle ore 1,00 fino al 30 settembre 2008 nonché altre specifiche prescrizioni per regolare l’affluenza del pubblico e tenere le aree esterne pulite e prive di rifiuti; con la successiva ordinanza n. 535 del 6 giugno 2008 – su richiesta di riesame da parte della ricorrente – il medesimo Sindaco disponeva la revoca della precedente, ordinando comunque all’interessata che "1) le porte esterne del locale siano tenute chiuse dalle ore 23.00 in poi; 2) sia tenuto del personale all’esterno del locale, dalle ore 23,00 in poi, per dissuadere la clientela dal disturbare la cittadinanza con comportamenti inopportuni, per impedire l’asporto di bevande o bicchieri fuori dal locale o dagli spazi autorizzati e per far mantenere le aree esterne al locale pulite e prive di rifiuti abbandonati; 3) la somministrazione cessi comunque allorquando l’affluenza di persone dentro al locale sia al limite della normale fruibilità e circolazione degli avventori in sicurezza o fuori dal locale sia tale da creare disagio o disturbo alla cittadinanza".

La ricorrente, quindi, lamentava quanto segue.

"I MOTIVO: VIOALAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 7, 8, 10 DELLA LEGGE 241/90; ECCESSO DI POTERE PER VIOLAZIONE DEI PRINCIPI COSTITUZIONALI DI BUONA AMMINISTRAZIONE ART. 97 COST. E DEI PRINCIPI DI LEGALITA" E EFFICACIA DELL’AZIONE AMMINISTRATIVA".

La prima ordinanza era stata emanata in assenza di ogni avviso di avvio del procedimento, con violazione del principio della partecipazione, sempre applicabile, soprattutto in assenza di presupposti di celerità, come nel caso di specie.

"II MOTIVO: VIOALAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 7, 8, 10 E 10 BIS DELLA LEGGE 241/90; ECCESSO DI POTERE PER VIOLAZIONE DEI PRINCIPI COSTITUZIONALI DI BUONA AMMINISTRAZIONE ART. 97 COST. E DEI PRINCIPI DI LEGALITA" E EFFICACIA DELL’AZIONE AMMINISTRATIVA".

La seconda ordinanza era stata comunicata in data 6 giugno 2008 e riproponeva alcune prescrizioni contestate, su cui si fondava l’istanza di riesame presentata dalla ricorrente, senza provvedere alla previa comunicazione dei motivi ostativi ai sensi dell’art. 10 bis l.n. 241/90.

"III MOTIVO: VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 54 DEL D.LGS. 267/2000; DELL’ART. 3 DELLA LEGGE 241/90; DELL’ART. 34 DELLO STATUTO COMUNALE; ECCESSO DI POTERE PARTICOLARMENTE SOTTO IL PROFILO DELL’OMISIONE E DELLA CARENZA DI MOTIVAZIONE, DELLO SVIAMENTO DI POTERE, DELLA CARENZA DI ISTRUTTORIA, DEL FALSO PRESUPPOSTO IN FATTO, DELLA INGIUSTIZIA MANIFESTA E DELLA DISPARITA" DI TRATTAMENTO".

Il rapporto della Polizia Municipale su cui si fondava la prima ordinanza impugnata non era stato reso immediatamente disponibile per l’interessata, in violazione dei principi propri della motivazione "per relationem". Comunque le affermazioni poste alla base di detto rapporto non risultavano veritiere né corrette e l’Amministrazione non aveva tenuto nel debito conto le iniziative che la ricorrente nel corso degli anni aveva posto in essere proprio per evitare disturbi alla quiete pubblica.

"IV MOTIVO: VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 54 DEL D.LGS. 267/2000; DELL’ART. 3 DELLA LEGGE 241/90; DELL’ART. 34 DELLO STATUTO COMUNALE; ECCESSO DI POTERE PARTICOLARMENTE SOTTO IL PROFILO DELL’OMISIONE E DELLA CARENZA DI MOTIVAZIONE, DELLO SVIAMENTO DI POTERE, DELLA CARENZA DI ISTRUTTORIA, DEL FALSO PRESUPPOSTO IN FATTO, DELLA INGIUSTIZIA MANIFESTA E DELLA DISPARITA" DI TRATTAMENTO".

La seconda ordinanza era immotivata e sfornita di giustificazione logica in ordine alle ulteriori imposizioni delle condizioni all’esercizio dell’attività commerciale, tutte impossibili da attuare o sproporzionate o discriminatorie in relazione agli altri locali e pubblici esercizi cui non risultavano imposte e non potevano che portare ad arbitrio nella relativa attività di controllo da parte della p.a.

"V MOTIVO: VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 50 E 54 DEL D.LGS. 267/2000; DELL’ART. 9 L. 447 DEL 1995; DELL’ART. 34 DELLO STATUTO DEL COMUNE DI FIRENZE; ECCESSO DI POTERE PARTICOLARMENTE SOTTO IL PROFILO DELLO SVIAMENTO E DEL FALSO PRESUPPOSTO IN FATTO E DIRITTO, DELL’INGIUSTIZIA MANIFESTA E DELLA DISPARITA" DI TRATTAMENTO".

L’ordinanza n. 519 del 2008 non trovava fondamento in nessuna norma di legge o di regolamento, difettando, comunque, i requisiti di cui all’art. 54 d.lgs. 267/2000 poiché mancava ogni riferimento alla specifica responsabilità della ricorrente in base al solo rapporto della Polizia Municipale, non era presente un’efficacia limitata nel tempo delle disposizioni impartite, era assente un equo contemperamento tra il pubblico interesse e quello privato sacrificato, mancavano presupposti di urgenza e contingibilità, vi era un generico riferimento al traffico e all’inquinamento acustico, non erano stati considerati tutti gli orari sul territorio comunale, ai sensi dell’art. 34 del vigente Statuto.

"VI MOTIVO: VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 50 E 54 DEL D.LGS. 267/2000; DELL’ART. 9 L. 447 DEL 1995; DELL’ART. 34 DELLO STATUTO DEL COMUNE DI FIRENZE; DELL’ART.1 DELLA LEGGE 241/90, NONCHE’ DEGLI ARTT. 1 E 3 DELLA LEGGE 689/1981; DEL PRINCIPIO DI LEGALITA" DELL’AZIONE AMMINISTRATIVA; ECCESSO DI POTERE PARTICOLARMENTE SOTTO IL PROFILO DELLO SVIAMENTO E DEL FALSO PRESUPPOSTO IN FATTO E DIRITTO. INGIUSTIZIA MANIFESTA".

Quanto esposto in relazione al precedente motivo era applicabile anche alla successiva ordinanza n. 535 del 2008, ugualmente fondata sul richiamo all’art. 54 del d.lgs. 267/2000 di cui erano insussistenti i relativi presupposti, considerando anche che la stessa era caratterizzata da assenza di riferimenti o limitazioni temporali nonchè di adeguata istruttoria e di logico contenuto.

"VII MOTIVO: VIOLAZIONE DEI PRINCIPI COSTITUTZIONALI DI BUONA AMMINISTRAZIONE (ART. 97 COST.), VIOLAZIONE DELLA LEGGE 689 DEL 1981 (ART. 14); VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 9 E 17 BIS DEL TULPS; DEI PRINCIPI GENERALI DI PROPORZIONALITA" TRA ADDEBITO E SANZIONE; DEL PRINCIPIO DI IMMEDIATEZZA DELLA CONTESTAZIONE; DELL’ART. 3 L. 241/90. ECCESSO DI POTERE PER SVIAMENTO, GRAVE DIFETTO DI MOTIVAZIONE E DI ISTRUTTORIA; INGIUSTIZIA MANIFESTA E DISPARITA" DI TRATTAMENTO".

La prima ordinanza conteneva misure sanzionatorie illegittimamente sproporzionate, in assenza di previa, necessaria, diffida a cessare l’eventuale abuso. La sanzione era fondata su un unico accertamento e le modalità di concreta applicazione erano comunque difficoltose e genericamente illustrate dal Comune. Anche le circostanze constatate dalla Polizia Municipale in data 17 maggio non erano state correttamente valutate in relazione alla specificità della giornata.

"VIII MOTIVO: VIOLAZIONE DEI PRINCIPI COSTITUTZIONALI DI BUONA AMMINISTRAZIONE (ART. 97 COST.), VIOLAZIONE DELLA LEGGE 689 DEL 1981 (ART. 14); VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 9 E 17 BIS DEL TULPS; DEI PRINCIPI GENERALI DI PROPORZIONALITA" TRA ADDEBITO E SANZIONE; DELL’ART. 3 L. 241/90. ECCESSO DI POTERE PER SVIAMENTO, GRAVE DIFETTO DI MOTIVAZIONE E DI ISTRUTTORIA; INGIUSTIZIA MANIFESTA E DISPARITA" DI TRATTAMENTO, CONTRADDITTORIETA" FRA ATTI DELLA MEDESIMA AMMINISTRAZIONE’.

Anche la seconda ordinanza, del 6 giugno 2008, era illogica nel suo contenuto e di difficile applicazione concreta, considerate le caratteristiche del locale, con la conseguenza che i controlli da parte dell’Amministrazione comunale potevano facilmente sfociare in ulteriori sanzioni arbitrarie.

La ricorrente, infine, chiedeva anche l’ammissione di prova per testi, vertendosi in materia di giurisdizione di merito ex art. 54 TUEL.

Si costituivano in giudizio il Comune di Firenze e il Ministero dell’Interno, chiedendo la reiezione del ricorso.

Il 3 settembre 2008 parte ricorrente depositava una memoria ad ulteriore illustrazione delle proprie tesi difensive.

Con l’ordinanza indicata in epigrafe questa Sezione accoglieva la domanda cautelare.

In prossimità della pubblica udienza, fissata al 22 giugno 2010, parte ricorrente ed il Comune di Firenze depositavano memorie ad ulteriore illustrazione delle proprie tesi difensive.

In prossimità della nuova udienza di merito, rinviata d’ufficio al 23 novembre 2010, il Comune di Firenze depositava un’ulteriore memoria in cui rappresentava che era venuta meno la materia del contendere in quanto l’ordinanza impugnata era limitata temporalmente al 30 settembre 2008.

Alla pubblica udienza del 23 novembre 2010 la causa era trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

Il Collegio rileva che risultano impugnate due ordinanza adottate dal Sindaco di Firenze, n. 519 del 30 maggio 2008 e n. 535 del 6 giugno 2008.

In particolare, il Collegio osserva che la seconda ordinanza disponeva la revoca della precedente secondo determinate condizioni oggetto – come esaminato in prosieguo – di alcune censure da parte della ricorrente.

Ne consegue che il ricorso, nella parte in cui è rivolto avverso l’ordinanza n. 519 del 2008, è inammissibile in quanto rivolto avverso provvedimento non più esistente nell’ordinamento al momento della sua proposizione.

Per quanto precisato, quindi, il primo, il terzo, il quinto ed il settimo motivo di ricorso sono inammissibili perché orientati avverso provvedimento comunque revocato formalmente dallo stesso Sindaco con la seconda ordinanza impugnata.

Passando quindi all’esame dei restanti motivi, orientati avverso l’ordinanza n. 535 del 6 giugno 2008, il Collegio rileva quanto segue.

In ordine al secondo motivo di ricorso, con cui si lamenta violazione dell’art. 10 bis l. 241/90, il Collegio rileva che la giurisprudenza ha da tempo concluso che a fronte di una istanza del privato intesa a sollecitare l’esercizio del potere di autotutela da parte dell’Amministrazione, non è dato ravvisare un obbligo di provvedere a carico di questa, alla luce della discrezionalità di cui essa dispone in tema di atti di ritiro cui il riesame è di norma finalizzato, nonché di ragioni di certezza delle situazioni giuridiche e di efficienza gestionale che sono a base del suo agire e che risulterebbe compromessa da una ritenuta doverosità del riesame (TAR Puglia, Ba, Sez. III, 2.12.08, n. 2731; TAR Abruzzo, Aq, 24.7.06, n. 611).

Ne consegue che, non essendo obbligato l’esercizio del potere di autotutela, non è necessaria neanche l’applicazione dei principi di garanzia partecipativa di cui alla l.n. 241/90, tra cui quello dell’art. 10 bis invocato dalla ricorrente.

Ad ogni modo, per tuziorismo, il Collegio osserva che l’ordinanza n. 535 si colloca all’interno di un unico procedimento che trae origine dal verbale della P.M. del 17 maggio 2008 e si snoda attraverso la prima ordinanza n. 519 del 30 maggio 2008, per cui la richiesta di riesame si può intendere di per sé come contributo partecipativo, anche ex 10 bis l. cit., ai fini del provvedimento finale coincidente con l’ordinanza in questione.

A diversa conclusione deve pervenirsi, invece, in relazione ai restanti motivi di ricorso che si rilevano fondati anche alla luce delle sole prove documentali in atti per cui – indipendentemente dalla problematica di cui alla relativa ammissibilità – può prescindersi dalla richiesta di ulteriore prova per testi avanzata dalla ricorrente.

In primo luogo, per quel che riguarda il quarto motivo di ricorso, il Collegio concorda con la censura della ricorrente che lamenta carenza di motivazione e illogicità.

Le tre prescrizioni cui è "condizionata" l’ordinanza impugnata, infatti, non sono sorrette da adeguato supporto motivazionale in ordine alla loro necessità se rapportate ad un periodo di tempo illimitato – a differenza di quanto previsto per la prima ordinanza n. 519 che si limitava al periodo estivo – ed alla effettiva praticabilità.

Non è dato comprendere per quale ragione sia imposta la chiusura delle porte esterne del locale dalle ore 23.00 in poi, dato che non risulta la violazione di norme sulla tollerabilità acustica proveniente da attività interne al locale stesso e che l’apertura/chiusura delle porte di ingresso non può dipendere da volontà dell’esercente ma dal flusso di clientela.

Analogamente manca una convincente motivazione sulle ragioni per le quali per tutta la settimana è imposta la presenza di ulteriore personale fuori dal locale per attività di dissuasione al disturbo e per far mantenere le aree esterne pulite e prive di rifiuti abbandonati, dato che l’afflusso di clientela può non essere così massiccio come riscontrato un solo giorno (il 17 maggio dalla Polizia Municipale) e lo stesso personale non possiede strumenti dissuasivi idonei nei confronti di privati cittadini sulla pubblica via, come invece accade per agenti di P.S.

Così pure per la terza prescrizione, dato che risulta di pressoché impossibile controllo – attesa anche la genericità della stessa – verificare quando l’affluenza dentro al locale sia al limite della "normale fruibilità e circolazione degli avventori in sicurezza", vista anche la possibilità di contemporanea entrata/uscita dal locale, che non può logicamente essere impedita, e che comunque l’esercente è già tenuto a rispettare la vigente normativa in materia di pubblica sicurezza e antincendio che non tollera ulteriori ingressi oltre la capienza verificata.

Appare condivisibile, quindi, attesa la genericità delle prescrizioni in questione, che il relativo controllo sia suscettibile di contestazione e possa prestarsi ad arbitrii, non sussistendo parametri di raffronto indicati dalla stessa Amministrazione comunale.

Il Collegio osserva in merito che se si sono presentati problematiche inerenti allo stazionamento sulla pubblica via di avventori di pubblici locali il Comune avrebbe dovuto adottare ordinanze – come quelle richiamate nelle premessa della n. 519/08 – valide per tutti gli esercenti sul territorio o parte di esso in zone omogenee ma non intervenire sui singoli in base un solo verbale della Polizia Municipale, dato che in tal modo il problema non poteva comunque risolversi, ben potendo spostarsi gli avventori del locale della ricorrente in altri locali finitimi e poi continuare ad occupare la pubblica via, considerato che non risulta indicato entro quale raggio dall’uscita del locale della ricorrente poteva considerarsi a lei riconducibile direttamente l’occupazione di quest’ultima.

Il Comune, in sostanza, avrebbe dovuto farsi carico di adottare provvedimenti omogenei e generali invece di intervenire "singulatim" su specifici esercenti.

Quanto ora precisato può essere richiamato a sostegno anche della fondatezza dei restanti motivi di ricorso, sesto e ottavo.

In relazione al sesto, pur riconoscendo in astratto l’applicabilità dell’art. 54 TUEL, non ne ricorrono i presupposti concreti in quanto manca una limitazione temporale, presente invece nella precedente ordinanza n. 519, senza che di tale estensione sia indicata la motivazione, manca un preciso supporto istruttorio, perché non può essere logicamente ritenuta sufficiente un solo verbale della Polizia Municipale per imporre tali drastiche e definitive prescrizioni, manca una logicità di fondamento, non essendo estesa tale ordinanza n. 535 anche ad altri esercenti finitimi ai sensi dello stesso art. 34 dello Statuto comunale.

In relazione all’ottavo motivo, il Collegio rileva la genericità delle prescrizioni e la mancanza di un oggettivo parametro di raffronto con la conseguenza della difficoltà dei relativi controlli e la possibilità di sfociare in arbitrio, dato che, come logicamente osservato dalla ricorrente: 1) le porte esterne sono aperte continuamente dagli avventori in entrata/uscita e già era presente sulle stesse un cartello che invitava alla chiusura; 2) solo nelle serate di venerdì e sabato era registrabile un maggior afflusso di clientela ma non risulta motivato l’obbligo della presenza di personale all’esterno anche nei restanti giorni della settimana ove l’afflusso è nettamente inferiore; 3) comunque tale personale non disporrebbe di strumenti coercitivi idonei ad intervenire sulla pubblica via nei confronti di privati che, pur contribuendo al disturbo alla quiete pubblica, non provengono dal locale della ricorrente; 4) l’occupazione del marciapiede e della carreggiata al di fuori del locale non può essere ricondotta alla ricorrente che, tutt’al più, come risulta già avere fatto, può invitare i suoi esercenti a non sostare o trattenersi a lungo sulla pubblica via ma non può imporre alcunché a chi uscendo dal locale pone in essere condotte contrarie all’ordine pubblico.

In sostanza, il Comune di Firenze non può addossare esclusivamente a singoli esercizi di somministrazione la responsabilità di gestire anche il comportamento della clientela sulla pubblica via, a pena di sanzioni amministrative, dato che tale compito è proprio degli organi pubblici competenti, quali lo stesso Comune e le Autorità di Pubblica Sicurezza mediante potere regolamentare generale.

In carenza di idonea motivazione, quindi, fondata anche sul riscontro in diverse e ravvicinate occasioni di evidente e prolungato disturbo alla quiete pubblica, e non solo di una come nel caso di specie, oltretutto fondata su un verbale della P.M. e non su esposti di privati cittadini, di cui, infatti, non risulta il deposito in atti da parte delle Amministrazioni costituite, l’ordinanza impugnata si palesa illegittima.

Alla luce di quanto dedotto, quindi, il ricorso deve essere in parte dichiarato inammissibile e in parte accolto.

Le spese seguono la soccombenza del Comune di Firenze e sono liquidate come da dispositivo mentre possono compensarsi con il Ministero dell’Interno, non essendo a questo riconducibile il provvedimento annullato.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo dichiara inammissibile, per quel che riguarda l’impugnazione dell’ordinanza n. 519 del 30 maggio 2008, in parte lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’ordinanza n. 535 del 6 giugno 2008.

Condanna il Comune di Firenze a corrispondere alla società ricorrente le spese del giudizio, che liquida in euro 2.000,00 oltre accessori di legge e quanto versato a titolo di contributo unificato. Compensa per il resto.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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