T.A.R. Toscana Firenze Sez. II, Sent., 05-01-2011, n. 11 Procedimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Riferisce il ricorrente che con provvedimento del 2 novembre 2004 la Prefettura di Lucca faceva divieto al ricorrente di detenere armi comuni da sparo e relative munizioni, disponendo la consegna temporanea delle stesse presso la Questura di Lucca. Tanto a seguito della proposta di quest’ultimo ufficio scaturente dalla denuncia a carico del ricorrente per i reati di lesioni e minaccia aggravata nei confronti del coniuge.

Il ricorrente non impugnava il provvedimento di cui sopra, preferendo attendere la conclusione della vicenda penale che, in effetti, giungeva a termine con la sentenza emessa dal Tribunale di Lucca in data 12 giugno 2007 e divenuta irrevocabile il successivo 10 dicembre.

Con tale pronuncia il ricorrente veniva assolto dalle imputazioni ascrittegli "perché il fatto non sussiste".

Conseguentemente il 14 marzo 2008 il ricorrente presentava all’amministrazione intimata un’istanza di revisione del provvedimento di divieto di detenzione armi.

Peraltro, con l’atto in epigrafe la Prefettura di Lucca rigettava l’istanza ritenendo la permanenza delle "ragioni di cautela che diedero luogo, a suo tempo, al provvedimento di cui si chiede la revoca, non essendovi sicura garanzia circa il dovuto affidamento nel buon uso delle armi".

Contro tale atto ricorre il sig. G. chiedendone l’annullamento, previa sospensione, con vittoria di spese e deducendo i motivi che seguono:

1. Violazione di legge con riferimento all’art. 10 bis della l. n. 241/1990.

2. Eccesso di potere per illogicità, ingiustizia manifesta e mancanza di motivazione e di istruttoria. Violazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata opponendosi all’accoglimento del gravame.

Con ordinanza n. 839 depositata il 5 settembre 2008 veniva accolta la domanda incidentale di sospensione dell’efficacia dell’atto impugnato.

Alla pubblica udienza del 22 dicembre 2010 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

Motivi della decisione

Con il ricorso in esame viene impugnato l’atto in epigrafe con cui la Prefettura di Lucca ha respinto la richiesta di riesame presentata dal ricorrente al fine di ottenere la revoca del divieto di detenzione di armi precedentemente adottato dalla medesima Amministrazione.

Il ricorso è fondato.

In primo luogo deve convenirsi con il ricorrente in ordine alla violazione dell’obbligo di comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza.

Com’è noto, l’articolo 10 bis della legge n. 241/1990 stabilisce che "Nei procedimenti ad istanza di parte il responsabile del procedimento o l’autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all’accoglimento della domanda. Entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti".

Come in più occasioni chiarito dalla giurisprudenza, va ritenuto illegittimo il provvedimento negativo emanato in violazione della norma sopra riportata, per non avere l’Amministrazione inviato al soggetto interessato il preavviso della propria futura determinazione, precludendogli la piena partecipazione al procedimento e, dunque, la possibilità di un apporto collaborativo, capace di condurre ad una positiva conclusione della vicenda (T.A.R. Trentino Alto Adige, Trento, sez. I, 25 marzo 2010, n. 90; T.A.R. Liguria, sez. II, 28 maggio 2010, n. 3652).

Invero, l’effetto deflattivo del contenzioso perseguito dal legislatore, si ottiene proprio grazie alla collaborazione del privato, le cui osservazioni, ove pertinenti all’oggetto del procedimento, possono chiarire elementi di fatto o di diritto erroneamente valutati o non considerati dall’Amministrazione procedente.

Né può ritenersi, considerata la natura ampiamente discrezionale dell’atto impugnato, che nella fattispecie possa trovare applicazione l’art. 21 octies della l. n. 241/1990 che ne elide gli effetti vizianti allorquando sia palese che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (T.A.R. Sicilia, Catania, sez. III, 8 aprile 2010, n. 1076).

Condivisibile si palesa, altresì, la doglianza di cui al secondo motivo con la quale si evidenzia l’illogicità e la carenza di motivazione del provvedimento impugnato.

In effetti, pur dopo il fatto nuovo e certamente rilevante, ai fini della valutazione sull’affidabilità nella detenzione di armi, costituito dall’assoluzione con formula piena del ricorrente, l’Amministrazione si è limitata a ribadire il proprio apprezzamento negativo ritenendo che persistessero le "ragioni di cautela che diedero luogo, a suo tempo, al provvedimento di cui si chiede la revoca, non essendovi sicura garanzia circa il dovuto affidamento nel buon uso delle armi".

Di tale conclusioni non viene però fornita alcuna argomentata motivazione.

E’ pur vero che l’Autorità di pubblica sicurezza è titolare di un potere ampiamente discrezionale in ordine al rilascio, al diniego o alla revoca delle relative autorizzazioni, tuttavia è necessario che, proprio attraverso la motivazione del provvedimento, siano esternate in modo adeguato le ragioni che inducono a pervenire ad una determinazione negativa.

La motivazione del provvedimento amministrativo è, infatti, intesa proprio a consentire al cittadino la ricostruzione del percorso logico e giuridico mediante il quale l’Amministrazione si è determinata ad adottare un dato provvedimento, controllando il corretto esercizio del potere ad esso conferito dalla legge.

Ne consegue che l’azione amministrativa si palesa viziata quando l’Amministrazione si limita ad affermare in modo apodittico e con formula di mero stile che non emergono nuovi elementi tali da far volgere la decisione in senso favorevole a quanto richiesto dall’interessato (Cons. Stato, sez. IV, 31 marzo 2010, n. 1834).

In particolare, con riferimento alle circostanze di fatto della vicenda in esame, la Prefettura avrebbe dovuto compiere una valutazione in ordine alle conseguenze dell’assoluzione del ricorrente da quelle condotte che avevano precedentemente determinato l’adozione del divieto di detenzione delle armi, rendendo palesi le ragioni che, al contrario, hanno nuovamente indirizzato l’esito del procedimento in senso negativo.

Al contrario, nessuna rivalutazione delle circostanze di fatto viene compiuta al fine di evidenziare la permanenza di quegli aspetti della condotta del ricorrente che renderebbero palese la sua complessiva inaffidabilità nel possesso delle armi.

Anche per tale aspetto, quindi, il provvedimento appare viziato e conseguentemente deve essere annullato.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza come da liquidazione fattane in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.

Condanna la Prefettura di Lucca al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano forfettariamente in Euro 3.000,00 (tremila/00), oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *