T.A.R. Toscana Firenze Sez. II, Sent., 05-01-2011, n. 5 Atti amministrativi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto notificato in data 10.2.2004 e depositato in data 16.2.2004, la società cooperativa ricorrente ha impugnato i provvedimenti in epigrafe indicati e ne ha chiesto – previa sospensione (la relativa istanza è stata respinta con ordinanza 251/04)- l’annullamento con richiesta di condanna dell’Amministrazione comunale al risarcimento dei danni.

Si è costituito in giudizio il comune di Firenze, svolgendo difese.

Si è altresì costituito il signor C. Michel che ha anch’egli svolto difese.

All’udienza del 22 dicembre 2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

1) Con il gravame parte ricorrente impugna due distinti provvedimenti tra loro collegati in rapporto di consequenzialità: la dichiarazione di inefficacia e archiviazione della DIA di subingresso nell’autorizzazione n. 1434 del 2003 (prot. 24048/03), trova infatti la sua causa nella revoca di quest’ultima autorizzazione disposta nei confronti del dante causa della ricorrente signor C.; dante causa che si è costituito in giudizio e la cui posizione processuale sarà meglio chiarita in prosieguo di trattazione, dandosi atto subito del fatto che il C. ha impugnato autonomamente l’atto di revoca dell’autorizzazione di cui sopra, prot. 11085 del 28.5.2003, con ricorso a questo Tribunale R.G. 1613/03, dichiarato perento con decreto 3792 del 5.8.2010.

Sinteticamente la vicenda in fatto si snoda nei seguenti eventi:

– il C. ottiene dal comune di Firenze il rilascio dell’autorizzazione n. 92195 del 14.9.1992 per l’esercizio dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande e il commercio al dettaglio di generi alimentari;

– in data 26.10.2001 il C. cede con patto di riservato dominio l’azienda alla s.a.s. XIN DA di Shi Shifeng & C. al cui titolare viene rilasciata l’autorizzazione di tipo "B" n. 1434 del 6.2.2002 per l’esercizio dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande. A tale rilascio però, come accerterà la polizia municipale, non segue l’attivazione dell’esercizio di somministrazione nel frattempo sospesa;

– a seguito del mancato pagamento del prezzo dovuto, il C. promuove azione ex art. 700 c.p.c. per la riconsegna dell’azienda, ottenendo provvedimento giudiziale favorevole in data 25.7.2002, successivamente integrato il 31.10.2002 con il riferimento all’attività di somministrazione degli alimenti;

– con sentenza n. 445 del 13.2.2003 il C. ottiene dal Tribunale la risoluzione del contratto di cessione dell’azienda;

– nel frattempo il medesimo C. presenta due istanze di proroga della sospensione dell’attività (il 19.9.2002 e il 25.10.2002);

– in data 11.11.2002 il C. presentava comunicazione di subingresso nel pubblico esercizio di somministrazione alla quale in data 4.12.2002 seguiva comunicazione di nuova sospensione dell’attività sulla base di documentazione fiscale comprovante l’avvenuta riapertura dell’esercizio: sulla veridicità di tale documentazione, a seguito degli accertamenti della polizia municipale dai quali emergeva che l’esercizio di somministrazione era inattivo dall’agosto del 2001, il comune di Firenze inoltra denuncia alla Procura della Repubblica di Firenze, ma il relativo procedimento viene archiviato;

– preceduto dall’avviso di avvio del procedimento, il comune di Firenze procede con provvedimento n. 11085 del 28.5.2003 alla revoca dell’autorizzazione n. 1434 per inattività oltre i termini di legge;

– tale atto viene impugnato a questo T.A.R. dal C. con ricorso n. 1613/03 poi dichiarato perento, come già sopra detto;

– in data 20.3.2003, nel frattempo, la ricorrente acquista dal C. il ramo d’azienda per l’esercizio dell’attività di somministrazione, presentando il successivo 14 novembre 2003 DIA di subingresso al comune di Firenze che con provvedimento del 18.11.2003 la dichiara inefficace.

Ricostruiti in fatto gli eventi, occorre dare conto dei motivi di ricorso.

Il primo motivo si basa sull’illegittimità derivata dall’illegittimnità del provvedimento di revoca dell’autorizzazione;

il secondo motivo deduce che il comune di Firenze avrebbe preso a presupposto del provvedimento di revoca non la mancata riattivazione dell’esercizio da parte del subentrante C., ma la sospensione dell’attività verificatasi nel periodo in cui costui non era né titolare né possessore dell’esercizio (agosto 2001novembre 2002) e quindi non responsabile di tale inattività, essendo imputabile questa all’ex titolare, interpretando e applicando in modo non corretto l’art. 4 della legge 287 del 1991 a danno di un soggetto non responsabile al quale verrebbe impedita tra l’altro ogni forma di fattiva partecipazione al procedimento che lo vede poi destinatario degli effetti del provvedimento di revoca;

il terzo motivo evidenzia la contraddittorietà e irragionevolezza con riguardo al fatto che nel provvedimento di revoca, dandosi atto, prima, dell’impossibilità dell’attivazione dell’esercizio nel periodo luglio- novembre 2002 da parte del precedente titolare e del C. per il giudizio civile pendente, si dispone poi la revoca computando tali quattro mesi nel periodo di volontaria sospensione;

il quarto motivo evidenzia un ulteriore profilo di contraddittorietà e perplessità riferito al fatto che se la sospensione dell’attività precedente fosse rilevante anche nei confronti del nuovo titolare, la successiva riattivazione da parte di quest’ultimo sarebbe ininfluente ai fini del provvedimento di revoca, mentre, se come ritiene il ricorrente, la sospensione precedente non poteva essere posta ad oggetto del provvedimento di revoca nei confronti del nuovo titolare, questi non avrebbe dovuto dare luogo all’immediata riattivazione poiché la disciplina del settore non lo prevederebbe.

Nell’atto di costituzione la difesa del C., dopo un’articolata ricostruzione in fatto degli eventi, sostiene l’inesistenza, in base all’art. 14 della legge 287 del 1991, della sospensione massima dell’attività commerciale allorché ci siano proroghe motivate da comprovate necessità e che il dies a quo dal quale decorre il termine di sospensione dovrebbe essere considerato il 3.8.2002 e non l’agosto del 2001.

La difesa del comune di Firenze eccepisce l’inammissibilità e/o irricevibilità del ricorso affermando che la cooperativa ricorrente, come avente causa dal C., non godrebbe di alcuna posizione che la legittimi all’impugnativa del provvedimento di decadenza nel termine di sua conoscenza effettiva, subendo le conseguenze del consolidamento del provvedimento stesso a seguito della perenzione del giudizio intentato dal suo dante causa. Nel merito, sostiene che il provvedimento di decadenza avrebbe una duplice causa: l’una, la sospensione dell’attività per oltre un anno; l’altra, dalla mancata riattivazione dell’attività da parte del C. entro sei mesi. Alle deduzioni dell’Amministrazione la ricorrente ha replicato con ulteriori memorie.

2) Preliminarmente il Collegio deve rilevare, in ordine alla costituzione in giudizio del signor C., dante causa della U. e da questa evocato in giudizio, che la sua posizione in questo giudizio sia da ritenere di cointeressato quanto meno nella parte in cui il ricorso è volto all’annullamento del provvedimento di revoca dell’autorizzazione n. 1434/02. E infatti egli -come destinatario – ha impugnato tale atto con autonomo ricorso giurisdizionale (n. 1613/03) dichiarato perento.

Nella comparsa di risposta il C. svolge una sorta di irrituale intervento adesivo autonomo, incompatibile con la posizione di cointeressato, volto a giovarsi, eludendo la decadenza maturata con il decorso dei termini di ricorso e il consolidamento del provvedimento di revoca verificatosi con la perenzione del ricorso proposto, dell’azione proposta dalla U..

La perenzione del ricorso proposto dal C. avverso il provvedimento di revoca (rectius decadenza) dell’autorizzazione 1434/02 determina il consolidamento del provvedimento stesso anche nei confronti della U., la quale non potrebbe che subire gli effetti pregiudizievoli derivanti dalla mancata coltivazione del gravame da parte del suo dante causa, non comportando l’atto di cessione del ramo di azienda stipulato in data 20.3.2003 alcuna remissione nei termini per l’impugnativa dell’atto di revoca. Il ricorso sarebbe, pertanto, in parte qua irricevibile e ciò causerebbe di conseguenza l’inammissibilità dell’impugnativa avverso il provvedimento dichiarativo dell’inefficacia della DIA di subingresso nell’autorizzazione ormai definitivamente revocata, non potendo conseguire la ricorrente alcun effetto utile dall’annullamento di tale atto.

Si prescinde, comunque, da tali preliminari questioni di rito, essendo il ricorso infondato.

Il Collegio ritiene di dovere rimarcare che il provvedimento 24048 del 2003 pone a base della dichiarazione di inefficacia della DIA la decadenza dell’autorizzazione n. 1434 dichiarata sia per la sospensione dell’attività di somministrazione per un periodo di tempo superiore al termine fissato dall’art. 4 della legge 287/91, sia per la mancata attivazione dell’esercizio nei termini consentiti dalla vigente normativa.

Infatti, nella motivazione del provvedimento di decadenza (11085/03) si dà atto di un rapporto informativo della P.M. del gennaio 2003 che segnala come da diversi sopralluoghi effettuati, l’esercizio di somministrazione risultasse sempre chiuso e che da altri rilevamenti veniva confermato ciò che era emerso in precedente rapporto informativo, ossia la sospensione dell’attività a partire dall’agosto del 2001 e che da tale data il locale non aveva più riaperto.

Si dà atto altresì che il C. aveva presentato, dopo la comunicazione di subingresso di qualche giorno prima, una nuova comunicazione di sospensione dell’attività in data 4.12.2002 (che seguiva due istanze di proroga dei termini che non sortivano alcuna pronuncia da parte dell’Amministrazione).

Appare, quindi, inequivocabile la circostanza che alla data in cui il C. era rientrato nel possesso dell’azienda a conclusione del processo civile intentato contro la s.a.s. XIN DA, il termine di sospensione dell’attività o comunque l’attivazione dell’attività (laddove la si volesse considerare come nuova) non erano avvenute nel termine prescritto, rispettivamente di un anno o di sei mesi, essendo stato accertato dalla P.M. un periodo di chiusura o di inattività che andava dall’agosto 2001 e che era proseguito con certezza quanto meno fino alla richiesta di sospensione presentata dal C. in data 19.9.2002 (si veda pagina 1 nota n. 19040 del 2.10.2003 del comune di Firenze).

Nessuna documentazione, del resto, ha fornito parte ricorrente per smentire tale circostanza risultante da ufficiali accertamenti della P.M. e neppure risulta che fosse stata presentata tempestivamente una domanda di proroga da parte dal rappresentante legale della società XIN DA.

Da ciò consegue che essendosi comunque maturato il termine massimo di sospensione (o attivazione) c’erano tutti i presupposti per la dichiarazione di revoca (rectius decadenza) dell’autorizzazione n. 1434, essendo irrilevanti l’istanza di sospensione dell’attività del 19.9.2002 e la proroga del 25.10.2002 presentate dal C. a termini ormai scaduti.

Né vale sostenere che la sospensione dell’attività si sia verificata nel periodo nel quale il C. non era né titolare né possessore e che quindi non fosse a lui imputabile tale inattività. Ciò in quanto gli effetti decadenziali, in assenza di una motivata istanza di proroga presentata prima del maturare del termine e accolta dall’amministrazione, operano ex lege al verificarsi dell’evento cui la decadenza è collegata. Il provvedimento di decadenza, infatti, ha natura dichiarativa e non costitutiva derivando la decadenza – come effetto automatico – dalla legge, donde non può il subentrante nell’autorizzazione invocare una sorta di remissione nei termini per l’assenza di una propria responsabilità (cfr. in termini TAR Lazio, Sez. II^, 2.10.2009 n. 9579). Del resto il C. avrebbe potuto tempestivamente nel luglio del 2002, unitamente all’azione ex art. 700 promossa innanzi al giudice civile, proprio avendo verificato di persona che l’esercizio era perennemente chiuso e in stato di abbandono rappresentare all’Amministrazione di avere in corso azione giudiziaria di recupero dell’azienda e presentare una dichiarazione di subentro con richiesta di proroga della sospensione dell’attività quanto meno alla data del 3.8.2002 nella quale con l’ausilio dell’Ufficiale giudiziario aveva riottenuto il possesso dell’azienda.

Le considerazioni sopra esposte evidenziano non solo l’infondatezza dei primi tre motivi di ricorso, ma anche del quarto motivo, posto che appare evidente dal provvedimento di revoca dell’autorizzazione che alla sua adozione ha concorso in modo rilevante e prevalente il superamento del periodo annuale di sospensione maturato dall’agosto 2001 al settembre 2002, essendo il riferimento alla mancata attivazione dell’esercizio da parte del C. un ulteriore motivo di revoca. L’eventuale erroneità di tale ultima motivazione non inficerebbe la legittimità del provvedimento, potendo lo stesso essere sostenuto dalla fondatezza dell’altra motivazione. Soccorre sul punto l’orientamento pacifico della giurisprudenza amministrativa che in presenza di più motivazioni che sono idonee a sostenere in modo autonomo la legittimità di un provvedimento, ritiene irrilevante il giudizio di illegittimità che cada su una sola motivazione, potendo garantire la motivazione ritenuta legittima la validità dell’atto.

Non resta, in conclusione, che respingere il ricorso.

Ciò comporta anche il rigetto della domanda risarcitoria.

Quanto alle spese, esse sono poste a carico della ricorrente, con riguardo al rapporto processuale con il comune di Firenze, mentre vengono compensate per il resto.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana – Sezione 2^, definitivamente pronunciando, respinge il ricorso. Respinge l’istanza risarcitoria.

Condanna la ricorrente al pagamento, in favore dell’Amministrazione resistente, delle spese di giudizio che liquida in euro 4000,00 oltre accessori di legge. Spese compensate per il resto.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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