T.A.R. Campania Napoli Sez. II, Sent., 07-01-2011, n. 11 Condono

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il dott. G.B., in servizio presso la Facoltà di medicina e chirurgia della Università degli Studi di Napoli Federico II, espone:

– di essere professore ordinario, a tempo pieno, presso la Facoltà di medicina e chirurgia, equiparato a dirigente medico di II livello del SSN, giusta decreto di equiparazione adottato dalla Azienda Ospedaliera Universitària;

– di svolgere contemporaneamente mansioni assistenziali, presso il Dipartimento di Chirurgia generale, toracica, vascolare;

che l’art. 31 del DPR 761/79 dispone in favore del personale universitario che presta mansioni assistenziali la corresponsione di una indennità per equiparare il trattamento economico complessivo a quello del personale delle USL di pari funzioni, mansioni ed anzianità;

– che, per effetto della prestazione di attività lavorativa assistenziale presso una struttura ospedaliera convenzionata ex art. 39 Legge 833/78, ha diritto alla indennità di esclusività dal 1.1.2000, avendo optato per il regime di prestazione cd. intramuraria;

– che il successivo D.Leg.vo 517/99 all’art. 6 ha disposto nel senso della perdurante vigenza di tale regime retributivo, sino all’applicazione dei trattamenti aggiuntivi graduati in relazione alle responsabilità ed ai risultati ottenuti;

– che il nuovo regime di cui all’art. 6 citato non ha ancora trovato concreta attuazione, atteso che l’Azienda non ha ancora effettuato la graduazione delle funzioni dirigenziali e l’affidamento degli incarichi;

– che l’Amministrazione, nel rideterminare le indennità dovute ai sensi dell’art. 31 D.P.R. 761/79 (cd. indennità di equiparazione), ha corrisposto solo degli acconti parziali;

– che, in particolare, la differenza reclamata sull’indennità perequativa ex art. 31 è stata calcolata sia tenendo ferma la differenza dei due trattamenti (personale ospedaliero e personale universitario) al 31.12.1999, sia considerando gli aumenti previsti dal C.C.N.L. comparto sanità che si sono susseguiti nel tempo, non escludendo il D.P.C.M. 24.5.2001 l’incidenza di futuri miglioramenti contrattuali sulla indennità di equiparazione stessa;

che i segmenti retributivi dei docenti universitari non hanno subito variazioni nominative,mentre quelli del personale medico ospedaliero dal 1987 hanno registrato incrementi, segnatamente nella retribuzione di posizione fissa e variabile(unificate sotto la denominazione retribuzione minima unificata), nella indennità di specificità medica, nonché mediante il conglobamento della IIS nello stipendio tabellare;

– che gli elementi in base ai quali procedere al computo degli emolumenti spettanti sono tutti contenuti nel decreto di rideterminazione elaborato dalla Azienda, che specifica il ruolo ricoperto dal ricorrente, il profilo assistenziale, l’anzianità di servizio, sì che i dati suddetti sono stati adoperati per la formulazione di consulenza tecnica di parte;

– che dalla allegata consulenza emerge la sussistenza di un debito della Azienda nei propri confronti con riferimento alla indennità di equiparazione ed alla indennità di tempo pieno;

– che a nulla sono valsi i reiterati solleciti per l’erogazione delle differenze,

tanto premesso, chiede che – previo accertamento della violazione delle citate norme contrattuali – sia pronunciata condanna della azienda convenuta al pagamento in suo favore delle differenze economiche connesse e conseguenti, come determinate nei conteggi allegati al ricorso, oltre accessori ex art. 429 c.p.c. sino al soddisfo.

Lamenta la parte ricorrente:

– l’illegittimità delle disposizioni aziendali impugnate, che hanno liquidato le spettanze dovute solo parzialmente, in quanto basate su erronea interpretazione di norme di legge e contrattuali;

– l’ erroneità dei conteggi dell’amministrazione, dovendosi fare riferimento a quelli allegati al ricorso, e che prendono a base di computo il ruolo ricoperto,il profilo assistenziale, l’ anzianità di servizio.

Instauratosi ritualmente il contraddittorio, si è costituita in giudizio l’Azienda Ospedaliera Universitària, che ha dedotto:

– l’ inammissibilità della domanda per la tardiva impugnazione degli atti presupposti, costituiti dalle disposizioni di servizio del personale che hanno determinato il trattamento economico prevedendo che al ricorrente non spetti alcuna differenza sulle dette indennità;

– l’ ulteriore inammissibilità della domanda per genericità della stessa, essendo basata sugli identici elementi già ritenuti insufficienti dal Tribunale nella citata pronuncia di inammissibilità;

– l’ inammissibilità per la mancata indicazione dei dati fattuali sui quali è fondata la pretesa;

– l’ infondatezza della domanda nel merito, atteso che l’indennità di equiparazione non consiste nella automatica estensione al personale universitario di quanto spettante la personale del SSN ma ha mera funzione perequativa, e si fonda sulla adozione della tabella di equiparazione; nel caso di specie sono state adottate tabelle di equiparazione dai singoli Atenei, il che per la Azienda resistente è avvenuto con delibera del direttore generale n. 688/1996; detta tabella costituiva atto da impugnare nei termini di decadenza, il che nella specie non è avvenuto;

– l’ infondatezza del ricorso nel merito, in ragione della erroneità dei conteggi allegati, non essendo possibile l’acritico confronto tra due categorie professionali occorrendo verificare la omogeneità di funzioni, mansioni e anzianità.

L’Azienda ospedaliera Universitària ha eccepito la prescrizione dei pretesi crediti, da considerarsi quinquennale con riferimento alla data di notifica del ricorso, e comunque la insussistenza degli stessi alla luce degli ultimi pagamenti effettuati.

Si è costituita in giudizio la Università intimata ed ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva.

Con ordinanza interlocutoria n. 100/2010 sono stati disposti incombenti istruttori, consistenti in una verificazione tecnica di natura contabile, la quale è stata espletata con deposito di relazione in data 28 luglio 2010.

Alla pubblica udienza del 7 ottobre 2010 il ricorso è stato ritenuto in decisione.

Motivi della decisione

Va premesso che sono in contestazione nel presente giudizio le differenze economiche che parte ricorrente assume di avere maturato in esatta applicazione delle disposizioni contrattuali afferenti il rapporto in oggetto, a titolo di indennità ex art. 31 DPR 761/79 e di indennità di esclusività. Si tratta in particolare della indennità prevista in favore del personale universitario che presta mansioni assistenziali, al fine di equiparare il trattamento economico complessivo a quello del personale delle USL di pari funzioni, mansioni ed anzianità; nonché della indennità di esclusività spettante ai sanitari che svolgono attività in regime di tempo pieno.

In via preliminare va dichiarato il difetto di legittimazione passiva della Università intimata e ne va disposta l’estromissione dal giudizio stante la competenza, in ordine alle somme pretese dal ricorrente, della Azienda Ospedaliera Universitària Federico II. L’azienda in questione si è costituita ai sensi dell’art. 2 D.leg.vo 517/99, come soggetto dotato di autonoma personalità, e di autonomia organizzativa, gestionale, patrimoniale e contabile, giusta DR 2942 del 31.7.2003, giuridica, ed è succeduta all’Azienda Universitària Policlinico (costituita ai sensi del D. leg.vo 502/1992).

Ai sensi del DR citato (articolo 5 commi 5 e 6) l’importo del trattamento economico, quale riconoscimento spettante ai professori di ruolo ed ai ricercatori universitari a fronte dello svolgimento di attività assistenziale, viene erogato dalla Azienda Universitària. Si tratta di somme che gravano sui fondi del servizio sanitario, erogate dalla Regione per remunerare specificatamente le prestazioni assistenziali svolte dalla Azienda stessa; tant’è che i fondi in oggetto non confluiscono nel bilancio universitario, ma sono oggetto di autonoma gestione riguardante la Azienda Ospedaliera Universitària.

Sulle eccezioni di inammissibilità proposte dalla difesa della Azienda resistente si è già pronunciato il Collegio nella precedente ordinanza interlocutoria, con statuizioni che vanno in questa sede confermate, atteso che:

il ricorso non è inammissibile in virtù delle pregresse pronunce di inammissibilità per genericità della domanda rese su precedenti ricorsi,non potendo ravvisarsi elementi preclusivi, in ragione della natura delle posizioni azionate da parte ricorrente, che investono diritti soggettivi per i quali non opera il termine decadenziale (stante anche la mancanza di contestazioni che afferiscano alla tabelle di equiparazione in sé considerate), ma il solo limite della prescrizione quinquennale;

la domanda non è inammissibile per genericità, avendo il presente ricorso una struttura che consente di ritenere integrati i requisiti minimi di cui all’art 414 c.p.c.,anche attraverso gli elementi forniti nel decreto di rideterminazione delle funzioni esibito in copia agli atti;

è fondata in parte la eccezione di prescrizione, dovendosi avere riguardo al primo atto interruttivo della stessa, identificabile o in specifici atti esibiti al funzionario incaricato della verificazione, ovvero nella la notifica del precedente ricorso giurisdizionale.

Nel merito, precisato che le divergenze sostanziali nei conteggi delle opposte parti si sono da ultimo focalizzate sulla non esatta applicazione delle disposizioni contrattuali, il Tribunale ha disposto una verificazione tecnica contabile, finalizzata al conteggio della esatta indennità perequativa spettante, sulla base degli elementi deducibili dal decreto di rideterminazione elaborato dalla Azienda, ossia sulla base del ruolo, e del profilo assistenziale ricoperto dal ricorrente e della anzianità di servizio. tenendo anche conto degli acconti e pagamenti parziali documentati in corso di causa.

I funzionari incaricati della verificazione hanno eseguito le operazioni loro delegate, in contraddittorio tra le parti costituite, e tra i consulenti tecnici di parte.

All’esito è stata depositata relazione riepilogativa delle operazioni di verificazione nella quale si da atto che i conteggi, effettuati sulla base delle disposizioni di rideterminazione della indennità ex art. 31 DPR 761/79, e dei prospetti relativi alle liquidazioni erogate dalla Azienda, tenendo conto della qualifica ed anzianità di servizio del ricorrente, hanno evidenziato una differenza a credito del ricorrente, solo nella ipotesi in cui debba aversi riguardo alla speciale indennità ex art. 39 co 9 CCNL del 8.6.2000, ossia la cd. indennità dipartimentale, connessa alla attività svolta di Direzione di Dipartimento.

Al riguardo non può revocarsi in dubbio la spettanza al ricorrente della indennità di direzione di dipartimento, atteso che la stessa rientra tra le voci stipendiali corrisposte in misura fissa e continuativa al personale ospedaliero, e da includere quindi nel complessivo trattamento economico ai fini della quantificazione della indennità di equiparazione.

D’altra parte, non sono contestati gli elementi che concorrono alla individuazione della indennità in questione nel novero degli elementi rilevanti ai fini della spettanza della stessa ai docenti universitari, così come individuati dal Giudice di appello (cfr. CdS sez. VI sent. 3220/08) e che consistono da un lato nella presenza di una specifica convenzione tra Università ed Azienda Policlinico, e dall’altro nello svolgimento da parte del ricorrente di attività assistenziali che vanno oltre il mero fine dell’adempimento dei doveri di didattica e di ricerca. Essendo queste ultime meramente accessorie alle funzioni proprie del docente universitario, trovano il loro corrispettivo già nel trattamento economico spettante a quest’ultimo; per contro, parte ricorrente ha dedotto, ed il punto non è stato oggetto di specifica contestazione, l’espletamento formale di attività assistenziale per le esigenze assistenziali e di cura della Azienda Universitària Policlinico, e non soltanto per il soddisfacimento delle esigenze didattiche.

Tanto premesso in punto di diritto, deve rilevarsi la piena attendibilità dei conteggi effettuati dai funzionari incaricati della verificazione per la quantificazione delle somme corrispondenti.

In particolare la differenza è stata così calcolata: per l’allegato a) relativo alla indennità di equiparazione, sulla parte sinistra del foglio di calcolo sono riportati i valori annui lordi dei vari segmenti stipendiali che concorrono a determinare il trattamento economico, tenendo conto della anzianità, delle mansioni svolte e delle funzioni assistenziali; sulla parte destra è stato riportato il trattamento economico complessivo erogato al ricorrente; le differenze sono state calcolate con riferimento alle retribuzioni indicate dai vari CCNL per l’area della dirigenza medica e veterinaria succedutisi nel tempo sino al biennio 2004/2005 che tra l’altro ha previsto a decorrere dal 31.12.2003, il conglobamento nello stipendio tabellare di parte della retribuzione di posizione minima contrattuale annua e di parte della retribuzione di risultato.

Il terzo foglio di calcolo (allegato a/1) è comprensivo anche della voce relativa alla indennità di Direzione Dipartimento, ed il quarto foglio di calcolo (all. b/1) contiene gli importi mensili della indennità di equiparazione calcolata con l’inclusone della indennità dipartimentale, con indicazione degli importi percepiti e trattenuti.

Parte resistente ha tuttavia eccepito che la indennità dipartimentale non può essere riconosciuta in favore del ricorrente nel caso specifico, atteso che si tratta di voce già richiesta e coperta da giudicato di rigetto.

A tal riguardo ha opposto due sentenze di questo Tribunale, la n. 7410/2006 e la n. 1564/2008.

Osserva il Collegio quanto alla prima sentenza – n. 7410/2006 – che il petitum in quel giudizio era la richiesta di corresponsione della indennità prevista dall’art. 39 co. 9 del CCNL della dirigenza medica e veterinaria,oltre alla indennità di incarico di cui all’art. 40 del contratto stesso; richiesta proposta nel senso della diretta applicabilità degli istituti contrattuali della dirigenza medica anche al personale universitario con mansioni assistenziali.

I ricorrenti in quella sede, premesso di essere tutti attributari dell’incarico di Direzione dipartimentale e responsabili di struttura complessa, lamentavano di non avere mai percepito tra l’altro la maggiorazione retributiva di cui all’art. 39 co 9. La pronuncia ha tuttavia respinto la domanda nel merito, rilevando la non spettanza in via diretta di entrambe le indennità richieste (sia quella ex art., 39 co 9 che quella ex art. 40 del CCNL), essendo le stesse componenti della voce perequativa ex art. 31 DPR 761/79, non azionata in tal sede.

Su tale pronuncia, che è stata confermata con sentenza del Consiglio di Stato n. 1412/2009, si è formato il giudicato; tuttavia si tratta di giudicato che non esclude la spettanza della indennità ex se, ma solo la modalità in cui è stata richiesta (essendone stata negata la azionabilità in via immediata e diretta, ma essendo altrettanto chiaramente precisato che la stessa può rientrare quale domanda nel diverso segmento retributivo costituito dalla cd. indennità di equiparazione).

In particolare la pronuncia del Consiglio di Stato conferma che il petitum di quel giudizio- non modificabile in sede di appello – riguardava non (come in appello asserito) la corretta determinazione dell’indennità di perequazione, di cui all’art. 31 del D.P.R. n. 761/1979, ma la diretta applicabilità al personale stesso di disposizioni contrattuali, concernenti i medici del Servizio Sanitario Nazionale.

Sulla base di tale premessa, e stante il carattere perequativo della indennità ex art. 31, si è affermato che la pronuncia sulla diretta applicabilità della indennità dipartimentale non potesse essere accolta, facendo la stessa parte della indennità perequativa, nella specie non richiesta.

Soggiunge la pronuncia di appello come." Appare, pertanto, ragionevole presumere che, alla data di proposizione del ricorso in primo grado di giudizio, la situazione economica degli attuali appellanti fosse definita solo in via provvisoria, in vista di un apprezzamento finale, in rapporto al quale gli interessati conservano intatte eventuali ragioni difensive, in rapporto ad interessi e diritti lesi."

Ne deriva che il giudicato formatosi per effetto della citata sentenza non afferisce ad un rigetto nel merito della pretesa spettanza della indennità di direzione dipartimentale, ma comporta solo un rigetto della domanda in quanto richiesta sub specie della diretta applicabilità della indennità, facendo per contro la stessa parte del segmento perequativo di cui all’art. 31 DPR 761/79.

Il ricorrente ha adito nuovamente questo giudice per ottenere la corresponsione della indennità perequativa, con ricorso RG n. 6794/2006, ma la relativa domanda è stata dichiarata inammissibile con sentenza n. 1564/2008.

Tale pronuncia, in quanto contenente statuizione meramente processuale (di inammissibilità della domanda per carenza degli elementi essenziali specificativi della stessa) non costituisce giudicato preclusivo del riconoscimento delle spettanze azionate dal ricorrente stesso.

Invero, trattandosi di diritti soggettivi, gli stessi non soggiacciono e preclusioni o decadenze, incontrando il solo limite di prescrizione quinquennale delle pretese economiche azionate. Né assumono, per quanto appena precisato, effetto preclusivo le deliberazioni n. 923/99, 158/2003 e 369/2004 della Azienda resistente, richiamate nella pronuncia di questo TAR, anche in considerazione della circostanza che il loro richiamo si pone quale mero obiter dictum della pronuncia stessa.

Peraltro si tratta di meri atti paritetici nei quali è stata sostenuta la non spettanza della indennità,sulla base del raffronto tra il trattamento economico universitario e quello ospedaliero, inidonei a regolare in via autoritativa il rapporto controverso, e la cui mancata impugnativa nei termini non comporta preclusioni o decadenze.

In aderenza alla giurisprudenza della Suprema Corte deve affermarsi che sulle sentenze aventi mero contenuto processuale si può formare il giudicato solamente all’interno del processo nel quale le medesime vengono emesse – con la conseguenza che, in ordine a tali sentenze, può essere rilevato il giudicato interno, ma non può giammai essere eccepito il giudicato esterno (Corte Suprema di Cassazione – Civile Sezioni Unite Sentenza n. 10679/1996).

Pertanto la sentenza del giudice di merito(come quelle dei giudici amministrativi), che si limitano a dichiarare la inammissibilità della domanda, ovvero la erronea qualificazione della stessa, si esauriscono in una pronuncia meramente processuale, la quale, pur divenendo definitiva a causa della sua mancata impugnazione, non è tuttavia vincolante in un altro processo instaurato fra le stesse parti e relativo al medesimo rapporto sostanziale (v., fra le tante sentenze, Cass. Sez. Un. 21 gennaio 1988 n. 444 e Cass. Sez. Un. 23 giugno 1995 n. 7088).

Invero, la c.d. efficacia panprocessuale delle sentenze in questione può essere riconosciuta unicamente a quelle pronunce che abbiano statuito su profili sostanziali della controversia (cfr. Cass. S.U. (ord.) 21 aprile 2006 n. 9337 e Cass. Civ. Sez. Unite 24.9.2010 n. 20163) (sicché, in quest’ultimo caso, una volta intervenuto il giudicato formale, ai sensi dell’art. 324 c.p.c., la sentenza è suscettibile di acquistare efficacia anche di giudicato sostanziale esterno: v. Cass. Sez. Un. 23 giugno 1995 n. 7088 e Cass. Sez. Un. 4 novembre 1994 n. 9124).

Chiarito dunque in via preliminare che non vi sono pretese azionate nel presente giudizio coperte dal giudicato in senso sostanziale, può passarsi all’esame nel merito della domanda.

Il Collegio osserva che, facendo parte la indennità dipartimentale del segmento retributivo corrispondente alla indennità di equiparazione, la stessa può riconoscersi al ricorrente nella misura indicata nei conteggi allegati sub a/1 e b/1 alla relazione di verificazione disposta, sopra richiamata.

Per effetto del conteggio così effettuato, in relazione al quale le parti non vi sono contestazioni specifiche sui criteri di calcolo e sulla quantificazione, come dato atto nella relazione di verificazione, risulta una differenza a titolo di indennità perequativa spettante al ricorrente per il periodo gennaio 1998- 31.12.2006, determinata in complessivi Euro 35.054,98 (al netto degli importi coperti da prescrizione, considerandosi come atto di messa in mora quello del 3.2.2003).

Parte resistente ha insistito nella eccezione di prescrizione relativamente alle somme afferenti al periodo dal 2003 al 2005,avuto riguardo all’atto di messa in mora del 3.2.2003 che non rivestirebbe gli elementi essenziali per potersi considerare riferito alla indennità di direzione dipartimentale.

L’assunto non può essere condiviso, atteso che – come sopra chiarito- la indennità di direzione dipartimentale non costituisce istituto di diretta applicazione al personale universitario, ma fa parte del segmento relativo alla indennità di equiparazione ex art.. 31 DPR 769/71, indennità quest’ultima chiaramente richiesta nel sopra richiamato atto interruttivo della prescrizione.

Pertanto la differenza a titolo di indennità perequativa (sub specie della indennità di direzione dipartimentale) va riconosciuta a favore del ricorrente nel totale indicato in conteggio, che risulta esattamente calcolato al netto degli importi coperti da prescrizione, considerandosi come atto di messa in mora quello del 3.2.2003.

Detti conteggi possono qui aversi integralmente ripetuti e trascritti, in quanto fondati su validi criteri di computo e non oggetto di contestazione specifica da parte resistente, ad eccezione di quanto sopra specificato.

Conseguentemente l’Azienda resistente va condannata al pagamento in favore del ricorrente della complessiva somma di Euro 35.054,98,oltre accessori ex art. 429 c.p.c. dalla data di maturazione dei singoli crediti al soddisfo.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, a carico della Azienda resistente, alla quale fanno carico anche le spese di verificazione liquidate in complessivi euro 500,00 (ivi compreso l’importo di euro 300,00 a titolo di anticipazione) in favore delle dott.sse Figurelli e Porciello.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

accoglie la domanda e per l’effetto condanna l’Azienda resistente al pagamento in favore del ricorrente della complessiva somma di Euro 35.054,98, oltre accessori ex art. 429 c.p.c.,dalla data di maturazione dei singoli crediti al soddisfo;

nonchè al pagamento, sempre in favore dello stesso, delle spese di lite liquidate in complessivi euro 1000,00 oltre che delle spese di verificazione, liquidate globalmente in Euro 500,00 (ivi compreso l’anticipo pari ad euro 300,00), in favore delle dott.sse Figurelli e Porciello.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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