T.A.R. Lazio Roma Sez. II, Sent., 07-01-2011, n. 56

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La P.D.V. s.r.l., corrente in Roma, dichiara d’esser concessionaria, in esito ad apposita gara indetta dal Comune di Roma e per la durata di venticinque anni dal 2001, per l’uso dell’impianto sportivo di proprietà comunale sito in Roma, p.le E. Flaiano nn. 21/24.

Detta Società assume d’aver poi contratto due mutui finanziari per l’effettuazione di alcuni lavori di rifacimento e d’adeguamento del predetto impianto, entrambi garantiti con fideiussioni del Comune di Roma e della Banca di credito cooperativo.

Essendo nel 2006 subentrata una nuova proprietà nella gestione di detta Società, questa iniziò con l’ente proprietario un carteggio in ordine a lavori di manutenzione straordinaria a causa di allagamenti ed altri eventi, le cui spese furono, a suo dire, da essa anticipate La Società stessa fa presente pure che, a causa di ciò, essa si trovò in gravi difficoltà finanziarie, sì da non poter onorare alcune rate di restituzione dei mutui contratti e del canone di concessione, sicché il Comune di Roma le notificò un avviso d’avvio del procedimento di sgombero e di recupero delle somme dovute. Detta Società rende noto d’aver poi assolto tutto quanto fino a quel momento dovuto, ma che, a seguito di ulteriori danni ed allagamenti, l’ente proprietario solo il 27 aprile ed il 25 maggio 2009 eseguì al riguardo un sopralluogo nell’impianto de quo. Nondimeno, con determinazione dirigenziale n. 423 del 20 luglio 2009 (prot. n. 6953), notificata il successivo 17 novembre, il Comune di Roma, Uff. politiche per la promozione e lo sviluppo dello Sport ha disposto, in capo alla predetta Società, la revoca della concessione in parola.

Avverso tal statuizione la Società si grava allora innanzi a questo Giudice, con il ricorso in epigrafe, deducendo in punto di diritto quattro articolati gruppi di censure. Resiste in giudizio il Comune intimato, che conclude per l’infondatezza della pretesa attorea.

Alla pubblica udienza del 24 novembre 2010, su conforme richiesta delle parti, il ricorso in epigrafe è assunto in decisione dal Collegio.

Motivi della decisione

Si controverte in questa sede della revoca della concessione, a suo tempo rilasciata dal Comune di Roma alla P.D.V. s.r.l. in esito ad apposita gara, dell’impianto sportivo di proprietà comunale sito in Roma, p.le E. Flaiano nn. 21/24.

Consta in atti che il provvedimento comunale impugnato fu a suo tempo (17 novembre 2008) preceduto dall’avviso di avvio del procedimento di sgombero e di recupero delle morosità della Società ricorrente e relative sia al canone di concessione (dal 2004), sia ai ratei di mutuo con l’Istituto per il credito sportivo scaduti e non onorati. L’impugnata revoca, che in realtà è non una statuizione in autotutela, ma una revocadecadenza, muove invero dal persistente inadempimento anche verso l’Istituto di credito sportivo (nella specie, per un importo pari a Euro 221.807,10), sì da reputarlo grave e, perciò, suscettibile d’integrare la fattispecie decadenziale di cui all’art. 6, c. 1. n. 4) della convenzione di concessione ed all’art. 12 della convenzione con l’ente erogatore del mutuo, oltre che la chiamata in garanzia da parte di quest’ultimo. Per vero, la Società ricorrente, come evincesi dalla nota a suo nome di un legale in data 15 dicembre 2008, saldò il canone di concessione fino a quel tempo dovuto e formante oggetto dell’avviso comunale del precedente 17 novembre, pagando altresì la complessiva somma di Euro 81.153,40. Nondimeno, tale ultimo pagamento non definì le pendenze della Società ricorrente con l’ICS – riguardando questo la rata in scadenza al 31 maggio 2008 e riservandosi essa di "…concordare con lo stesso Istituto nuove modalità di pagamento spalmate nel tempo…", tant’è che detto ente, giusta quanto poi riepilogato nella sua nota prot. n. 3927 del 16 giugno 2009, pretese il pagamento del restante dovuto chiamando all’uopo in garanzia la Banca di Credito cooperativo.

Poiché nella specie permane attuale l’esposizione della ricorrente verso l’ICS per i restanti due terzi degli importi ad esso dovuti, scolora la censura attorea circa l’inidoneità dell’avviso comunale del 17 novembre 2008 a giustificare l’impugnata revoca, in quanto, con ogni evidenza, permane attuale l’inadempimento di detta Società e, quindi, sussiste il presupposto per lo sgombero dell’impianto, effetto proprio della revocadecadenza. Al più la ricorrente potrebbe obiettare il saldo dei canoni di locazione – e sempre che il Comune intimato ne rilasci quietanza -, non certo quello verso l’ICS, che non riguarda sopravvenienze (ossia i ratei del 2009, anch’essi tutt’altro che onorati), ma pure le spettanze precedenti al 2008. Dal che l’attualità dell’avviso citato e l’inutilità della ripetizione d’un nuovo avviso, anche in base all’art. 21octies, c. 2, II per. della l. 7 agosto 1990 n. 241, ché la persistenza dell’inadempimento attoreo esclude, in mancanza d’una seria prova a confutazione circa l’effettivo rientro della ricorrente dal debito, la probabilità d’una diversa statuizione del Comune sul punto.

Pretestuoso s’appalesa poi il secondo motivo di gravame, in quanto è assodato che la Società non ha saldato tutte le spettanze pregresse, sicché la pretesa omessa indicazione, nel citato avviso, del termine del procedimento è irrilevante, giacché ciò nulla aggiunge o toglie né al contenuto dell’impugnata revoca, né tampoco alle (per vero, non sussistenti) ragioni della ricorrente in ordine al merito del rapporto concessorio con il Comune e dei rispettivi obblighi.

Non a diversa conclusione deve il Collegio pervenire con riguardo al preteso aggravamento dell’indebitamento della ricorrente a causa dei lavori di manutenzione straordinaria per la rete fognaria. Al riguardo, giova rammentare che la ricorrente, nell’ottenere la gestione dell’impianto sportivo de quo in esito all’apposita gara, ne assunse l’obbligo, dedotto in concessione, di ristrutturazione completa, di cui poi curò il progetto e l’esecuzione e la nomina della direzione dei lavori e del collaudatore. Il relativo certificato di collaudo tecnicoamministrativo, inerente proprio a tali lavori, descrisse le opere da collaudare, tra cui appunto l’impianto fognario che è e resta nell’esclusiva competenza della medesima ricorrente che lo progettò e realizzò. Da ciò discende l’irrilevanza di qualificare i lavori sull’allaccio alla rete fognaria a guisa, o no, di manutenzione straordinaria, posto che i costi relativi al risanamento dei difetti di funzionamento del relativo impianto, la cui realizzazione ab origine era negli obblighi della concessionaria, non possono che spettare a questa e non certo al Comune concedente.

Neppure giova alla tesi attorea, circa l’illogicità e contraddittorietà dell’impugnata revoca, la circolare del 16 luglio 2009, con cui la P.A. intimata chiese a tutti i concessionari di impianti di calcio di certificarne il campo, posto che tal richiesta, d’altronde non eseguita dalla ricorrente, ha un contenuto generale e si rivolge a tutti i titolari dei predetti impianti, senza nulla aggiungere o togliere allo specifico oggetto del contendere.

Le spese del presente giudizio seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma (sez. II), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 1358/2010 RG, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la Società ricorrente al pagamento, a favore della P:A. resistente e costituita, delle spese del presente giudizio, che sono nel complesso liquidate in Euro 2.000,00 (Euro duemila/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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