Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 10-12-2010) 10-01-2011, n. 250

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

1. L.R.E. ricorre contro la sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria che confermava quella di primo grado che l’aveva dichiarata colpevole del delitto di maltrattamenti in danno del figlio minorenne M., e denuncia:

1. inadeguata valutazione delle prove, assumendo che la Corte non avrebbe tenuto conto della personalità dei genitori del minore, che nelle relazioni dei consulenti psichiatra e psicologo vengono descritti come portati a "strumentalizzare i figli, usati nella crisi coniugale per scopi vendicativi nei confronti del coniuge";

2. erronea applicazione della norma penale, perchè non sarebbe stata accertata nè l’abitualità e continuità dei presunti atti lesivi nè l’elemento psicologico del reato;

3. insussistenza del diritto della parte civile al risarcimento del danno, perchè lo stato di disagio di cui soffre il minore potrebbe essere – come ha riferito la pediatra B.A. – "un fatto suo". 2. I motivi di ricorso sono la mera riproposizione di questioni di fatto già adeguatamente esaminate e correttamente risolte dai giudici del merito.

Sia la sentenza di primo grado che quella d’appello hanno tenuto conto della personalità per aspetti diversi disturbata di entrambi i genitori della vittima, hanno ricostruito in base alle consulenze psicologiche e soprattutto alle testimonianze del minorenne offeso e dei suoi insegnanti i maltrattamenti realizzati mediante una pluralità e continuità di condotte vessatorie, fatte di ripetute violenze, minacce, ingiurie e umiliazioni sorrette da consapevole mala fede, sicuramente integranti il delitto contestato e, infine, hanno accertato gli "effetti devastanti" prodotti da tali condotte sulla crescita del minore.

Le censure proposte, dunque, non evidenziano lacune o illogicità della motivazione, ma esprimono dissenso nella valutazione della prova operata dai giudici del merito, chiedendo a questa Corte di legittimità di procedere a una diversa interpretazione dei dati processuali, non consentita nel giudizio di Cassazione.

Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, considerata la colpa con cui ha determinato l’inammissibilità, al versamento della somma di Euro mille alla cassa delle ammende.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro mille alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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