T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 08-01-2011, n. 14 Misure di prevenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

I.M. impugna il provvedimento meglio indicato in epigrafe, con il quale è stato disposto a suo carico il rimpatrio con foglio di via obbligatorio al Comune di residenza con divieto di far ritorno in Osio Sotto per tre anni.

In tale provvedimento, si premette in fatto che la ricorrente nella notte del 22 marzo 2006 è stata identificata sulla pubblica via "nel corso di servizio mirato al contrasto del fenomeno della prostituzione"; in base a ciò si ritiene la stessa ricorrente "pericolosa per la sicurezza pubblica" in quanto "per i suoi precedenti e per la condotta tenuta si deve ritenere… viva abitualmente, anche in parte, con i proventi di comportamenti illeciti e che l’attività di prostituzione in luogo pubblico può costituire un pericolo per la sicurezza pubblica"; si rileva infine come la ricorrente medesima non abbia residenza né dimora dichiarata né vincoli di parentela con residenti in Osio Sotto (doc. 1 ricorrente, copia provvedimento impugnato).

A sostegno dell’impugnazione, I.M. deduce un primo motivo di violazione dell’art. 13 del d. lgs. 286/1998, per non avere l’amministrazione disposto la traduzione del provvedimento nella lingua madre della ricorrente, ovvero in lingua rumena; deduce ancora un secondo motivo di violazione degli artt. 1 e 2 della l. 27 dicembre 1956 n°1423, sostenendo che non sarebbe sulla base dei fatti descritti in alcun modo dimostrata la sua appartenenza ad una delle categorie di persone pericolose previste dalla legge in parola.

Ha resistito l’amministrazione, con atto 20 dicembre 2006 e relazione 17 gennaio 2007, ed ha chiesto che il ricorso sia respinto.

Con ordinanza 18 gennaio 2007 n°78, la Sezione respingeva la domanda cautelare, attesa la mancata dimostrazione di un periculum in mora; all’udienza del giorno 11 novembre 2010, tratteneva infine la causa in decisione.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato e va accolto, per le ragioni di seguito precisate.

1. In via preliminare, a fini di chiarezza, va ricordato che il provvedimento impugnato, valido a decorrere dalla notifica di esso all’interessata, che ha avuto luogo il 4 ottobre 2006 (p. 1 ricorso, la circostanza è incontestata), per tre anni, ovvero fino al 4 ottobre 2009, ha cessato la propria efficacia in data anteriore a quella della presente decisione. Peraltro, non per tal motivo è venuto meno l’interesse alla decisione stessa: così come ritenuto da costante giurisprudenza, l’interesse ad impugnare un provvedimento amministrativo non viene meno sol perché esso nelle more del giudizio ha esaurito i suoi effetti, e ciò per tre motivi. In primo luogo, il tempo occorrente per ottenere la tutela giurisdizionale non deve andare a svantaggio di chi vede riconosciute le proprie ragioni; in secondo luogo, vi è sempre un interesse morale a veder definita la regola di condotta valida nel caso concreto; da ultimo, è solo in tal modo che si può evitare la potenziale preclusione della tutela che altrimenti si potrebbe avere attraverso la reiterazione, proroga o conferma di provvedimenti temporanei: in tali esatti termini, C.d.S. sez. IV 18 marzo 1997 n°259, e sulla stessa linea con maggiore accentuazione del profilo dell’interesse morale, 19 maggio 1997 n° 524, 12 marzo 1992 n°275 e sez. V 31 ottobre 1980 n° 911.

2. Ciò posto, l’interrogativo circa la possibilità di assoggettare a foglio di via obbligatorio le persone le quali esercitano la prostituzione, in particolare mediante offerta di sé sulla pubblica via, ha dato luogo in giurisprudenza ad orientamenti contrastanti. Occorre prendere le mosse dall’originario testo della l. 27 dicembre 1956 n°1423, che prevede in generale l’istituto delle misure di prevenzione nei confronti di persone pericolose per la sicurezza pubblica, e in particolare la misura del foglio di via obbligatorio di cui nella sede presente si discute.

3. Tale legge, all’art. 1 prevedeva infatti la possibilità di adottare siffatte misure nei confronti degli "oziosi e i vagabondi abituali, validi al lavoro" (n°1 dell’articolo), di "coloro che sono abitualmente o notoriamente dediti a traffici illeciti" (n°2), di "coloro che, per la condotta e il tenore di vita, debba ritenersi che vivano abitualmente, anche in parte, con il provento di delitti o con il favoreggiamento o che, per le manifestazioni cui abbiano dato luogo, diano fondato motivo di ritenere che siano proclivi a delinquere" (n°3), di "coloro che, per il loro comportamento siano ritenuti dediti a favorire o sfruttare la prostituzione o la tratta delle donne o la corruzione dei minori, ad esercitare il contrabbando, ovvero ad esercitare il traffico illecito di sostanze tossiche o stupefacenti o ad agevolarne dolosamente l’uso" (n°4) e infine, fattispecie che nel caso presente interessa, di "coloro che svolgono abitualmente altre attività contrarie alla morale pubblica e al buon costume" (n°5).

4. Tale ultima norma, astrattamente certo applicabile a chi la prostituzione esercitasse, aveva però, analogamente alle precedenti citate, suscitato le preoccupazioni della dottrina, a motivo della sua formulazione ampia e indeterminata, suscettibile anche di legittimare sostanziali abusi da parte dell’autorità di Polizia e di eludere, in ultima analisi, il principio di tassatività delle sanzioni penali, cui per contenuto afflittivo una misura di prevenzione si ritiene accostabile.

5. Di tali preoccupazioni si era fatta quindi carico la Corte costituzionale, la quale nei propri provvedimenti interpretativi di rigetto sent. 28 dicembre 1962 n°126 e ord. 12 novembre 1987 n°384 aveva escluso l’illegittimità dell’istituto, osservando come esso escluda ogni possibilità di arbitrio della p.a., in quanto per applicare una misura di prevenzione "ciò che conta è l’accertamento, caso per caso, di una concreta attuale e specifica pericolosità desunta da un particolare comportamento", accertamento che la p.a. stessa deve farsi carico di eseguire: la citazione è dall’ordinanza 384/1987, relativa proprio all’istituto del foglio di via.

6. Nel senso garantista indicato dalla Corte si è poi orientato il legislatore, che con la l. 3 agosto 1988 n°327 ha introdotto il testo attuale dell’art. 1 della l. 1423, e quindi consentito le misure di prevenzione soltanto nei confronti di "coloro che debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono abitualmente dediti a traffici delittuosi" (attuale n°1), "coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose" (attuale n°2) e "coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica", come recita l’attuale n°3 dell’articolo stesso, che è la norma richiamata per solito in tema di prostituzione.

7. Come si vede, la nuova norma fa centro sulla necessità di ravvisare "elementi di fatto" specifici dai quali desumere la pericolosità; ha poi eliminato qualsiasi riferimento alla contrarietà delle condotte valorizzate rispetto alla "morale" o al "buon costume", per concentrarsi viceversa sul pericolo di commissione di "reati", se pure, in base ad un principio generale in tema di misure di prevenzione, il giudizio relativo può fondarsi non solo e necessariamente su precedenti penali del soggetto, ma anche su elementi presuntivi quali "il tenore di vita del prevenuto, l’abituale compagnia di pregiudicati o di soggetti sottoposti a misure di prevenzione, e altre concrete manifestazioni obiettivamente contrastanti con la sicurezza pubblica, in modo che, comunque, risulti esaminata globalmente l’intera personalità del soggetto, quale risulta attraverso tutte le manifestazioni della sua vita": così per tutte già Cass. pen. sez. I 28 giugno 1993 imp. Pugliese.

8. Ciò posto, è pacifico il dato logico secondo il quale l’esercizio della prostituzione, che di per sé non costituisce reato, ma integra comunque un’attività riprovata dall’ordinamento (sul punto specifico, da ultimo C.d.S. sez. VI 22 ottobre 2008 n°5178), può essere il presupposto per l’irrogazione di una misura preventiva come il foglio di via allorquando, nel caso concreto, avvenga con modalità tali da far presumere la possibilità effettiva che reati contro i minorenni, ovvero contro la sanità e sicurezza pubblica siano commessi. Non vi è però unanimità nel fissare i requisiti minimi per integrare tale presupposto.

9. Si registra infatti un primo orientamento, di carattere restrittivo, secondo il quale, accertato che sia l’esercizio della prostituzione sulla pubblica via, mediante offerta di sé indiscriminata e senza cautele, il pericolo di commissione dei reati indicati ne conseguirebbe in via automatica, in quanto da un lato è notorio che le prestazioni offerte vengono consumate appartandosi in luoghi di per sé aperti o esposti al pubblico, e ciò integra il delitto di atti osceni di cui all’art. 527 c.p., dall’altro, un’offerta indiscriminata di prestazioni sessuali a pagamento è disponibile di per sé anche ai minorenni. In tali termini, fatti propri ad esempio da TAR Puglia Bari sez. II 3 aprile 2007 n° 949 e da TAR Campania Napoli, sez. VI 20 settembre 2007 n° 8094, nonché dall’ordinanza cautelare resa nel presente procedimento di cui in narrativa, il foglio di via a chi si prostituisca sulla pubblica strada sarebbe di regola legittimamente irrogato.

10. In tempi più recenti, comunque posteriori all’ordinanza cautelare, si è però affermato altro orientamento, che intende in senso diverso la necessità di ravvisare "elementi di fatto" a giustificazione della misura; ritiene quindi che dalla prostituzione su strada non si possa di per sé presumere la commissione di reati nei termini visti, occorrendo invece a tal fine un "giudizio prognostico" fondato su "specifici comportamenti attribuibili direttamente all’interessato" e non sulla semplice "generica descrizione di una situazione locale di allarme" ovvero di disagio: in tali termini TAR Veneto sez. III 4 febbraio 2009 n°260, ma conformi anche TRGA Trentino Alto Adige Bolzano 23 dicembre 2008 n°414, TAR Lombardia Milano sez. III 24 aprile 2008, n°1259 e TAR Piemonte sez. II 16 gennaio 2007 n°14, nonché da ultimo C.d.S. sez. II parere su ricorso straordinario 1811/2010. A tale orientamento ha aderito questo Tribunale, per tutte con la sentenza sez. I 4 maggio 2009 n°892, né ravvisa motivi per modificarlo nel caso di specie, in quanto ispirato a maggiore garanzia per il cittadino e a maggior rispetto per la lettera e la logica della norma, che appaiono volte quantomeno a limitare automatismi di carattere presuntivo.

11. In base al criterio appena esposto, quindi, il provvedimento impugnato va annullato, motivatamente discostandosi nella decisione di merito da quanto affermato in sede cautelare. Infatti, come dedotto nell’unico motivo di ricorso, che risulta fondato, il provvedimento in questione fa riferimento soltanto al controllo della ricorrente in orario notturno lungo la SS 525 in territorio comunale di Osio Sotto, nel corso di un servizio di polizia mirato al contrasto della prostituzione, ma senza che nei suoi confronti venga descritto alcun atteggiamento riconducibile all’adescamento invasivo, od anche alla semplice offerta di prestazioni sessuali. Mancano quindi gli "specifici comportamenti" richiesti per ravvisare la pericolosità del soggetto che legittimano la misura adottata.

12. Il descritto contrasto di giurisprudenza è giusto motivo per compensare le spese. Comportando peraltro la presente pronuncia l’accoglimento della domanda della ricorrente, l’amministrazione intimata va condannata a rifondere il contributo unificato in quanto soccombente, ai sensi dell’espresso disposto dell’art. 13 comma 6 bis T.U. 115/2002.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il decreto 26 aprile 2006 CAT. A. 12/Anticr./2a sez. del Questore della Provincia di Bergamo relativo alla ricorrente. Compensa per intero fra le parti le spese di lite e condanna l’amministrazione intimata a rifondere alla ricorrente il contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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