T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 08-01-2011, n. 11 Ricorso giurisdizionale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

R.T. è destinataria del provvedimento del Questore meglio indicato in epigrafe, con il quale è stato disposto a suo carico il rimpatrio con foglio di via obbligatorio al Comune di residenza con divieto di far ritorno in Bergamo per tre anni.

In tale provvedimento, si premette in fatto che la ricorrente in data 13 ottobre 2008, in ora non precisata, è stata identificata sulla pubblica via "mentre invitava persone al libertinaggio al fine di prostituirsi" e che ella "annovera altri precedenti di polizia per violazione normativa stupefacenti"; in base a ciò si ritiene la stessa ricorrente "pericoloso (testuale) per la sicurezza e la tranquillità pubblica" in quanto "non è residente nel Comune di Bergamo, che non vi ha legami di parentela e non vi esplica alcuna attività lavorativa lecita e che frequenta quel territorio allo scopo presumibile di esercitarvi l’attività di meretricio con modalità tali da compromettere la sicurezza e la tranquillità pubblica" (doc. 1 ricorrente, copia provvedimento impugnato).

R.T. ha dapprima impugnato tale provvedimento con ricorso gerarchico al Prefetto di Bergamo, inviato con raccomandata ricevuta dall’Ufficio il 31 ottobre 2008, nel quale deduce un unico motivo di violazione degli artt. 1 e 2 della l. 27 dicembre 1956 n°1423, sostenendo che non sarebbe sulla base dei fatti descritti in alcun modo motivata la sua appartenenza ad una delle categorie di persone pericolose previste dalla legge in parola; deduce in particolare di essere incensurata, di essere conduttrice di una abitazione regolarmente presa in locazione a Bergamo e di avere avviato le pratiche per trasferirvi la propria residenza (doc. 2 ricorrente, copia ricorso gerarchico; copia del certificato del casellario prodotto in tal sede è il doc. 3 ricorrente in questa sede; copia del contratto di locazione e della richiesta di cambio di residenza sono poi prodotte come doc. ti 7 e 9).

Formatosi il silenzio rifiuto su tale atto, R.T. proponeva allora in questa sede impugnazione avverso il citato provvedimento del Questore, sulla base di quattro motivi:

– con il primo di essi, deduce violazione degli artt. 7 e ss. della l. 241/1990, per esser stato il provvedimento impugnato emesso senza previo avviso di inizio del relativo procedimento;

– con il secondo motivo, deduce violazione dell’art. 4 della l. 27 dicembre 1956 n°1423, per esser stato il provvedimento impugnato adottato senza il previo avviso orale che dalla norma sarebbe richiesto;

– con il terzo motivo, deduce eccesso di potere per travisamento dei fatti. Assume, nell’ordine, di non avere precedenti in materia di stupefacenti, dato che un siffatto procedimento penale a suo carico è stato archiviato (doc. ti 4 e 5 ricorrente, copia atti relativi); di non esser stata controllata in via Grumello, come asserito nel provvedimento, ma in via Moroni, ove ha la propria abitazione di cui si è detto (v. doc. 6 ricorrente, copia verbale controllo);

– con il quarto motivo, deduce infine violazione degli artt. 1 e 2 della l. 27 dicembre 1956 n°1423, sostenendo che l’esercizio della prostituzione non basterebbe a qualificarla come persona pericolosa, soprattutto quando "come accaduto nella fattispecie de qua sia stato contestato soltanto un unico ed occasionale episodio" (ricorso, p. 10 quarta e quinta riga).

Ha resistito l’amministrazione, con atto 12 marzo e memoria 24 marzo 2009 con relazione allegata, chiedendo che il ricorso sia respinto e deducendo che la ricorrente risulterebbe invece dedita alla prostituzione, e sarebbe stata in ragione di ciò coinvolta in una lite con vicini di casa.

Nelle more, sopravveniva il provvedimento del Prefetto di esplicita reiezione del ricorso gerarchico di cui si è detto (doc. 1 ricorrente allegato ai motivi aggiunti, copia di esso), nel quale si confermava la decisione del Questore, osservando fra l’altro come, in effetti, a carico della T. sussistessero anche i suddetti fatti di minaccia e danneggiamento nei confronti dei vicini, tali da far desumere la pericolosità della persona, e come il trasferimento della residenza in Bergamo da quella originaria di Rimini dovesse ritenersi strumentale, in quanto la relativa istanza risulta presentata il giorno successivo alla notifica del provvedimento del Questore.

Avverso tale provvedimento, R.T. proponeva motivi aggiunti; con i primi quattro di essi, riproponeva le doglianze del ricorso principale; sviluppava poi due motivi ulteriori, di violazione dell’art. 10 bis l. 241/1990, per omissione del cd. prediniego, e di violazione dell’art. 3 della stessa legge, per difetto di motivazione. A tale ultimo proposito, affermava che il suo coinvolgimento nell’incendio dell’automobile di un vicinante non era in alcun modo provato, e che le minacce a lei ascritte costituivano semplicemente un banale episodio di lite di condominio.

Con memoria 2 luglio 2010, la ricorrente ribadiva le proprie ragioni.

Con ordinanza 30 aprile 2009 n°271, la Sezione respingeva la domanda cautelare; all’udienza del giorno 11 novembre 2010, tratteneva infine la causa in decisione.

Motivi della decisione

1. Per delimitare, a fini di chiarezza, il preciso oggetto della cognizione di questo Giudice, vanno ricordati in via preliminare alcuni principi generali in tema di rapporti fra l’impugnazione di un atto amministrativo nella presente sede giurisdizionale di legittimità e la sua impugnazione in sede di ricorso amministrativo gerarchico, che nella sede presente come si è detto è stata proposta e ha dato luogo al provvedimento prefettizio impugnato con i motivi aggiunti.

2. In primo luogo, va quindi ricordato che il provvedimento decisorio di un ricorso gerarchico è provvedimento volto a "fini giustiziali", nel senso che "non si sostituisce al provvedimento impugnato, ma si limita a riconoscere insussistenti i vizi denunciati" col rimedio amministrativo, e, ove assuma contenuto di reiezione dello stesso, si limita a confermarne la validità: in tali termini, già C.d.S. sez. VI, 19 ottobre 1979, n. 708 e, più di recente, TAR Toscana sez. I, 14 ottobre 2003, n. 5337. Ne segue, secondo logica, che, ove come nel caso presente la decisione sul ricorso gerarchico sia gravata con motivi aggiunti nell’ambito di un ricorso giurisdizionale proposto in via principale avverso il provvedimento originario, il Giudice dovrà decidere entrambi i ricorsi, senza che quello avverso il provvedimento originario divenga improcedibile.

3. La decisione suddetta, peraltro, dovrà avvenire nel rispetto di altro pacifico principio, quello per cui il giudice può esaminare solo i motivi tempestivamente proposti in sede di impugnazione amministrativa e riproposti con l’impugnativa giurisdizionale della decisione su ricorso gerarchico, oltre che i motivi attinenti a vizi propri della decisione stessa,"divenendo ogni altra questione intangibile in forza del principio di inoppugnabilità del provvedimento non impugnato nei termini, posto dall’ordinamento a garanzia del concorrente principio di certezza delle situazione giuridiche di diritto pubblico": in tali esatti termini, da ultimo, TAR Molise 9 aprile 2009 n°119.

4. Nel caso di specie, si osserva allora che il ricorso gerarchico avverso l’originario provvedimento del Questore 16 ottobre 2008 è stato proposto solo per uno dei motivi poi sviluppati in sede giurisdizionale, ovvero quello di violazione degli artt. 1 e 2 della l. 27 dicembre 1956 n°1423, quarto di cui in narrativa (cfr. il testo del ricorso gerarchico stesso, prodotto come doc. 2 ricorrente nel ricorso principale). Pertanto, i motivi primo, secondo e terzo del ricorso principale, riproposti nel ricorso per motivi aggiunti, vanno dichiarati inammissibili per le ragioni sopra esposte; andranno decisi nel merito, nel loro ordine logico, invece il motivo primo ulteriore del ricorso per motivi aggiunti, che attiene a un presunto vizio procedurale proprio della decisione prefettizia, nonché il motivo quarto del ricorso principale, riproposto come motivo aggiunto, e il motivo secondo ulteriore del ricorso per motivi aggiunti, pure attinente a un asserito vizio proprio, stavolta sostanziale, della decisione prefettizia.

5. Tanto premesso, il motivo primo ulteriore del ricorso per motivi aggiunti, inerente come detto ad una asserita violazione dell’art. 10 bis della l. 241/1990, è infondato e va respinto. Come condivisibilmente affermato da TAR Liguria sez. II 24 aprile 2008 n°766, infatti, "in sede di ricorso gerarchico non sussiste alcun obbligo di comunicazione dei motivi ostativi ex art. 10 bis, l. 241/1990 trattandosi di procedimento giustiziale sottoposto a regole procedurali proprie, le quali garantiscono adeguatamente il contraddittorio e la partecipazione del ricorrente".

6. I residui motivi, quarto riproposto del ricorso principale e secondo ulteriore del ricorso per motivi aggiunti, vanno poi esaminati congiuntamente, perché riguardano la medesima questione -ovvero l’interrogativo circa la possibilità di assoggettare a foglio di via obbligatorio le persone le quali esercitano la prostituzione, in particolare mediante offerta di sé sulla pubblica via- e risultano entrambi infondati.

7. La questione suddetta, come è noto, ha dato luogo in giurisprudenza ad orientamenti contrastanti. Occorre prendere le mosse dall’originario testo della l. 27 dicembre 1956 n°1423, che prevede in generale l’istituto delle misure di prevenzione nei confronti di persone pericolose per la sicurezza pubblica, e in particolare la misura del foglio di via obbligatorio di cui nella sede presente si discute.

8. Tale legge, all’art. 1 prevedeva infatti la possibilità di adottare siffatte misure nei confronti degli "oziosi e i vagabondi abituali, validi al lavoro" (n°1 dell’articolo), di "coloro che sono abitualmente o notoriamente dediti a traffici illeciti" (n°2), di "coloro che, per la condotta e il tenore di vita, debba ritenersi che vivano abitualmente, anche in parte, con il provento di delitti o con il favoreggiamento o che, per le manifestazioni cui abbiano dato luogo, diano fondato motivo di ritenere che siano proclivi a delinquere" (n°3), di "coloro che, per il loro comportamento siano ritenuti dediti a favorire o sfruttare la prostituzione o la tratta delle donne o la corruzione dei minori, ad esercitare il contrabbando, ovvero ad esercitare il traffico illecito di sostanze tossiche o stupefacenti o ad agevolarne dolosamente l’uso" (n°4) e infine, fattispecie che nel caso presente interessa, di "coloro che svolgono abitualmente altre attività contrarie alla morale pubblica e al buon costume" (n°5).

9. Tale ultima norma, astrattamente certo applicabile a chi la prostituzione esercitasse, aveva però, analogamente alle precedenti citate, suscitato le preoccupazioni della dottrina, a motivo della sua formulazione ampia e indeterminata, suscettibile anche di legittimare sostanziali abusi da parte dell’autorità di Polizia e di eludere, in ultima analisi, il principio di tassatività delle sanzioni penali, cui per contenuto afflittivo una misura di prevenzione si ritiene accostabile.

10. Di tali preoccupazioni si era fatta quindi carico la Corte costituzionale, la quale nei propri provvedimenti interpretativi di rigetto sent. 28 dicembre 1962 n°126 e ord. 12 novembre 1987 n°384 aveva escluso l’illegittimità dell’istituto, osservando come esso escluda ogni possibilità di arbitrio della p.a., in quanto per applicare una misura di prevenzione "ciò che conta è l’accertamento, caso per caso, di una concreta attuale e specifica pericolosità desunta da un particolare comportamento", accertamento che la p.a. stessa deve farsi carico di eseguire: la citazione è dall’ordinanza 384/1987, relativa proprio all’istituto del foglio di via.

11. Nel senso garantista indicato dalla Corte si è poi orientato il legislatore, che con la l. 3 agosto 1988 n°327 ha introdotto il testo attuale dell’art. 1 della l. 1423, e quindi consentito le misure di prevenzione soltanto nei confronti di "coloro che debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono abitualmente dediti a traffici delittuosi" (attuale n°1), "coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose" (attuale n°2) e "coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica", come recita l’attuale n°3 dell’articolo stesso, che è la norma richiamata per solito, ed anche nel caso concreto, in tema di prostituzione.

12. Come si vede, la nuova norma fa centro sulla necessità di ravvisare "elementi di fatto" specifici dai quali desumere la pericolosità; ha poi eliminato qualsiasi riferimento alla contrarietà delle condotte valorizzate rispetto alla "morale" o al "buon costume", per concentrarsi viceversa sul pericolo di commissione di "reati", se pure, in base ad un principio generale in tema di misure di prevenzione, il giudizio relativo può fondarsi non solo e necessariamente su precedenti penali del soggetto, ma anche su elementi presuntivi quali "il tenore di vita del prevenuto, l’abituale compagnia di pregiudicati o di soggetti sottoposti a misure di prevenzione, e altre concrete manifestazioni obiettivamente contrastanti con la sicurezza pubblica, in modo che, comunque, risulti esaminata globalmente l’intera personalità del soggetto, quale risulta attraverso tutte le manifestazioni della sua vita": così per tutte già Cass. pen. sez. I 28 giugno 1993 imp. Pugliese.

13. Ciò posto, è pacifico il dato logico secondo il quale l’esercizio della prostituzione, che di per sé non costituisce reato, ma integra comunque un’attività riprovata dall’ordinamento (sul punto specifico, da ultimo C.d.S. sez. VI 22 ottobre 2008 n°5178), può essere il presupposto per l’irrogazione di una misura preventiva come il foglio di via allorquando, nel caso concreto, avvenga con modalità tali da far presumere la possibilità effettiva che reati contro i minorenni, ovvero contro la sanità e sicurezza pubblica siano commessi. Non vi è però unanimità nel fissare i requisiti minimi per integrare tale presupposto.

14. Si registra infatti un primo orientamento, di carattere restrittivo, secondo il quale, accertato che sia l’esercizio della prostituzione sulla pubblica via, mediante offerta di sé indiscriminata e senza cautele, il pericolo di commissione dei reati indicati ne conseguirebbe in via automatica, in quanto da un lato è notorio che le prestazioni offerte vengono consumate appartandosi in luoghi di per sé aperti o esposti al pubblico, e ciò integra il delitto di atti osceni di cui all’art. 527 c.p., dall’altro, un’offerta indiscriminata di prestazioni sessuali a pagamento è disponibile di per sé anche ai minorenni. In tali termini, fatti propri ad esempio da TAR Puglia Bari sez. II 3 aprile 2007 n° 949 e da TAR Campania Napoli, sez. VI 20 settembre 2007 n° 8094, il foglio di via a chi si prostituisca sulla pubblica strada sarebbe di regola legittimamente irrogato.

15. In tempi più recenti, si è però affermato altro orientamento, che intende in senso diverso la necessità di ravvisare "elementi di fatto" a giustificazione della misura; ritiene quindi che dalla prostituzione su strada non si possa di per sé presumere la commissione di reati nei termini visti, occorrendo invece a tal fine un "giudizio prognostico" fondato su "specifici comportamenti attribuibili direttamente all’interessato" e non sulla semplice "generica descrizione di una situazione locale di allarme" ovvero di disagio: in tali termini TAR Veneto sez. III 4 febbraio 2009 n°260, ma conformi anche TRGA Trentino Alto Adige Bolzano 23 dicembre 2008 n°414, TAR Lombardia Milano sez. III 24 aprile 2008, n°1259 e TAR Piemonte sez. II 16 gennaio 2007 n°14, nonché da ultimo C.d.S. sez. II parere su ricorso straordinario 1811/2010. A tale orientamento ha aderito questo Tribunale, per tutte con la sentenza sez. I 4 maggio 2009 n°892, né ravvisa motivi per modificarlo nel caso di specie, in quanto ispirato a maggiore garanzia per il cittadino e a maggior rispetto per la lettera e la logica della norma, che appaiono volte quantomeno a limitare automatismi di carattere presuntivo.

16. In base al criterio appena esposto, peraltro, il foglio di via nella fattispecie per cui è causa risulta legittimamente irrogato. Come si è detto in narrativa, il provvedimento questorile 16 ottobre 2008 in origine impugnato (doc. 1 ricorrente in ricorso principale, cit.) afferma in motivazione che la ricorrente frequenterebbe Bergamo al presumibile scopo "di esercitarvi l’attività di meretricio con modalità tali da compromettere la sicurezza e la tranquillità pubblica", e quindi non avrebbe legami di altro tipo con tale Comune; il punto è poi approfondito nel provvedimento prefettizio (doc. 1 ricorrente in ricorso per motivi aggiunti, cit.), ove si precisa che la ricorrente stessa da un lato avrebbe precedenti di polizia per gravi fatti di minaccia e di danneggiamento, dall’altro avrebbe presentato domanda di trasferimento della residenza solo successivamente alla notifica del provvedimento del Questore citato.

17. Sul primo punto, l’amministrazione ha prodotto (doc. ti p.a. 35 allegati alla relazione 24 marzo 2009) anzitutto le copie di annotazioni di servizio dalle quali risulta quanto la T. non nega, ovvero che ella è effettivamente dedita alla prostituzione; ha poi prodotto la denunzia querela di certo Bettonagli, un vicino di appartamento della stessa T., il quale, avendola ripresa in quanto le autovetture dei di lei clienti impedivano il regolare posteggio ai residenti, ne venne apostrofato con l’espressione "te la farò pagare". In tale contesto, non è certo tranquillante, se pur non ascrivibile in via diretta alla ricorrente, che pochi giorni dopo il diverbio l’automobile del Bettonagli sia stata incendiata da ignoti.

18. Sul secondo punto, la ricorrente afferma (p. 8 ricorso per motivi aggiunti) che comunque il contratto di locazione afferente l’immobile sarebbe anteriore al provvedimento, se pure non nega la data in cui ha presentato la domanda attinente alla residenza, che del resto risulta dal doc. 9 da lei prodotto. Si deve però osservare come, nei casi in cui si prenda in locazione un appartamento per le proprie normali necessità abitative, la richiesta di cambio di residenza è, per comune esperienza, contestuale, in quanto necessaria alla cd. intestazione delle utenze alle condizioni più favorevoli previste per le abitazioni ordinarie (cfr. sul punto il doc. 7 ricorrente, cit, ovvero la copia del contratto di locazione, ove non si prevede che le utenze stesse rimangano in capo al proprietario locatore).

19. In conclusione, pertanto, la p.a. risulta avere dimostrato che, nel caso concreto, dall’attività di prostituzione della ricorrente deriva il rischio di commissione di reati, collegati ad una modalità di comportamento invasiva e non rispettosa dell’altrui sfera di tranquillità e sicurezza. Tanto il ricorso principale quanto quello per motivi aggiunti vanno quindi respinti, mentre le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sui ricorsi principale e per motivi aggiunti come in epigrafe proposti, li respinge. Condanna R.T. a rifondere all’amministrazione intimata le spese di lite, spese che liquida in Euro 3.000 (tremila/00) oltre rimborso spese forfetario e accessori di legge, ove dovuti.Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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