Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 30-11-2010) 10-01-2011, n. 286 Ricusazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

La Corte di Appello di Roma, con ordinanza emessa de plano in data 8 aprile 2010, ha dichiarato inammissibile la dichiarazione di ricusazione proposta da D.R. nei confronti della dottoressa C.A., Presidente del Collegio giudicante del Tribunale del riesame di Roma, in un procedimento de libertate.

Il D., che aveva proposto appello avverso un provvedimento di rigetto della richiesta di revoca della misura cautelare degli arresti domiciliari, sosteneva che la dottoressa C., che era stata estensore di precedenti provvedimenti di rigetto della richiesta di revoca della predetta misura coercitiva e che, pertanto, aveva espresso valutazioni e giudizi sul ricorrente, doveva ritenersi incompatibile a giudicare nel procedimento in discussione. La Corte di merito nel rigettare l’istanza di ricusazione, dopo avere rilevato che quelle sulla ricusazione erano norme eccezionali non suscettibili di interpretazione analogica, poneva in evidenza che la prospettata parzialità della C. non era ravvisabile perchè la stessa non aveva mai espresso valutazioni in ordine alla responsabilità penale dell’imputato.

Con il ricorso per Cassazione D.R., riepilogato l’iter processuale, deduceva la violazione dell’art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c), in relazione all’art. 41, comma 1 ed all’art. 127 c.p.p. per avere la Corte di Appello pronunziato ordinanza di inammissibilità inaudita altera parte, nonchè la violazione dell’art. 37, comma 1, lett. b) per avere ritenuto la Corte di merito che la situazione denunciata non confermi indebita manifestazione del convincimento.

I motivi posti a sostegno del ricorso proposto da D.R. sono manifestamente infondati.

La procedura così detta de plano adottata dalla Corte di Appello è, infatti, corretta perchè l’art. 41 c.p.p., comma 1, impone detta procedura e non quella camerale ex art. 127 c.p.p. quando i motivi addotti siano manifestamente infondati (tra le tante, vedi Cass., Sez. 3, cc 9 aprile – 11 giugno 2001, Boanelli, CED 218937).

Orbene nel caso di specie la Corte di Appello ha ritenuto, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, palesemente inammissibile la dichiarazione di ricusazione.

Si tratta di una valutazione del tutto fondata come meglio si dirà.

Anche il secondo motivo di impugnazione è manifestamente infondato.

Secondo il ricorrente la C. sarebbe incompatibile a giudicarlo nella presente procedura per averlo già giudicato in precedenza in altri due procedimenti incidentali concernenti la libertà – provvedimenti del 4 giugno 2009 e del 18 febbraio 2010 concernenti il primo una istanza di riesame presentata dal D. avverso la ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere ed il secondo in appello avverso il rigetto di istanze di revoca della misura custodiale in atto -.

Come correttamente stabilito dalla Corte di Appello non si ravvisano nel caso di specie i presupposti per una ricusazione perchè le valutazioni svolte dal giudice C. nelle procedure indicate non possono essere ritenute pregiudicanti la imparzialità del giudice nella presente procedura essenzialmente perchè si tratta di valutazioni comunque rese in procedimenti incidentali de libertate, che non implicano alcuna valutazione in ordine alla responsabilità penale dell’imputato, ovvero alla sussistenza di prove di colpevolezza, trattandosi soltanto di verificare la sussistenza di gravi indizi, ovvero di una qualificata probabilità di colpevolezza (SS.UU. 21 aprile – 1 agosto 1995, n. 11, Costantino).

Inoltre in tutte e tre le ipotesi si tratta di procedimenti incidentali de libertate ed è del tutto fisiologico che sia lo stesso collegio a decidere in relazione ai vari procedimenti incidentali afferenti allo stesso procedimento principale (vedi Cass., n. 30403/2007).

E’ poi appena il caso di osservare che le valutazioni espresse dal giudice C. sono del tutto legittime e necessarie perchè assunte in un procedimento de libertate e non possono definirsi indebite, come richiesto dall’art. 37 c.p.p. invocato dal ricorrente.

Indebita è, infatti, l’opinione sulla colpevolezza o sulla innocenza dell’imputato espressa senza che ne esista necessità ai fini della decisione adottata o fuori da ogni collegamento o legame con l’esercizio delle funzioni giurisdizionali inerenti al fatto esaminato (così Cass. N. 7792/2005).

Le conclusioni raggiunte dalla Corte di merito sono, pertanto, frutto di una corretta interpretazione delle norme sulla ricusazione dei giudici, norme che per essere eccezionali, in quanto limitative dell’esercizio del potere giurisdizionale, prevedono soltanto casi tassativi di ricusazione, con esclusione di applicazioni analogiche e di interpretazioni non letterali (vedi Cass., Sez. 6, 20 maggio 1997, n. 1606).

Per le ragioni indicate il ricorso deve essere dichiarato inammissibile ed il ricorrente condannato a pagare le spese del procedimento ed a versare la somma, liquidata in via equitativa, in ragione dei motivi dedotti, di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese del procedimento ed a versare la somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *