Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 23-11-2010) 10-01-2011, n. 283

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Salerno, con la sentenza del 14 gennaio 2010 ha dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione nei confronti, tra gli altri, di D.R.B. per diversi reati di falsità materiale e ideologica commessa) da pubblico ufficiale in atti pubblici.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l’imputata, attraverso il proprio difensore, il quale lamenta:

a) la violazione di norme penali e la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 129 c.p.p., comma 2 e art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), con particolare riferimento al complesso dell’impianto accusatorio di cui al capo E dell’imputazione, basato su dati non veritieri in quanto riferiti ad atti non rientranti nelle competenze dell’imputata;

b) del pari, la violazione di norme penali e la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 129 c.p.p., comma 2 e art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), anche con riferimento agli altri capi dell’imputazione F,G e H rispetto ai quali il Giudicante avrebbe ben potuto prosciogliere con la formula più ampia.

In uno con il ricorso risulta depositato atto di rinuncia alla prescrizione da parte dell’imputata.

Motivi della decisione

1 – Il ricorso non è meritevole di accoglimento.

Giova premettere, in ordine alla mancata pronuncia di assoluzione nel merito anzichè per prescrizione, come la pacifica giurisprudenza di questa Corte insegni che, in presenza di una causa estintiva del reato, il Giudice sia legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione, a norma dell’art. 129 c.p.p., solo nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la sua rilevanza penale e la non commissione del medesimo da parte dell’imputato emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, tanto che la valutazione da compiersi in proposito appartiene più al concetto di "constatazione" che a quello di "apprezzamento" (v. Sezioni Unite 28 maggio 2009 n. 35490).

Il concetto di "evidenza", richiesto dall’indicato art. 129 c.p.p., comma 2, presuppone, quindi, la manifestazione di una volontà processuale chiara e obbiettiva, che renda superflua ogni dimostrazione, concretandosi così in qualcosa di più di quanto la legge richieda per l’assoluzione ampia, oltre la correlazione ad un accertamento immediato.

Nel caso di specie, l’esame della decisione impugnata non evidenzia affatto la indicata evidenza, se è vero che la portata indiziaria del compendio investigativo in atti ha, in primo luogo, resistito a precedenti vagli d’impugnazione, sia pur in sede cautelare.

D’altra parte, le imputazioni ascritte all’imputata risultano dal compimento di una fattispecie amministrativa a formazione progressiva, le cui singole partizioni nulla lasciano presumere in merito al corretto esercizio dell’attività amministrativa, tale da evidenziare ictu oculi, senza necessità di argomentare in qualche modo, la manifesta infondatezza dell’azionata pretesa punitiva.

Si pensi, in particolare, alla pretesa incompetenza funzionale ovvero al mero esercizio di un’attività di trasmissione di atti o ancora di semplice attestazione di quanto posto in essere da altri pubblici uffici, tutte attività che mal si conciliano, viceversa e all’evidenza, con la qualifica rivestita dall’imputata: Direttore del Settore Urbanistica del Comune di Salerno nonchè Dirigente dell’Ufficio di Piano.

2. Del tutto irrilevante è, inoltre, la proposta dichiarazione di rinuncia alla prescrizione mai espressa nel precedente grado di giudizio.

La giurisprudenza afferma, infatti, pacificamente come tale rinuncia non possa più intervenire dopo l’avvenuta pronuncia di una decisione che abbia definito il giudizio in corso (v. da ultimo, Sez. 3, 7 luglio 2009 n. 37583) poichè tale richiesta non potrebbe che essere intesa come censura alla decisione, volta ad ottenere una indebita rivalutazione del materiale probatorio, finalizzata alla dimostrazione della innocenza, soprattutto allorquando, come nel caso di specie, l’esame della decisione impugnata dimostri, al contrario, che l’accertata dichiarazione di estinzione del reato costituisca la soluzione più favorevole alla ricorrente stessa.

3. Il ricorso va, pertanto, rigettato con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *