Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 01-02-2011, n. 2359 Categoria, qualifica, mansioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

L’ing. M.R. chiede l’annullamento della sentenza della Corte d’appello di Palermo, pubblicata il 15 dicembre 2005, che ha respinto l’appello contro la sentenza del Tribunale della medesima città che aveva, a sua volta, respinto la domanda dell’ingegnere nei confronti del suo datore di lavoro, Istituto regionale per il credito alla cooperazione (IRCAC).

La domanda era di riconoscimento della qualifica superiore del 4 livello, capo ufficio, con condanna alle conseguenti differenze retributive.

Il Tribunale sì espresse negativamente. La Corte d’appello ha confermato la decisione.

Il ricorso è articolato in due motivi. L’Istituto si difende con controricorso.

Con il primo motivo si denunzia un vizio di "omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione".

La motivazione sarebbe insufficiente (pag. 10) perchè omette di esaminare i rilievi critici formulati contro la sentenza di primo grado nella parte in cui interpreta la deposizione del teste M. e perchè omette di analizzare e sindacare il contenuto della relazione del 28 marzo 1995 e delle lettere successive; sarebbe contraddittoria perchè non attribuisce la giusta valenza probatoria ai mansionari del 7 dicembre 1989 e del 5 aprile 1994; e sarebbe ancora insufficiente perchè nega rilievo alla assegnazione del ricorrente all’ufficio analisi dei trattamenti aziendali operata con ordine di servizio del 31 dicembre 1997, n. 281.

In realtà, dalla lettura della sentenza si evince che tutti gli elementi di prova su richiamati sono stati considerati dalla Corte che li ha esaminati e valutati ed ha fornito una motivazione, adeguata e priva di incoerenze logiche, della sua decisione.

Le critiche mosse non rientrano nell’alveo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 ma si risolvono in una richiesta di rivalutazione del merito della decisione, che non può essere svolta in sede di giudizio di legittimità.

Con il secondo motivo si denunzia violazione del diritto di difesa, del principio del contraddittorio e degli artt. 437 e 156 c.p.c., per non aver la Corte ammesso, ribadendo quanto già ritenuto dal giudice di primo grado, la testimonianza di F.P. articolata in due capitoli, "in quanto vertenti su circostanze non conducenti ai fini della decisione".

In realtà la motivazione specificamente formulata sul punto dalla Corte d’appello a pag. 6 della sentenza, non è ristretta a tale valutazione, peraltro non immotivata, fatta invero dal primo giudice, ma sottolinea anche la "assoluta genericità" dei capitoli di prova e il fatto che nessuno dei due era volto a comprovare il livello di responsabilità inerente le specifiche mansioni svolte.

La scelta della Corte è motivata e la motivazione è adeguata e coerente. Anche sul punto, in sede di legittimità, non è possibile riaprire questioni strettamente di merito. Il ricorso pertanto deve essere rigettato. Le spese sono a carico della parte che perde il giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione alla controparte delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 17,00, nonchè 3.000,00 per onorari, oltre accessori.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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