Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 26-10-2010) 10-01-2011, n. 235

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

T.E. ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza in data 15 giugno 2010 del Tribunale di Firenze – Sezione del riesame – con la quale è stata rigettata l’istanza di riesame dell’ordinanza del Gip del Tribunale di Firenze, con la quale è stata applicata nei suoi confronti la misura della custodia cautelare in carcere per il reato di cui all’art. 648 c.p..

A sostegno del ricorso il ricorrente ha dedotto:

a) Violazione di legge con riferimento al combinato disposto di cui all’art. 25 Cost. e artt. 8 e 9 c.p.p.. b) Illogicità della motivazione dell’ordinanza nella parte in cui rigetta l’eccezione di incompetenza territoriale.

Il ricorrente censura il criterio adottato per determinare la competenza del giudice in relazione al reato contestato, che dovrebbe tenere presente dati oggettivi e non mere presunzioni o deduzioni.

Il reato contestato, la ricettazione, in ipotesi sarebbe stato consumato a Milano, proprio in considerazione del luogo di residenza di altri coindagati ( S. e L.F. pure imputati del reato di ricettazione) e del risultato delle perquisizioni effettuate nei confronti di questi ultimi.

Non avrebbe rilevanza, dunque, in questo caso la circostanza relativa al luogo, Firenze, dove sarebbe stata consumata la rapina, in cui sono stati trafugati i preziosi oggetto della ricettazione contestata.

La competenza doveva quindi essere correttamente individuata sulla base dei criteri previsti dall’art. 9 c.p.p. nel Tribunale di Milano, città dove verosimilmente avvenne la cessione dell’anello, ovvero quello della residenza, dimora, domicilio dell’indagato, cioè Pistoia.

Secondo il ricorrente sarebbe illogico il ragionamento del tribunale del riesame, secondo cui il luogo della ricettazione dovrebbe essere individuato in quello prossimo al luogo ove è stata effettuata la rapina e dove, quindi i suoi stessi "danti causa" ( S. e L. F.) avrebbero ricevuto tutta o parte della refurtiva.

Questa conclusione non sarebbe corredata da alcun elemento di supporto essendo tra l’altro sconosciuti gli autori della rapina medesima. c) Violazione di legge con riferimento al combinato disposto di cui all’art. 273 c.p.p. e art. 648 c.p. e difetto di motivazione in ordine all’assenza dei gravi indizi di colpevolezza.

Mancanza di motivazione, con riferimento alla sussistenza delle esigenze cautelari, alla loro attualità e alla scelta della misura.

Il ricorrente lamenta l’assoluta incongruenza del giudizio formulato dal Tribunale in ordine alla consapevolezza della provenienza delittuosa del bene.

Anzi il suo comportamento processuale, grazie al quale venne individuato immediatamente lo S., avrebbe dovuto far giungere il Tribunale a conclusioni diverse.

Su questa base viene censurata dal ricorrente l’erronea valutazione della sussistenza delle esigenze cautelari, stante la motivazione generica e insufficiente del pericolo di reiterazione del reato; allo stesso modo non corretta e coerente con i presupposti di legge sarebbe la mancanza di valutazione del tempo trascorso tra la commissione del reato e quello dell’applicazione della misura cautelare.

Inoltre non vi sarebbe stata alcuna indicazione relativa ai criteri adottati per la scelta della misura più afflittiva, anche in considerazione della personalità del prevenuto, del tempo trascorso dalla commissione del fatto, del comportamento processuale del medesimo.

Osserva il Collegio che il ricorso è fondato nei limiti e sensi di seguito chiariti.

Le censure relative alla eccezione di incompetenza territoriale sono allo stato fondate.

Il riferimento fatto dal Tribunale al criterio formale relativo al luogo in cui sarebbe stata commessa la ricettazione dei beni oggetto della rapina in danno della famiglia di C.R., come indicato nella contestazione formulata a carico dei coindagati S.A. e L.F.M.E., trova un indiscutibile ostacolo negli elementi acquisiti in sede di indagini che hanno evidenziato due fatti, oggettivamente riscontrati, la cui valutazione favorevole alla tesi del ricorrente appare allo stato di difficile contestazione.

Appare pacifica, infatti, la circostanza della trasferta a Milano del T., come emerge dalle intercettazioni telefoniche e dai contatti avuti con i ricettatori "principe" della vicenda, S. appunto e L.F., nonchè dall’esito delle perquisizioni operate in danno dei due coindagati, in base al quale è stato appurato il possesso e la custodia da parte di questi ultimi, a Milano, di beni oggetto della rapina in questione.

Sulla base di questi elementi le dichiarazioni del T. trovano indubbiamente riscontri che devono essere giudicati positivamente all’interno del quadro di attendibilità complessivo che occorre riconoscere alle sue dichiarazioni, in base alle quali è stato possibile individuare appunto due tra i più importanti soggetti dediti all’attività di ricettazione.

Ciò premesso il collegamento ritenuto dal Tribunale del riesame si articola su un’applicazione non chiaramente esplicitata nei suoi presupposti tra i due reati di ricettazione; il ragionamento non appare coerente con la conclusione che ne è derivata, con riferimento in particolare alla motivazione utilizzata per superare il riferimento fatto dall’odierno ricorrente dell’acquisto dell’anello a Milano, e che avrebbe dovuto radicare la competenza in quest’ultima sede giudiziaria rispetto agli elementi in base ai quali, il primo reato di ricettazione, contestato a S. e L. F. debba ritenersi essere stato commesso a Firenze.

In questo senso il criterio utilizzato ai fini della determinazione del giudice competente, e cioè il luogo di accertamento della prima ricettazione, appare non coerente con il complessivo quadro indiziario presente agli atti, non essendo stato esplicitato in maniera esaustiva, a parere della Corte, la concretezza dell’elemento che collega le due fattispecie criminose, e cioè l’avvenuta consumazione della prima ricettazione a Firenze, che avrebbe come conseguenza lo spostamento della competenza in quest’ultima sede giudiziaria.

Infatti il riferimento alla circostanza che la prima ricettazione, di cui si sarebbero resi responsabili L.F. e S., sia stata contestata come commessa in epoca successiva e prossima alla rapina avvenuta in Firenze, con il conseguente radicamento anche della competenza per questo reato nella città toscana, appare meramente enunciato, e non supportato in odo esplicito su dati fattuali.

Nel caso in esame deve trovare applicazione il seguente principio di diritto: "Ai fini della determinazione della competenza territoriale per il delitto di ricettazione, qualora non possa determinarsi il luogo in cui è stato commesso il reato, che deve essere individuato in quello in cui il bene sia stato ricevuto, devono trovare applicazione le regole suppletive di cui all’art. 9 c.p.p., fermo restando, però, che non può farsi ricorso a quella prevista nel primo comma della disposizione menzionata per individuare nel luogo in cui l’agente è stato sorpreso nel possesso del bene medesimo quello in cui è avvenuta parte dell’azione criminosa". (Cass., sez. 2^, 22 ottobre 2009 n. 42423, C.E.D. cass., n. 244854; ed è pur vero che "atteso il carattere istantaneo del delitto di ricettazione, che si consuma all’atto della ricezione, da parte dell’agente, della cosa proveniente da delitto, nessun rilievo può essere attribuito al luogo in cui è accertata la detenzione della "res"; per individuare il giudice competente è necessario accertare in quale luogo il bene sia stato ricevuto: e tale indagine va condotta sulla base di elementi oggettivi; così non può attribuirsi, a tal fine, valore decisivo alle dichiarazioni dell’imputato, allorchè non siano sorrette da sicuri riscontri; con la conseguenza che, ove il predetto accertamento non sia stato possibile, a causa della mancanza o dell’equivocità degli elementi di riscontro, devono trovare applicazione le regole suppletive di cui all’art. 9 c.p.p., nel senso che ove non sia possibile individuare il luogo in cui è stato commesso il reato più grave, si deve avere riguardo al luogo di consumazione del reato che, in via decrescente, si presenta come il più grave tra quelli residui, non essendo consentito far ricorso alle regole suppletive stabilite dall’art. 9 c.p.p., se non quando sia incerto anche il luogo di consumazione di questi ultimi (v. anche Cass., Sez. 1^, 17 ottobre 2007, n. 3947, C.E.D. cass. n.238372).

L’accoglimento del primo motivo di ricorso comporta l’assorbimento degli altri motivi.

Alla luce delle suesposte considerazioni deve essere annullata l’impugnata ordinanza con rinvio al tribunale di Firenze per nuovo esame.

La cancelleria dovrà provvedere ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Firenze per nuovo esame.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

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