Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 26-10-2010) 10-01-2011, n. 231 Persone giuridiche

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

T.C., G.U.M., C.V. e Ga.Mi. hanno proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del tribunale di Enna, in data 17 marzo 2010, con la quale, in parziale accoglimento dell’appello del P.M. è stato autorizzato il sequestro preventivo di somme di denaro, beni o altre utilità appartenenti ai ricorrenti, fino all’ammontare complessivo di Euro 654.846,86.

Il Gip di Enna, infatti, con ordinanza del 25 gennaio 2010, in parziale accoglimento della richiesta di sequestro preventivo avanzata D.Lgs. n. 231 del 2001, ex artt. 19 e 53 aveva disposto la misura cautelare nei confronti della soc. EnnaEuno s.p.a., quanto a somme di denaro, beni o altre utilità fino alla concorrenza di Euro 8.915.010,08, e aveva rigettato invece la richiesta di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalete di somme di denaro, beni o altre utilità fino alla identica concorrenza, pari all’asserito delitto di truffa contestato, appartenenti agli indagati persone fisiche, tra cui gli odierni ricorrenti.

Il tribunale, dunque, in parziale accoglimento dell’impugnazione del p.m. ha autorizzato il sequestro preventivo, nei limiti sopra descritti, importo pari all’ipoteca legale che grava su uno dei beni sequestrati alla s.p.a. EnnaEuno, che pertanto è stato sottratto dall’importo totale, e che, su questo punto, ha fatto ritenere sussistente l’interesse del p.m. all’impugnazione e ad ottenere il sequestro sui beni dei ricorrenti per la somma equivalente, con vincolo di solidarietà tra gli imputati concorrenti.

A sostegno dell’impugnazione i ricorrenti hanno dedotto i seguenti motivi:

a) Violazione ex art. 606, comma 1, lett. b), in relazione agli artt. 322 ter, 640 quater e 240 c.p., nonchè in relazione al D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 19, comma 2 e art. 53; violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. c) in relazione all’art. 321 c.p.p., comma 2.

I ricorrenti lamentano che i giudici di merito abbiano fatto un’erronea applicazione del principio solidaristico dell’obbligazione, aggredendo solo parzialmente i beni della società, che in realtà sarebbero stati capienti al fine di garantire l’equivalente del profitto del reato, e sottoponendo invece a misura cautelare reale anche i beni degli attuali ricorrenti, in presenza dell’ipoteca legale gravante sui beni societari.

In particolare, secondo il ricorrente, sarebbe pacifica la copertura della somma costituente il prezzo/profitto del reato in base al valore dei beni della società; peraltro, secondo il ricorrente, una volta operata la scelta di aggredire il patrimonio sociale, non potevano essere sottoposti a vincolo cautelare reale i beni delle persone fisiche, ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2001, artt. 19 e 53;

pena una evidente sproporzione rispetto al valore dei beni sottoposti a sequestro. b) Violazione ex art. 606, comma 1, lett. b), in relazione all’art. 240 c.p., nonchè in relazione al D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 19, comma 1; violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) in relazione all’art. 2808 c.c.; violazione dell’art. 606, lett. c) in relazione all’art. 321 c.p.p., comma 2;

Il ricorrente denuncia l’erroneità della valutazione operata dal Tribunale nel ritenere l’iscrizione ipotecaria prevalente sulle ragioni pubblicistiche sottese al sequestro preventivo finalizzato alla confisca, con conseguente necessario scomputo dell’importo dell’ipoteca dal valore del bene stesso.

In realtà i diritti acquisiti dai terzi in buona fede sarebbero stati salvaguardati D.Lgs. n. 231 del 2001, ex art. 19 anche perchè l’eccedenza del valore rispetto all’importo sequestrato deve essere retrocessa al danneggiato, nel caso di specie la Soc. EnnaEuno s.p.a., dispiegando pienamente le sue funzioni di garanzia.

I ricorsi sono infondati.

Occorre sottolineare che, nel caso di specie, il ricorso può essere proposto esclusivamente per violazione di legge.

Nel caso in esame il Tribunale ha evidenziato con chiarezza e precisione i termini della questione e le ragioni sottostanti alla necessità della apposizione del vincolo del sequestro preventivo, prodromico e strumentale alla successiva confisca per equivalente, delle somme di denaro e/o dei beni degli imputati fino alla concorrenza degli importi complessivamente addebitati, una volta accertata l’intera entità del profitto del reato, con riferimento ai reati richiamati dall’art. 640 quater c.p..

Deve ritenersi dunque esente da censure logico giuridiche le valutazioni relative all’entità del patrimonio sequestrato, non essendovi, tra l’altro, scale di priorità da osservare nella individuazione dei beni da sequestrare.

La giurisprudenza è ormai consolidata nel ritenere che il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente può interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti anche per l’intera entità del profitto accertato, anche se l’espropriazione non può essere duplicata o comunque eccedere nel "quantum" l’ammontare complessivo dello stesso (Cass., sez. 5^, 3 febbraio 2010, n. 10810, C.E.D. cass., n. 246364; Cass., sez. F., 28 luglio 2009, n. 33409, C.E.D. cass. n. 244839; Cass., sez. 6^, 6 marzo 2009, n. 18536, C.E.D. cass., n. 243190; SS.UU., 25 ottobre 2005, n. 41936, Muci)).

Tale conclusione trova conferma nell’analogo principio di diritto, affermato dalle Sezioni unite in tema di responsabilità da reato degli enti, in base al quale nel caso di illecito plurisoggettivo deve applicarsi il principio solidaristico che implica l’imputazione dell’intera azione e dell’effetto conseguente in capo a ciascun concorrente e pertanto, una volta perduta l’individualità storica del profitto illecito, la sua confisca e il sequestro preventivo ad essa finalizzato possono interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti anche per l’intera entità del profitto accertato, anche se l’espropriazione non può essere duplicata o comunque eccedere nel "quantum" l’ammontare complessivo dello stesso. (Cass., Sez. Un., 27 marzo 2008, n. 26654, C.E.D. cass.. 239926).

Deve precisarsi peraltro che, nell’ipotesi di buona fede da parte del terzo, anche nel caso in cui lo stesso abbia tratto vantaggio oggettivamente dall’altrui attività criminosa, l’applicazione della misura di sicurezza della confisca non determina l’estinzione del preesistente diritto di ipoteca costituito a favore del medesimo terzo sui beni immobili che ne sono oggetto (v. nell’ipotesi di pegno, Cass., sez. 1^, 16 giugno 2009, n. 32648, C.E.D. cass., n. 244816; v. anche Cass., Sez.un.,28 aprile 1999, n. 9, C.E.D. cass., n. 213511).

La tutela del diritto di ipoteca e la sua resistenza agli effetti della confisca non comporta infatti l’estinzione delle obbligazioni facenti capo al condannato, che in tal modo trarrebbe comunque un vantaggio dall’attività criminosa, bensì determina la sola sostituzione del soggetto attivo del rapporto obbligatorio in virtù delle disposizioni sulla surrogazione legale di cui all’art. 1203 c.c., dato che al creditore garantito subentra lo Stato, il quale può esercitare la pretesa contro il debitore-reo per conseguire le somme che non ha potuto acquistare perchè destinate al creditore munito di prelazione ipotecaria.

Nel caso in esame, dunque, il sequestro preventivo funzionale alla confisca, correttamente disposto in relazione ai reati previsti dall’art. 640 quater c.p., può avere ad oggetto beni per un valore equivalente non solo al profitto, ma anche al prezzo del reato, in quanto la suddetta disposizione richiama l’intero art. 322 ter c.p..

D’altra parte in tema di responsabilità da reato degli enti, la confisca per equivalente di beni corrispondenti al profitto del reato è obbligatoria, anche qualora il reato presupposto sia quello di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (Cass., sez. 2^, 9 luglio 2010, n. 28683, C.E.D. cass., n. 247670).

Gli adempimenti estimatori poi correttamente potranno essere eseguiti all’esito definitivo del processo di cognizione, rimessi dunque alla fase esecutiva della confisca, con competenza del P.M. organo demandato all’esecuzione del provvedimento (Cass., sez. 3^, 25 febbraio 2010, n. 12580, C.E.D. cass., n. 246444).

Vanno dunque rigettati i ricorsi cui consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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