Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 10-01-2011) 11-01-2011, n. 548 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di appello di Roma, con sentenza del 16 dicembre 2010, disponeva la consegna all’autorità giudiziaria della Repubblica di Romania di T.S., cittadino rumeno, nei cui confronti il Tribunale di Roman aveva emesso in data 18 maggio 2010 mandato di arresto europeo (MAE) per la esecuzione della pena di anni tre di reclusione infintagli, per il reato di incendio doloso – previsto dall’art. 217 c.p. rumeno – (commesso in (OMISSIS)), dal predetto Tribunale con sentenza in data 26 marzo 2010, divenuta definitiva.

2. Il T., a seguito di segnalazione S.I.S., era stato arrestato in data 26 ottobre 2010 da dipendenti della Squadra Mobile della Questura di Roma, e il Consigliere delegato dal Presidente della Corte di appello di Roma, con ordinanza in data 28 ottobre 2010, convalidato l’arresto, applicava al medesimo la misura della custodia cautelare in carcere, successivamente sostituita, con ordinanza in data 12 novembre 2010, con l’obbligo di presentazione periodica alla p.g..

3. Osservava la Corte di appello che non sussistevano ragioni preclusive alla consegna, e che non poteva essere disposto che il T. scontasse la pena in Italia, in difetto della condizione di un suo "radicamento" nel territorio italiano.

4. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il T., con atto sottoscritto congiuntamente al difensore avv. Raffaella Monaldi con il quale si denuncia, con un unico motivo, la illegittimità della statuizione di consegna, alla quale ostava il documentato radicamento del T. in Italia, ove egli risiedeva sin dall'(OMISSIS) e svolgeva continuativa attività lavorativa, essendogli stata rilasciata attestazione di soggiorno permanente in data 12 agosto 2009, documento che presupponeva un soggiorno continuativo di almeno cinque anni nel territorio nazionale.

D’altra parte con la sentenza impugnata contrastava quanto affermato dalla medesima Corte di appello, in diversa composizione, nella precedente ordinanza in data 12 novembre 2010, con la quale la misura custodiale veniva sostituita con quella della presentazione periodica alla polizia giudiziaria proprio sul presupposto di un sufficientemente radicamento in Italia, desunto dalle sue condizioni di vita familiare, abitativa e lavorativa.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato.

2. In primo luogo, la sentenza impugnata si pone in netto contrasto con le valutazioni in fatto espresse nella precedente ordinanza cautelare emessa da altro Collegio. In questa, come risulta dagli atti (fol. 121), si afferma che "il T. risulta sufficientemente radicato in Italia, dove lavora e vive in un’abitazione presa regolarmente in affitto, e dove risiedono anche i suoi fratelli".

I Giudici del merito potevano ben esprimere un diverso avviso rispetto a quello adottato in sede cautelare, ma avrebbero dovuto rendere ragione di tale stridente diversità di vantazioni.

In secondo luogo, la Corte di appello si è limitata ad affermare che il contratto di locazione recava la data del 1 agosto 2008; che le retribuzioni percepite erano limitate agli anni dal 2007 al 2009; e che non vi era traccia di un certificato di residenza.

Ma, tra la documentazione prodotta dalla difesa, era particolarmente significativa l’attestazione di soggiorno permanente, rilasciata in data 12 agosto 2009, a norma del D.Lgs. 6 febbraio 2007, n. 30, art. 16 (fol. 83), che presupponeva l’esistenza delle condizioni di cui al cit. decreto, art. 14 (e cioè quella di un pregresso soggiorno continuativo di almeno cinque anni); circostanza che la giurisprudenza di legittimità (Sez. 6, n, 14710 del 09/04/2010, dep. 16/04/2010, S., Rv. 246747), con riferimento al cittadino comunitario, ha ritenuto assorbente. Nè è stato considerato che tra detta documentazione compariva anche una attestazione di ingresso in Italia in data 11 ottobre 2000 (fol. 76), un permesso di soggiorno rilasciato il 23 luglio 2003 (ivi), comunicazioni INPS circa l’attività lavorativa del T. a far data dal 1 gennaio 2005 (fol. 77) e un certificato di attribuzione di partita IVA rilasciato il 29 agosto 2008 (fol. 82).

Circostanze, queste, complessivamente considerate, ben indicative di un apprezzabile radicamento in Italia del T..

3. Stanti tali contraddizioni e lacune valutative, si impone, sul punto, l’annullamento della sentenza impugnata, dovendo altra sezione della Corte di appello romana verificare i presupposti per la statuizione relativa alla esecuzione della pena in Italia a norma della L. n. 69 del 2005, art. 18, comma 1, lett. r); tenendo presenti gli approdi della giurisprudenza di legittimità, (v. per tutte, oltre alla citata sentenza 14710 del 09/04/2010, da ultimo, Sez. 6, 12/10/2010, Malasinski); e avendo riguardo anche alle indicazioni offerte dalla sentenza della Corte cost. n. 227 del 2010, secondo cui a detto fine occorre individuare, con riferimento a un dato soggetto, "il luogo principale degli interessi, dei legami familiari, della formazione dei figli e di quant’altro sia idoneo a rivelare la sussistenza di un radicamento reale e non estemporaneo dello straniero in Italia". 4. La Cancelleria provvedere agli adempimenti di cui alla L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 22, comma 5.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Roma.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 22, comma 5.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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