Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 10-01-2011) 11-01-2011, n. 547 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di appello di Torino, con sentenza del 17 novembre 2010, disponeva la consegna all’autorità giudiziaria polacca di R. J., cittadino (OMISSIS), nei cui confronti il Tribunale Regionale di Poznan aveva emesso in data 31 maggio 2010 mandato di arresto europeo (MAE) per la esecuzione della pena di anni uno e mesi sei di reclusione infintagli, per il reato – previsto dall’art. 209 c.p. polacco, par. 1, – di violazione degli obblighi di assistenza familiare in danno delle figlie minorenni (commesso in (OMISSIS)), dal predetto Tribunale Distrettuale con sentenza in data 9 settembre 2003, in relazione alla revoca della sospensione condizionale di detta pena disposta con provvedimento in data 8 maggio 2006, a seguito del quale, in data 27 maggio 2007, era stato emesso ordine di esecuzione.

2. Lo J., a seguito di segnalazione S.I.S., era stato arrestato in data 22 ottobre 2010 dai Carabinieri della Stazione di (OMISSIS), e il Presidente della Corte di appello di Torino, con ordinanza in data 25 ottobre 2010, convalidato l’arresto, applicava al medesimo la misura della custodia cautelare in carcere.

3. Osservava la Corte di appello che non sussistevano ragioni preclusive alla consegna, essendo tra l’altro emerso che lo J. era intervenuto di persona nel giudizio all’esito del quale era stata pronunciata la condanna e che era stato regolarmente citato nell’ambito della procedura che si era conclusa con la revoca della sospensione condizionale della pena.

4. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione lo J., con atto sottoscritto congiuntamente al difensore avv. Gianni Croce con il quale si denuncia, con un primo motivo, la illegittimità della statuizione di consegna, alla quale ostava la condizione dello J. di residente in Italia da circa cinque anni, ove era stato raggiunto dalla sorella e dalla famiglia di questa.

Con un secondo motivo si denuncia la mancata applicazione del benefico dell’indulto di cui alla L. n. 241 del 2006, di cui, in relazione alla prospettiva della esecuzione della pena in Italia, sussistevano tutti i presupposti.

5. Inoltre il ricorrente rinnova la istanza di revoca della misura della custodia cautelare o in subordine di sostituzione di questa con quella domiciliare, non sussistendo esigenze cautelari, come illustrato in una precedente istanza che si allega.

Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso è fondato.

2. La Corte di appello non ha affatto preso in esame la questione dell’applicabilità allo J. della disposizione della L. n. 69 del 2005, art. 18, comma 1, lett. r), (che, per come incisa dalla sentenza della Corte cost. n. 227 del 2010, contempla un caso di rifiuto della consegna se l’interessato, cittadino dell’Unione europea, ha residenza in Italia), pur essendo stata dalla difesa prodotta documentazione tesi a dimostrare che lo J. risiedeva in Italia da circa cinque anni nonchè la sua condizione familiare e lavorativa.

Ciò imponeva alla Corte di merito di verificare se lo J. avesse un radicamento in Italia tale da rendere equiparabile la sua condizione a quella del cittadino agli effetti della norma citata.

3. In mancanza di tale doveroso accertamento si impone, sul punto, l’annullamento della sentenza impugnata, dovendo altra sezione della Corte di appello torinese verificare i presupposti per la statuizione relativa alla esecuzione della pena in Italia a norma della L. n. 69 del 2005, art. 18, comma 1, lett. r); tenendo al riguardo presenti gli approdi della giurisprudenza di legittimità, che ha più volte precisato che la nozione di "residente", quanto meno nell’economia della norma in questione, implica una condizione non ricavabile dal solo dato della durata di una generica e indistinta presenza nel territorio dello Stato, occorrendo verificare se una simile situazione si estrinsechi in un’apprezzabile stabilità del domicilio, e cioè in un collegamento con un preciso ambito territoriale; nel quale, inoltre, si sviluppino accettabili rapporti di lavoro o di natura familiare o affettiva (v. per tutte Sez. 6, n. 14710 del 09/04/2010, dep. 16/04/2010, S., Rv. 246747; cui adde, da ultimo, Sez. 6, 12/10/2010, Malasinski); ovvero, secondo le espressioni usate nella citata sentenza della Corte Cost., in cui sia possibile individuare, con riferimento a un dato soggetto, "il luogo principale degli interessi, dei legami familiari, della formazione dei figli e di quant’altro sia idoneo a rivelare la sussistenza di un radicamento reale e non estemporaneo dello straniero in Italia". 4. Il secondo motivo circa l’applicabilità dell’indulto è evidentemente condizionato all’accertamento sul punto appena individuato.

5. Anche la istanza di revoca o sostituzione della misura custodiale dovrà essere rivalutata dalla Corte di appello una volta appurate appieno le condizioni lavorative, familiari e, in genere, di vita dello J., che proiettano evidenti riverberi sul profilo cautelare.

La istanza va dunque allo stato rigettata.

5. La Cancelleria provvedere agli adempimenti di cui alla L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 22, comma 5.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Torino.

Rigetta l’istanza di revoca o sostituzione della misura cautelare.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 22, comma 5.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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