Cons. Stato Sez. V, Sent., 11-01-2011, n. 60 Trattamento economico

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto notificato il 29 dicembre 2008 e depositato il 16 gennaio 2009 il Comune di Nocera Superiore ha appellato la sentenza 28 luglio 2008 n. 2183 del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno, sezione seconda, notificata il 30 ottobre 2008, con la quale è stata accolta la domanda di ulteriore esecuzione, già disposta con la precedente sentenza 4 aprile 2008 n. 484 (non notificata ex art. 170 c.p.c., anch’essa appellata "per quanto occorrer possa"), del giudicato nascente dalla sentenza 28 giugno 2006 n. 869, di parziale accoglimento del ricorso del signor U.V., dipendente dell’Ente inquadrato nella III qualifica funzionale, diretto ad ottenere l’accertamento del suo diritto a percepire le differenze retributive tra la qualifica rivestita e la V o, in subordine, la IV in relazione allo svolgimento delle mansioni superiori di autista di scuolabus. Più precisamente, è stato riconosciuto il diritto del ricorrente alla corresponsione delle differenze retributive dal 13 aprile 1992 al 30 giugno 1998 calcolate "secondo i criteri sanciti nelle rispettive delibere autorizzatrici" ed "incrementate per gli accessori spettanti gli per legge, a titolo di interessi legali e rivalutazione monetaria, con decorrenza dalla data di insorgenza dei crediti".

Con la sentenza n. 484 del 2008 è stato accolto il ricorso per l’esecuzione del giudicato proposto dall’interessato, con assegnazione del termine di sessanta giorni per provvedere e nomina di commissario ad acta in caso di persistente inadempienza. Con la successiva sentenza n. 2183 del 2008 è stato reiterato l’ordine di esecuzione mediante pagamento entro trenta giorni (con nomina di commissario ad acta in caso di infruttuoso decorso) di quanto spettante alla ricorrente e precisato, a tal proposito, che "i competenti uffici comunali terranno presente la quantificazione del credito, dalla medesima ricorrente operata nella relazione di consulenza in atti (…), oltre ulteriori interessi legali fino alla data dell’effettivo soddisfo".

Con l’appello in esame l’Ente ha dedotto error in procedendo e in judicando, violazione dell’art. 27, comma 1, numero 4), del t.u. r.d. 26 giugno 1924 n. 1054, violazione del r.d. 17 agosto 1907 n. 642 e violazione dei limiti del giudizio di esecuzione del giudicato, in relazione ai seguenti aspetti:

1.- Il TAR non ha interpretato il giudicato sulla base della sequenza "petitum – causa petendi – decisum", in base alla quale occorreva innanzitutto l’individuazione dei singoli periodi di svolgimento delle mansioni superiori da ricondurre in parte alla IV ed parte alla V qualifica funzionale "secondo i criteri sanciti dalle rispettive delibere autorizzatrici", quindi calcolare il relativo differenziale stipendiale e gli accessori di legge del credito come previsto in sentenza, così come fatto dall’Amministrazione. Il TAR ha invece attribuito qualcosa di diverso ed aggiuntivo rispetto al decisum.

2.- Il momento cognitivo del giudizio di ottemperanza è stato erroneamente svolto dal TAR non sulla sentenza, ma su un atto di parte, ossia sulla perizia contabile redatta dall’appellato pro domo sua perché in violazione dei criteri fissati nella sentenza passata in giudicato.

3.- A tutto voler concedere, il primo giudice avrebbe potuto disporre una verifica in contradditorio in ordine alla quantificazione delle somme spettanti; contraddittorio che il Comune aveva inutilmente tentato di instaurare già prima della proposizione dell’istanza di ulteriori provvedimenti.

La prospettazione di controparte viola i criteri fissati col giudicato e comporta una ingiustificata locupletazione in danno dell’Ente che, oltretutto, era stato particolarmente generoso calcolando gli interessi legali e la rivalutazione monetaria (che, diversamente da quanto ritenuto dal TAR, non competeva, trattandosi di credito di valuta su cifre determinate tabellarmente) con il criterio più vantaggioso per il dipendente. In ordine a ciò si riserva di rivedere in autotutela detto criterio e procedere al recupero delle somme ultroneamente corrisposte.

Il signor V. si è costituito in giudizio e con memoria del 24 giugno 2010 ha sostenuto che l’appello sia inammissibile, prima ancora che infondato, dal momento che la tesi dell’appellante, secondo cui non può esservi inottemperanza a sentenze che, come nella specie, non dettano precise regole di esecuzione, è stata ampiamente superata dal più recente orientamento giurisprudenziale, alla stregua del quale il giudice dell’ottemperanza, nel caso di sentenze del giudice amministrativo, ha il potere di integrare il giudicato nel quadro degli ampi poteri della giurisdizione estesa al merito, al fine di garantire la piena effettività della tutela giurisdizionale; e con tale indirizzo la sentenza appellata sarebbe in sintonia. Altro profilo di inammissibilità sarebbe inoltre ravvisabile nel fatto che in primo grado il Comune esponeva come, per le proprie deficienze organizzative, la determinazione di quanto dovuto dovesse avvenire con l’apporto del ricorrente, sicché proprio per questo il primo giudice ha fatto riferimento alla quantificazione del credito operata nella relazione di consulenza in atti (e non contestata); ne deriverebbe che l’Ente non potrebbe ora dolersi dell’esatta conseguenza della posizione a suo tempo assunta. L’appello sarebbe poi, in ogni caso, inammissibile per genericità, non avendo l’Ente indicato quale sarebbe la giusta misura delle indennità spettanti, tenuto conto dell’infondatezza della tesi secondo cui la determinazione sarebbe dovuta avvenire attraverso una verifica in contraddittorio sulla scorta di un asserito tentativo effettuato dall’Amministrazione, in realtà mai avvenuto. Nel merito, ha esposto che le reiterate deliberazioni richiamate nella sentenza di merito rinvierebbero, per la quantificazione delle maggiori spettanze, alla contrattazione collettiva vigente; e proprio del C.C.N.L. enti locali del periodo 199497 sarebbe stata fatta applicazione nella relazione del consulente del lavoro, mentre prive di rilievo giuridicoprocessuale sarebbero gli aspetti di "generosità" menzionati nell’ultimo capo del ricorso.

Chiamata la causa alla camera di consiglio del 25 giugno 2010, con ordinanza collegiale 8 luglio 2010 n. 249 è stata disposta l’acquisizione di documenti.

Il Comune ha eseguito l’incombente in data 19 ottobre 2010 ed il 16 novembre seguente ha prodotto memoria.

All’odierna camera di consiglio l’appello è stato introitato nuovamente in decisione, previa trattazione orale.

Motivi della decisione

La Sezione ricorda che con la sentenza 28 giugno 2006 n. 869, passata in giudicato, della cui esecuzione si discute, dichiarato inammissibile il ricorso del signor U.V. per la parte relativa al periodo successivo al 30 giugno 1998, quanto al restante periodo decorrente dal 13 aprile 1992, premesso che con le deliberazioni di incarico era stato stabilito di remunerare il ricorrente (e gli altri dipendenti investiti di analogo incarico) attraverso la corresponsione di "somme pari alla differenza tabellare tra la retribuzione base corrispondente alla qualifica funzionale di appartenenza e la retribuzione relativa alla qualifica cui sono riconducibili le predette mansioni (identificata di volta in volta nella IV o nella V qualifica funzionale, ovvero mediante rinvio al "livello professionale richiesto dalla vigente normativa..’)", è stato riconosciuto il diritto del medesimo signor V. alla corresponsione di quelle "differenze stipendiali", da calcolarsi "in relazione ai diversi periodi di svolgimento delle predette mansioni" e "secondo i criteri sanciti nelle rispettive delibere autorizzatrici", nonché "incrementate con gli accessori spettanti per legge, a titolo di interessi legali e rivalutazione monetaria, con decorrenza dalla data di insorgenza dei crediti".

Con la sentenza 4 aprile 2008 n. 484, appellata per quanto occorrer possa, dato atto della sussistenza di inottemperanza, è stato ordinato al Comune di Nocera Superiore di provvedere all’esecuzione nel termine di sessanta giorni, con riserva di nomina di commissario ad acta.

Con la sentenza 28 luglio 2008 n. 2183, appellata in via principale, resa sull’istanza di ulteriori provvedimenti avanzata dal signor V. all’inutile decorso del predetto termine, la medesima istanza è stata accolta ed è stato assegnato al Comune il termine di trenta giorni per provvedere, disponendosi la nomina di commissario ad acta. In particolare, al fine di eseguire il pagamento delle somme spettanti al ricorrente, il TAR, sulla scorta delle difese dell’Ente (in cui si esponeva che era stato chiesta e più volte sollecitata la quantificazione del dovuto da parte del ricorrente), ha imposto che "i competenti uffici comunali terranno presente la quantificazione del credito, dal medesimo ricorrente operata nella relazione di consulenza in atti (la quale già riporta, distinti per i vari periodi, la maggiorazione per interessi legali e rivalutazione monetaria, la cui spettanza in favore dell’istante si ricava dalla stessa sentenza della cui esecuzione si tratta), oltre ulteriori interessi legali, fino alla data di effettivo soddisfo".

Al riguardo, la Sezione osserva in primo luogo che giustamente con la prima e la seconda sentenza il TAR ha dato atto dell’inottemperanza, dal momento che l’aver "attivato la procedura" per pervenire al pagamento non costituisce esecuzione, la quale solo si concreta con l’adempimento dell’obbligazione nascente dal giudicato, ossia con la materiale corresponsione delle some che risultino dovute in base a tale titolo.

Né in questa sede possono essere prese in considerazione le argomentazioni difensive svolte nella memoria dell’Ente depositata il 16 novembre 2010, quindi peraltro tardivamente, con la quale, nell’insistere per l’accoglimento dell’appello, è stato altresì rappresentato che, com’è emerso nel corso delle verifiche condotte per adempiere all’incombente, il signor V., al pari degli altri dipendenti incaricati della conduzione degli scuolabus, come previsto è stato regolarmente remunerato nell’arco di ciascun anno scolastico di competenza mediante la forma giuridica dei "progetti di produttività".

Tali argomentazioni sono infatti inammissibili sotto plurimi profili, risolvendosi in una deduzione ulteriore rispetto ai contenuti dell’atto d’appello, non formulata in primo grado e basata su documenti nuovi, non prodotti in quella sede. Ma, soprattutto, si pongono in aperto contrasto col giudicato, col quale il credito è stato già accertato.

Peraltro, nella parte in cui si contesta la quantificazione, operata nella seconda sentenza, di dette somme in base al documento redatto dal consulente di parte, l’appello deve ritenersi fondato, oltre che pienamente ammissibile.

Sotto quest’ultimo profilo, va infatti evidenziato come:

a.- il giudicato si sia formato con riguardo al diritto del ricorrente a percepire le sole differenze "stipendiali" tra la retribuzione "base" della qualifica superiore e quella rivestita per i periodi di svolgimento delle mansioni superiori di autista di scuolabus; ciò alla stregua delle deliberazioni di incarico che tale trattamento retributivo avevano stabilito, ritenute fondanti in via autonoma l’affermato diritto in quanto riconducibile alla "volontà espressa dall’amministrazione" a tal proposito, altrimenti insussistente alla stregua del richiamato "principio interpretativo che sancisce la non retribuibilità delle mansioni superiori, attesa la carenza, fino alla entrata in vigore del d.lgs. n. 387 del 29 ottobre 1998, di una apposita previsione autorizzatrice di marca legislativa";

b.- la richiesta di apporto del ricorrente non significhi pedissequa accettazione di ogni pretesa avanzata dal medesimo, ancorché ultronea rispetto al giudicato;

c.- la mancata, diversa indicazione dell’entità dei crediti nel ricorso in appello non toglie rilievo alla chiara contestazione, in esso contenuta, della quantificazione per relationem alla consulenza di parte, operata con la sentenza appellata.

Nel merito, deve rilevarsi che nella ridetta consulenza sono evidenziate somme per sorte capitale relative ad emolumenti per "festività" infrasettimanali e domenicali, "ferie", "13^ mensilità", "trattamento di fine rapporto", che esulano dal giudicato, come sopra circoscritto alle differenze per retribuzione "tabellare", "stipendiale" e di "base".

Di contro, nel prospetto rimesso a seguito della menzionata pronunzia interlocutoria in tal senso è stata considerata la sorte capitale, la cui corretta quantificazione non è contestata dall’appellato.

Tuttavia, nel medesimo prospetto risulta omesso il primo periodo di incarico dal 13 aprile 1992 all’11 giugno 1992, di cui all’ordine di servizio sindacale n. 1/1/92, prot. n. 249889, ed alla deliberazione di Giunta 28 settembre 1992 n. 542, nella quale si attribuiva ai quattro dipendenti incaricati di condurre gli scuolabus la "differenza paga" tra la quarta e la terza qualifica funzionale per due mensilità, quantificata in L. 54.167 a mensilità e quindi per un totale di "L. 108.336 pro capite".

Inoltre, quanto agli accessori del credito, continuano a non esserne chiariti i puntuali criteri di calcolo applicati in concreto, né quale sia la sorte capitale di volta in volta tenuta presente, essendosi l’Ente limitato ad indicare che "gli interessi sono stati calcolati sulle somme via via rivalutate anno per anno". Tale è però un criterio errato dal momento che, come precisato dalla nota decisione dell’Adunanza plenaria n. 3 del 1998, dal rapporto di lavoro non scaturisce un’unica e complessiva obbligazione avente ad oggetto una prestazione unitaria da assolversi ratealmente, bensì una serie di obbligazioni a cadenza periodica, stante l’autonomia dei singoli ratei ciascuno dei quali rappresenta un credito primario il cui momento di maturazione va individuato nella rispettiva scadenza mensile. Del pari errato è sostenere che non competerebbe rivalutazione monetaria, trattandosi di credito di valuta su cifre determinate tabellarmente. In primo luogo, la spettanza della rivalutazione deriva direttamente dal giudicato, col quale è stato infatti statuito che le somme da corrispondere al ricorrente per il titolo principale "devono essere incrementate con gli accessori spettanti per legge, a titolo di interessi legali e rivalutazione monetaria, con decorrenza dalla data di insorgenza dei crediti". In secondo luogo, come anche a tal riguardo precisato dalla citata pronuncia dell’Adunanza plenaria, è ben vero che i crediti di lavoro sono qualificabili come crediti di valuta, ma ai quali la rivalutazione (che al pari degli interessi decorre dal giorno di maturazione del singolo rateo) va applicata automaticamente ai sensi dell’art. 429 c.p.c. in quanto – diversamente dagli ordinari crediti pecuniari – il ritardato pagamento integra un danno in re ipsa, sicché il lavoratorecreditore non ha bisogno di provare il maggior danno (né, ancora al pari degli interessi, il dolo o la colpa del datore di lavoro). Giova poi evidenziare che, nei limiti in cui la censura è posta, neppure può essere preso in considerazione il divieto di cumulo automatico tra rivalutazione ed interessi per i crediti venuti a maturazione a decorrere dal 1° gennaio 1995, di cui all’art. 22, co. 36, della legge n. 724 del 1994, o altri concorrenti criteri di calcolo in ipotesi astrattamente applicabili alla fattispecie.

Pertanto, il ricorso in esame deve essere accolto solo per quanto di ragione, ossia nei sensi che per le modalità di calcolo sia della sorte capitale – incluso il bimestre menzionato – che degli accessori dei singoli crediti retributivi dovranno essere tenute presenti le suesposte indicazioni, per il resto dovendosi confermare – sia pur con diversa motivazione – la seconda sentenza appellata, oltre che integralmente la prima, col conseguente permanere dell’obbligo dell’Amministrazione comunale di Nocera Superiore di procedere, nel termine ivi assegnato, al ricalcolo del dovuto ed al relativo pagamento, detratto quanto eventualmente già corrisposto allo stesso, specifico titolo, e ferma restando la nomina del commissario ad acta.

Quanto alle spese, l’esito complessivo della vicenda ne consiglia l’integrale compensazione.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta,.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, accoglie l’appello nei soli limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, conferma le sentenze appellate con le precisazioni di cui parimenti in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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