Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 14-12-2010) 11-01-2011, n. 541 Contributi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Con la impugnata sentenza il Tribunale di Lucca ha applicato a C.V., ai sensi dell’art. 444 c.p.p., la pena di giorni venti di reclusione ed Euro 80,00 di multa, in aumento per la ritenuta continuazione su quella già inflitta alla predetta con sentenza del medesimo Tribunale n. 2769 del 3.12.2009, divenuta irrevocabile, quale imputata del reato di cui agli art. 81 cpv. c.p. e L. n. 638 del 1983, art. 2, reato a lei ascritto per avere omesso di versare all’INPS le ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti. Avverso la sentenza ha proposto ricorso l’imputata che la denuncia per violazione di legge.

Si osserva che la proposta di patteggiamento formulata dall’imputato, tramite il suo difensore, prevedeva la conversione della pena detentiva in quella pecuniaria corrispondente e la rateizzazione del pagamento di quest’ultima; che il P.M. si è opposto alla conversione ed il giudice non la ha disposta, osservando che risulta ad essa ostativa la recidiva dell’imputata ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 59, comma 2, lett. a).

Si deduce, quindi, che il giudice di merito doveva preventivamente controllare l’ammissibilità della proposta ed eventualmente, se ritenuta non accoglibile, rigettare la richiesta di patteggiamento.

Si aggiunge che la richiesta di conversione della pena detentiva doveva ritenersi congiunta a quella di applicazione della pena per come quantificata e non alternativa rispetto a tale richiesta.

Con memoria depositata il 25.11.2010 il difensore della ricorrente ha ribadito le precedenti deduzioni, ponendo in rilievo, in particolare, lo scarso disvalore sociale della fattispecie, al limite della perseguibilità penale.

Con ulteriore memoria depositata il 7.12.2010 il difensore dell’imputata deduce che non risulta essersi proceduto alla notifica degli atti alla ricorrente e ribadisce le precedenti deduzioni in ordine allo scarso disvalore sociale della fattispecie in rapporto alla pena applicata.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Le doglianze relative ad asserite irritualità della notifica degli atti processuali risultano del tutto generiche e, perciò, inammissibili, oltre ad essere sanate per la mancata deduzione tempestiva. Con riferimento al motivo di ricorso principale rileva la Corte che, come dedotto nella richiesta del P.G., l’accordo delle parti esistente in atti non prevede la conversione della pena detentiva in quella pecuniaria, sicchè la doglianza della ricorrente sul punto è manifestamente infondata.

Va anche osservato che, in ogni caso, avendo il P.M. manifestato il proprio consenso alla quantificazione della pena nella misura proposta in aumento per la ritenuta continuazione su quella già inflitta con precedente sentenza di condanna, ed il proprio dissenso sul punto della conversione della pena detentiva, appare evidente che l’accordo deve ritenersi raggiunto nei termini in cui è stato accettato dal P.M. in assenza di qualsiasi manifestazione di volontà contraria da parte dell’imputata dinanzi al giudice di merito.

E’ evidente, infine, che le ulteriori deduzioni in ordine allo scarso disvalore sociale della fattispecie in relazione alla sanzione applicata, che è prevista dalla legge, oltre ad avere formato oggetto dell’accordo delle parti, non possono trovare ingresso quali censure avverso la decisione impugnata.

Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 606 c.p.p., u.c..

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma alla cassa delle ammende.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè della somma di Euro 1.500,00 alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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