Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 14-12-2010) 11-01-2011, n. 539 Poteri della Cassazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. B.B., tramite i propri difensori, proponeva ricorso per Cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Campobasso in data 24 marzo 2010 con la quale, in accoglimento dell’appello del Pubblico Ministero contro l’ordinanza emessa in data 11 febbraio 2010 dal Tribunale del medesimo capoluogo, veniva ripristinata a suo carico la misura cautelare della custodia in carcere, precedentemente sostituita con gli arresti domiciliari presso una struttura psichiatrica.

Lamentava il ricorrente che il provvedimento dei giudici del riesame doveva ritenersi affetto da motivazione inesistente in quanto meramente apparente o, quantomeno, contraddittoria e manifestamente illogica.

Rilevava come i giudici avessero impropriamente ritenuta coperta da preclusione processuale una precedente pronuncia, non impugnata, con la quale si era dato atto della compatibilità delle sue condizioni di salute con il regime carcerario, poichè per definizione, le condizioni di salute sono soggette sempre a costanti mutazioni.

Osservava, inoltre, che il Tribunale aveva posto a sostegno della propria decisione la consulenza medica del PM, effettuata in periodo risalente nel tempo ed aveva fornito una distorta lettura della CTU, redatta dal Prof. M., le cui risultanze evidenziavano le effettive condizioni di salute in cui versava ed erano state illogicamente travisate dal Tribunale che non le aveva tenute nel debito conto, non considerando che il giudizio prognostico negativo che ne derivava deponeva in modo certo per l’incompatibilità con il regime carcerario.

2. Con motivi aggiunti, depositati il 26 novembre 2010, la difesa assumeva, inoltre, che al termine del giudizio di primo grado, con riferimento ai reati contestati in danno di P.M., risultava essere stata esclusa la sussistenza della circostanza aggravante che rendeva la truffa ipotizzata procedibile d’ufficio.

Poichè grazie alla ritenuta connessione della truffa aggravata con le ipotesi di violenza sessuale in danno della menzionata P. si era ritenuto di poter procedere anche per la violenza sessuale, secondo la difesa l’esclusione dell’aggravate da parte del giudice di prime cure rendeva improcedibile per difetto di querela anche il reato di violenza sessuale per il quale il ricorrente è ancora detenuto in regime di custodia cautelare.

Aggiungeva, al fine di contestare comunque la sussistenza della condizione di procedibilità, che l’istanza di punizione in atti formulata dalla P. era attinente alla sola truffa come poteva desumersi dal tenore letterale dell’atto.

Insisteva pertanto l’annullamento dell’ordinanza

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

3. Va preliminarmente ricordato che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, il ricorso per Cassazione in materia di misure cautelari personali deve riguardare esclusivamente la violazione specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione entro i limiti indicati dalla norma, con la conseguenza che il controllo di legittimità non può riferirsi alla ricostruzione dei fatti o censure che, seppure formalmente rivolte alla motivazione, si concretino in realtà nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze già prese in considerazione dal giudice di merito (v. da ultimo, Sez. 5, n. 46124,15 dicembre 2008).

Sono stati posti, dunque, limiti precisi entro i quali deve svolgersi il giudizio di legittimità che non può sconfinare in un ulteriore valutazione del merito, anche quando, pur alla luce degli "altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame", l’intero contesto motivazionale del provvedimento impugnato sia congruo e non venga intaccato dalle specifiche allegazioni del ricorrente.

4. Date tali premesse, si osserva come l’ordinanza del Tribunale di Campobasso sia del tutto immune da censure.

Il ricorso si sostanzia, in definitiva, in una richiesta a questa Corte di un nuovo esame delle ragioni poste a sostegno dell’ordinanza impugnata circa la sussistenza di condizioni di salute, in capo al ricorrente, tali da impedire il ripristino della custodia in carcere.

Il Tribunale ha però compiutamente dato atto dei motivi per i quali l’appello del PM era meritevole di accoglimento e non si è limitato ad un mero richiamo, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, ad un precedente provvedimento non impugnato, invocando la formazione del c.d. giudicato cautelare, avendone, al contrario, richiamato il contenuto ed esplicitato i motivi per i quali non vi erano ragioni sopravvenute per discostarsi dalle precedenti conclusioni.

Così facendo, evidenziava che le condizioni di salute del ricorrente non erano oggettivamente gravi e tali da non poter trovare adeguata cura e sostegno in ambiente carcerario ed aggiungeva che la successiva CTU (quella a firma del Prof. M.) confermava tale assunto, tanto che il perito, oltre ad evidenziare la non completa incompatibilità di tali condizioni con il regime carcerario, suggeriva come rimedio il trasferimento per un periodo di trenta giorni presso un centro clinico carcerario in grado di fornire una maggiore assistenza.

Il Tribunale, in adesione alla giurisprudenza di questa Corte che richiamava, effettuava una esaustiva valutazione della situazione clinica complessiva del ricorrente e della compatibilità di tale situazione con la detenzione inframuraria dando anche conto delle ragioni per le quali riteneva di disattendere le considerazioni del consulente di parte.

Il Tribunale, peraltro, non risulta essersi limitato al mero ripristino della misura custodiale ma, prendendo atto delle risultanze delle consulenze espletate, ha disposto che lo stesso riprenda presso una struttura attrezzata a fornire adeguata assistenza sanitaria.

Va inoltre considerato che, proprio sulla base delle argomentazioni svolte in ricorso circa la non immutabilità, per definizione, del quadro clinico di un determinato soggetto, eventuali aggravamenti, che tale struttura specializzata potrà tempestivamente segnalare, non precludono una successiva diversa valutazione.

5. Deve infine riconoscersi la irrilevanza delle argomentazioni svolte con i motivi nuovi.

Gli stessi sono infatti riferiti ad un fatto sopravvenuto (dispositivo di sentenza emesso in data successiva a quella del provvedimento impugnato) che potrà essere oggetto di specifica istanza al Giudice competente ma che non incide sulla legittimità del provvedimento impugnato sottoposta all’esame di questa Corte.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *