T.A.R. Calabria Reggio Calabria Sez. I, Sent., 11-01-2011, n. 8 Condono Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Le signore A. e F.A. – proprietarie in Polistena di un appezzamento di terreno di circa mq. 1.300, in catasto fg. 14, part. 616 – assumendo di aver richiesto alla Regione Calabria il finanziamento di un’iniziativa di imprenditoria femminile da realizzare sul medesimo (finalizzata alla produzione e degustazione di prodotti tipici locali), hanno presentato in data 26 luglio 2005 il relativo progetto edilizio in variante al P.R.G., ex art. 5 del D.P.R. n. 447/1998, consistente in un edificio ad un piano f.t. in c.a. e pietra naturale, allo Sportello unico delle attività produttive (SUAP) gestito dalla Comunità montana del versante tirrenico settentrionale, cui il Comune di Polistena aveva aderito.

In data 24 novembre 2005, la Polizia municipale di Polistena ha proceduto al sequestro dei lavori edili realizzati dalle signore A. nel sito in questione, in parziale realizzazione anticipata del progetto di cui sopra, non ancora assentito. L’11 luglio 2006 il SUAP della Comunità montana ha reso noto al Comune che le ricorrenti avevano avanzato, con riguardo al ripetuto progetto, richiesta di permesso di costruire in sanatoria – ex art. 36, comma 2, del D.P.R. n. 380/2001 – sollecitando la pronuncia del Consiglio comunale sulla assentibilità dell’iniziativa. Ed invero, il progetto in questione, comportando una variante al P.R.G. – nonché il rilascio di concessione edilizia in sanatoria di lavori già eseguiti – ha seguito l’iter di cui agli articoli 5 del D.P.R. n. 447/1998, 14 ter della legge n. 241/1990 e 14 della legge reg. cal. n. 19/2002.

Con deliberazione consiliare n. 62 del 6 novembre 2006, il Comune di Polistena si è pronunciato favorevolmente sul progetto in variante al P.R.G. e sul rilascio di permesso di costruire (anche) in sanatoria di quanto già realizzato dalle signore A..

In data 22 marzo 2007, si è svolta presso il SUAP della Comunità montana la prima seduta della conferenza dei servizi convocata per la trattazione del progetto in questione, durante la quale il responsabile del procedimento ha illustrato il progetto, invitando "i partecipanti, in particolare coloro che rappresentano le amministrazioni pubbliche, a pronunciarsi sull’istanza del richiedente, nel rispetto delle specifiche e distinte competenze". Nel corso della seduta, la conferenza ha inoltre stabilito un termine di 90 giorni "per l’adozione della decisione conclusiva del procedimento". Nei mesi successivi si è svolta un’intensa attività istruttoria, nell’ambito della quale – anche a seguito di integrazioni documentali operate dalle signore A. – sono stati espressi i pareri di varie amministrazioni, da ultimo quello delle Ferrovie della Calabria (nota n. 7155 del 13 settembre 2007), favorevole al rilascio di nulla osta in deroga, ex art. 60 del D.P.R. n. 753/1980, per mantenere il fabbricato in parola a distanza dalla linea ferrata inferiore a quella stabilita dall’art. 49 del medesimo D.P.R.

In data 18 luglio 2007, è scaduto il termine biennale apposto alla convenzione, sottoscritta il 18 luglio 2005, con la quale il Comune di Polistena aveva aderito al SUAP gestito dalla Comunità montana del versante tirrenico settentrionale e il Consiglio comunale di Polistena ha deliberato di non rinnovare tale convenzione (deliberazione n. 44 del 18 luglio 2007), con conseguente subentro degli uffici comunali nella trattazione delle pratiche ancora non concluse, giacenti presso lo stesso SUAP, tra le quali il progetto de quo. Detto trasferimento di competenze ha avuto effettiva attuazione con la materiale trasmissione del progetto medesimo e della relativa documentazione al Comune di Polistena, avvenuta con nota del SUAP prot. n. 4376 del 23 ottobre 2007.

Successivamente, dopo l’istanza di conclusione del procedimento presentata dalle interessate l’8 gennaio 2008, l’ufficio comunale competente (Sportello unico per l’edilizia) ha richiesto al SUAP (nota prot. n. 868 del 23 gennaio 2008) e all’Assessorato all’urbanistica della Regione Calabria (nota prot. n. 880 del 3 aprile 2008) ulteriore documentazione. Con nota n. 743 del 27 marzo 2008, l’Assessorato regionale ha riscontrato la predetta richiesta, precisando di aver contestato il verbale della conferenza dei servizi del 23 aprile 2007 e espresso parere negativo già con nota n. 136 del 18 maggio 2007, inviata al SUAP subito via fax e, successivamente, anche con raccomandata n. 116837170183 del 23 maggio 2007 (peraltro, tale comunicazione assessoriale, sebbene acquisita al protocollo SUAP con il n. 2267 del 28 maggio 2007, "non era depositata presso gli atti d’ufficio", v. pag. 2, penultimo capoverso, della nota del Comune di Polistena n. 4096 del 28 marzo 2008).

Con atto notificato l’11 aprile 2008 e depositato il 12 maggio 2008, le signore A. e F.A. impugnano la nota del Comune di Polistena n. 1462 del 5 febbraio 2008, con la quale il Responsabile dello Sportello unico per l’edilizia comunica loro che – con riferimento al progetto di che trattasi – "assumerà le proprie determinazioni in ordine alla riconvocazione della conferenza di servizi, e comunque per la definizione del procedimento, successivamente al ricevimento delle note di riscontro del SUAP (alla nota prot. 868/2008) e dell’Assessorato all’Urbanistica Regionale (alla nota prot. 880/2008)". Impugnano altresì le predette note del Comune di Polistena n. 868 e n. 880 del 2008 e chiedono l’accertamento del diritto all’immediata adozione del provvedimento conclusivo della conferenza dei servizi, ai sensi dell’art. 14 ter, commi 3, 6 bis e 9 della legge n. 241/1990, nonché la condanna del Comune al risarcimento dei danni da loro subiti per l’illegittimo protrarsi della procedura (perdita finanziamenti regionali).

Deducono il seguente, articolato, motivo unico:

I) Violazione dell’art. 14 ter, commi 3, 6 bis e 9, e dell’art. 14 quater della legge n. 241/1990. Violazione degli articoli 1 e 3 della legge n. 241/1990. Violazione dell’art. 14 della legge reg. cal n. 19/2002. Eccesso di potere per travisamento dei fatti e sviamento.

Ai sensi delle disposizioni in epigrafe, secondo cui i lavori della conferenza di servizi devono concludersi entro novanta giorni, il Comune di Polistena avrebbe dovuto assumere le determinazioni finali "valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede". Sarebbe pertanto illegittima l’impugnata decisione di richiedere ulteriori approfondimenti documentali, che non sarebbe giustificata da alcuna effettiva esigenza istruttoria, ma avrebbe intenti defatigatori, al pari della prospettata riconvocazione della conferenza di servizi.

Con primi motivi aggiunti, notificati il 28 maggio 2008 e depositati il 26 giugno 2008, le ricorrenti impugnano, poi, le note del Comune di Polistena n. 4096 del 28 marzo 2008 e n. 4468 del 4 aprile 2008, con le quali il Responsabile del procedimento in questione, rispettivamente, comunica loro che provvederà a convocare la conferenza dei servizi in seduta decisoria, e dispone in effetti detta convocazione per il 23 aprile 2008.

Fanno valere le seguenti censure:

II) Invalidità derivata. Incompetenza ex art. 22 e ss. della legge reg. cal. n. 7/1996. Violazione dell’art. 14 ter, comma 6, dell’art. 14 quater e dell’art. 3 della legge n. 241/1990.

La convocazione di una nuova conferenza dei servizi sarebbe illegittima, in via derivata, per le stesse ragioni già prospettate contro la determinazione di non concludere il procedimento, assumendo invece iniziative istruttorie. Il parere dell’Assessorato regionale per l’urbanistica sarebbe viziato dalla carenza di legittimazione del soggetto che lo ha espresso (arch. Angelo Emo), in luogo del Dirigente del Dipartimento regionale competente. Inoltre il parere sarebbe stato espresso al di fuori della conferenza, sarebbe privo di idonea motivazione e di indicazione delle modifiche necessarie ai fini dell’assenso e concernerebbe aspetti non di competenza della Regione.

Con secondi motivi aggiunti, notificati il 25 luglio 2008 e depositati il 7 agosto 2008, le signore A. impugnano, ancora, il verbale della conferenza dei servizi del 23 aprile 2008 e la determinazione n. 198 del 5 giugno 2008, con la quale il Capo della III Ripartizione servizi tecnici del Comune di Polistena ha stabilito di "inoltrare alla conferenza unificata di cui all’art. 8 del Decreto legislativo 28.8.1997 n. 281 la documentazione affinché assuma decisione ai sensi della legge 241/90 art. 14 – quater comma 3".

Oltre a contestare il parere negativo dell’Assessorato regionale dell’urbanistica per le stesse ragioni già espresse con i primi motivi aggiunti, deducono le seguenti doglianze:

III) Violazione dell’art. 14 ter, commi 3, 6 bis e 9, e dell’art. 14 quater della legge n. 241/1990. Violazione degli articoli 1 e 3 della legge n. 241/1990. Violazione dell’art. 14 della legge reg. cal. n. 19/2002. Eccesso di potere per travisamento dei fatti e sviamento.

Il RUP avrebbe omesso la valutazione delle specifiche risultanze della conferenza, recependo acriticamente il solo parere reso dall’Assessorato dell’urbanistica della Regione Calabria, che sarebbe stato erroneamente considerato vincolante per il Comune. Sarebbe sbagliato il riferimento operato dal provvedimento impugnato al comma 3 dell’art. 14 quater della legge n. 241/1990, rientrando l’ipotesi in esame, a tutto concedere, nelle previsioni del comma 3 bis della medesima disposizione.

IV) Violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241/1990.

Prima di adottare il provvedimento impugnato, il RUP avrebbe dovuto avvisare le ricorrenti, per consentire loro un efficace contraddittorio.

V) Violazione dell’art. 14 quater, commi 1 e 4, della legge n. 241/1990.

Il dissenso regionale sarebbe stato espresso al di fuori della conferenza di servizi, non sarebbe motivato sotto il profilo urbanistico, si riferirebbe a questione connessa, non costituente oggetto della conferenza dei servizi e non recherebbe alcun indicazione sulle modificazioni progettuali necessarie per l’assenso.

VI) Violazione dell’art. 14 quater, comma 3 bis, della legge n. 241/1990 e dell’art. 14, comma 4, della legge reg. cal. n. 19/2002.

La Conferenza unificata avrebbe dovuto essere investita della questione entro dieci giorni e le determinazioni conclusive della conferenza dei servizi avrebbero dovuto formare oggetto di avviso pubblicato sul B.U.R. e su almeno un quotidiano locale.

In esito alla pubblica udienza del 10 febbraio 2010, il Tribunale ha disposto istruttoria, per l’acquisizione di documentate notizie sull’esito dell’esame del progetto da parte della Conferenza unificata di cui all’art. 8 del D. Lg.vo n. 281/1997, nonché sull’effettiva consistenza dei lavori abusivamente realizzati. In data 22 marzo 2010 il Comune di Polistena ha eseguito l’incombente istruttorio, depositando, tra l’altro, fotocopia di un fax pervenuto dalla Conferenza unificata, con allegata copia della nota del Ministro per i rapporti con le regioni prot. n. 5416 del 18 dicembre 2008, di trasmissione della documentazione relativa al progetto in parola al Presidente della Regione Calabria, "per le determinazioni di cui all’art. 14 quater, comma 3, della L. n. 241/90".

Con successiva ordinanza istruttoria n. 26 del 7 giugno 2010, il Tribunale ha ulteriormente richiesto notizie sull’esito dell’esame del progetto de quo da parte della Conferenza unificata (in base al comma 3 ter, dell’art. 14 quater della legge n. 241/1990, nel testo vigente nel 2008, "se entro i termini di cui ai commi 3 e 3 bis la Conferenza Stato – regioni o la conferenza unificata non provvede, la decisione, su iniziativa del Ministro per gli affari regionali, è rimessa… quando verta in materia non attribuita alla competenza statale… alla competente Giunta regionale", che assume "la determinazione sostitutiva nei successivi trenta giorni; qualora la Giunta regionale non provveda entro il termine predetto, la decisione è rimessa al Consiglio dei ministri, che delibera con la partecipazione dei Presidenti delle Regioni interessate"). L’incombente istruttorio è tuttavia rimasto ineseguito.

Con terzi motivi aggiunti, notificati il 3 maggio 2010 e depositati il 7 maggio 2010, le ricorrenti impugnano, infine, l’ordinanza n. 4 del 17 marzo 2010, a firma congiunta del RUP arch. Cannatà e del Responsabile del SUE del Comune di Polistena, con la quale – rilevata l’effettuazione di ulteriori lavori abusivi, rispetto a quanto accertato nel verbale della Polizia municipale del 24 novembre 2005 (copertura tetto del fabbricato ottagonale e demolizione di mq. 36 di copertura dell’altro fabbricato) – viene loro ordinata la demolizione entro novanta giorni dei due fabbricati edificati abusivamente in contrada Grecà, in un terreno individuato al NCT al fg. 14, part. n. 616.

Avanzano le seguenti lagnanze:

VII) Violazione dell’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 e degli articoli 13 e 40 della legge n. 47/1985. Violazione degli articoli 3, 7 e 10 bis della legge n. 241/1990. Eccesso di potere per illogicità, arbitrarietà manifesta, contraddittorietà, intrinseca ed estrinseca, e travisamento dei fatti.

Il provvedimento repressivo impugnato non avrebbe potuto essere emesso in pendenza della richiesta avanzata dalle ricorrenti di permesso di costruire in sanatoria, già favorevolmente delibata dal Consiglio comunale. E ciò sarebbe vero sia che il provvedimento stesso riguardi – come pare – tutte le opere, sia che riguardi il solo tetto del fabbricato ottagonale. In ogni caso, le ricorrenti avrebbero dovuto essere avvisate dell’avvio del procedimento sanzionatorio.

Le ricorrenti concludono, anche con successive memorie, per l’accoglimento del gravame e dei motivi aggiunti.

Si è costituito in giudizio il Comune di Polistena ed ha, in via preliminare, eccepito il suo difetto di legittimazione, perché il procedimento in contestazione sarebbe stato condotto dal SUAP gestito dalla Comunità montana del versante tirrenico settentrionale, che dovrebbe, in ogni caso, partecipare al giudizio. Nel merito, il ricorso sarebbe comunque infondato, attesa la natura non definitiva degli atti impugnati.

Anche la Regione Calabria si è costituita in giudizio ed ha eccepito il suo difetto di legittimazione passiva e l’inammissibilità del ricorso e dei motivi aggiunti, in considerazione della natura endo – procedimentale di tutti gli atti impugnati, ivi incluso il parere reso in conferenza dei servizi dal rappresentante della Regione, che escluderebbe la loro immediata impugnabilità. Nel merito, l’amministrazione regionale ha sostenuto l’infondatezza dell’impugnativa, chiedendone la reiezione.

La causa è stata assunta in decisione nella pubblica udienza dell’1 dicembre 2010.

Motivi della decisione

1. E’ opportuna una breve premessa.

Con il ricorso principale, le ricorrenti contestano l’adozione da parte del Comune di Polistena di atti istruttori, in luogo della decisione, sul loro progetto edilizio in variante al P.R.G., ex art. 5 del D.P.R. n. 447/1998. Esse chiedono, invero, al Tribunale di dichiarare illegittima la mancata risposta nei termini di legge da parte dell’amministrazione, accertando il loro diritto "all’adozione del provvedimento conclusivo della conferenza di servizi" (v. conclusioni, pag. 9 del ricorso).

Con i primi motivi aggiunti, le ricorrenti impugnano ulteriori atti endo – procedimentali, concludendo per la "declaratoria di illegittimità procedurale degli atti adottati dal Comune di Polistena" e del "presunto parere regionale, dichiarando invece formatosi l’assenso della Regione Calabria in sede di conferenza dei servizi stante l’assenza di un legittimo rappresentante regionale e, comunque, la mancata formazione del dissenso nei termini e con le modalità di legge" (v. pag. 8 dei primi motivi aggiunti).

Con i secondi motivi aggiunti, vengono impugnati, poi, il verbale della conferenza dei servizi del 23 aprile 2008 e la determinazione del Comune di Polistena che stabilisce di "inoltrare alla conferenza unificata di cui all’art. 8 del Decreto legislativo 28.8.1997 n. 281 la documentazione affinché assuma decisione ai sensi della legge 241/90 art. 14 – quater comma 3". Si conclude, anche in questo caso, per la declaratoria "del diritto delle ricorrenti… al provvedimento conclusivo della conferenza dei servizi ai sensi del comma 6 dell’art. 14 ter della L. n. 241/90" (v. pag. 16 dei secondi motivi aggiunti).

Si tratta, dunque, di azione complessivamente diretta avverso il "silenzio" mantenuto dall’amministrazione sull’istanza delle ricorrenti (regolata oggi dall’art. 31 cod. proc. amm.), cui si aggiungono quella di condanna per il risarcimento del danno (art. 30 cod. proc. amm.) e quella di annullamento del provvedimento che ordina la demolizione delle opere realizzate (esercitata con i terzi motivi aggiunti).

Di esse, attesa l’evidente connessione, è possibile il cumulo nel presente giudizio, ai sensi dell’art. 32 cod. proc. amm., che supera il precedente orientamento negativo assunto dalla giurisprudenza al riguardo (v., ad es., C.S., IV, 12 febbraio 2010, n. 773).

2. Va esaminata in primo luogo la domanda di accertamento dell’illegittimità della mancata conclusione del procedimento da parte del Comune di Polistena.

2. a) In via preliminare, occorre affrontare le eccezioni di rito.

2. a) 1. Il Comune di Polistena sostiene il suo difetto di legittimazione, perché il procedimento in contestazione sarebbe stato condotto dal SUAP gestito dalla Comunità montana del versante tirrenico settentrionale, che dovrebbe, in ogni caso, partecipare al giudizio.

L’eccezione non ha pregio.

A prescindere dalla situazione che si sarebbe determinata nel caso di attualità dell’adesione del Comune di Polistena al SUAP della Comunità montana (v. al riguardo T.A.R. Puglia, III, 8 aprile 2004, n. 1807, secondo cui occorre verificare il concreto contenuto della relativa convenzione), è acclarato che detta adesione è venuta meno con la scadenza della convenzione, in data 18 luglio 2007. Anzi, il Consiglio comunale di Polistena ha espressamente deliberato di non rinnovare la convenzione (deliberazione n. 44 del 18 luglio 2007), con conseguente subentro degli uffici comunali nella trattazione delle pratiche ancora non concluse, giacenti presso lo stesso SUAP, tra le quali il progetto de quo. Il "trasferimento" ha avuto effettiva attuazione con la materiale trasmissione del progetto medesimo e della relativa documentazione al Comune di Polistena, avvenuta con nota del SUAP prot. n. 4376 del 23 ottobre 2007.

Ne consegue che l’azione in esame – proposta con atto notificato l’11 aprile 2008 – è correttamente rivolta contro il soggetto pubblico titolare della potestà della quale si chiede il tempestivo esercizio, senza che sia neppure necessario chiamare in giudizio il soggetto cui in passato essa era stata delegata temporaneamente (e, è appena il caso di precisarlo, ferma la responsabilità primaria dell’amministrazione titolare ex lege).

2. a) 2. La Regione Calabria ha eccepito il suo difetto di legittimazione passiva e l’inammissibilità del ricorso e dei motivi aggiunti, in considerazione della natura endo – procedimentale di tutti gli atti impugnati, ivi incluso il parere negativo reso in conferenza dei servizi dal rappresentante della Regione, che escluderebbe la loro immediata impugnabilità.

Quanto alla natura endo – procedimentale degli atti impugnati, l’eccezione di conseguente inammissibilità del ricorso non merita condivisione, atteso che, come sopra detto, l’azione proposta dalle ricorrenti non ha natura impugnatoria, ma di accertamento dell’illegittimo protrarsi della procedura.

Va, invece, accolta l’eccezione di difetto di legittimazione passiva della Regione Calabria.

In generale, la conferenza di servizi è solo un modulo procedimentale e non costituisce anche un ufficio speciale della pubblica amministrazione autonomo rispetto ai soggetti che vi partecipano, limitandosi a facilitare il coordinamento tra le singole amministrazioni interessate. Pertanto, il provvedimento finale deve imputarsi all’amministrazione che lo adotta e, nel caso di conferenza decisoria, alle amministrazioni che, attraverso la stessa, esprimono la loro volontà provvedimentale. Ne deriva che la legittimazione processuale passiva spetta soltanto alle amministrazioni che, in sede di conferenza, abbiano espresso un parere a rilevanza esoprocedimentale, immediatamente lesivo della sfera giuridica del privato interessato (v. C.S., IV, 2 maggio 2007, n. 1920; C.S., IV, 30 dicembre 2006, n. 8259; T.A.R. Abruzzo, Pescara, I, 7 novembre 2007, n. 875; T.A.R. Umbria Perugia, 12 maggio 2003, n. 332; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 28 febbraio 2002, n. 888; v. pure C.S., IV, 8 luglio 1999, n. 1193; T.A.R. Marche, 5 agosto 2004, n. 976).

Questo orientamento trova del resto conferma nelle modifiche apportate dalla legge n. 15 del 2005, con l’aggiunta del comma 6 bis all’art. 14 ter, della legge n. 241 del 1990. In base a dette modifiche, infatti, all’esito della conferenza di servizi è necessario un atto conclusivo dell’Amministrazione procedente e, per questa, del dirigente competente. In tale ottica, sono stati dunque potenziati ruolo e responsabilità dell’amministrazione procedente, cui si attribuisce la determinazione finale, previa valutazione delle specifiche risultanze della Conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede (T.A.R. Toscana, II, 3 marzo 2010, n. 594).

Ciò posto, bisogna rilevare che il procedimento di variante in questione è regolato:

– dall’art. 5, comma 2, ultimo periodo, del D.P.R. n. 447/1998, secondo cui "non è richiesta l’approvazione della regione, le cui attribuzioni sono fatte salve dall’articolo 14, comma 3 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241" (tale comma, abrogato dall’art. 9 della legge n. 340/2000, disponeva che "nel caso in cui una amministrazione abbia espresso, anche nel corso della conferenza, il proprio motivato dissenso, l’amministrazione procedente può assumere la determinazione di conclusione positiva del procedimento dandone comunicazione al Presidente del Consiglio dei Ministri, ove l’amministrazione procedente o quella dissenziente sia una amministrazione statale; negli altri casi la comunicazione è data al presidente della regione ed ai sindaci. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, previa delibera del Consiglio medesimo, o il presidente della regione o i sindaci, previa delibera del consiglio regionale o dei consigli comunali, entro trenta giorni dalla ricezione della comunicazione, possono disporre la sospensione della determinazione inviata; trascorso tale termine, in assenza di sospensione, la determinazione è esecutiva");

– dall’art. 14 della legge reg. cal. n. 19/2002, che al comma 2 prevede le conferenze di servizi per l’approvazione di progetti comportanti variante al P.R.G., senza attribuire effetto vincolante al parere della Regione, in linea con quanto già disposto dalla stessa legge, all’art. 27, per l’approvazione dei piani strutturali comunali, e all’art. 4, secondo cui "sono demandate ai comuni tutte le funzioni relative al governo del territorio non espressamente attribuite dall’ordinamento e dalla presente legge alla Regione ed alle province, le quali esercitano esclusivamente le funzioni di pianificazione che implicano scelte di interesse sovra comunale".

Se pertanto, nella Regione Calabria sono attribuite ai Comuni le funzioni relative non solo all’adozione, ma anche all’approvazione dei loro strumenti urbanistici, il parere negativo espresso nella fattispecie dall’amministrazione regionale in sede di conferenza di servizi per l’approvazione di un progetto in variante al P.R.G., ex art. 5 del D.P.R. n. 447/1998, non ha carattere vincolante, non configura un provvedimento a rilevanza esoprocedimentale e non comporta la legittimazione processuale passiva dell’amministrazione regionale stessa nei giudizi instaurati per contestare l’esito (o il mancato esito) della conferenza medesima.

In accoglimento dell’eccezione in esame, va conseguentemente disposta l’estromissione dal giudizio della Regione Calabria.

2. b) Nel merito, la domanda di accertamento dell’illegittimità dell’operato del Comune, in quanto non ha definito tempestivamente la procedura de qua è fondata, nei limiti e con le precisazioni seguenti.

Deve innanzitutto puntualizzarsi che nella mancata esecuzione dell’ordinanza istruttoria n. 26/2010, trova conferma, ai sensi dell’art. 116, comma 2, cod. proc. civ., la circostanza – pacifica tra le parti – che anche a seguito della rimessione del progetto delle ricorrenti alla Conferenza unificata di cui all’art. 8 del D.Lg.vo n. 281/1997, sul procedimento di approvazione del medesimo ai sensi dell’art. 5 del D.P.R. n. 447/1998 non è mai stato adottato un provvedimento conclusivo, malgrado il decorso di un lunghissimo periodo di tempo, ben superiore ai termini di legge.

La mancata conclusione del procedimento ex art. 5 del D.P.R. n. 447/1998 nei termini di legge non determina però l’automatico accoglimento (silenzio assenso) della richiesta del privato, né il venir meno del potere in capo all’amministrazione procedente.

Si tratta, in sostanza, di un’ipotesi di silenzio inadempimento, nella quale la scadenza del termine previsto non "consuma" il potere dell’amministrazione, ma espone i funzionari a responsabilità. Indiretta conferma di ciò si trova, peraltro, nell’ultimo periodo del vigente art. 14 ter, comma 6 bis, della legge n. 241/1990 ("la mancata partecipazione alla conferenza di servizi ovvero la ritardata o mancata adozione della determinazione motivata di conclusione del procedimento sono valutate ai fini della responsabilità dirigenziale o disciplinare e amministrativa, nonché ai fini dell’attribuzione della retribuzione di risultato. Resta salvo il diritto del privato a dimostrare il danno derivante dalla mancata osservanza del termine di conclusione del procedimento ai sensi degli articoli 2 e 2 bis") e nell’art. 7 del D.P.R. n. 160/2010, che ha sostituito il D.P.R. n. 447/1998, il quale dispone, a sua volta, che "il rispetto dei termini per la conclusione del procedimento costituisce elemento di valutazione del responsabile del SUAP e degli altri soggetti pubblici partecipanti alla conferenza di servizi".

Nel caso in esame, la procedura si è protratta oltre i termini prescritti, anche a causa del "trasferimento" di competenze dal SUAP della Comunità montana al Comune di Polistena.

D’altronde, la cautela adoperata dal competente ufficio di quest’ultimo nel ricostruire correttamente la documentazione istruttoria si è dimostrata ben necessaria, giacché, inspiegabilmente, non risultava agli atti il parere contrario reso dall’amministrazione regionale in esito alla prima seduta della conferenza di servizi del 22 marzo 2007, con nota n. 136 del 18 maggio 2007, inviata al SUAP subito via fax e, successivamente, anche con raccomandata n. 116837170183 del 23 maggio 2007 (tale comunicazione assessoriale, sebbene acquisita al protocollo SUAP con il n. 2267 del 28 maggio 2007, "non era depositata presso gli atti d’ufficio", v. pag. 2, penultimo capoverso, della nota del Comune di Polistena n. 4096 del 28 marzo 2008).

Siffatto parere non può considerarsi – come vorrebbero le ricorrenti – né irritualmente reso (anche altre amministrazioni hanno fatto pervenire il loro avviso fuori dalla seduta della conferenza di servizi del 22 marzo 2007), né tardivo (essendo intervenuto ben prima dello scadere del termine di 90 giorni dalla seduta stessa), né viziato da incompetenza, dato che con ordine di servizio n. 927 del 20 giugno 2006 (in atti) il Direttore del Dipartimento urbanistica della Regione Calabria ha conferito all’arch. Angelo Emo idonea delega.

Esso, tuttavia, non attiene a profili di pianificazione urbanistica di competenza dell’amministrazione regionale e non è condivisibile nel merito, in quanto si esprime negativamente sul progetto delle ricorrenti nell’erroneo convincimento che "l’unico presupposto legislativo per poter ottenere un permesso di costruire in sanatoria è costituito dall’applicazione dell’art. 36 del D.P.R. n. 380/01", con conseguente inammissibilità del progetto in questione.

Al riguardo, occorre invece osservare che l’applicazione della disciplina dettata dall’art. 5 del D.P.R. n. 447/1998, in assenza di divieto espresso, non può assumersi preclusa nel caso di opere già realizzate. Ad avviso del collegio, devono infatti trovare applicazione, anche in questa ipotesi, i principi elaborati dalla giurisprudenza per ammettere la possibilità di assentire opere conformi alla pianificazione urbanistica al di là dei casi previsti dall’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 (v. C.S., VI, 7 maggio 2009, n. 2835, secondo cui tale disposizione "non preclude il diritto ad ottenere la concessione in sanatoria di opere che, realizzate senza concessione o in difformità dalla concessione, siano conformi alla normativa urbanistica vigente al momento in cui l’autorità comunale provvede sulla domanda in sanatoria").

In altre parole, in presenza dei presupposti di cui all’art. 5 del D.P.R. n. 447/1998, una determinata iniziativa produttiva in deroga al P.R.G. può essere valutata di interesse pubblico dall’organo (Consiglio) preposto alla pianificazione urbanistica comunale – e conseguentemente assentita – anche se le relative opere edilizie sono state già (in tutto o in parte) realizzate.

Questo si è, per l’appunto, verificato nella fattispecie, in quanto il Consiglio comunale di Polistena ha espressamente preso in considerazione l’anticipata realizzazione abusiva delle opere edilizie e – dopo accurato approfondimento legale – ha favorevolmente valutato il progetto, ritenendo che il "modesto "sacrificio urbanistico" chiesto alla collettività è compensato… dal beneficio occupazionale" (v. deliberazione consiliare n. 62/2006, pag. 7).

Ne discende l’erroneità delle determinazioni assunte dagli uffici comunali (nota prot. n. 198 del 5 giugno 2008), a seguito della seduta della conferenza dei servizi del 23 aprile 2008, nel senso di "inoltrare alla conferenza unificata di cui all’art. 8 del Decreto legislativo 28.8.1997 n. 281 la documentazione affinché assuma decisione ai sensi della legge 241/90 art. 14 – quater comma 3".

Esse si fondano, infatti, su di un ritenuto carattere vincolante del predetto parere della Regione Calabria ("poiché sulle questioni urbanistiche il parere della Regione è prevalente rispetto al parere del Comune") che, per quanto sopra detto sub 2. a) 2., non può in generale riconoscersi a detto parere e, comunque, sicuramente non nel caso di specie, nel quale il parere stesso, oltre a non essere condivisibile nel merito, non attiene a valutazioni di pianificazione urbanistica, ma alla legislazione edilizia vigente.

Inoltre, le cennate determinazioni di cui alla nota n. 198/2008 sono erronee anche in quanto considerano il parere della Regione riconducibile alle previsioni del comma 3 dell’art. 14 quater della legge n. 241/1990 (nel testo vigente ratione temporis: "se il motivato dissenso è espresso da un’amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico – territoriale, del patrimonio storico – artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità"), mentre nella fattispecie il dissenso è stato manifestato dall’amministrazione regionale quale soggetto preposto alla pianificazione urbanistica, sicché sarebbe stato al più applicabile, se il parere stesso avesse avuto contenuto ostativo per considerazioni di pianificazione urbanistica, il comma 3 bis della stessa disposizione (oggi abrogato, che prevedeva il caso di dissenso "espresso da una regione o da una provincia autonoma in una delle materie di propria competenza").

In definitiva, all’esito della seduta finale del 23 aprile 2008, i competenti uffici comunali non avrebbero dovuto trasmettere la pratica alla Conferenza unificata, ma avrebbero dovuto assumere la determinazione conclusiva del procedimento, "valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenuto conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede", ex art. 14 ter, comma 6 bis, della legge n. 241/1990.

Va pertanto accolta – rimanendo assorbite le restanti censure formali non esaminate – la domanda di accertamento dell’illegittimità dell’operato dell’amministrazione comunale di Polistena, per mancata tempestiva conclusione della procedura in parola.

3. Bisogna ora esaminare l’azione di annullamento proposta dalle ricorrenti, con i terzi motivi aggiunti, avverso l’ordinanza n. 4 del 17 marzo 2010, con la quale il Comune di Polistena ordina la demolizione delle opere abusivamente eseguite in contrada Grecà, nel terreno individuato al NCT al fg. 14, part. n. 616.

La domanda di annullamento va accolta.

Come correttamente sostenuto dalle ricorrenti, l’impugnato provvedimento repressivo non avrebbe potuto essere emesso in pendenza della loro richiesta di permesso di costruire in sanatoria, già favorevolmente delibata dal Consiglio comunale. Il collegio condivide, in proposito, il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui l’ordine di demolizione adottato in data successiva alla presentazione della richiesta di accertamento di conformità o di condono, in assenza di preventiva determinazione su quest’ultima, è illegittimo in quanto l’amministrazione ha l’obbligo di pronunciarsi su di essa prima di procedere all’irrogazione delle sanzioni definitive. Ciò in applicazione della regola per la quale, in presenza di istanza di sanatoria o di condono, l’amministrazione non può adottare provvedimenti repressivi, a pena della violazione del principio di economicità e coerenza dell’azione amministrativa, non potendosi previamente sanzionare ciò che potrebbe essere sanato (T.A.R. Campania, Napoli, VIII, 2 luglio 2010, n. 16569; C.S., IV, 6 luglio 2009, n. 4335; T.A.R. Campania, Salerno, 7 maggio 2009, n. 1827).

4. Rimane, da ultimo, l’azione risarcitoria, proposta dalle ricorrenti con riferimento ai danni che il protrarsi oltre i termini di legge della procedura ex art. 5 del D.P.R. n. 447/1998 avrebbe procurato loro, in particolare per la perdita dei finanziamenti regionali a sostegno dell’imprenditoria femminile.

La domanda va disattesa.

Manca, infatti, una qualsiasi quantificazione / dimostrazione da parte delle ricorrenti dell’impegno finanziario connesso all’iniziativa de qua, e del presumibile importo dei finanziamenti regionali richiedibili. Né viene fornito alcun elemento sul numero delle richieste pervenute e sulle somme che sono state in concreto erogate in applicazione dei bandi regionali ai quali le ricorrenti non hanno potuto partecipare; ciò che impedisce una qualsiasi valutazione, anche equitativa, dell’effettiva possibilità per le ricorrenti di conseguire un finanziamento regionale e sul suo eventuale ammontare. A ciò aggiungasi che il ritardo della procedura è, almeno in parte, imputabile anche alle ricorrenti, che hanno abusivamente iniziato i lavori di realizzazione della loro iniziativa senza attendere il necessario assenso da parte dell’amministrazione.

5. Sulla base di tutte le argomentazioni fin qui svolte, sul ricorso e i motivi aggiunti in esame il collegio ritiene di dover pronunciare – previa estromissione dal giudizio della Regione Calabria – come segue:

– dichiarare l’obbligo del Comune di Polistena di definire entro trenta giorni la procedura ex art. 5 del D.P.R. n. 447/1998 relativa al progetto presentato dalle ricorrenti;

– annullare l’ordinanza n. 4 del 17 marzo 2010, con la quale il Comune di Polistena ordina la demolizione delle opere abusivamente eseguite dalle ricorrenti in contrada Grecà, nel terreno individuato al NCT al fg. 14, part. n. 616;

– rigettare la domanda risarcitoria.

6. Attese la novità e la complessità delle questioni affrontate, sussistono i presupposti di legge per l’integrale compensazione tra le parti delle spese di causa.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sezione staccata di Reggio Calabria, definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li accoglie in parte – previa estromissione della Regione Calabria – e per l’effetto:

dichiara l’obbligo del Comune di Polistena di definire, ai sensi di cui in motivazione, la procedura ex art. 5 del D.P.R. n. 447/1998 relativa al progetto presentato dalle ricorrenti, entro trenta giorni dalla notificazione della presente sentenza;

annulla l’ordinanza del Comune di Polistena – Ripartizione servizi tecnici – Sportello unico per l’edilizia n. 4 del 17 marzo 2010;

rigetta la domanda risarcitoria.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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