Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 18-11-2010) 11-01-2011, n. 300 Prova penale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza del 25.6.2010, il Tribunale di Palermo, pronunciando quale giudice di rinvio, rigettava la richiesta di riesame proposta nell’interesse di C.F. e, per l’effetto, confermava l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa in data 3.12.2009 dal GIP dello stesso tribunale per il reato associativo ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 (capo B) e per il reato continuato di cui agli artt. 81 cpv. e 110 c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 e 1 bis (capo B2). Dopo avere esposto che la richiesta di riesame era stata parzialmente accolta mediante l’annullamento dell’ordinanza coercitiva per il capo relativo al reato associativo e che la decisione era stata impugnata sul punto dal P.M. dinanzi alla Corte di Cassazione che aveva pronunciato l’annullamento con rinvio per un nuovo esame degli indizi di colpevolezza in ordine all’associazione dedita al traffico di droga, il tribunale riteneva che l’accertata custodia di sostanza stupefacente dietro un corrispettivo settimanale rivelava lo stabile Inserimento nell’organizzazione criminosa, precisando che non poteva considerarsi superata la presunzione di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3.

Il difensore dell’indagata proponeva ricorso per Cassazione denunciando la nullità dell’ordinanza per vizi logici e giuridici della motivazione in relazione all’art. 273 c.p.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, sull’assunto che il tribunale, con una motivazione illogica e lacunosa, aveva affermato l’esistenza dei gravi indizi di colpevolezza mediante l’erronea supposizione di una stabile adesione al sodalizio criminoso fondata sulla sola intercettazione del (OMISSIS) e sul controllo eseguito il giorno successivo. Il ricorrente precisava che risultava del tutto carente la motivazione sull’esistenza del vincolo associativo, in quanto l’inserimento nell’organizzazione non trovava base giustificativa in alcun elemento concreto, ma in mere congetture.

Motivi della decisione

Il ricorso non ha fondamento, in quanto la struttura logica e giuridica della motivazione dell’ordinanza impugnata risulta esente dai vizi denunciati dalla ricorrente.

Invero, il giudice di rinvio ha puntualmente adeguato lo schema argomentativo ai principi enunciati nella sentenza di annullamento pronunciata dalla Quinta Sezione Penale di questa Corte rilevando che, in base al contenuto delle conversazioni intercettate e ai restanti elementi di prova, tra loro convergenti, dovevano considerarsi esistenti gravi indizi di colpevolezza in ordine allo stabile inserimento dell’indagata nell’associazione finalizzata al traffico di droga, tenuto conto del contenuto della conversazione intercettata il (OMISSIS), dello svolgimento del compito di custodire presso la propria abitazione la sostanza stupefacente destinata al commercio esercitato dal sodalizio e della percezione, unitamente al marito, di un compenso settimanale.

Lo sviluppo argomentativo della motivazione è fondato su una coerente analisi critica degli elementi indizianti e sulla loro coordinazione in un organico quadro interpretativo, alla luce del quale appare dotata di adeguata plausibilità logica e giuridica l’attribuzione a detti elementi del requisito della gravità, nel senso che questi sono stati reputati conducenti, con un grado di elevata probabilità, rispetto al tema di indagine concernente l’appartenenza della C. all’organizzazione criminosa dedita al traffico di droga.

Orbene, premesso che la valutazione compiuta dal tribunale verte sul grado di inferenza degli indizi e, quindi, sull’attitudine più o meno dimostrativa degli stessi in termini di qualificata probabilità di colpevolezza anche se non di certezza, deve porsi in risalto che la motivazione dell’ordinanza impugnata supera il vaglio di legittimità demandato a questa Corte, il cui sindacato non può non arrestarsi alla verifica del rispetto delle regole della logica e della conformità ai canoni legali che presiedono all’apprezzamento degli indizi gravi di colpevolezza prescritti dall’art. 273 c.p.p. per l’emissione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, senza poter attingere l’intrinseca consistenza delle valutazioni riservate al giudice di merito.

In conclusione, risultando infondato in tutte le sue articolazioni, il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.

La cancelleria dovrà provvedere all’adempimento prescritto dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Sezione Prima Penale, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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