Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 16-12-2010) 12-01-2011, n. 601 Revoca e sostituzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Il Tribunale del riesame di Napoli rigettava l’appello presentato da C.N. avverso l’ordinanza con la quale il GIP della stessa città negava la sostituzione della custodia in carcere con gli arresti domiciliari per motivi di salute. Rilevava che era stata acquisita la perizia medica disposta nel corso di altro procedimento a carico dello stesso indagato e che la difesa aveva reiterato la medesima richiesta e prodotto i medesimi atti dell’altro procedimento; riteneva, quindi, di poter richiamare integralmente la motivazione adottata in quella sede.

Dava atto che il detenuto aveva una capacità visiva fortemente ridotta, tanto che doveva essere assistito 24 ore su 24 da un agente di polizia penitenziaria, ma che ci si trovava in presenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza visto che, pur risalendo i fatti per i quali era stata emessa la misura ad epoca antecedente alla sua cecità, in tali condizioni di perdita di visus egli aveva continuato a delinquere commettendo reati con armi da fuoco il che faceva addirittura dubitare della veridicità di tale diagnosi;

comunque le ultime acquisizioni a suo carico, contenute in una nota del P.M. che faceva riferimento, tra le altre cose, alle dichiarazioni rese il 10/9/2009 dal collaboratore D.F., attestavano resistenza di contributi rilevanti dati dal C. ancora negli anni 2003 e 2004 nella fase organizzativa di attività criminali.

Oltre ai medesimi elementi già esaminati nella precedente ordinanza, il tribunale osservava che doveva essere valutata la nuova deduzione sui problemi di salute consistenti in uno stato depressivo con elevato rischio di suicidio; gli accertamenti tecnici d’ufficio acquisiti avevano rilevato una tendenza alla teatralità e alla manipolazione e avevano concluso nel senso che non erano di così grave entità da determinare una incompatibilità col carcere.

Osservava ancora che gli episodi autolesionistici posti in essere dall’indagato erano sempre espressione di quel lato esibizionista della sua personalità e comunque non sarebbero esclusi neppure da uno stato di detenzione in regime di arresti domiciliari. Infine osservava che tale stato mentale sussisteva da molto decenni e non gli aveva certo impedito di commettere gravissimi reati, e quindi confermava la sussistenza di quelle eccezionali esigenze cautelari che comunque impedivano la sostituzione della misura.

Avverso la decisione presentava ricorso l’indagato e deduceva nullità dell’ordinanza per mancanza di motivazione, avendo il tribunale fatto richiamo integrale alla precedente motivazione e richiamando elementi di fatto datati nel tempo da cui desumere la pericolosità, per cui di fronte alle riconosciute condizioni gravi di salute, mancavano gli elementi concreti e attuali su cui fondare la pericolosità, mentre le dichiarazioni del pentito D. erano state ritenute attendibili nonostante la genericità dei riferimenti.

La Corte ritiene che il ricorso debba essere rigettato. L’ordinanza contrariamente a quanto affermato nei motivi di ricorso ha valutato attentamente le gravi condizioni di salute, sia sotto il profilo fisico sia sotto il profilo psichico, con una motivazione congrua e logica che resiste al vaglio della legittimità.

Quanto al giudizio di sussistenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, deve rilevarsi che esso si fonda sia sulla contiguità dell’indagato al clan dei casalesi, associazione criminale di particolare pericolosità, sia sul fatto che la sua menomazione, subita a seguito di un tentato omicidio, non gli aveva impedito di continuare a tenere tali contatti anche negli anni 2003 e 2004 e che questo era stato riferito da un collaboratore di giustizia, come documentato da un atto specifico citato nell’ordinanza e cioè un verbale di interrogatorio di D. F. del 10/9/2009.

Il tribunale rileva che nella documentazione prodotta dal P.M. risultava provato che negli anni 2003 e 2004 C. quando aveva ottenuto gli arresti domiciliari per motivi di salute, nonostante la menomazione, era stato capace di condurre una vita autonoma e di partecipare alla organizzazione dell’attività criminale del clan dei casalesi, attività per la quale non era di ostacolo la perdita del visus; non sussiste quindi quella genericità di riferimenti denunciata dal ricorrente.

Il ricorso deve essere quindi rigettato; segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 bis.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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