T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 11-01-2011, n. 113 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

il presente giudizio può essere definito nel merito ai sensi degli articoli 60 e 74 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, previo accertamento della completezza del contraddittorio e dell’istruttoria e sentite sul punto le parti costituite;

RILEVATO che il ricorso appare manifestamente infondato in ordine alle censure dedotte di

1) violazione degli articoli 3, 6, 10 e 22 del T.U. 6 giugno 2001, n. 380; insufficiente e contraddittoria motivazione, carenza di istruttoria, eccesso di potere per falsità dei presupposti e travisamento dei fatti; illogicità e contraddittorietà dell’azione amministrativa, omessa ponderazione della situazione: con essa i ricorrenti fanno valere che le opere abusive in sostanza consisterebbero nella semplice apposizione di un cancelletto ad un’area interclusa nel cortile condominiale e compresa tra il muro di loro proprietà e quello di altra proprietà con copertura mediante una tettoia in PVC, nascente dalla esigenza di proteggere la proprietà dei ricorrenti dall’ammaloramento delle strutture portanti dovuti agli agenti atmosferici in particolare dallo scolo delle acque piovane; la tettoia è poi aperta su tre lati, non ha alterato il prospetto con la conseguenza che non necessitava se non di denuncia di inizio attività;

2) eccesso di potere per omessa motivazione e illogicità manifesta; violazione degli articoli 3 e 97 Cost.; illegittimità del provvedimento impugnato per ingiustizia manifesta; carenza di istruttoria; violazione del principio di proporzionalità; inopportunità; sviamento sotto altri profili: con detta censura i ricorrenti fanno valere che il riferimento normativo, operato nel provvedimento, alla deliberazione consiliare che riguarda la zona A di PRG del 1965 – sottozona territoriale omogenea di tipo A2 non consente di ricomprendere l’area nella quale è situata l’abitazione dei ricorrenti nel quartiere Prati, poiché, invece, essa è situata nel quartiere Trionfale e non si applicano quindi le specifiche riferite a tale zona; ma il difetto di motivazione oltre che caratterizzato dall’erroneo riferimento normativo è anche evidenziato dalla mancanza di qualsiasi ragione che spieghi il sacrificio imposto al privato a causa del legittimo affidamento che si sarebbe formato in merito alla realizzazione delle opere da oltre 10 anni, mentre nulla si dice in ordine all’interesse pubblico alla rimozione; non sarebbe necessaria alcuna concessione edilizia perché l’opera consiste in una struttura precaria facilmente rimovibile, di natura pertinenziale con conseguente inapplicabilità della sanzione demolitoria; né si può dire che della esistenza della tettoia parte ricorrente non abbia fatto riferimento nella domanda di condono presentata in data 19 novembre 2004 ai sensi dell’art. 32 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito nella legge 24 novembre 2003, n. 326 poiché ad essa era allegata la piantina delle modificazioni intervenute nell’intero immobile, comprensive anche della tettoia;

3) eccesso di potere per omessa motivazione sotto altro profilo in relazione all’esistenza dei requisiti: le opere realizzate sarebbero conformi agli strumenti urbanistici;

CONSIDERATO, in fatto, che l’area sulla quale i ricorrenti hanno realizzato la tettoia e hanno proceduto a chiudere con un cancelletto è situata su cortile di proprietà condominiale, ancorché la tettoia sia addossata al muro di confine della proprietà degli interessati con quella comune, di tal che nessuna sanatoria rispetto ad un bene facente del patrimonio del condominio potrà mai essere concessa a favore degli stessi interessati, prima che l’area sia eventualmente ceduta in proprietà unica ai predetti, secondo le procedure stabilite per la cessione di aree condominiali dal codice civile;

RILEVATO che, ciò premesso, non può concordarsi con la seconda doglianza, con la quale parte ricorrente fa valere la natura pertinenziale della tettoia posta sulla proprietà condominiale e appoggiata al muro di confine della sua abitazione, avendo riguardo alla costante giurisprudenza amministrativa in materia, la quale sottolinea che la realizzazione di una tettoia, ancorchè come nel caso in esame posta a servizio della abitazione dei ricorrenti, comunque, non può qualificarsi come semplice pertinenza sottratta all’obbligo di idoneo titolo abilitativo, nel momento in cui realizza una modificazione della sagoma e del prospetto dell’edificio (cfr. TAR Lombardia, Brescia, sezione I, 25 maggio 2010, n. 2143) e, nel caso in esame, essa realizza una occupazione abusiva di proprietà altrui oltre che una modificazione della volumetria dell’immobile cui essa afferisce, presentandosi compresa tra tre muri e della sagoma dell’edificio stesso;

RILEVATO che, da tali osservazioni, non può che trarsi la conseguenza che, quand’anche i ricorrenti fossero dotati di idoneo titolo proprietario, il manufatto richiedeva anche un idoneo titolo abilitativo, apparendo la tettoia in questione, per come risulta dall’apparato grafico prodotto dagli stessi ricorrenti, incastrata nel muro perimetrale dell’immobile;

RITENUTO che anche le altre censure formali prospettate in ordine al dedotto difetto di motivazione, violazione del principio dell’affidamento ed eccesso di potere per contraddittorietà o illogicità della motivazione, non possono essere condivise alla stregua dell’art. 21 octies della legge 7 agosto 1990, n. 241 non potendo più il giudice adottare l’annullamento del provvedimento per vizi formali, laddove il ricorrente non dimostri che il suo contenuto avrebbe potuto essere diverso (TAR Puglia, Bari, sezione III, 10 giugno 2010, n. 2406) e per le superiori considerazioni tale prova non appare, nel caso, raggiunta;

RILEVATO che, pertanto, il ricorso non può che essere respinto;

CONSIDERATO che, quanto alle spese di lite, esse seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo;

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna i ricorrenti L.A. e A.P. al pagamento di Euro 2.000,00 per spese di giudizio ed onorari a favore della resistente Amministrazione comunale di Roma.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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