Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 16-12-2010) 12-01-2011, n. 600 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Il Tribunale del riesame di Roma sostituiva la misura della custodia in carcere applicata a W.Y.C. per il reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 12, comma 3, osservando che potevano esserle concessi gli arresti domiciliari avendo a disposizione una stabile dimora in Italia. Rilevava che sussistevano gravi indizi di colpevolezza, consistenti negli accertamenti di P.G. dai quali era emerso che l’indagata aveva favorito l’ingresso illegale di due cittadini cinesi in Italia, dimostrata dall’avere nel suo computer i loro documenti di viaggio, pur avendo dichiarato di non conoscerli.

Avverso la decisione presentava ricorso l’indagata deducendo violazione di legge in relazione alla sussistenza del reato che, pur essendo reato di pericolo, presupponeva comunque un comportamento concreto di favoreggiamento, mentre nel caso di specie l’unico elemento a suo carico era l’aver nel proprio computer i documenti di viaggio dei clandestini; tale indizio era per altro stato acquisito illegalmente non avendo consentito all’indagata di farsi assistere da un difensore nel corso dell’accertamento; l’ordinanza cautelare non era stata tradotta in una lingua conosciuta all’indagata, nonostante che tale incombente fosse stato disposto dal giudice; deduceva poi violazione di legge in relazione alle esigenze cautelari, trattandosi di donna in stato di gravidanza, per la quale non era stata indicata la sussistenza del concreto pericolo di reiterazione, se non l’incongrua affermazione che per uno straniero era strano riuscire a trovare una casa in locazione nel giro di pochi giorni.

La Corte ritiene che il ricorso debba essere rigettato. I gravi indizi di colpevolezza sono stati congruamente individuati dal tribunale nel comportamento della donna che, fermata insieme ai suoi connazionali, aveva negato di conoscerli mentre ciò era falso, visto che a seguito di un accesso al suo computer si era scoperto che i loro documenti di viaggio vi erano riprodotti; i due soggetti erano di origine cinese e viaggiavano con documenti appartenenti ad altri, il che provava che vi era stato un suo intervento per favorire l’ingresso in Italia dei clandestini. Trattandosi di reato di pericolo potevano ritenersi configurati i gravi indizi. L’accesso al computer è chiaramente un atto ripetibile e come tale non vi era stato alcuna violazione del diritto di difesa. Quanto alla traduzione dell’ordinanza la stessa difesa aveva dato atto che l’ordine era stato dato dal giudice e quindi si doveva solo attendere l’esito della traduzione. Sul punto deve richiamarsi la sentenza S.U. 24 settembre 2003 n. 5052, rv 226717, secondo la quale, una volta disposta la traduzione dell’atto, la decorrenza del termine per impugnare viene differita al momento in cui il destinatario ne abbia compreso il contenuto; nel caso di specie non avendo atteso tale momento e avendo presentato un ricorso che contestava il merito del provvedimento cautelare, se ne deve dedurre che ha avuto conoscenza dell’atto in altro modo.

L’esigenza cautelare del concreto pericolo di fuga era stata individuata sia nella mancanza del radicamento nel territorio dello Stato dove la donna era di passaggio sia nella disponibilità economica dimostrata per la facilità con la quale il marito aveva reperito un’abitazione in (OMISSIS) nel giro di due giorni.

Il ricorso deve essere quindi rigettato; segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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