Corte Costituzionale, Sentenza n. 67 del 2012, In tema di incompatibilità tra la carica di sindaco o di assessore di comuni con popolazione superiore a ventimila abitanti con la carica di deputato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Gazzetta Ufficiale – 1ª Serie Speciale – Corte Costituzionale n. 12 del 21-3-2012

Sentenza

nei giudizi di legittimita’ costituzionale della legge della Regione
siciliana 24 giugno 1986, n. 31 (Norme per l’applicazione nella
Regione siciliana della legge 27 dicembre 1985, n. 816, concernente
aspettative, permessi e indennita’ degli amministratori locali.
Determinazione delle misure dei compensi per i componenti delle
commissioni provinciali di controllo. Norme in materia di
ineleggibilita’ e incompatibilita’ per i consiglieri comunali,
provinciali e di quartiere), in combinato disposto con la legge della
Regione siciliana 26 agosto 1992, n. 7 (Norme per l’elezione con
suffragio popolare del Sindaco. Nuove norme per l’elezione dei
consigli comunali, per la composizione degli organi collegiali dei
comuni, per il funzionamento degli organi provinciali e comunali e
per l’introduzione della preferenza unica), promossi dal Tribunale di
Palermo con due ordinanze del 21 gennaio 2011, iscritte ai numeri 89
e 90 del registro ordinanze 2011, e pubblicate nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell’anno
2011.
Visti l’atto di costituzione di Carlo Gambino, nonche’ gli atti
di intervento della Regione siciliana e di Raffaele Giuseppe Nicotra;
udito nell’udienza pubblica del 14 febbraio 2012 il Giudice
relatore Paolo Grossi;
uditi gli avvocati Beatrice Fiandaca e Carlo Aquilia per la
Regione siciliana.

Ritenuto in fatto

1. – Chiamato a pronunciarsi in due giudizi, promossi da un
cittadino elettore nei confronti (tra l’altro) di due deputati
regionali, successivamente nominati assessori del Comune di Monreale,
per accertare in capo ai convenuti la sussistenza della causa
sopravvenuta di incompatibilita’ tra tali cariche, con consequenziale
decadenza da quella di assessore nel caso di mancato esercizio
dell’opzione entro dieci giorni dalla notificazione del ricorso, il
Tribunale di Palermo, prima sezione civile, con due ordinanze di
contenuto identico emesse il 21 gennaio 2011, ha sollevato, in
riferimento agli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione, questione di
legittimita’ costituzionale della legge della Regione siciliana 24
giugno 1986, n. 31 (Norme per l’applicazione nella Regione siciliana
della legge 27 dicembre 1985, n. 816, concernente aspettative,
permessi e indennita’ degli amministratori locali. Determinazione
delle misure dei compensi per i componenti delle commissioni
provinciali di controllo. Norme in materia di ineleggibilita’ e
incompatibilita’ per i consiglieri comunali, provinciali e di
quartiere), «cosi’ come successivamente modificata ed attualmente
vigente, nel combinato disposto» con la legge della Regione siciliana
26 agosto 1992, n. 7 (Norme per l’elezione con suffragio popolare del
Sindaco. Nuove norme per l’elezione dei consigli comunali, per la
composizione degli organi collegiali dei comuni, per il funzionamento
degli organi provinciali e comunali e per l’introduzione della
preferenza unica), «nella parte in cui non prevede che la carica di
sindaco o di assessore di comuni con popolazione superiore a
ventimila abitanti sia incompatibile con la carica di deputato
dell’Assemblea Regionale».
Il Tribunale esclude che (come viceversa sostenuto dal ricorrente
a sostegno della domanda) possa nella specie trovare applicazione
diretta la sentenza n. 143 del 2010 – con la quale la Corte ha
dichiarato l’incostituzionalita’ della legge regionale 20 marzo 1951,
n. 29 (Elezione dei Deputati all’Assemblea regionale siciliana), come
modificata dalla legge regionale 5 dicembre 2007, n. 22 (Norme in
materia di ineleggibilita’ e di incompatibilita’ dei deputati
regionali), «nella parte in cui non prevede l’incompatibilita’ tra
l’ufficio di deputato regionale e la sopravvenuta carica di sindaco e
assessore di un Comune compreso nel territorio della Regione con
popolazione superiore a ventimila abitanti» – giacche’ tale pronuncia
e’ circoscritta alle situazioni di incompatibilita’ alla carica di
deputato regionale ed il principio di stretta interpretazione che
caratterizza la materia elettorale non consente di equiparare tale
causa di incompatibilita’ alle cause di incompatibilita’ alla carica
di assessore comunale, anche in presenza della medesima fattispecie
sottostante.
Il rimettente afferma, dunque, la rilevanza della questione, in
ragione del fatto che le situazioni di incompatibilita’ de quibus
trovano in Sicilia la loro espressa regolamentazione negli artt. 10 e
11 della censurata legge regionale n. 31 del 1986, nonche’ nell’art.
12 della legge regionale n. 7 del 1992, e che, considerata la
potesta’ esclusiva della Regione in materia di ordinamento degli enti
locali (ex art. 14 dello statuto di autonomia, di cui al regio
decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, recante «Approvazione
delle statuto della Regione siciliana», convertito nella legge
costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2), non sono neppure applicabili
le specifiche previsioni di incompatibilita’ di cui agli artt. 65 e
68 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle
leggi sull’ordinamento degli enti locali).
Nel merito, «alla luce del quadro normativo risultante dalla
sentenza n. 143 del 2010», il giudice a quo deduce, innanzitutto, la
violazione dell’art. 3 Cost., «atteso che, a fronte di cause di
incompatibilita’ che presentano la medesima ratio, sostanziando
ipotesi di potenziale conflitto tra le funzioni di deputato regionale
e l’espletamento di altre cariche elettive […], mentre la
sopravvenuta nomina alla carica di sindaco o di assessore dei comuni
compresi nel territorio della Regione, con popolazione superiore a 20
mila abitanti sostanzia un’ipotesi di incompatibilita’ alla carica di
deputato regionale, tale conseguenza non sussiste per la carica di
sindaco o di assessore comunale che puo’ essere ricoperta alla
stregua della legislazione vigente da chi sia deputato regionale».
Inoltre, il Tribunale – sottolineato che il predetto decreto
legislativo n. 267 del 2000 prevede (agli artt. 65, comma 1, e 68,
comma 2) non solo la incompatibilita’ con l’ufficio di consigliere
regionale dei presidenti ed assessori provinciali e dei sindaci ed
assessori di un comune compreso nel territorio regionale, ma anche
che «le cause di incompatibilita’, sia che esistano al momento della
elezione, sia che sopravvengano ad essa, importano la decadenza dalle
predette cariche» – osserva che la Regione siciliana, pur
nell’esercizio della propria potesta’ legislativa primaria, tuttavia
non puo’ sottrarsi, se non ove ricorrano «condizioni peculiari
locali», all’applicazione dei principi enunciati dalla legge 2 luglio
2004, n. 165 (Disposizioni di attuazione dell’articolo 122, primo
comma, della Costituzione), che siano espressivi dell’esigenza
indefettibile di uniformita’ imposta dagli artt. 3 e 51 Cost., tra i
quali appunto la previsione del parallelismo tra le cause di
incompatibilita’ e le cause di ineleggibilita’ sopravvenute, con
riguardo all’esigenza, indicata dalla legge, di preservare la
liberta’ nell’esercizio della carica di consigliere o comunque i
principi espressi dall’art. 97 Cost. con riguardo all’operato della
pubblica amministrazione. Esisterebbero, infatti «ragioni che ostano
all’unione nella stessa persona delle cariche di sindaco o assessore
comunale e di consigliere regionale e nella necessita’ conseguente
che la legge predisponga cause di incompatibilita’ idonee a evitare
le ripercussioni che da tale unione possano derivare sulla
distinzione degli ambiti politico-amministrativi delle istituzioni
locali e, in ultima istanza, sull’efficienza e sull’imparzialita’
delle funzioni, secondo quella che e’ la ratio delle
incompatibilita’».
2. – Si e’ costituito il cittadino elettore, ricorrente nei
giudizi principali, che ha concluso per la inammissibilita’ o per la
infondatezza della sollevata questione, sostenendo che il Tribunale
adito avrebbe potuto definire il giudizio medesimo senza proporre
l’odierno incidente di costituzionalita’. In particolare, la parte
contesta l’erroneita’ della affermazione del rimettente che – pur
dando atto di essere in presenza alla «medesima fattispecie» gia’
regolata con la citata sentenza n. 143 del 2010 – ha ritenuto che
l’incompatibilita’ tra le due cariche in questione possa rilevare
solo in riferimento alla carica di deputato regionale, con cio’ pero’
ignorando il fondamentale principio di "bilateralita’" nella materia
de qua, che (secondo la Corte: sentenza n. 276 del 1997 e sentenza n.
277 del 2011, richiamata quest’ultima nella memoria di udienza)
«finisce con il tutelare […] non solo la carica per la quale
l’elezione e’ disposta, ma anche la carica il cui esercizio e’
ritenuto incompatibile con la candidatura in questione». Osserva
dunque la parte che il rimettente – nonostante la Corte abbia
ritenuto che il cumulo degli uffici rileva come causa di
incompatibilita’ anche nel caso in cui esso sia sopravvenuto
all’elezione, imponendo di esercitare l’opzione in favore di una
delle due cariche ricoperte (sentenza n. 143 del 2010) – non ha
chiarito come detto principio di bilateralita’ possa contrastare con
quello di stretta interpretazione.
3. – E’ intervenuta la Regione siciliana concludendo, in primo
luogo, per l’inammissibilita’ della questione, in ragione dell’omessa
indicazione dei parametri statutari che sarebbero stati violati,
della carenza di descrizione della fattispecie, della mancata
sperimentazione di una interpretazione costituzionalmente orientata e
della assenza di autonoma motivazione, in ordine alla asserita
violazione degli evocati parametri, apoditticamente richiamata per
relationem agli scritti difensivi della parte. La Regione ne deduce,
inoltre, la ininfluenza ai fini della decisione, poiche’ anche
l’esistenza di condizioni di incompatibilita’ o ineleggibilita’ per
la sopravvenuta nomina di un deputato regionale ad assessore di un
comune siciliano, diverse da quelle delle Regioni a statuto
ordinario, e’ pienamente giustificata dato il potere di legislazione
primaria in materia riservato alla Regione dall’art. 14, lettera o),
dello statuto di autonomia.
Nel merito, la Regione conclude per la non fondatezza della
questione con riguardo a tutti i parametri e in particolare agli
artt. 3 e 51 Cost., giacche’ (come affermato dalla Corte nella
sentenza n. 20 del 1985) «il principio di uguaglianza tra tutti i
cittadini della Repubblica nel godimento dei diritti politici non
soffre lesioni quando la disciplina dell’esercizio di tali diritti
venga adeguata ad un altro principio costituzionalmente rilevante,
quale quello del riconoscimento di una potesta’ legislativa primaria
in materia elettorale alle regioni a statuto speciale».
4. – Ha spiegato atto di intervento un deputato regionale,
successivamente eletto Sindaco di altro comune, e che non e’ parte
nei giudizi , deducendo la propria legittimazione ad intervenire ad
adiuvandum nel presente giudizio incidentale.

Considerato in diritto

1. – Con due ordinanze di identico contenuto, il Tribunale di
Palermo, prima sezione civile, censura la legge della Regione
siciliana 24 giugno 1986, n. 31 (Norme per l’applicazione nella
Regione siciliana della legge 27 dicembre 1985, n. 816, concernente
aspettative, permessi e indennita’ degli amministratori locali.
Determinazione delle misure dei compensi per i componenti delle
commissioni provinciali di controllo. Norme in materia di
ineleggibilita’ e incompatibilita’ per i consiglieri comunali,
provinciali e di quartiere), «cosi’ come successivamente modificata
ed attualmente vigente, nel combinato disposto» con la legge della
Regione siciliana 26 agosto 1992, n. 7 (Norme per l’elezione con
suffragio popolare del Sindaco. Nuove norme per l’elezione dei
consigli comunali, per la composizione degli organi collegiali dei
comuni, per il funzionamento degli organi provinciali e comunali e
per l’introduzione della preferenza unica), «nella parte in cui non
prevede che la carica di sindaco o di assessore di comuni con
popolazione superiore a ventimila abitanti sia incompatibile con la
carica di deputato dell’Assemblea Regionale».
Sul presupposto della esclusione della possibilita’ di
applicazione alla fattispecie della sentenza n. 143 del 2010, con la
quale questa Corte ha dichiarato l’incostituzionalita’ della legge
regionale 20 marzo 1951, n. 29 (Elezione dei Deputati all’Assemblea
regionale siciliana), come modificata dalla legge regionale 5
dicembre 2007, n. 22 (Norme in materia di ineleggibilita’ e di
incompatibilita’ dei deputati regionali), «nella parte in cui non
prevede l’incompatibilita’ tra l’ufficio di deputato regionale e la
sopravvenuta carica di sindaco e assessore di un Comune compreso nel
territorio della Regione con popolazione superiore a ventimila
abitanti», il Tribunale denuncia la violazione degli articoli 3, 51 e
97 della Costituzione poiche’, da un lato – a fronte di cause di
incompatibilita’ che presentano la medesima ratio, sostanziando
ipotesi di potenziale conflitto tra le funzioni di deputato regionale
e l’espletamento di altre cariche elettive -, mentre la sopravvenuta
nomina alla carica di sindaco o di assessore dei comuni compresi nel
territorio della Regione, con popolazione superiore a 20 mila
abitanti sostanzia un’ipotesi di incompatibilita’ alla carica di
deputato regionale, tale conseguenza non sussiste per la carica di
sindaco o di assessore comunale che puo’ essere ricoperta alla
stregua della legislazione vigente da chi sia deputato regionale. E
perche’, dall’altro lato, la Regione siciliana, pur nell’esercizio
della propria potesta’ legislativa primaria, tuttavia non puo’
sottrarsi, se non ove ricorrano «condizioni peculiari locali»,
all’applicazione dei principi enunciati dalla legge 2 luglio 2004, n.
165 (Disposizioni di attuazione dell’articolo 122, primo comma, della
Costituzione), che sono espressivi dell’esigenza indefettibile di
uniformita’ imposta dagli artt. 3 e 51 Cost., tra i quali appunto la
previsione del parallelismo tra le cause di incompatibilita’ e le
cause di ineleggibilita’ sopravvenute, con riguardo all’esigenza,
indicata dalla legge, di preservare la liberta’ nell’esercizio della
carica di consigliere o comunque i principi espressi dall’art. 97
Cost. con riguardo all’operato della pubblica amministrazione.
2. – In ragione dell’identita’ delle questioni sollevate, va
disposta la riunione dei giudizi, ai fini di un’unica trattazione e
di un’unica pronuncia.
3. – Preliminarmente – quanto all’intervento volontario in
ausilio delle ragioni dei convenuti nei due giudizi principali (i
quali, peraltro, non si sono costituiti negli odierni giudizi di
costituzionalita’), spiegato da altro deputato regionale, la cui
posizione non e’ coinvolta nei giudizi a quibus – si rileva che, per
costante giurisprudenza di questa Corte, sono ammessi ad intervenire
nel giudizio incidentale di legittimita’ costituzionale oltre al
Presidente del Consiglio dei ministri e, nel caso di legge regionale,
al Presidente della Giunta regionale, le sole parti del giudizio
principale, mentre l’intervento di soggetti estranei a questo e’
ammissibile unicamente per i terzi titolari di un interesse
qualificato, inerente in modo diretto e immediato al rapporto
sostanziale dedotto in giudizio e non semplicemente regolato, al pari
di ogni altro, dalla norma o dalle norme oggetto di censura (da
ultimo, ordinanza dibattimentale del 10 maggio 2011, allegata alla
sentenza n. 199 del 2011, nonche’ ordinanza dibattimentale del 4
ottobre 2011 allegata alla sentenza n. 304 del 2011). A cio’ si
aggiunga che, dalla stessa prospettazione del terzo, si evince che
l’asserita legittimazione dell’interveniente a partecipare al
giudizio di costituzionalita’ deriverebbe, nella specie,
esclusivamente dal fatto che egli deduce il proprio interesse ad
ottenere un’unica pronuncia «inerente la medesima questione gia’
sollevata dallo stesso Tribunale di Palermo in data 20 dicembre 2010
con specifico riferimento alla questione di diretto interesse
previsto dall’art. 10 sexies, comma 1 bis, L. reg. n. 29 del 1951
introdotto dall’art. 1 L. reg. n. 8 del 2009, il cui atto di
promovimento e’ in corso di adozione da parte» della Corte. Ma
proprio il riferimento a tale questione dimostra, con tutta evidenza,
l’errore in cui e’ incorso l’interveniente, che ha invocato un
interesse relativo alla soluzione di uno scrutinio di
costituzionalita’ riguardante tutt’altre norme di differenti leggi
regionali (e che nel frattempo e’ stato definito da questa Corte con
la sentenza n. 294 del 2011). Resta dunque asseverata, oltre alla
mancanza della qualita’ di parte processuale nei giudizi a quibus,
anche l’inesistenza di un qualche interesse dell’interveniente alla
soluzione del presente incidente di costituzionalita’.
4. – La difesa della Regione siciliana ha eccepito la
inammissibilita’ della sollevata questione: a) per omessa indicazione
dei parametri statutari che sarebbero stati violati; b) per carenza
di descrizione della fattispecie; c) per mancata sperimentazione di
una interpretazione costituzionalmente orientata; d) per assenza di
autonoma motivazione, in ordine alla asserita violazione degli
evocati parametri, apoditticamente richiamata per relationem agli
scritti difensivi della parte.
Tali eccezioni sono tutte non fondate.
4.1. – Quanto a quella sub a), va rilevato che il Tribunale (che,
peraltro, richiama specificamente proprio l’art. 14, lettera o, dello
statuto di autonomia, di cui al regio decreto legislativo 15 maggio
1946, n. 455, recante «Approvazione dello statuto della Regione
siciliana», convertito nella legge costituzionale 26 febbraio 1948,
n. 2) non contesta affatto che la Regione siciliana sia titolare in
materia elettorale di potesta’ legislativa di tipo primario, la quale
deve peraltro svolgersi in armonia con la Costituzione e con i
principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica, nonche’ delle
altre disposizioni dello statuto (cosi’, da ultimo, sentenze n. 294 e
n. 297 del 2011, n. 143 del 2010). L’assetto delle competenze e’,
pertanto, una problematica che non costituisce oggetto del richiesto
scrutinio di legittimita’ costituzionale, giacche’ quello che il
rimettente deduce e’ viceversa il fatto che, nel contesto dello
svolgimento di tale potesta’ legislativa esclusiva, il legislatore
regionale abbia violato i principi fondamentali sanciti dagli evocati
parametri (artt. 3, 51 e 97 Cost.).
4.2. – Quanto alla asserita carenza di descrizione della
fattispecie – ai fini della verifica da parte di questa Corte della
rilevanza della questione rispetto alle due leggi regionali oggetto
di censura – appare sufficiente l’indicazione (contenuta nella parte
espositiva della ordinanza di rimessione) del fatto che le due
identiche domande azionate nei giudizi a quibus riguardino
l’accertamento in capo a due cittadini (gia’ eletti nelle elezioni
regionali del 13 e 14 aprile 2008, e successivamente nominati, con
determinazione sindacale del 29 giugno 2009, assessori del Comune di
Monreale, che ha una popolazione pacificamente superiore ai 20 mila
abitanti) della sussistenza della causa sopravvenuta di
incompatibilita’ tra tale carica e quella di deputato regionale e la
conseguente dichiarazione di decadenza dei medesimi dalla carica di
assessore, nel caso di mancato esercizio dell’opzione entro dieci
giorni dalla notificazione del ricorso.
4.3. – Riguardo alla eccezione sub c), va rilevato che le
argomentazioni svolte dal rimettente (il quale, peraltro, lungi dal
richiamarsi acriticamente alle considerazioni espresse dal
ricorrente, ne contesta la fondatezza con riguardo alla richiesta
espansione, in via meramente interpretativa, anche alle fattispecie
oggetto dei giudizi a quibus degli effetti della declaratoria di
illegittimita’ costituzionale della legge regionale n. 29 del 1951
operata con la sentenza n. 143 del 2010) risultano essere frutto di
una valutazione propria del giudice stesso, il quale – richiamate (e
trascritte) le motivazioni di tale pronuncia ritenute rilevanti per
la soluzione nel merito della sollevata questione – ne condivide
espressamente il contenuto, ponendole a base della richiesta di
pronunciare l’illegittimita’ costituzionale in parte qua anche delle
differenti leggi regionali oggi censurate, in quanto applicabili nei
giudizi a quibus.
4.4. – Riguardo infine alla dedotta mancata sperimentazione di
una interpretazione costituzionalmente orientata delle norme
impugnate, si osserva che il rimettente (con motivazione sintetica ma
formalmente non implausibile) da’ conto della impossibilita’ di
pervenire, in via ermeneutica, alla richiesta di dare diretta
applicazione alla fattispecie del dictum della sentenza n. 143 del
2010, in ragione del fatto che – premesso che le situazioni di
incompatibilita’ de quibus trovano appunto la loro espressa
regolamentazione negli artt. 10 e 11 della legge regionale n. 31 del
1986 e nell’art. 12 della legge regionale n. 7 del 1992, laddove,
considerata la potesta’ esclusiva della Regione in materia di
ordinamento degli enti locali (ex art. 14 dello statuto di
autonomia), non sono neppure applicabili le specifiche previsioni di
incompatibilita’ di cui agli artt. 65 e 68 del decreto legislativo n.
267 del 2000 – «tale pronuncia e’ circoscritta alle situazioni di
incompatibilita’ alla carica di deputato regionale» e che «il
principio di stretta interpretazione che caratterizza la materia
elettorale non consente di equiparare le cause di incompatibilita’
alla carica di deputato regionale alle cause di incompatibilita’ alla
carica di assessore comunale, anche in presenza della medesima
fattispecie sottostante».
5. – Il cittadino elettore costituito ha, da parte sua, dedotto
l’erroneita’ della premessa da cui muove il rimettente, il quale –
pur dando atto della sussistenza della "medesima fattispecie
sottostante" gia’ regolata dalla sentenza n. 143 del 2010 – ha
ritenuto che l’incompatibilita’ tra le due cariche in questione
affermata da tale decisione possa rilevare solo in riferimento alla
carica di deputato regionale, a cagione del fatto che la normativa
incisa da tale pronuncia (ossia la legge regionale n. 29 del 1951)
disciplina le sole ipotesi di ineleggibilita’ ed incompatibilita’ a
detta carica. La parte ritiene viceversa che, in ossequio al
«principio costituzionale di "bilateralita’"» in materia, desumibile
dalla sentenza n. 276 del 1997 (che «finisce con il tutelare,
attraverso il divieto a candidarsi in determinate condizioni, non
solo la carica per la quale l’elezione e’ disposta, ma anche la
carica il cui esercizio e’ ritenuto incompatibile con la candidatura
in questione»), la causa di incompatibilita’ introdotta dalla
sentenza n. 143 del 2010 varrebbe sicuramente a regolare la
fattispecie dedotta nel giudizio a quo.
5.1. – Tale assunto non puo’ essere condiviso. E’ ben vero che,
nel giudizio a quo, la domanda di estensione alla normativa censurata
del dictum di detta pronuncia si fonda sulla sussistenza di una
identica causa di incompatibilita’. Ma la tesi della parte privata
finisce per enfatizzare oltre misura e contro il tenore della
richiamata pronuncia – elevandolo a "principio costituzionale" di
asserita generale diretta applicazione – quello che questa Corte
(nella sentenza n. 276 del 1997) ha viceversa definito piu’
semplicemente come il «naturale carattere bilaterale delle cause di
ineleggibilita’» (e di incompatibilita’); "carattere", dunque, e non
"principio", del quale e’ stato sottolineato il peculiare rilievo
propriamente teleologico, tendente ad assicurare l’effettivita’ della
tutela degli artt. 3 e 51 Cost., allorquando il cumulo tra gli uffici
elettivi sia comunque ritenuto suscettibile di compromettere il
libero ed efficiente espletamento della carica (sentenza n. 277 del
2011).
Nella specie, dunque, la sollevata questione trascende il dato
meramente fattuale, risultando diretta ad accertare non gia’ se debba
essere (ri)affermata l’incompatibilita’ tra l’ufficio di deputato
regionale e la (sopravvenuta) carica di sindaco e assessore di un
comune di grandi dimensioni, ma se (una volta riconosciuta tale nuova
causa di incompatibilita’ attraverso la pronuncia di
incostituzionalita’ diretta a colmare la lacuna presente nel plesso
normativo delle leggi sulle elezioni regionali) la stessa previsione
di incompatibilita’ – ove si presenti rispetto ad una fattispecie
(seppure identica) che il rimettente (mediante motivazione non
implausibile e non contestata) afferma essere regolata dal differente
sistema di leggi regionali sulle elezioni degli enti locali – debba
formalmente essere estesa anche a questo, stante la eadem ratio
derivante (questa si’) dal menzionato naturale carattere bilaterale
della causa di incompatibilita’, attesa la medesima necessita’ di
colmare una identica lacuna, di cui la Corte ha gia’ affermato la
incostituzionalita’ rispetto ad altra legge.
In ragione dunque del costantemente riconosciuto principio di
tassativita’ delle cause di incompatibilita’, le cui norme (al pari
di quelle che disciplinano le cause di ineleggibilita’) sono di
stretta interpretazione introducendo limitazioni al diritto di
elettorato passivo (da ultimo sentenze n. 283 del 2010 e n. 27 del
2009), appare corretta la scelta del rimettente di sollevare il
presente incidente di costituzionalita’, onde ottenere una pronuncia
avente efficacia erga omnes.
6. – La questione e’ fondata.
6.1. – Nella sentenza n. 143 del 2010 – muovendo dalla premessa
che, in materia elettorale, la potesta’ legislativa della Regione
siciliana differisce da quella delle Regioni ordinarie, dal momento
che essa, ai sensi dell’art. 3, primo comma, e dell’art. 9, terzo
comma, dello statuto speciale (sostituiti ad opera dell’art. 1 della
legge costituzionale 31 gennaio 2001, n. 2, recante « Disposizioni
concernenti l’elezione diretta dei presidenti delle regioni a statuto
speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano»), e’
titolare di potesta’ legislativa di tipo primario (che non incontra
limiti eguali a quelli che, ai sensi dell’art. 122 Cost., si
impongono alle Regioni a statuto ordinario), la quale pero’ deve
svolgersi in armonia con la Costituzione e i principi
dell’ordinamento giuridico della Repubblica, nonche’ delle altre
disposizioni dello statuto (da ultimo, anche sentenze n. 294 e n. 277
del 2011) – questa Corte ha ribadito che l’esercizio del potere
legislativo anche da parte delle Regioni a statuto speciale in
ambiti, pur ad esse affidati in via primaria, che concernano la
ineleggibilita’ e la incompatibilita’ alle cariche elettive, incontra
necessariamente il limite del rispetto del principio di eguaglianza
specificamente sancito in materia dall’art. 51 Cost., che svolge il
ruolo di garanzia generale di un diritto politico fondamentale,
riconosciuto ad ogni cittadino con i caratteri dell’inviolabilita’ ex
art. 2 Cost. (anche sentenze n. 25 del 2008, n. 288 del 2007 e n. 539
del 1990); ed ha confermato che, pertanto, la Regione non puo’
sottrarsi, se non laddove ricorrano «condizioni peculiari locali»,
all’applicazione dei principi enunciati dalla legge n. 165 del 2004,
che sono espressivi dell’esigenza indefettibile di uniformita’
imposta dagli artt. 3 e 51 Cost.
In applicazione di siffatti principi – nel dichiarare
l’illegittimita’ costituzionale della legge regionale n. 29 del 1951,
in materia di elezione dei deputati alla Assemblea regionale
siciliana, «nella parte in cui non prevede l’incompatibilita’ tra
l’ufficio di deputato regionale e la sopravvenuta carica di sindaco e
assessore di un Comune, compreso nel territorio della Regione, con
popolazione superiore a ventimila abitanti» – la lacuna normativa di
cui soffriva la legge allora censurata (in assenza di «condizioni
peculiari locali») e’ stata ritenuta conseguentemente non conforme al
vincolo di configurare, a certe condizioni, le ineleggibilita’
sopravvenute come cause di incompatibilita’; vincolo che l’art. 2,
comma 1, lettera c), della legge n. 165 del 2004 stabilisce debba
applicarsi «qualora ricorrano» casi di conflitto fra le funzioni dei
consiglieri regionali «e altre situazioni o cariche, comprese quelle
elettive, suscettibili, anche in relazione a peculiari condizioni
delle Regioni, di compromettere il buon andamento e l’imparzialita’
dell’amministrazione ovvero il libero espletamento della carica
elettiva» (art. 3, comma 1, lettera a, di detta legge). Da cio’ la
necessita’ che il medesimo vincolo (che si sostanzia in un
parallelismo tra cause di ineleggibilita’ e cause di incompatibilita’
verificatesi dopo l’elezione) sia assicurato allorquando (appunto in
assenza di specifiche e comprovabili peculiarita’) si assuma che il
cumulo tra gli uffici elettivi sia suscettibile di compromettere il
libero espletamento della carica o comunque i principi tutelati
dall’art. 97 Cost., dovendosi infatti ritenere che il congiunto
esercizio delle cariche in questione sia in linea di massima da
escludere (anche sentenza n. 201 del 2003).
6.2. – La sussistenza di un’identica situazione di
incompatibilita’ derivante dal cumulo tra la carica di deputato
regionale e quella di (sindaco o) assessore di un comune, compreso
nel territorio della Regione, con popolazione superiore a ventimila
abitanti – in assenza di una peculiare ragione (enucleabile
all’interno delle disposizioni impugnate ovvero nel piu’ ampio
sistema in cui esse operano) idonea ad attribuirne ragionevole
giustificazione – porta (stante l’assoluta identita’ di ratio) alla
declaratoria di illegittimita’ costituzionale della mancata specifica
previsione di tale incompatibilita’ nelle leggi regionali oggi
censurate (relative alle elezioni degli enti locali). D’altro canto,
in considerazione della naturale corrispondenza biunivoca delle cause
di incompatibilita’, che vengono ad incidere necessariamente su
entrambe le cariche coinvolte dalla relativa previsione, anche a
prescindere dal dato temporale dello svolgimento dell’elezione
(sentenza n. 277 del 2011), risulterebbe ancor piu’ marcato il
profilo di irragionevolezza di una residua asimmetria regolatoria
(rispetto ad un insieme normativo non coinvolto dalla declaratoria di
incostituzionalita’, perche’ estraneo a quel thema decidendum).
6.3. – Ne discende che la legge regionale siciliana n. 31 del
1986, in combinato disposto con la legge regionale siciliana n. 7 del
1992, nella parte in cui non prevedono che la carica di sindaco o di
assessore di comuni con popolazione superiore a ventimila abitanti
sia incompatibile con la carica di deputato dell’Assemblea regionale,
vanno dichiarate costituzionalmente illegittime per violazione degli
artt. 3, 51 e 97 Cost.

Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,
dichiara l’illegittimita’ costituzionale della legge della
Regione siciliana 24 giugno 1986, n. 31 (Norme per l’applicazione
nella Regione siciliana della legge 27 dicembre 1985, n. 816,
concernente aspettative, permessi e indennita’ degli amministratori
locali. Determinazione delle misure dei compensi per i componenti
delle commissioni provinciali di controllo. Norme in materia di
ineleggibilita’ e incompatibilita’ per i consiglieri comunali,
provinciali e di quartiere), in combinato disposto con la legge della
Regione siciliana 26 agosto 1992, n. 7 (Norme per l’elezione con
suffragio popolare del Sindaco. Nuove norme per l’elezione dei
consigli comunali, per la composizione degli organi collegiali dei
comuni, per il funzionamento degli organi provinciali e comunali e
per l’introduzione della preferenza unica), nella parte in cui non
prevedono che la carica di sindaco o di assessore di comuni con
popolazione superiore a ventimila abitanti sia incompatibile con la
carica di deputato dell’Assemblea Regionale.
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 marzo 2012.

Il Presidente: Quaranta

Il Redattore: Grossi

Il Cancelliere: Melatti

Depositata in Cancelleria il 23 marzo 2012.

Il Direttore della Cancelleria: Melatti

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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