T.A.R. Lazio Roma Sez. II, Sent., 11-01-2011, n. 116 Edilizia popolare ed economica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

1. – Premettevano i ricorrenti di essere assegnatari dell’appartamento sito in Roma, Via Andrea Doria n. 79 Scala F int. 12, di proprietà dell’Ater.

Soggiungevano che l’Ente proprietario dell’immobile aveva accertato nei loro confronti la titolarità del diritto di proprietà con riferimento ad un immobile sito in Rignano Flaminio "il cui totale rivalutato supera il limite previsto dal reg. Regione Lazio n. 4/08 (ossia Euro 100.000)" (così, testualmente, a pag. 2 del ricorso introduttivo).

Riferivano ancora che veniva loro comunicato l’avvio del procedimento volto a dichiarare la decadenza dall’assegnazione dell’alloggio popolare e che, nonostante le deduzioni orali svolte dal Signor C. che si era recato di persona presso gli Uffici procedenti, comunque l’Amministrazione provvedeva in loro danno ad adottare la determinazione sanzionatoria dichiarativa della decadenza.

I ricorrenti lamentano ora che il provvedimento adottato nei loro confronti appare evidentemente viziato perché contrastante con le disposizioni di legge regolanti il settore dell’assegnazione degli alloggi di edilizia economica e popolare nonché viziato da sviamento di potere e difetto di motivazione. In particolare, sostengono i ricorrenti che l’essere proprietari dell’appartamento sito in Rignano Flaminio non può costituire ragione per dichiarare il venir meno dei presupposti per mantenere la titolarità dell’alloggio di edilizia economica e popolare loro assegnato e sito in Roma alla Via Andrea Doria n. 79, atteso che proseguire ad abitare l’appartamento assegnato rappresenta una reale necessità in particolare per la ricorrente Clorinda Conti, gravemente malata e che deve risiedere nei pressi di un ospedale ed in uno spazio che le garantisce condizioni igieniche adeguate, caratteristiche che non presenta l’appartamento di Rignano Flaminio, lontano da nosocomi ed abitato dal figlio e dalla famiglia di questi.

2. – Si è costituito in giudizio il Comune di Roma che, contestando analiticamente le avverse prospettazioni e confermando il corretto comportamento mantenuto dagli Uffici competenti nel corso della procedura svolta per l’adozione del provvedimento impugnato, ha chiesto la reiezione del ricorso siccome proposto.

Si è costituita altresì l’Ater eccependo preliminarmente il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo adito. In subordine e nel merito l’Azienda resistente ha chiesto la reiezione del ricorso proposto, in quanto deve essere confermata l’ineccepibilità dell’istruttoria svolta e, di conseguenza, l’inevitabilità del provvedimento di decadenza adottato nei confronti dei ricorrenti.

Con ordinanza 16 settembre 2010 n. 4030, questo Tribunale ha accolto l’istanza cautelare proposta dai ricorrenti.

Le parti hanno presentato ulteriori memorie nelle quali hanno confermato le già rassegnate conclusioni. In particolare la difesa del Comune di Roma nelle controdeduzioni ha contestato la fondatezza dell’eccezione preliminare formulata dall’Ater concludendo perché venisse confermata la giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alla domanda proposta dai ricorrenti.

Trattenuta riservata la decisione all’udienza di merito del 24 novembre 2010, la stessa è stata sciolta all’udienza del 17 dicembre 2010.

4. – Preliminarmente il Collegio deve scrutinare l’eccezione sollevata dalla difesa dell’Ater secondo la quale, in materia di rapporti tra l’Ente gestore degli alloggi di edilizia economica e popolare e l’assegnatario di un alloggio, le controversie che hanno ad oggetto i provvedimenti incidenti sul rapporto di locazione dell’immobile – quale è la decadenza dall’assegnazione dell’alloggio, come nella specie – spettano alla cognizione giurisdizionale del giudice ordinario e non, come vorrebbe il ricorrente, del giudice amministrativo.

Sul punto, come è noto, si fronteggiano due differenti impostazioni.

Secondo una prima linea argomentativa, la giurisdizione si radicherebbe in base al tipo di posizione giuridica soggettiva che si viene a costituire in capo all’interessato, di modo che prima dell’assegnazione dell’alloggio popolare essa avrebbe natura di interesse legittimo, con conseguente incardinamento della giurisdizione amministrativa, mentre dopo l’avvenuta assegnazione essa avrebbe natura di diritto soggettivo e perciò, anche in presenza di un provvedimento dell’Amministrazione di revoca o di decadenza dall’assegnazione, la giurisdizione spetterebbe al giudice ordinario (cfr., in argomento, Cass. civ., SS.UU., 12 novembre 2001 n. 14024).

Altra diversa interpretazione assume, per contro che la situazione deve ritenersi mutata per effetto l’entrata in vigore del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 80, e segnatamente dell’art. 33, contenuto dapprima nel predetto decreto e poi trasfuso nell’art. 7 della legge 21 luglio 2000 n. 205 con cui il legislatore ha dettato un nuovo canone di riparto della giurisdizione, basato sull’attribuzione di blocchi omogenei di materie, così abbandonando il previgente criterio fondato sulla differenziazione tra posizioni giuridiche di diritto soggettivo e interesse legittimo, con la conseguenza che tutta la materia dell’assegnazione e gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, in quanto afferente a pubblico servizio, ricade nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (cfr., in argomento, Cons. Stato, Sez. IV, 22 marzo 2007 n. 1382 e 11 settembre 2001 n. 4725).

E ciò anche dopo la declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 33 del decreto legislativo n. 80 del 1998 ad opera della sentenza della Corte Costituzionale 6 luglio 2004 n. 204, che, come risaputo, ha dichiarato illegittima la norma anzidetta nella parte in cui prevedeva che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo "tutte le controversie in materia di pubblici servizi, ivi compresi quelli" anziché "le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi,… ", posto che, in ogni caso, l’Amministrazione esercita nella fattispecie un potere pubblico. Invero, nel circoscrivere i nuovi limiti dell’ambito cognitorio del giudice amministrativo la Corte, pur escludendo che vi siano ricomprese tutte le controversie in materia di pubblici servizi, ha chiaramente ribadito che il discrimine tra le giurisdizioni ordinaria ed amministrativa è la circostanza che la Pubblica amministrazione, esercitando i suoi poteri, agisce come Autorità nei confronti della quale è accordata tutela al cittadino davanti al giudice amministrativo.

Ne discende che l’intera materia, indipendentemente dalla posizione soggettiva dedotta in relazione alla fase procedimentale e alla tipologia di provvedimento adottato, è attratta nella giurisdizione del giudice amministrativo (cfr., di recente, T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, 6 maggio 2009 n. 417, ma in senso apertamente contrario si vedano Cass. civ., SS.UU., 16 gennaio 2007 n. 8649 e T.A.R. Lazio, Sez. III, 12 settembre 2009 n. 8649).

5. – L’orientamento incline a ritenere sussistente la cognizione giurisdizionale del giudice amministrativo, anche dopo la conclusione della procedura per l’assegnazione dell’alloggio di edilizia popolare ed economica a colui che era stato individuato quale avente diritto, in ordine alle controversie aventi ad oggetto fatti successivi alla conclusione della fase puramente amministrativa di individuazione, per selezione, dell’assegnatario dell’alloggio, considera gli immobili adibiti ad edilizia residenziale pubblica come serventi all’espletamento di un pubblico servizio, mirando ad assegnare un alloggio a coloro che, per le loro condizioni reddituali meno favorevoli, non sono in grado di accedere alla fruizione dell’abitazione a condizioni di mercato (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 17 giugno 2003 n. 3447), di talché troverebbe applicazione la norma che attribuisce la giurisdizione esclusiva al giudice amministrativo in materia di concessioni di beni e servizi (a suo tempo radicata nell’art. 5, comma 1, della legge 6 dicembre 1971 n. 1034), esercitando l’Amministrazione comunque poteri autoritativi che attengono alla corretta gestione del patrimonio pubblico.

Al contrario, l’orientamento incline a ritenere che in materia debba essere riconosciuta la competenza giurisdizionale al giudice ordinario (peraltro ribadito di recente dal Consiglio di Stato, Sez. V, con la decisione 11 agosto 2010 n. 5617) afferma che per le controversie in materia di alloggi di edilizia economica e popolare, il riparto della giurisdizione – a parte la speciale ipotesi di opposizione davanti al pretore prevista dall’art. 11, comma 13, del DPR 30 settembre 1972 n. 1035 con esclusivo riguardo al provvedimento di decadenza dall’assegnazione per mancata occupazione dell’alloggio nel termine prescritto – è regolato dal consueto criterio della posizione soggettiva riconoscibile in capo al privato, dovendosi attribuirla al giudice amministrativo allorquando tale posizione sia di interesse legittimo, perché attinente alla fase del procedimento amministrativo strumentale all’assegnazione, caratterizzato da poteri pubblicistici e al giudice ordinario allorquando sia di diritto soggettivo perfetto, in quanto attinente al rapporto locativo costituitosi in seguito a detta assegnazione (cfr. Cass. SS.UU. 23 febbraio 2001 n. 65). Pertanto, nel complessivo procedimento per l’assegnazione degli alloggi in questione, va distinta, una prima fase, di natura pubblicistica, caratterizzata dall’esercizio di poteri amministrativi finalizzati al perseguimento di interessi pubblici e, correlativamente, da posizioni di interesse legittimo dell’assegnatario, da quella successiva, di natura privatistica, nella quale, poiché la regolamentazione dei rapporti tra ente assegnante ed assegnatario assume una diretta rilevanza, la posizione soggettiva del privato assume il carattere di diritto soggettivo

Ne consegue – conferma ancora l’orientamento incline a riconoscere la giurisdizione dell’A.G.O. nel rapporto tra Ente gestore ed assegnatario dopo l’intervenuta assegnazione – che le controversie attinenti a pretesi vizi di legittimità dei provvedimenti emessi nella prima fase del rapporto appartengono alla giurisdizione del giudice amministrativo, mentre appartengono all’Autorità giudiziaria ordinaria quelle introdotte dopo l’assegnazione, nelle quali si contesti il potere dell’Ente assegnante di pronunciare l’estinzione del già sorto diritto soggettivo dell’assegnatario al godimento dell’alloggio (cfr. Cass., SS.UU., 2 giugno 1997 n. 4908 e Cons. Stato, Sez. IV, 31 marzo 2009 n. 2001). Peraltro e recentemente (per come richiamato dalla Quinta sezione del Consiglio di Stato nella recente decisione n. 5617 del 2010 della quale si stanno qui riproponendo i passaggi salienti) le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, in argomento strettamente attinente alla questione oggetto del contenzioso posto all’odierna attenzione del Collegio, con riferimento al caso della sopravvenuta decadenza dall’assegnazione di alloggio pubblico per requisiti fiscali e reddituali hanno stabilito che la relativa controversia rientra nella giurisdizione del Giudice ordinario (cfr. Cass., SS.UU. 10 maggio 2006 n. 10708 e 16 gennaio 2007 n. 758) in quanto la posizione dell’assegnatario dell’alloggio rispetto ad un provvedimento di revoca dell’assegnazione per il superamento di limiti reddituali è di diritto soggettivo, riguardando tale provvedimento un momento della fase dello svolgimento del rapporto nel quale la pubblica amministrazione non è chiamata ad effettuare valutazioni di carattere discrezionale, bensì solo a verificare la ricorrenza di un causa sopravvenuta di decadenza dall’assegnazione sulla base della relativa normativa di settore.

In conclusione tale orientamento si fonda sulla considerazione che la giurisdizione del Giudice amministrativo non è configurabile per il venir meno di requisiti nella fase successiva al provvedimento di assegnazione giacché in detta fase vengono in rilievo posizioni paritetiche regolate dal complesso dei diritti e degli obblighi discendenti dallo speciale rapporto locativo in atto

6. – Pur tenuto conto delle motivate considerazioni espresse dagli orientamenti sopra riprodotti, il Collegio ritiene che sia più aderente ai criteri di riparto della giurisdizione che promanano dalla interpretazione dei principi costituzionali per come scolpiti nelle decisioni 6 luglio 2004 n. 204 e 11 maggio 2006 n. 191 ritenere sussistente la giurisdizione del giudice amministrativo non solo nella fase di individuazione del futuro assegnatario ma anche nella fase successiva relativa ai rapporti tra l’assegnatario e l’Ente gestore.

Quest’ultimo infatti, seppure spesso nel concreto trattasi di un soggetto privato al quale – attraverso la previsione legislativa – è attribuito il potere di incidere sul rapporto che discende dall’assegnazione dell’alloggio in sostituzione dell’Amministrazione proprietaria dell’immobile (di regola il Comune), esercita pur sempre poteri autoritativi nei confronti dell’assegnatario, specialmente nell’ipotesi in cui questi non sia più nelle stesse condizioni che gli avevano consentito di vedersi assegnato l’alloggio.

Ciò in quanto:

A) se l’adozione degli atti repressivosanzionatori da parte dell’Ente gestore non fosse connotata dall’esercizio di un vero e proprio potere autoritativo, per la loro esecuzione sarebbe necessario richiedere l’intervento del giudice ordinario attraverso gli ordinari strumenti che normalmente vengono applicati in occasione del recupero dell’immobile da parte del proprietario nei confronti del locatore che debba restituirlo (ad esempio per fine locazione o per morosità);

B) l’adozione dei ridetti atti repressivosanzionatori da parte dell’Ente gestore incidono necessariamente sul provvedimento conclusivo della procedura selettiva che ha dato luogo all’assegnazione dell’alloggio, comportandosi quali atti di autotutela rispetto alla graduatoria degli assegnatari, rispetto alla quale non vi è dubbio che sussista la giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alle relative controversie.

7. – Peraltro la stessa Quinta sezione del Consiglio di Stato aveva già fatto propria la tesi della sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo con riferimento ai provvedimenti che incidono sul rapporto tra Ente gestore ed assegnatario.

Con la decisione 14 gennaio 2009 n. 109, in particolare, la Quinta sezione del Consiglio di Stato:

A) ha rammentato che le maggiori incertezze in ordine all’individuazione della giurisdizione in materia di edilizia residenziale pubblica si sono registrate con riferimento alle controversie concernenti le cause di cessazione del rapporto derivanti dall’assegnazione dei relativi alloggi sulla scorta del menzionato d.P.R. n. 1035 del 1972, in particolare quelle concernenti l’annullamento della assegnazione (art. 16), la revoca (art. 17), il rilascio nei casi di occupazione sine titulo (art. 18), mentre minori problemi si sono posti per l’ipotesi di decadenza per mancata tempestiva occupazione dell’alloggio stante la previsione espressa (ancorché asistematica) della giurisdizione del giudice ordinario (art. 11, co. 13);

B) ha ricordato poi che parte della giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che le controversie inerenti le cause sopravvenute di estinzione e risoluzione, direttamente afferenti il rapporto locatizio in corso di svolgimento debbano essere devolute alla giurisdizione del giudice ordinario, riconoscendosi la giurisdizione amministrativa solo in relazione alla prima fase del procedimento di assegnazione caratterizzata dall’esercizio di poteri pubblicistici (cfr., ex plurimis, Cass., SS.UU., 3 novembre 1993 n. 4607).

Orbene, sostiene il Consiglio di Stato nella decisione sopra richiamata che non sempre l’intervento dell’Autorità amministrativa, successivo alla costituzione del rapporto di assegnazione, è espressione di poteri contrattuali.

Nella vigenza dell’art. 5 della legge n. 1034 del 1971, per ovviare alle indubbie difficoltà esegetiche, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la decisione 5 agosto 1995 n. 28 ha valorizzato le espressioni contenute nel comma 1 della citata disposizione secondo cui "sono devoluti alla competenza dei tribunali amministrativi regionali i ricorsi contro atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici". Sotto tale angolazione è costante l’affermazione secondo cui l’attribuzione a privati dell’uso di beni pubblici, a prescindere dalla terminologia adottata nei provvedimenti e nelle convenzioni accessive ed ancorché presenti elementi privatistici, è sempre riconducibile all’istituto concessorio il che giustifica l’applicazione dell’art. 5 cit. (cfr., in tal senso anche l’orientamento del giudice ordinario espresso nella sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione 9 maggio 2002 n. 6687).

In quest’ottica si è in seguito specificato che le controversie in questione, anche quando coinvolgono diritti soggettivi, sono attratte alla giurisdizione esclusiva perché si riscontrano profili di carattere pubblicistico connessi alla regolarità del procedimento autoritativo di autotutela ed alla verifica della sussistenza o meno, in capo all’assegnatario, dei requisiti prescritti dalla legge ai fini dell’instaurazione e del mantenimento del predetto rapporto concessorio (cfr., in termini generali, Cons. Stato, Sez. V, 28 dicembre 2006 n. 8059 e 30 agosto 2006 n. 5073).

E’ vero che un limite fisiologico all’espansione della giurisdizione esclusiva è individuato nella natura non autoritativa del potere esercitato dall’Amministrazione (o dall’Ente gestore cui è affidato tale compito), collegato alla ordinaria capacità negoziale di gestione del rapporto locatizio (cfr. Cass., SS.UU. n. 757 del 2007 e n. 13527 del 2006 dove si è affermata la giurisdizione del giudice ordinario per la controversia avente ad oggetto la legittimità o meno della pretesa del figlio dell’assegnatario, che prospetti di avere i requisiti di legge, per il subingresso nel rapporto, di subentrare al genitore deceduto nell’assegnazione dell’alloggio).

La linea di discrimine fra le giurisdizioni, pertanto, non corre lungo la linea della alternativa fra natura vincolata o discrezionale del potere esercitato dall’Amministrazione, ma sull’accertamento in concreto se tale potere sia espressione di funzione pubblica ovvero contrattuale.

Tali conclusioni, come si è detto più sopra, non appaiono scalfite neppure dopo le sentenze della Corte costituzionale n. 191 del 2006 e n. 204 del 2004.

Sul punto va evidenziato che l’esigenza posta in luce dal giudice delle leggi di interpretare in modo rigoroso le disposizioni normative che introducono casi tassativi di giurisdizione esclusiva, in quanto derogatori della naturale giurisdizione del giudice civile in materia di diritti soggettivi, non è posta in discussione allorquando, come nel caso di specie, l’oggetto del giudizio sia costituito in via immediata e diretta da un provvedimento amministrativo espressivo di funzione pubblica cui accedono in posizione ancillare eventuali diritti soggettivi (cfr. Cons. Stato, Sez. V, n. 5073 del 2006).

8. – Il Collegio, in conclusione, tenendo conto di entrambi gli orientamenti sopra delineati ed indipendentemente dal richiamo alle disposizioni che attribuiscono alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in materia di concessioni di beni (attualmente l’art. 133, comma 1, lett. b), c.p.a.) ovvero di pubblici servizi (attualmente l’art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a.), ritiene che i provvedimenti adottati dall’Amministrazione proprietaria o dall’Ente gestore del rapporto con l’assegnatario di un alloggio di edilizia economica e popolare debbono ricondursi nell’alveo dei provvedimenti autoritativi (categoria che, come noto, ricomprende gli atti che sono frutto sia dell’esercizio di poteri discrezionali che dell’esercizio di poteri vincolati) espressivi dell’esercizio di poteri rispetto ai quali, per un verso la posizione soggettiva del destinatario si compendia nell’interesse legittimo e, per altro verso, lo scrutinio giurisdizionale delle controversie è rimesso alla cognizione del giudice amministrativo e ciò fin dalla fondamentale decisione n. 1657 assunta dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nel risalente e mai più sconfessato arresto del 4 luglio 1949.

D’altronde l’azione proposta dai ricorrenti, impugnando la determinazione dirigenziale n. 219 dell’11 maggio 2010 adottata dal Comune di Roma, si caratterizza per i seguenti aspetti:

a) essa è volta a denunciare l’illegittimità del provvedimento di decadenza per vizi attinenti alla fase procedimentale di rilievo pubblicistico, invocando il controllo sull’esercizio del potere autoritativo della Pubblica amministrazione;

b) per quanto concerne i soggetti intervenuti nel corso del procedimento, dapprima l’Ater in fase istruttoria e quindi il Comune in fase di adozione del provvedimento impugnato, hanno dovuto necessariamente tenere conto delle regole generali contenute nella legge 7 agosto 1990 n. 241 che disciplinano (per l’appunto) l’esercizio dei poteri autoritativi attribuiti da una fonte primaria al soggetto procedente, tanto che nelle premesse del provvedimento comunale impugnato si prende atto della mancata presenza di controdeduzioni da parte degli interessati dopo che costoro erano stati raggiunti dalla comunicazione di avvio del procedimento;

c) il potere esercitato dall’Amministrazione, per come le difese degli Enti intimati hanno ricordato, è sicuramente vincolato, ma va avvertito che il suo esercizio si pone evidentemente a tutela dell’interesse pubblico, che è quello degli altri potenziali assegnatari a subentrare nel diritto ad abitare l’immobile in luogo di chi (asseritamente) non ha più titolo per mantenere la posizione di assegnatario; il che appare evidente che non consente di configurare una posizione di diritto soggettivo in capo al privato;

c) non ricorre, nella specie, l’ipotesi sancita dall’art. 11, comma 13, del d.P.R. n. 1035 del 1972 che configura la giurisdizione del giudice civile solo per le controversie aventi ad oggetto la decadenza dall’assegnazione per il caso di mancata stabile occupazione dell’alloggio entro i termini perentori previsti dai commi 9 e 10 del medesimo art. 11 (cfr., su tale aspetto, Cons. Stato, Sez. VI, 8 maggio 2008 n. 2116 e Sez. IV, 13 marzo 2008 n. 1099).

Per tutto quanto sopra considerato il Collegio respinge l’eccezione preliminarmente sollevata dalla difesa dell’Ater e conferma la giurisdizione del giudice amministrativo in materia di controversie aventi ad oggetto i provvedimenti incidenti sui rapporti tra l’Ente proprietario o gestore di alloggi di edilizia economica e popolare e l’assegnatario, fatta eccezione per la peculiare ipotesi – che non ricorre nella specie – di cui all’art. 11, comma 13, del d.P.R. n. 1035 del 1972.

9. – Passando ad esaminare nel merito (e non tenendo conto della documentazione tardivamente depositata dalle parti rispetto all’udienza del 24 novembre 2010) la controversia emerge che l’Ente gestore prima, nel corso dell’istruttoria ed il Comune poi, con il provvedimento principalmente impugnato, contestano ai ricorrenti di essere proprietari di beni per un valore complessivo superiore a centomila euro (in particolare a causa della proprietà di un immobile sito in Rignano Flaminio), valore dunque che supera la barriera limite prevista dall’art. 11, comma 1, lett. c) della legge della Regione Lazio 6 agosto 1999 n. 12 e fissata dal regolamento regionale di attuazione 20 settembre 2000 n. 2 all’art. 21, comma 2, così come modificato dall’art. 1 del regolamento regionale n. 4 del 23 aprile 2008.

Come è noto, in via generale, fra i requisiti che devono essere posseduti dal richiedente e da tutti i componenti del nucleo familiare, sia per l’assegnazione che per la permanenza del rapporto di locazione di un alloggio di edilizia popolare, è ricompresa la non titolarità di diritti di proprietà su uno o più alloggi o locali ad uso abitativo, sfitti o concessi a terzi e ubicati in qualsiasi località, il cui valore catastale complessivo sia uguale o superiore al valore catastale di un alloggio adeguato alla composizione del nucleo familiare dell’istante o assegnatario, con la conseguenza che è legittimo il provvedimento che dichiara la decadenza dall’assegnazione nei confronti dell’occupante che disponga di altro alloggio di proprietà idoneo (cfr., da ultimo, Cons. Stato, Sez. V, 5 febbraio 2009 n. 637).

E’ sicuramente vero quanto viene sostenuto dagli Uffici comunali competenti, nella documentazione intercorsa con l’Avvocatura comunale e da questa depositata in giudizio, ove si sottolinea che la normativa regionale applicabile alla fattispecie "non prevede, ove il valore delle proprietà immobiliari sia superiore al limite consentito, la valutazione da parte dell’ente gestore dell’adeguatezza alle esigenze del nucleo familiare dell’alloggio la cui proprietà viene contestata né la considerazione di circostanze quali le condizioni di salute dei destinatari del provvedimento di decadenza" (così, testualmente la nota del Dipartimento del patrimonio e della casa dell’1 settembre 2010), ma è altrettanto indubitabile che la previsione che comporta la decadenza dell’assegnatario per effetto della proprietà di beni di valore superiore alla soglia prevista dalla normativa regionale settore (nella specie centomila euro) ha ragione di esistere, onde evitare che soggetti non aventi diritto utilizzino indebitamente alloggi destinati a soggetti (con le loro famiglie) economicamente deboli o, peggio ancora, speculino sull’indebita assegnazione dell’alloggio sottraendolo a chi ne abbia realmente necessità nonché sia nelle condizioni legali per ottenerlo, sempre che il bene la cui proprietà viene contestata ai fini della dichiarazione di decadenza sia effettivamente uno strumento alternativo all’abitazione rispetto all’alloggio assegnato ovvero sia economicamente sfruttato dal proprietario (in questo caso dai proprietari).

Nel caso di specie, al contrario, come si è già avuto modo di anticipare nella decisione della fase cautelare del presente giudizio, le peculiari e precarie condizioni di salute della Signora Clorinda Conti, la circostanza che la proprietà di Rignano sia effettivamente abitata dal figlio dei ricorrenti con la propria famiglia e la (nota) lontananza del luogo ove è sita la proprietà rispetto a nosocomi idonei a poter assistere la ricorrente (le cui condizioni di salute sono state ampiamente documentate in giudizio, con particolare riguardo all’importanza delle patologie riferite), costituiscono elementi tutti che finiscono con l’anestetizzare nei fatti la portata applicativa della disposizione della normativa che il Comune, all’esito dell’istruttoria svolta dall’Ater, ha inteso porre in essere con l’adozione del provvedimento di decadenza qui impugnato.

10. – In ragione delle suesposte considerazioni, il Collegio ritiene fondate le censure dedotte dai ricorrenti ed in accoglimento del gravame proposto annulla il provvedimento di decadenza impugnato.

Nello stesso tempo, tenuto conto della peculiarità della fattispecie che ha costituito l’oggetto dello scrutinio giurisdizionale che ha condotto all’annullamento dell’atto impugnato, il Collegio stima che sussistano i presupposti per disporre, ai sensi dell’art. 92 c.p.c. novellato, l’integrale compensazione delle spese di giudizio tra le parti costituite.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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