T.A.R. Sicilia Catania Sez. I, Sent., 11-01-2011, n. 18 Atti amministrativi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Richiamando, per brevità di esposizione, gli articolati prodromi della vicenda descritti nel ricorso e nella comparsa di costituzione del Comune, ci si può limitare in questa sede a precisare che P. srl e M.A. impugnano il provvedimento n. 220 del 7.07.2004, adottato dal Comune di Milazzo, con il quale è stata:

dichiarata decaduta, per mancato rispetto del termine finale di ultimazione dei lavori, l’originaria licenza edilizia n. 1963/1359 rilasciata in data 31 agosto 1968 a favore di M.A. e poi volturata a favore di P. srl, avente ad oggetto la realizzazione di due fabbricati a cinque e sette elevazioni f.t.;

confermato il rigetto delle domande di sanatoria edilizia già pronunciato dal Comune negli anni 1997 e 1998;

preannunciato l’avvio di una verifica tecnica volta all’accertamento di ulteriori irregolarità compiute dal concessionario nell’esercizio dell’attività edificatoria;

Avverso tale determinazione è stato presentato il ricorso in epigrafe, affidato alle seguenti censure:

1.- violazione dell’art. 7 della L. 241/90 e dell’art. 8 della L.R. 10/1991 – violazione dei principi in materia di partecipazione al procedimento amministrativo – eccesso di potere;

2. violazione e falsa applicazione della L. 10/1977 e della L.R. 71/1978 – eccesso di potere – difetto di motivazione ed istruttoria;

3.- eccesso di potere – difetto di istruttoria – travisamento dei fatti e dei presupposti;

4.- eccesso di potere per sviamento.

Si è costituito per resistere l’intimato Comune di Milazzo.

Alla pubblica udienza del 4 novembre 2010 la causa è stata trattenuta per essere decisa.

Motivi della decisione

Il ricorso risulta in parte improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, ed in parte fondato per quanto si chiarirà di seguito.

1. Sotto un primo profilo, deve essere dichiarata la parziale improcedibilità del gravame, per sopravvenuta carenza di interesse processuale, con riguardo alla parte in cui viene censurato il provvedimento di conferma del rigetto delle domande di sanatoria edilizia già respinte in precedenza dal Comune. Per quanto è dato ricavare dagli scritti difensivi, ed anche dal connesso ricorso n. 2667/2009 trattato all’odierna udienza, infatti, la P. srl ha successivamente presentato una nuova istanza di sanatoria edilizia (ai sensi della L. 326/2003) ancora non definita; sicchè risulta aver perso interesse all’annullamento dell’atto di conferma del rigetto di precedenti analoghe istanze presentate in passato.

2. Nel merito, risultano fondate le censure di seguito analizzate e, previo assorbimento delle restanti, il ricorso va accolto.

2.1. Con il primo motivo i ricorrenti deducono la violazione delle regole stabilite dall’art. 7 della L. 241/90 (e dalla corrispondenza normativa regionale vigente in Sicilia) riguardante la garanzia offerta al destinatario del provvedimento amministrativo di partecipare in funzione dialettica al procedimento amministrativo in itinere.

La difesa del Comune, sul punto, non contiene specifiche controdeduzioni.

La censura è fondata, e non viene smentita o efficacemente contrastata dalla osservazioni di parte avversa concernenti la dubbia individuazione del momento temporale in cui può affermarsi con certezza che i lavori in esame sarebbero stati ultimati.

Anzi è utile sottolineare che proprio l’esistenza di dubbie circostanze di fatto riguardanti la esecuzione di lavori edilizi spalmati su un arco temporale piuttosto ampio, e della conseguente produzione di un possibile effetto decadenziale sul titolo edilizio rilasciato, avrebbe viepiù imposto all’amministrazione l’attivazione di quel confronto procedimentale con l’interessato – da realizzare attraverso la "comunicazione di avvio del procedimento" – che rappresenta la regola ordinaria nel procedimento amministrativo (derogata solo in limitate ipotesi eccezionale).

Né può sostenersi che avrebbero potuto trovare qui applicazione le norme derogatorie, previste dalla medesima legislazione, che esentano in determinate circostanze la PA dall’obbligo di preavvisare l’avvio del procedimento. Non risultano, infatti, sussistenti nel caso di specie (in quanto non citati, né tampoco provati):

né le esigenze di "particolare celerità del procedimento" indicate nello stesso art. 7 quale limite all’invio della comunicazione in esame;

né la certezza che "il contenuto dispositivo (del provvedimento) non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato"; circostanza in presenza della quale l’omessa comunicazione di avvio de procedimento perde il rango di vizio invalidante l’atto amministrativo ai sensi di quanto previsto dall’art. 21 octies della L. 241/90. Sotto quest’ultimo profilo, infatti, si deve sottolineare che anche l’attivazione di poteri pubblici vincolati (quale potrebbe essere, in astratto, la declaratoria di decadenza della concessione edilizia) postula, a monte, l’acquisizione certa dei presupposti di fatto che legittimano l’esercizio del potere stesso, e che invece nel caso a mani sono oggetto di contestazione già in punto di fatto.

2.2. Col secondo motivo si denuncia l’errata applicazione della normativa di settore ai fini della determinazione del lasso temporale necessario per la declaratoria di decadenza della licenza edilizia del 1968. A tal fine i ricorrenti premettono che il provvedimento impugnato prende le mosse da una relazione di stima del patrimonio sociale della P. srl nella quale si attesta che alla data del 15 aprile 1980 i lavori edili risultavano ancora in corso, e da qui deduce la violazione del termine triennale previsto ex lege per il completamento dei lavori.

In relazione a tale circostanza i ricorrenti obbiettano: a) che la licenza edilizia fu rilasciata nel 1968, epoca in cui non esisteva ancora alcun limite normativo di carattere temporale per l’efficacia e validità dei titoli edilizi; b) che il termine per l’ultimazione dei lavori fu introdotto solo successivamente con l’art. 4, co. 4, della L. 10/1977; c) che tale principio fu recepito nell’ordinamento regionale con la L.R. 71/1978 (art. 36), di molto successiva al rilascio del titolo oggetto di contenzioso; d) che la stessa L. 10/1977 ha introdotto – con l’art. 18 – un regime differenziato per il completamento dei lavori assentiti in forza di titoli rilasciati precedentemente, fissando il termine di quattro anni dall’entrata in vigore della legge stessa, e che tale termine fu poi oggetto di svariate proroghe legislative che lo hanno spostato fino alla data del 31.12.1985; e) che, conseguentemente, alla data del 15 aprile 1980 individuata nel provvedimento impugnato, il termine di decadenza non era ancora decorso.

Sulla questione la difesa del Comune controdeduce sostenendo che l’ultimazione dei lavori coincide giuridicamente con la certificata "abitabilità" dell’edificio, e quest’ultima non sarebbe mai stata rilasciata; anzi, le dichiarazioni sostitutive prodotte in più occasioni dalla ditta concessionaria individuerebbero diversi e non coincidenti momenti di asserita ultimazione dei lavori. In più, la licenza edilizia del 1968, i cui lavori non erano stati ancora ultimati nel 1971, è divenuta contrastante col P.d.F. adottato dal Comune di Milazzo nel 1971, con conseguente automatica decadenza ex lege.

Il Collegio ritiene che l’ultima argomentazione prospettata dalla difesa dell’ente convenuto – relativa alla sopravvenuta incompatibilità con lo strumento urbanistico – sia irrilevante ai fini del decidere, trattandosi di motivazione ulteriore, introdotta per la prima volta in sede processuale, ma non contemplata nel provvedimento impugnato ("Nell’ambito del giudizio amministrativo, sono inammissibili le integrazioni motivazionali all’atto impugnato effettuate dalla difesa attraverso memorie difensive, che non costituiscono espressione di attività amministrativa." Tar Sardegna 1443/2009; Tar Liguria, 251/2009).

In relazione al thema decidendum, costituito dall’asserita decadenza del titolo edilizio per decorrenza del relativo termine, il Collegio reputa fondate le argomentazioni sopra riportate dai ricorrenti, relative alla inapplicabilità del termine decadenziale triennale per le licenze edilizie ante 1977, e ciò in applicazione della regola tempus regit actum e del principio di irretroattività della legge. In più, e con valenza assorbente, appare anche sussistente il denunciato difetto di attività istruttoria, dal momento che il Comune cita nel provvedimento impugnato dubbi e perplessità relative alla data di ultimazione dei lavori oggetto di causa, non riuscendo a collocarla esattamente nel tempo: ebbene, tale indicazione ambigua, da una parte, non può fondare la declaratoria di decadenza della licenza, proprio per mancanza di un referente temporale certo; dal’altra parte, sembra voler invertire la corretta metodologia dell’agire amministrativo, ribaltando sulla parte ricorrente l’onere di provare che i lavori siano stati completati prima della scadenza del termine decadenziale. Tale modus procedendi non appare ammissibile, in quanto si traduce nella applicazione automatica e presuntiva (salvo prova contraria) dell’istituto della decadenza previsto dall’art. 4 della L. 10/77.

Sulla base di quanto fin qui esposto, ed assorbite le ulteriori censure, il ricorso va accolto; salva restando la facoltà per l’amministrazione di adottare ulteriori atti nel rispetto delle garanzie partecipative e sulla scorta di dati storici certi acquisiti con istruttorie compiute.

Le spese processuali possono essere compensate in ragione della speciale complessità della vicenda sul piano fattuale.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara in parte improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, per la restante parte lo accoglie, annullando per l’effetto il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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