T.A.R. Sicilia Catania Sez. I, Sent., 11-01-2011, n. 7 Giustizia amministrativa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

I Con atto del 20 aprile 2006, rogato dalla ricorrente, l’A.N.F.M.E.I.D.G. ha alienato alla società " F. " s.r.l. un immobile dichiarato, con decreto dell’Assessore regionale ai BB. CC. AA. del 16 maggio 1995 n. 1979, di particolare interesse storicoartistico, ai sensi della Legge 1089/1939 e successive modificazioni ed integrazioni.

Con istanza del 24.6.2003, la predetta Associazione aveva richiesto alla Soprintendenza resistente l’autorizzazione alla vendita, anche perché non in grado di sostenere gli ingenti costi di manutenzione.

La chiesta autorizzazione, unitamente al contestuale programma di interventi con mutamento della destinazione d’uso, veniva rilasciata con provvedimento del 31.3.2006, prot. n. 5731/03.

Il trasferimento del 20.4.2006 sopra indicato veniva sottoposto alla condizione sospensiva che nessuno degli Enti, aventi per legge diritto a prelazione ai sensi del D.Lgs. n.42 del 22 gennaio 2004, esercitasse nei termini di legge tale diritto.

L’Associazione alienante e la società acquirente, in data 21 aprile 2006, nel rispetto dei termini e di quanto previsto all’art. 59 del citato decreto, notificavano alla Soprintendenza dei Beni Culturali ed Ambientali di Catania il relativo atto di denuncia.

Nei termini indicati nel D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, nessuno degli Enti abilitati dalla legge all’esercizio del diritto di prelazione esercitava tale diritto.

In particolare, la Soprintendenza ai BB.CC. di Catania, la Regione SicilianaAssessorato dei Beni Culturali ed Ambientali e della Pubblica Istruzione e il Ministero per i Beni e le Attività Culturali Dipartimento per i Beni Archivistici e Librari rinunziavano esplicitamente all’esercizio del diritto di prelazione.

In conseguenza di quanto da ultimo esposto, il giorno 4 agosto 2006, con atto annotato al n. 22084 del Rep. e al n.11.048 della Racc., la ricorrente, nella sua qualità di notaio, rogava l’atto di "avveramento della condizione sospensiva" apposta al rogito del 20 aprile 2006, quindi, la parte venditrice (A.) trasferiva alla società acquirente il possesso materiale dell’immobile sopra descritto.

Successivamente, la Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Catania richiedeva all’Assessorato alla cultura di Catania di accertare la natura del terreno sul quale insiste l’immobile oggetto della controversia.

L’Amministrazione interpellata, con nota prot. 11 giugno 2009, n. 1008, affermava che "la Casa del Mutilato è stata realizzata su terreno donato dal Comune di Catania, con vincolo finalizzato alla costruzione della Casa del Mutilato".

Di seguito a detto accertamento, la Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Catania, con nota del 6 ottobre 2009 prot. 2997/Area, annullava, in autotutela, la nota prot. 31 marzo 2006 n. 5731/03, con la quale era stata rilasciata l’autorizzazione sopra indicata.

Il supporto motivazionale su cui si fonda l’atto di "ripensamento" è scandito dai seguenti passaggi:

a) la costruzione in esame, secondo quanto sostenuto nel vincolo di destinazione contenuto nell’atto di donazione effettuato dal Comune di Catania nel 1931, deve rimanere adibita a Casa del Mutilato;

b) il contratto rogato in data 20.4.2006, pervenuto tardivamente l’1 aprile 2009 ad essa Soprintendenza, pur citando la provenienza, non registra e disattende il vincolo di destinazione d’uso in essa esplicitato;

c) la non necessità di alcuna motivazione in ordine all’annullamento di un precedente parere positivo, se non la rappresentazione del vizio che avrebbe determinato l’illegittimo esercizio dello ius aedificandi;

d) la possibilità di eccezione, da parte del Comune di Catania, donante, degli artt. 1421 e 1422 cod. civ., di nullità dell’atto di cessione gratuita e/o di quello di compravendita, "in ragione del mancato rispetto della condizione cui il primo è subordinato e non essendo più il secondo assistito dal previo nulla osta di cui all’art. 56, c. 1 lett. b), del Codice" dei beni culturali.

Con il ricorso in esame, la ricorrente ha impugnato detto provvedimento, affidandosi a varie censure.

Costituitosi, il Comune ha chiesto l’estromissione dal giudizio, mentre la Soprintendenza intimata ha concluso per l’inammissibilità e, comunque, per l’infondatezza del gravame.

Alla pubblica udienza del 2.12.2010, la causa è stata trattenuta per la decisione.

II. Va preliminarmente scrutinata l’eccezione dell’Amministrazione regionale resistente, invero proposta in subordine alla richiesta di estromissione anche da parte del Comune di Catania, secondo la quale la ricorrente, notaio che ha stipulato il rogito ritenuto viziato dal provvedimento impugnato, non avrebbe alcuna posizione legittimante, essendo possibile, al più, un intervento ad adiuvandum in seno ad un ricorso azionato dai soggetti effettivamente incisi dall’atto.

Aggiunge l’Amministrazione comunale che difetterebbe la legittimazione a ricorrere posto che l’atto avversato dispiega effetti che non si riverberano sulle funzioni esercitate dallo stesso Pubblico ufficiale all’atto della stipula dei rogiti del marzo e dell’agosto 2006.

Mancherebbe, in altri termini, l’interesse diretto e attuale della ricorrente, poiché l’attività amministrativa avversata, pur riferendosi agli effetti dell’atto rogato, non inciderebbe sull’attività notarile esercitata.

L’eccezione è condivisa dal Collegio.

E’ bene chiarire che l’atto impugnato, come sopra esposto, tra i suoi riferimenti motivazionali, evidenzia che l’atto rogato in data 20.4.2006, pervenuto tardivamente l’1 aprile 2009 alla stessa Soprintendenza, pur citando la provenienza, non registra e disattende il vincolo di destinazione d’uso in essa esplicitato.

In altri termini, l’attività notarile viene sottoposta a rilievo critico, certamente grave, tanto da essere stigmatizzato, per gli effetti sulla compravendita, quale possibile elemento di nullità dell’atto.

Ciò posto, ritiene il Collegio che il Giudice amministrativo esorbiterebbe dai suoi compiti ove si occupasse della correttezza dell’operato di un notaio nell’esercizio delle proprie funzioni rispetto alla stipula di un contratto, citato in un atto amministrativo (quello impugnato), sia pure per dedurre argomenti di illegittimità del provvedimento.

Invero, la nozione di parte processuale, e segnatamente di ricorrente, coincide con quella che viene direttamente incisa dall’atto ritenuto lesivo, in quanto subisce un concreto o potenziale nocumento ad un bene della vita.

Non può ritenersi, quindi, sussista un danno diretto, qualificante la parte ricorrente, nell’ipotesi in cui la lesione derivante da un provvedimento amministrativo sia riferita ad un riflesso dello stesso, la cui sussistenza, al più, consente la mera legittimazione ad intervenire nel processo.

La prova dell’esattezza dell’instaurazione corretta del processo è fornita dalla utilità immediata che dall’annullamento dell’atto il soggetto può ricevere.

Nel caso in esame, ove anche si accedesse alle tesi della ricorrente circa l’illegittimità dell’atto (per altro, relazionata, oltre alla ovvia rappresentazione del corretto esercizio dell’attività notarile svolta, a vizi dell’atto in sé), il risultato sarebbe il suo annullamento, con vantaggio diretto rivolto ai soggetti beneficiari, vale a dire coloro che hanno stipulato la convenzione (ANMIG e F. srl).

La rimozione giudiziale dell’atto, per altro non dipendente direttamente dal vizio formale asseritamente trasfuso nel contratto di compravendita ed in quello di accertamento dell’avveramento della condizione (del mancato esercizio della prelazione), non conferisce alcuna utilità diretta al notaio ricorrente, poiché si riferisce (e può essere riferita) soltanto al legittimo esercizio del potere amministrativo, nel cui sfondo vi è una vicenda, la correttezza di un contratto tra privati, che non solo rientra nella competenza del G.O., ma che non è neanche il motivo fondante dell’atto impugnato. Ed invero, in detto ultimo senso, ciò che rileva è la conoscenza o meno da parte della Soprintendenza della sussistenza del vincolo originario sull’immobile de quo e di quello richiesto di seguito alla vendita.

Su detta trasformazione interviene il giudizio dell’Amministrazione, chiamata a garantire l’interesse pubblico alla conservazione di una destinazione coerente con il vincolo apposto all’immobile, e non già sull’avveramento della condizione della mancata prelazione ovvero, come dall’Amministrazione sostenuto, sulla immodificabilità del vincolo.

Se così è, se, cioè, il comportamento asseritamente elusivo delle regole da parte del notaio rimane quale episodio sfumato di un provvedimento amministrativo, altrimenti sostenuto, non può ritenersi che sussista un interesse tutelabile presso il Giudice amministrativo.

Per altro, osserva il Collegio, per quanto dichiarato in sede di discussione del ricorso dal procuratore della parte, non sussiste, allo stato, neanche un procedimento disciplinare in capo alla ricorrente, circostanza, questa, che anche ove fosse presente, non modificherebbe la marginalità dell’interesse all’annullamento del provvedimento impugnato, ma che comunque ulteriormente supporta quanto ritenuto dal Collegio circa l’insussistenza di un benché minimo interesse tutelabile in sede amministrativa dell’impugnativa dell’atto.

Dalle premesse, consegue l’inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione a ricorrere.

L’estraneità assoluta del Comune di Catania rispetto al provvedimento (ed al procedimento in sé) impugnato, comporta l’accoglimento della domanda di espromissione dal giudizio.

Le spese seguono la soccombenza e vanno disposte come da dispositivo.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, previa estromissione dal giudizio del Comune intimato, lo dichiara inammissibile.

Condanna la ricorrente al pagamento, in favore delle resistenti in parti uguali, delle spese del giudizio, che liquida in complessivi Euro tremila/00, oltre spese generali, I.V.A., C.P.A..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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