T.A.R. Sicilia Palermo Sez. III, Sent., 11-01-2011, n. 10 Ricorso per l’esecuzione del giudicato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

1. Con ricorso notificato il 26 gennaio 2009 e depositato il successivo 10 febbraio il sig. G.F. ha adito questo Tribunale al fine di ottenere la declaratoria dell’obbligo del Comune di Resuttano di dare corretta esecuzione al giudicato formatosi sulla sentenza Tar Sicilia, Palermo, n. 1737/07, con la quale il medesimo Ente era stato condannato al risarcimento del danno a seguito di provvedimento di acquisizione sanante ex art. 43 d.P.R. n. 327 del 2001. In particolare, il Tribunale aveva indicato, in applicazione dell’art. 35, comma 2, d. lgs. n. 80 del 1998, i criteri in base ai quali l’Amministrazione avrebbe dovuto proporre, all’avente titolo, il pagamento di una somma di denaro entro un congruo termine.

2. In punto di fatto, il ricorrente espone che:

– con deliberazione della Giunta n. 88/2005 era stata disposta l’acquisizione sanante e quantificato il risarcimento del danno in Euro 31.001, 96, comprensivi di interessi;

– che a seguito della notificazione della sentenza oggetto di odierna esecuzione, il Comune di Resuttano ha comunicato che nessuna ulteriore somma rispetto a quella sopra indicata – e frattanto pagata – avrebbe dovuto essere liquidata, poiché asseritamente corrispondente a quella risultante dall’applicazione dei criteri risarcitori fissati da questo Tar.

3. Si è costituito in giudizio il Comune di Resuttano il quale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del gravame e, nel merito, ha concluso per la reiezione delle domande di parte ricorrente.

4. Con ordinanza n. 128 del 2010 è stato nominato il consulente tecnico d’ufficio il quale ha provveduto al deposito della relazione di stima.

5. All’udienza camerale del 17 dicembre 2010, presenti i procuratori della parti i quali hanno insistito sulle già espresse domande e conclusioni, il ricorso, su richiesta degli stessi, è stato trattenuto in decisione.

6. Va preliminarmente trattata l’eccezione, sollevata dall’Amministrazione, tesa a revocare in dubbio l’ammissibilità del ricorso per violazione degli artt. 90 e 91 dell'(abrogato) r.d. n. 642/1907, in base ai quali la richiesta esecuzione avrebbe dovuto essere preceduta, in tesi, dalla diffida e messa in mora ivi prevista.

6.1. L’eccezione è infondata.

6.2. In disparte la circostanza che la predetta diffida risulta essere stata regolarmente notificata al Comune di Resuttano in data 28 novembre 2008, con assegnazione di un termine di trenta giorni per provvedere, va osservato che dall’onere di cui all’art. 90 r.d. 17 agosto 1907, n. 642, si poteva – anteriormente all’eliminazione dell’obbligo di diffida voluta dal codice del processo amministrativo approvato con d. lgs. n. 104 del 2010 ed entrato in vigore il 16 settembre 2010 – prescindere nell’ipotesi di giudizio azionato ai sensi dell'(altrettanto abrogato) art. 35, comma 2, d.lgs. 31 marzo 1998 n. 80.

Ed invero, in ipotesi di tal guisa, il presupposto per la proposizione del giudizio di esecuzione è costituito dal mancato raggiungimento dell’accordo tra le parti circa il quantum debeatur a titolo di risarcimento del danno patrimoniale; pregiudizio che il ricorrente ha subito in diretta conseguenza del comportamento illecito dell’Amministrazione e che occorre liquidare in applicazione dei criteri precisati nella sentenza. Il mancato accordo, invero, non costituisce, astrattamente, univoco indice di un comportamento elusivo dell’amministrazione, ben potendo lo stesso derivare dalla posizione intransigente della parte privata. Ne deriva che la condizione di arresto dell’attività di esecuzione del giudicato, che pur innegabilmente sussiste, non doveva essere ulteriormente fatta constatare con la notifica dell’atto di diffida alla stregua di quanto invece accade(va) per un ordinario giudizio di ottemperanza.

6.3. Parimenti infondato è l’assunto di parte resistente secondo cui sulle somme precedentemente liquidate dall’Amministrazione in asserita esecuzione della sentenza di questo Tar n. 1737/07 si sarebbe formata una sorta di acquiescenza.

Sul punto va, in linea generale, osservato che l’acquiescenza tacita nei confronti di un provvedimento, nel diritto amministrativo come in quello processuale civile, è configurabile solo in presenza di un comportamento che appaia inequivocabilmente incompatibile con la volontà del soggetto d’impugnare il provvedimento medesimo, non bastando, in tal senso, un atteggiamento di mera tolleranza contingente e neppure il compimento di atti, resi necessari od opportuni, nell’immediato, dall’esistenza del suddetto provvedimento, in una logica soggettiva di riduzione del pregiudizio, ma che non per questo escludono l’eventuale coesistente intenzione dell’interessato di agire poi per l’eliminazione degli effetti del provvedimento stesso (Cass. s.u., 20 maggio 2010, n. 12339).

Nel caso di specie non vengono in rilievo né atti, comportamenti o dichiarazioni univoci, posti liberamente in essere dal destinatario dell’atto, che dimostrino la chiara e incondizionata (cioè non rimessa a eventi futuri e incerti) volontà dello stesso di accettare gli effetti dell’operato dell’Amministrazione, né, tampoco, può ritenersi che sulla base di una mera presunzione – peraltro qui inesistente stante la presentazione di ben due diffide all’Amministrazione in un tempo ravvicinato – possa ravvisarsi, nella tolleranza, una volontà dell’interessato di accettarne tutte le predette possibili conseguenze (qui di ordine meramente patrimoniale).

7. Può adesso passarsi al merito della vicenda contenziosa.

8. Le questioni sostanziali sulle quali si controverte e su cui le parti non hanno raggiunto l’accordo, riguardano, specificamente:

a) il prezzo medio di Euro 64,22 mq. ritenuto dal ricorrente quello congruo da applicarsi – salva la riduzione ad Euro 51,37/mq per oneri di lottizzazione ammessa dal consulente tecnico di parte (cfr. pag. 10 perizia) – e ciò sulla base di un asserito valore di mercato che si evincerebbe da due atti pubblici di compravendita inerenti a terreni viciniori edificabili, a fronte, invece, di una quantificazione, pari ad Euro 13,00/mq. operata dal Comune in ragione delle caratteristiche del terreno stesso involgenti sia la disciplina urbanistica sia la morfologia dello stesso;

b) la decorrenza degli interessi moratori, da applicarsi, secondo la prospettazione di parte ricorrente, dal giorno in cui il terreno è stato occupato senza titolo;

c) la presenza di un contestato errore di calcolo in ordine all’estensione totale del terreno in catasto al fg. 21, particelle da 873 a 883, per le quali è stata indicata una superficie di mq. 177 anziché di mq. 182.

8.1. In relazione alla corretta quantificazione del valore del bene, il consulente tecnico d’ufficio nominato da questo Tribunale ha dapprima enunciato l’impossibilità di un significativo confronto tra i terreni oggetto degli atti di compravendita invocati da parte ricorrente quale parametro di determinazione del prezzo perché il primo dei due atti indicati riguarderebbe una superficie minima, in quanto tale inidonea a fondare siffatte valutazioni, ed il secondo riguarderebbe un terreno oggetto di procedura lottizzatoria.

Il valore venale unitario attribuito ai terreni interessati dall’espropriazione da parte del c.t.u. è stato individuato in Euro 20,80/mq., risultante da un valore unitario di Euro 52,00/mq, ridotto del 60% (riduzione, quest’ultima, risultante dalla seguente sommatoria: 20% per limitato coefficiente di edificabilità, 10% per elevata dimensione del lotto, 20% per scarse caratteristiche geomorfologiche, 10% per giacitura del terreno acclivo).

8.1.1. Su tale relazione, con memoria depositata il 23 novembre 2010, i consulenti tecnici delle parti hanno presentato rilievi critici.

8.1.2. Il ricorrente, e per esso il consulente tecnico di parte Ing. M.G., sostiene, tra le considerazioni più significative, in particolare:

– l’idoneità degli invocati atti di compravendita a comprovare il valore venale dei terreni, stante anche "il reciproco posizionamento tra terreno espropriato e terreni di cui agli atti di compravendita";

– che il valore complessivo unitario di Euro 52,00/mq non sarebbe supportato da alcun dato reale;

– che l’attribuito coefficiente di edificabilità con riduzione del 20% rispetto al valore di Euro 52,00/mq. sarebbe erroneo, sul rilievo della "edificabilità" del terreno di cui si darebbe conto nella sentenza del Tar n. 1737/07, dovendosi, in tesi, per lo stesso immobile, considerare un coefficiente variabile tra i diversi attribuiti dallo strumento urbanistico per le corrispondenti diverse Z.T.O.;

– che la riduzione del 10% operata sul prezzo unitario di riferimento sarebbe "incomprensibile" stante le dimensioni del terreno espropriato;

– che le delineate cattive caratteristiche geomorfologiche dei terreni potenzialmente suscettibili di dar luogo a fenomeni di dissesto e/o degrado non sarebbero esistenti, avuto riguardo alla positiva valutazione dei luoghi operata dal medesimo c.t.u..

8.1.3. La difesa del ricorrente chiede procedersi a nuova consulenza tecnica d’ufficio.

8.1.4. Il Comune di Resuttano osserva che la stima del valore venale deve essere "indirizzata secondo le effettive caratteristiche e condizioni giuridiche del bene, e, dunque, tenuto conto delle limitatissime e sfavorevolissime possibilità edificatorie acclarate dal c.t.u., in ragione delle quali, il valore unitario Euro/mq., non può congruamente essere individuato in un valore maggiore di quello di Euro/mq. 13,00".

8.1.5. Il Collegio è dell’avviso che i soprarichiamati rilievi critici formulati dalle parti nei confronti dell’elaborato del c.t.u. non possano essere condivisi: ciò in considerazione della correttezza – quale è nella valutazione del Collegio – dell’approccio metodologico seguito dallo stesso c.t.u. nella formulazione del giudizio di stima, risultando lo stesso immune da manifesta illogicità ovvero da elementi di erroneità.

La correttezza dei presupposti dai quali il c.t.u. ha preso l’impulso, il procedimento seguito e le conclusioni cui è giunto non giustificano la domanda di rinnovazione delle operazioni mediante nomina di altro consulente d’ufficio siccome proposta da parte ricorrente, per cui alla stessa richiesta non può essere prestata adesione.

In particolare – e preliminarmente condiviso il formulato giudizio di inidoneità dei summentovati atti di compravendita a costituire parametro di riscontro della congruità della valutazione del bene – è da ritenersi inesistente l’asserita contraddittorietà nella descrizione dello stato dei luoghi, denunziata dal consulente tecnico della parte ricorrente, la quale fa leva sul carattere ancipite della medesima ricostruzione descrittiva finalizzata, da un lato, a fotografare lo stato attuale dei luoghi e, dall’altro, a richiamare le caratteristiche proprie del terreno: tali considerazioni di parte collidono, invero, con la distinzione, che pure va operata e, in definitiva, presente della relazione di c.t.u., tra lo stato dei luoghi esteriormente considerato ("… il parco resta caratterizzato da un’adeguata manutenzione pertanto sia i siti che le attrezzature ripresentano in ottimo stato, non si appalesano evidenti fenomeni di degrado, anche il paesaggio risulta gradevole nel complesso per tutta l’area…"), e la valutazione delle condizioni intrinseche del sito le quali seguono l’applicazione di parametri per larga parte estranei al dato meramente esteriore dello stesso.

Anche la posizione della parte pubblica non può essere condivisa, limitandosi essa a contestare, apoditticamente, l’asserita sottosima, operata dal c.t.u., degli elementi di calcolo utilizzati per giungere alla valutazione del bene in Euro 20,80/mq. in luogo della misura unitaria ritenuta idonea dallo stesso Comune (ed indicata in Euro 13,00/mq.).

L’affermazione della parte pubblica secondo cui sarebbe sostanzialmente erronea la riduzione complessiva limitata al 60% del valore unitario per mq. del bene non è suffragata da elementi tali da revocare in dubbio la congruità della perizia del consulente tecnico d’ufficio, né, ancora, essa può ritenersi idonea a radicare siffatto giudizio per l’esistenza del dedotto incremento di valore del bene di oltre il doppio rispetto a quello contenuto nella relazione di stima del 1996: per tale ultimo aspetto è sufficiente osservare che occorre qui, ad avviso del Collegio, fare riferimento unicamente ai criteri dettati nella sentenza di questo Tar n. 1737/07 ed agli specifici connessi parametri di valutazione.

Il quadro valutativo del c.t.u. è stato, infatti, allestito prendendo in esame tutti gli elementi propri delle condizioni intrinseche ed estrinseche del bene, premesso, condivisibilmente, come, al di là del nomen iuris di "area edificabile", nel determinare il valore venale di un terreno, per l’appunto potenzialmente edificabile, bisogna tenere debitamente conto delle eventuali concrete possibilità giuridiche ed effettive di edificazione, ossia del concreto sfruttamento edificatorio, principio, questo, peraltro, riconosciuto dalla stessa Amministrazione comunale ed anche affermato nella sentenza oggetto dell’odierna esecuzione (cfr. pag. 21).

Avvalendosi del ridetto approccio metodologico, basato sul corretto modulo cd. sinteticocomparativo, il c.t.u. ha, pertanto, proceduto alla quantificazione delle somme spettanti ai proprietari come risarcimento per la perdita dei beni acquisiti al patrimonio dell’Amministrazione comunale, determinazione rispetto alla quale reputa il Collegio non doversi discostare, anche con riferimento alla decorrenza degli interessi moratori – di cui in seguito si dirà – rispetto alla quale la domanda di parte ricorrente risulta incontestata.

8.2. Anche l’asserita erroneità dell’estensione delle particelle (fg. 21) che vanno dalla n. 873 alla n. 883, per le quali è stata indicata una superficie di mq. 177 anziché mq. 182, risulta infondata avendo il c.t.u. dato atto – e ciò risulta qui altrettanto incontestato – di un’estensione pari a mq. 177 (cfr. voce "calcolo del valore complessivo").

9. Alla luce delle suesposte considerazioni, il ricorso per l’esecuzione del giudicato risulta fondato e va accolto nei limiti del valore unitario per mq. da attribuire al bene pari ad Euro 20,80, in ragione del quale va calcolata la somma complessivamente da corrispondersi alla parte ricorrente, al netto degli importi già erogati, con interessi moratori decorrenti dalla data di occupazione del bene sine titulo.

10. Le spese – comprese quelle a titolo di compenso per il consulente tecnico (le quali vanno liquidate con separato decreto presidenziale) – vanno poste, ai sensi dell’art. 26 cod. proc. amm., a carico del Comune di Resuttano, nella misura indicata nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Sezione terza, definitivamente pronunziando sul ricorso in epigrafe lo accoglie nei sensi e limiti di cui in motivazione, e condanna il Comune di Resuttano al pagamento in favore della parte ricorrente delle somme risultanti dovute.

Condanna il Comune di Resuttano alla rifusione, in favore del ricorrente, delle spese processuali e degli onorari di causa che liquida in complessivi Euro 1.500,00 (euro millecinquecento e zero centesimi) oltre IVA e CPA come per legge.

Pone a carico del Comune il compenso per il c.t.u., da liquidarsi con separato provvedimento.

Ordina che la presenta sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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