Cons. Stato Sez. IV, Sent., 12-01-2011, n. 124 Bando del concorso Commissione giudicatrice Efficacia della legge nel tempo e nello spazio Interpretazione della legge

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il dottor M.D.B. ha impugnato, chiedendone la riforma, la sentenza con la quale il T.A.R. del Lazio ha respinto il ricorso da lui proposto avverso il provvedimento di non ammissione alle prove orali del concorso bandito con D.D.G. del 1 settembre 2004 a 200 posti di notaio.

A sostegno dell’appello, egli ha dedotto l’erroneità della sentenza impugnata:

1) con riferimento alla ritenuta inapplicabilità alla fattispecie dell’art. 11 del decreto legislativo 24 aprile 2006, nr. 166;

2) con riferimento, in ogni caso, alla ritenuta sufficienza del solo voto numerico per il giudizio espresso sulle prove scritte;

3) con riferimento alla reiezione della censura di genericità e irragionevolezza dei criteri valutativi predisposti dalla Commissione;

4) con riferimento alla reiezione della censura di omessa integrale lettura della prova scritta "atto inter vivos";

5) con riferimento alla censura di illegittimo svolgimento delle operazioni di correzione.

Il Ministero della Giustizia si è costituito con atto formale, opponendosi all’accoglimento dell’appello.

All’udienza del 9 novembre 2010, la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

1. Il dottor M.D.B. ha impugnato in primo grado il provvedimento di non ammissione alle prove orali del concorso a 200 posti di notaio, bandito con D.D.G. del 1 settembre 2004.

Nel corso del giudizio di prima istanza, il T.A.R. del Lazio ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 16 del decreto legislativo 24 aprile 2006, nr. 166, recante la disciplina transitoria della nuova normativa in materia di concorso notarile, per violazione degli artt. 3 e 97 Cost., nella parte in cui prevede che detta nuova normativa si applichi con decorrenza dalla data di emanazione del "prossimo" bando di concorso (ossia, del primo bando successivo alla pubblicazione del citato d.lgs.).

Tuttavia, con sentenza nr. 328 del 1 agosto 2008 la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile la suddetta questione di legittimità costituzionale.

Infine, con la sentenza oggi impugnata, il ricorso del dottor D.B. è stato respinto.

2. Tanto premesso, l’appello si appalesa infondato e pertanto meritevole di reiezione.

3. Con un primo motivo di impugnazione, parte appellante reitera la doglianza di erronea applicazione del precitato art. 16 del d.lgs. nr. 166 del 2006, il quale avrebbe comportato la necessità che la Commissione, applicando l’art. 11 del medesimo decreto, motivasse i giudizi espressi sulle prove scritte in tutti i casi di non ammissione, senza alcun riguardo del punteggio ottenuto (il candidato ha riportato 31 punti per ciascuna prova per un totale di 93, inferiore alla soglia minima di 105 punti richiesta dalla previgente normativa per l’ammissione alle prove orali).

3.1. La tesi sviluppata nell’appello è che la disposizione in questione, laddove prevede che le nuove norme – la cui ratio è quella di risolvere il problema dei c.d. "novantisti", ossia dei candidati i quali pur avendo riportato un punteggio di 90 (e, quindi, di sufficienza) risultavano inidonei in quanto non raggiungevano la richiamata soglia di 105 punti – si applichino "con decorrenza dalla data di emanazione del prossimo bando di concorso per la nomina a notaio", non possa che essere interpretata in senso rigorosamente letterale, con la conseguenza che la correzione delle prove scritte dell’odierno appellante, essendo avvenuta dopo la data (10 luglio 2006) di pubblicazione del primo bando successivo alla nuova disciplina, avrebbe dovuto essere condotta in applicazione di quest’ultima pur essendo stato il concorso per cui è causa bandito in epoca anteriore; nello stesso senso, sempre ad avviso dell’appellante, deporrebbe la richiamata sentenza di inammissibilità della Corte Costituzionale.

3.2. Tale impostazione, pur sviluppata in modo perspicuo e suggestivo, non può essere condivisa.

3.3. Ed invero, per un corretto approccio ermeneutico alla questione è indispensabile richiamare preliminarmente il consolidato indirizzo giurisprudenziale in materia di applicazione ai concorsi pubblici del principio tempus regit actum, secondo cui le disposizioni normative sopravvenute in materia di ammissione dei candidati, di valutazione dei titoli o di svolgimento delle prove e di votazioni, con la sola eccezione di quelle aventi carattere interpretativo, non trovano applicazione per le procedure in itinere alla data della loro entrata in vigore; infatti, il principio tempus regit actum attiene alle sequenze procedimentali composte di atti dotati di propria autonomia funzionale, e non anche ad attività, quale è quella di espletamento di un concorso, interamente disciplinate dalle norme vigenti al momento in cui essa ha inizio: pertanto, mentre le norme legislative e regolamentari vigenti al momento dell’indizione della procedura devono essere applicate anche se non espressamente richiamate nel bando, le norme sopravvenienti, per le quali non è configurabile alcun rinvio implicito nella lex specialis, di regola non modificano i concorsi già banditi, a meno che diversamente non sia espressamente stabilito dalle norme stesse (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 21 luglio 2010, nr. 4791; id., 12 giugno 2008, nr. 2909).

3.4. Ciò premesso, il problema è allora accertare se il citato art. 16 del d.lgs. nr. 166 del 2006, nel disporre che la nuova disciplina si applica "con decorrenza dalla data di pubblicazione del bando", stia inequivocamente a significare una deroga al principio innanzi richiamato, e quindi l’immediata applicabilità delle nuove norme anche alle procedure, quale è quella per cui è causa, che fossero in itinere alla data suindicata.

La risposta di parte appellante è senza’altro affermativa, sulla base di un insistito richiamo al primato dell’interpretazione letterale della legge su qualunque altro tipo di operazione ermeneutica (logica, sistematica, teleologica etc.).

Tuttavia, va richiamato l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui il criterio di interpretazione teleologica, previsto dall’art. 12 delle preleggi al cod. civ., può assumere rilievo prevalente rispetto all’interpretazione letterale nel caso in cui l’effetto giuridico risultante dalla formulazione della disposizione di legge sia incompatibile con il sistema normativo (cfr. Cass. civ., sez. lav., 13 aprile 1996, nr. 3495).

Orbene, non v’è chi non veda come l’interpretazione dell’art. 16, d.lgs. nr. 166 del 2006 propugnata dall’odierno appellante, oltre a contrastare con la corretta applicazione in subiecta materia del principio tempus regit actum, comporterebbe l’aberrante effetto per cui, all’interno di un’unica procedura concorsuale, le prove scritte dei candidati verrebbero corrette applicando norme diverse a seconda della circostanza, assolutamente casuale, che la correzione sia avvenuta prima del 10 luglio 2006 o dopo tale data (come nel caso dell’appellante).

La replica di parte appellante a tale rilievo, per cui a tale disparità di trattamento potrebbe ovviarsi attraverso la ricorrezione delle prove dei soli candidati "novantisti" che fossero state già valutate prima della data in questione, a ben vedere finisce per determinare la disapplicazione dell’art. 16, comportando un’inammissibile applicazione retroattiva della nuova disciplina anche al concorso bandito anteriormente alla stessa.

3.5. Ai rilievi fin qui svolti può poi aggiungersi che anche la sentenza resa dalla Corte Costituzionale nell’ambito del presente giudizio, contrariamente alla prospettazione di parte istante, lungi dal rendere obbligata la propugnata interpretazione letterale del più volte citato art. 16, autorizza invece una lettura di segno opposto, nel senso che con tale disposizione transitoria il legislatore abbia inteso ribadire, ancorché con formulazione indubbiamente ambigua e infelice, i comuni principi per cui le nuove norme in materia di concorsi si applicano solo alle procedure bandite dopo la loro entrata in vigore.

Infatti, da una piana lettura della citata sentenza nr. 328 del 2008 emerge da un lato che la declaratoria di inammissibilità della questione sollevata dal T.A.R. è stata determinata dalla ritenuta insufficienza della motivazione su cui si fondava l’ordinanza di rimessione, per altro verso che la Corte ha prospettato la non stretta necessità di investire il giudice delle leggi, potendo la questione essere risolta dal giudice in via interpretativa.

In tal modo, richiamando implicitamente il noto principio per cui, fra più interpretazioni possibili di una norma, il giudice è tenuto a optare per quella conforme a Costituzione piuttosto che per quella con essa contrastante (cfr. C. Cost., sent. 27 dicembre 1996, nr. 418), la Corte ha evidentemente riconosciuto che la norma portata alla sua attenzione non è di chiara e univoca interpretazione, con ciò autorizzandone una lettura che travalichi il dato letterale, per tener conto anche della sua ratio logica e teleologica.

3.6. Né possono considerarsi fondate le questioni di legittimità costituzionale ipotizzate dall’appellante in relazione al citato art. 16, ove interpretato nel senso qui proposto, per violazione degli artt. 76, 3 e 97 Cost.

Infatti, né la delega legislativa di cui alla legge 28 novembre 2005, nr. 246, laddove individua la ratio dell’intervento innovativo nella già richiamata esigenza di eliminare la figura dei "novantisti" e i problemi pratici connessi, né i principi di ragionevolezza e buon andamento dell’amministrazione comportavano l’indefettibile necessità di rendere applicabile la nuova disciplina anche a concorsi indetti in epoca anteriore alla stessa.

In altri termini, lo stabilire che le nuove norme si applicassero solo ai concorsi banditi dopo la pubblicazione delle stesse da un lato rientrava nella discrezionalità del legislatore nell’attuazione della evidenziata ratio normativa, e dall’altro lato era coerente con i consolidati principi del tempus regit actum e della irretroattività della legge.

3.7. Nessuna rilevanza, infine, può avere la circostanza – pure rappresentata dall’appellante – che in altre circostanze l’Amministrazione possa aver sposato una diversa interpretazione della norma transitoria, applicando la nuova disciplina anche a un candidato di concorso indetto in epoca anteriore.

Se così fosse, si tratterebbe di un’applicazione certamente illegittima per le ragioni fin qui diffusamente esposte, la quale giammai potrebbe essere assunta a parametro di riferimento per invocare una asserita illogicità dell’azione amministrativa ovvero una disparità di trattamento.

4. Va respinto anche il secondo motivo di appello, col quale è riproposta la doglianza di carente o insufficiente motivazione, sul presupposto della insufficienza del solo punteggio numerico ad esternare le ragioni alla base dei giudizi formulati in ordine alle prove scritte.

In contrario è sufficiente richiamare -a fortiori una volta esclusa l’applicabilità alla fattispecie della più volte richiamata nuova normativa di cui al d.lgs. nr. 166 del 2006 – la giurisprudenza assolutamente prevalente di questo Consesso, secondo cui il voto numerico esprime e sintetizza il giudizio tecnicodiscrezionale della Commissione, contenendo in sé la sua stessa motivazione, senza bisogno di ulteriori spiegazioni e chiarimenti atteso che la motivazione espressa numericamente, oltre a rispondere al principio di economicità e proporzionalità dell’azione amministrativa di valutazione, assicura la necessaria spiegazione delle valutazioni di merito compiute dalla Commissione e consente il sindacato sul potere amministrativo esercitato, specie quando la Commissione ha predisposto i criteri in base ai quali procederà alla valutazione delle prove (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. VI, 27 agosto 2010, nr. 5988; Cons. Stato, sez. IV, 5 febbraio 2010, nr. 548; Cons. Stato, sez. V, 7 settembre 2009, nr. 5227).

5. Del pari infondato è l’ulteriore motivo, con il quale parte appellante reitera la censura di genericità e insufficienza dei criteri di valutazione predisposti a monte.

In particolare, si assume che illegittimamente la Commissione avrebbe omesso di elaborare a priori specifici criteri di valutazione riferiti alla posizione di quei candidati (c.d. "novantisti") i quali, pur avendo riportato un punteggio complessivo di sufficienza, non risultassero raggiungere la soglia minima di 105 punti necessaria per l’idoneità.

Sul punto, va innanzi tutto condiviso il richiamo del primo giudice all’ampia discrezionalità che connota la determinazione dei criteri di valutazione da parte della Commissione, in quanto tali sindacabili in sede giurisdizionale solo per manifesta erroneità, illogicità o irragionevolezza: ciò che corrisponde al consolidato orientamento di questo Consesso in materia (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 1 febbraio 2001, nr. 367; Cons. Stato, sez. VI, 8 febbraio 2000, nr. 679; id., sez. VI, 11 luglio 2000, nr. 3885).

Ciò premesso, va escluso che per l’attribuzione dei voti aggiuntivi, ossia del punteggio ulteriore atto a consentire ai cosiddetti "novantisti" di conseguire il punteggio utile all’idoneità, fosse necessaria la predisposizione di specifici e ulteriori criteri, ben potendo la Commissione fare riferimento ai medesimi criteri adottati per pervenire al giudizio di sufficienza, trattandosi soltanto di apprezzare i differenti livelli qualitativi che caratterizzano ciascun elaborato.

In altri termini, la differenziazione tra i c.d. "novantisti" e gli idonei riposa non in una diversità ontologica dei criteri di valutazione adoperati dalla Commissione, ma nel diverso grado di valore che è attribuito alle prove, all’interno di una griglia valutativa unitaria, ai fini dell’individuazione del punteggio finale da assegnare a ciascun elaborato.

6. Privo di pregio è anche il quarto motivo, con il quale si ripropone la prospettazione secondo cui la Commissione avrebbe omesso di leggere nella sua interezza l’atto inter vivos del candidato: ciò che, nella specie, si ricaverebbe dall’essere stato il timbro della Commissione apposto su foglio diverso da quello finale dell’elaborato, così come stabilito dall’art. 23 del r.d. 14 novembre 1926, nr. 1956.

Al contrario, in difetto di diversi e ulteriori elementi indiziari che depongano nel senso ipotizzato dall’appellante – elementi non sussistenti nel caso che occupa – la circostanza evidenziata va qualificata come mera irregolarità formale, ex se inidonea a integrare un vizio di legittimità della procedura.

7. Infine, va respinto anche l’ultimo motivo di impugnazione, che riproduce la doglianza di illegittimo svolgimento delle operazioni di correzione, in quanto dal verbale della Commissione del 15 dicembre 2006, sottoscritto da cinque componenti anziché da quattro come prescritto, non sarebbe dato evincere quali componenti hanno preso parte alle operazioni nei vari momenti della giornata.

Sul punto, il T.A.R. ha ritenuto insussistente il vizio denunciato, evidenziando che dal verbale in questione è agevolmente evincibile:

– che alle ore 13,00 la seduta è stata sospesa;

– che alle ore 15,00, alla ripresa dei lavori, ad uno dei componenti della Commissione era subentrato un altro;

– che, pertanto, correttamente il verbale risultava sottoscritto da tutti i membri della Commissione che avevano preso parte alle operazioni nell’arco della giornata.

Tali rilievi sono pienamente condivisibili alla luce del pacifico indirizzo giurisprudenziale secondo cui nei concorsi pubblici non occorre che il verbale contenga una puntuale descrizione dell’attività svolta dalla Commissione giudicatrice, atteso che l’oggetto del verbale sono soltanto gli aspetti salienti e significativi dell’attività amministrativa oggetto di documentazione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 12 febbraio 2010, nr. 805; Cons. Stato, sez. V, 11 maggio 2009, nr. 2880).

Pertanto la tesi dell’appellante, secondo cui la Commissione avrebbe dovuto chiudere e sottoscrivere il verbale al momento della sospensione della seduta, per poi riaprirlo in seguito dando atto della nuova composizione dell’organo valutativo, si riduce a un rilievo di carattere meramente formale che nulla muta rispetto alla sostanza: e cioè che dal verbale in oggetto è chiarissimo (né risulta addotto alcun elemento in contrario, al di là del carattere fidefacente del verbale medesimo) quale sia stata la composizione della Commissione nei vari momenti della giornata.

8. In conclusione, alla luce dell’infondatezza di tutte le censure articolate nell’appello, s’impone l’integrale reiezione dello stesso.

9. In considerazione della parziale novità delle questioni esaminate, nonché del carattere meramente formale della difesa svolta dall’Amministrazione, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Compensa tra le parti le spese del presente grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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