Cass. civ. Sez. I, Sent., 03-02-2011, n. 2633 Opposizione al valore di stima dei beni espropriati

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Bari ha respinto l’opposizione della s.n.c. Gualtieri Toirunaso e Gaudino Cataldo, nonchè degli intervenuti C.L. e Co.Ma.Fi. alla stima dell’indennità dovuta dalla Provincia di Bari per l’occupazione temporanea con decreto sindacale 4 giugno 1993,e la successiva espropriazione con decreto 9 luglio 1998, di un loro terreno ubicato in Gravina di Puglia (in catasto al fg. 119, part. 1048, 1050, 1080, 1081, 1082, 1183 e 1184) per la costruzione di alcuni istituti scolastici. Ciò in quanto l’immobile ricadeva in zona agricola e non rilevavano nè la dedotta edificabilità di fatto nè la variante attuativa per destinarlo alla menzionata utilizzazione pubblica trattandosi di vincolo preordinato all’espropriazione del quale in base alla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis non doveva tenersi conto.

Per la cassazione della sentenza la soc. Gualtieri-Gaudino ha proposto ricorso per un motivo; anche i C. – Co. hanno formulato ricorso incidentale per un motivo,mentre la Provincia di Bari ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

I ricorsi vanno,anzitutto riuniti ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ. perchè proposti contro la medesima sentenza. Con il principale la soc. Gualtieri-Gaudino, deducendo violazione della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis e vizi di motivazione,censura la sentenza impugnata per avere compiuto la ricognizione legale del terreno in epoca precedente alla vicenda ablativa quando lo stesso aveva destinazione agricola,e non come prescritto dalla nota decisione 442/1993 della Corte Costituzionale al tempo del decreto di esproprio in cui con apposita variante era stato inserito in zona F1 destinata alla costruzione di scuole; e gli era stata conferita natura edificatoria.

Analoga censura prospettano il C. e la Co., rilevando che la natura edificatoria dell’immobile si ricavava in ogni caso dalla sua collocazione in una zona completamente urbanizzata.

Entrambi i ricorsi sono infondati.

Non è anzitutto esatto che la Corte di appello abbia compiuto la ricognizione legale del fondo in epoca antecedente al decreto di espropriazione,avendo invece tenuto conto proprio della variante approvata dalla G. Reg. con Delib. 30 dicembre 1992, n. 8952 che lo destinava all’istituto commerciale ed al liceo scientifico poi realizzati di tale variante: tuttavia, considerata, per la localizzazione dell’opera pubblica in cui si esauriva, un vincolo preordinato all’espropriazione di cui secondo la L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 3 (ora recepito dall’art. 32, comma 1 T.U. appr. con D.P.R. 327 del 2001) non si deve tener conto. Ed è perciò pervenuta alla corretta conclusione che l’immobile ha continuato a mantenere la destinazione originariamente attribuitagli dallo strumento urbanistico generale del comune di Gravina che lo aveva collocato in zona E1, rurale:a nulla rilevando l’avvenuta edificazione delle zone adiacenti, posto che un’area va ritenuta edificabile soltanto se, (e per il solo fatto che), come tale, essa risulti classificata al momento della vicenda ablativa dagli strumenti urbanistici, secondo un criterio di prevalenza o autosufficienza della edificabilità legale (Cass. sez. un. 172/2001 e succ.).

D’altra parte, la riclassificazione operata dalla variante del 1992, pur se se si fosse tradotta in una nuova zonizzazione,non avrebbe modificato la destinazione non edificatoria dell’immobile, incluso come dedotto da entrambe le parti in zona "F1, scuole superiori",avendo questa Corte ripetutamente affermato che la destinazione di aree ad edilizia scolastica, nell’ambito della pianificazione urbanistica comunale, ne determina il carattere non edificabile, avendo l’effetto di configurare un tipico vincolo conformativo, come destinazione ad un servizio che trascende le necessità di zone circoscritte, ed è concepibile solo nella complessiva sistemazione del territorio, nel quadro della ripartizione zonale in base a criteri generali ed astratti. Nè può esserne ritenuta per altro verso l’edificabilità, sotto il profilo di una realizzabilità della destinazione ad iniziativa privata o promiscua pubblico-privata, giacchè l’edilizia scolastica è riconducibile ad un servizio strettamente pubblicistico, connesso al perseguimento di un fine proprio ed istituzionale dello Stato, su cui non interferisce la parità assicurata all’insegnamento privato (Cass. 3022/2008; 15616/2007; 15389/2007; 23028/2004).

Il rigetto dei ricorsi comporta la condanna in solido dei ricorrenti, rimasti soccombenti al pagamento delle spese processuali in favore della Provincia di Bari, da liquidare come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, riunisce i ricorsi, li rigetta e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali che liquida in favore della Provincia di Bari in complessivi Euro 2.700,00 di cui Euro 2.500,00 per onorario di difesa,oltre a spese generali ed accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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