Cons. Stato Sez. VI, Sent., 12-01-2011, n. 114 Atti del procedimento Occupazione d’urgenza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

1. Va anzitutto disposta la riunione dei due appelli in epigrafe, perché proposti, con identici motivi, contro due sentenze identiche, relative alla stessa vicenda procedimentale.

2. Con due identici ricorsi di primo grado e successivi identici motivi aggiunti gli odierni appellanti principali hanno impugnato:

1) con il ricorso principale:

a) la delibera di giunta regionale 7 luglio 2000 n. 7/253 recante determinazioni di competenza regionale ai fini del raggiungimento della Intesa StatoRegione nell’ambito del procedimento di localizzazione delle opere di interesse statale, ex art. 3, d.P.R. 18 aprile 1994, n. 383, segnatamente per quanto concerne l’allegato B, 4.7;

b) (per quanto occorrente) il verbale della conferenza di servizi per la valutazione e l’approvazione del progetto relativo alla tratta TorinoMilano della Linea Alta Velocità TorinoMilanoNapoli del 14 luglio 2000;

c) ogni altro provvedimento presupposto, conseguente o, comunque, collegato;

2) con i motivi aggiunti:

d) il decreto di occupazione d’urgenza n. 001/2007 del 9 marzo 2007, notificato ai ricorrenti in data 19 marzo 2007, emesso da R.F.I. s.p.a.;

2) la deliberazione 55/AD del 31 marzo 2004 con la quale l’amministratore delegato di R.F.I. ha approvato il progetto esecutivo della subtratta AV/AC Torino Milano;

3) la deliberazione dell’amministratore delegato di R.F.I. n. 170 del 27 ottobre 2006, notificata ai ricorrenti in data 19 marzo 2007;

4) la nota del responsabile del settore edilizia privata ed urbanistica del Comune di Pero n. 11540 del 27 giugno 2006 recante dichiarazione di conformità delle opere di mitigazione;

5) la deliberazione di approvazione dell’amministratore delegato di T.A.V. in data 18 settembre 2006;

6) ogni altro provvedimento presupposto e ogni altro provvedimento conseguente o comunque collegato, anche non noto.

Hanno inoltre chiesto il risarcimento del danno conseguente all’illegittimità degli atti adottati.

2.1. Con i due ricorsi principali di primo grado i ricorrenti hanno sottolineato l’incongruenza dell’individuazione di un’area sovradimensionata (in tutto 179.000 mq) del tutto sproporzionata rispetto al fine di "mitigare" l’impatto della nuova opera pubblica (linea ferroviaria).

2.2. Con i due ricorsi per motivi aggiunti in primo grado hanno lamentato:

a) uno sviamento della causa tipica dell’intervento di mitigazione che in realtà sarebbe diretto alla riqualificazione del territorio attraverso la creazione di un parco e, comunque, l’assenza di esigenze di realizzare un’opera di cantierizzazione;

b) la tesi (già enunciata nel ricorso principale) di un sovradimensionamento dell’area da utilizzare a verde pubblico rispetto alle necessità di mitigazione;

c) l’eccessiva distanza tra l’intervento e la linea ferroviaria;

d) la non compatibilità della destinazione delle aree dei ricorrenti prevista nel PRG ("Aree agricole in assetto agrosistemico") con l’intervento di mitigazione ambientale;

e) la configurabilità di un’espropriazione in assenza di un vincolo espropriativo;

f) l’assenza di un’adeguata motivazione e di una congrua istruttoria.

2.3. Il Tribunale amministrativo adito, con le due sentenze in epigrafe, ha ritenuto che i ricorsi fossero in parte inammissibili ed in parte infondati.

In particolare ha ritenuto inammissibili i ricorsi principali, in quanto sarebbero rivolti avverso atti che si configurano come endoprocedimentali e, quindi, privi di effetti lesivi.

Ha ritenuto infondati i ricorsi per motivi aggiunti in quanto:

– non sarebbe ravvisabile uno sviamento della causa tipica dell’intervento dal momento che la creazione di un’area che sia poi utilizzata a verde pubblico è connaturata ad un intervento di mitigazione e non ne costituisce il fine occulto;

– la tesi del sovradimensionamento di detta area e, quindi, di una sproporzione rispetto alle necessità di mitigazione troverebbe il suo limite nell’insindacabilità del merito dell’azione amministrativa, in assenza, come sarebbe nel caso di specie, di vizi logici:

– la distanza dell’intervento rispetto alla linea ferroviaria (indicata in una fascia che va da un minimo di 205 metri ed un massimo di 480) non risulterebbe tale da escludere lo scopo di mitigazione considerata l’entità dell’opera pubblica da realizzare;

– la destinazione delle aree dei ricorrenti prevista nel PRG ("Aree agricole in assetto agrosistemico") sarebbe compatibile con l’intervento impugnato di mitigazione ambientale attraverso un rimboschimento, che ben si concilierebbe, per sua natura, con la destinazione stessa;

– non vi sarebbe stata un’espropriazione in assenza di un vincolo espropriativo, dal momento che tale vincolo sarebbe riscontrabile quantomeno nella delibera dell’amministratore delegato di R.F.I. n. 170 del 27 ottobre 2006;

– in applicazione dell’art. 22bis, comma 2, d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, il decreto di occupazione d’urgenza non necessitava di particolari motivazioni, indagini e formalità e neppure indicazioni sulla sua durata le quali discendono dal citato art. 22bis comma 6.

3. Hanno proposto due separati appelli gli originari ricorrenti, ritualmente e tempestivamente notificati e depositati.

In relazione ad entrambi gli appelli ha proposto appello incidentale il Comune di Pero, ritualmente e tempestivamente notificato e depositato.

4. Con il primo e secondo motivo di appello vengono contestate le statuizioni della sentenza che hanno ritenuto non sindacabile la scelta dell’area da destinare a interevento di mitigazione.

4.1. Si lamenta che non si tratterebbe del classico filtro verde, ma di un parco di 179.000 mq. Vi sarebbe sviamento dalla causa tipica, perché con il pretesto di creare una mitigazione dell’opera pubblica si sarebbe in realtà raggiunto il diverso fine, propugnato dal Comune di Pero, di creare un parco pubblico.

Infatti non si tratta di una fascia di rispetto che corre lungo tutta la linea ferroviaria, ma di un parco che si interpone trasversalmente e riguarda solo un brevissimo tratto della linea.

Tanto è vero che inizialmente il parco non sarebbe stato previsto, ma sarebbe stato introdotto con una variante sostanzialmente imposta dal Comune di Pero, con l’effetto che mentre inizialmente era stata vincolata a verde pubblico un’area di 98.000 mq., la variante ha comportato il vincolo su un’area di 179.000 mq.

Nella specie l’intervento non avrebbe i requisiti di accessorietà rispetto all’opera ferroviaria, ma sarebbe una autonoma opera pubblica.

L’unica motivazione dell’ampliamento della fascia di mitigazione sarebbe stata la necessità di ottemperare alle prescrizioni espresse dal Comune di Pero in sede di conferenza di servizi, e non l’effettiva necessità della mitigazione ambientale.

Errerebbe il Tribunale amministrativo a ritenere insindacabile la scelta, perché la scelta di merito deve comunque rispettare i canoni di ragionevolezza e proporzionalità.

Nella specie l’area espropriata sarebbe sproporzionata rispetto al fine da raggiungere, e non vi sarebbe alcuna giustificazione logica del raddoppio, in corso d’opera, dell’area da espropriare.

4.2. Le censure sono da respingere.

Errano gli appellanti laddove affermano che l’area inizialmente vincolata era di soli 98.000 mq. e che solo in corso d’opera sono stati vincolati ulteriori 81.000 mq.

Infatti, sin dalla conferenza di servizi del 14 luglio 2000, risulta previsto, per l’intervento di mitigazione, il vincolo su un’area di 179.000 mq., come emerge dalla relazione tecnica allegata alla delibera della giunta regionale 7 luglio 2000 n. 253, approvata dalla conferenza di servizi.

L’allegato grafico 4.7, tavola n. 3, evidenzia che l’area è di complessivi 179.000 mq. di cui 98.000 mq. da occupare subito, trattandosi dell’area di cantiere (campo base) destinata, a fine lavori, ad essere attrezzata a verde e ceduta al Comune di Pero, e un’area residua di 81.000 mq. da attrezzare a verde e cedere al Comune di Pero.

Tale area residua di 81.000 mq. corrisponde ai mappali 17 parte, 18, 19, 10 parte, 20.

Peraltro, in corso di esecuzione dei lavori e di connesse procedure espropriative, il Comune di Pero rilevava che il piano particellare di esproprio aveva omesso di indicare anche tali particelle, previste dalla delibera di giunta regionale n. 253/2000, e ne chiedeva l’inserimento (v. osservazioni del Comune di Pero in data 17 gennaio 2004).

Non risponde pertanto al vero la tesi degli appellanti, secondo cui inizialmente era stata prevista la destinazione a verde di soli 98.000 mq., e solo in corso d’opera, e solo al fine di soddisfare una richiesta del Comune di Pero, vi sarebbe stato un ampliamento a 179.000 mq. dell’area a verde.

L’area da destinare a verde era sin dall’origine prevista in 179.000 mq., con la precisazione che è stata inizialmente occupata una prima tranche dell’area, pari a 98,000 mq., perché da utilizzare come area di cantiere, e successivamente, in sede di realizzazione degli interventi di mitigazione, è stata occupata anche l’area residua.

Pertanto, la motivazione della destinazione a verde dell’area ulteriore di 81.000 mq. non va ricercata in atti successivi alla delibera di giunta regionale n. 253/2000 e al verbale della conferenza di servizi del 14 luglio 2000.

Da tali atti emergono le ragioni della scelta di vincolare a verde un’area siffatta.

Si tratta di ragioni frutto di valutazioni di merito amministrativo, che appaiono rispettose dei canoni di logicità, proporzionalità, ragionevolezza.

Infatti nel tratto ferroviario che attraversa il Comune di Pero era previsto anche un viadotto ferroviario, opera di rilevante impatto visivo e acustico, che necessitava, come intervento di mitigazione, di un’area boscata.

5. Con il terzo e quarto motivo dei due appelli, che possono essere esaminati congiuntamente, si lamenta che non era stato previamente apposto, sull’area di 81.000 mq., il vincolo espropriativo.

5.1. Il Tribunale amministrativo errerebbe sia quando afferma che l’intervento di mitigazione ambientale sarebbe compatibile con la destinazione agricola prevista dal PRG di Comune di Pero per l’area in questione, sia quando afferma che il vincolo preordinato all’esproprio sarebbe quanto meno riscontrabile nella delibera dell’amministratore delegato di RFI n. 170 del 27 ottobre 2006.

Infatti un conto sarebbe la destinazione a parco pubblico, con espropriazione, un conto la destinazione agricola, senza vincolo espropriativo.

Inoltre la delibera 170/2006 approva il progetto esecutivo, e pertanto comporterebbe dichiarazione di pubblica utilità, ma non vincolo preordinato all’esproprio. Ove avesse inteso apporre vincolo preordinato all’esproprio, tale delibera avrebbe dovuto esplicitarlo, in ossequio all’art. 10, d.P.R. n. 327/2001.

5.2. Le censure sono infondate.

Va condiviso l’assunto secondo cui la destinazione dell’area in questione a parco pubblico con vincolo espropriativo non era inizialmente prevista dal PRG del Comune di Pero, e che tale destinazione non poteva ritenersi inclusa nell’originaria previsione di PRG di destinazione agricola senza vincolo espropriativo.

Di tanto le Autorità erano consapevoli e avevano inteso procedere a variante dello strumento urbanistico, con i mezzi giuridici consentiti.

In particolare, ai sensi dell’art. 3, d.P.R. 18 aprile 1994, n. 383, quando deve procedersi a localizzazione di opera pubblica di interesse statale che sia difforme dagli strumenti urbanistici vigenti, viene indetta una conferenza di servizi, e l’approvazione dei progetti, nei casi in cui la decisione sia adottata dalla conferenza di servizi, sostituisce ad ogni effetto gli atti di intesa, i pareri, le concessioni, anche edilizie, le autorizzazioni, le approvazioni, i nulla osta, previsti da leggi statali e regionali.

In pratica l’approvazione del progetto dell’opera pubblica statale in conferenza di servizi, comporta anche l’approvazione delle necessarie varianti degli strumenti urbanistici.

Nel caso di specie il Comune di Pero, con la deliberazione11 luglio 2000, n. 69, resa in vista della conferenza di servizi del 14 luglio 2000, approvava lo schema di accordo con RFI per l’adozione delle misure di mitigazione ambientale, dando atto che il progetto "è difforme dal p.r.g. vigente e che conseguentemente il p.r.g. si intenderà modificato in conformità al menzionato progetto e agli allegati elaborati integrativi e modificativi allegati all’accordo di cui all’oggetto se ricorreranno le condizioni di legge vigenti".

Tale delibera è divenuta parte integrante del verbale della conferenza di servizi del 14 luglio 2000, in cui è espressamente menzionata.

La conferenza di servizi del 14 luglio 2000 era specificamente finalizzata alla localizzazione dell’opera pubblica statale difforme dagli strumenti urbanistici, in dichiarata applicazione dell’art. 3, d.P.R. 18 aprile 1994, n. 383, per cui l’approvazione della localizzazione dell’opera da parte di tale conferenza ha comportato, per il Comune di Pero, variante in parte qua del p.r.g. e apposizione del vincolo espropriativo.

5.3. Né può sostenersi, come affermano gli appellanti, che, se il vincolo espropriativo deriva dalla conferenza di servizi del 2000, al momento della dichiarazione di p.u. e dell’occupazione d’urgenza il vincolo doveva considerarsi scaduto per decorso quinquennio e per l’effetto inesistente.

Al fine della dichiarazione di pubblica utilità, veniva avviato il procedimento volto all’acquisizione delle osservazioni degli interessati, con pubblicazione dei piani particellari di esproprio.

Con delibera n. 55/2004 del 31 marzo 2004 veniva approvato il progetto definitivo dell’opera, con conseguente dichiarazione di pubblica utilità.

Peraltro nel piano particellare non erano incluse le particelle relative all’area in questione, per cui nel gennaio 2004, prima della dichiarazione di p.u., il Comune di Pero formulava le proprie osservazioni per la relativa inclusione e in data 8 aprile 2004 I. comunicava al Comune di Pero l’accoglimento della relativa osservazione.

Deve tuttavia escludersi che la delibera n. 55/2004 possa valere come dichiarazione di p.u. dell’opera anche in relazione all’area di 81.000 mq. in questione, perché la stessa non risultava inclusa nel piano particellare di esproprio, che costituiva parte integrante del progetto definitivo al fine del prodursi dell’effetto della dichiarazione di p.u. (art. 16 d.P.R. n. 327 del 2001).

Invece, solo con la delibera n. 170/2006, è stata approvata una variante al progetto, per includere le aree in questione, ed è stata dichiarata la pubblica utilità.

Nel 2006 doveva ritenersi scaduto il vincolo quinquennale preordinato all’esproprio, apposto nel 2000.

Soccorreva, tuttavia, il meccanismo di cui all’art. 12, comma 2, d.P.R. n. 327 del 2001, a tenore del quale le varianti progettuali derivanti dalla prescrizioni della conferenza di servizi (…), nonché le successive varianti in corso d’opera che non comportino variazione di tracciato al di fuori delle zone di rispetto di cui al d.m. 1° aprile 1968 e di cui al d.P.R. 11 luglio 1980, n. 753, sono approvate dall’autorità espropriante ai fini della dichiarazione di.pubblica utilità e non richiedono nuova apposizione del vincolo preordinato all’esproprio.

Correttamente pertanto, la variante progettuale è stata approvata nel caso di specie dall’autorità espropriante, con effetto di dichiarazione di p.u., e senza che fosse necessario reiterare il vincolo preordinato all’esproprio.

Infatti l’area in questione era già stata destinata all’opera pubblica in virtù di prescrizione della conferenza di servizi del 2000, e per mera omissione non era stata inclusa nel piano particellare di esproprio in sede di dichiarazione di p.u. n. 55/2004. Si poteva pertanto utilizzare lo strumento della variante al progetto esecutivo, necessaria per adeguare il progetto alle prescrizioni della conferenza di servizi, senza necessità di apporre un nuovo vincolo preordinato all’esproprio.

Il meccanismo di cui all’art. 12, comma 2, d.P.R. n. 327 del 2001 riconnette all’approvazione di una variante progettuale in corso d’opera l’effetto di dichiarazione di p.u. senza necessità che sia reiterato il vincolo preordinato all’esproprio. Pertanto, non occorreva che la delibera esplicitasse l’apposizione di tale vincolo, che nello schema normativo non era necessario. Infondato è pertanto l’assunto degli appellanti secondo cui il vincolo espropriativo avrebbe dovuto essere esplicitato ai sensi dell’art. 10. d.P.R. n. 327 del 2000, atteso che il vincolo non occorre nel meccanismo dell’art. 12, comma 2, d.P.R. citato.

6. Con il quinto motivo dei due appelli si assume che il procedimento seguito non sarebbe conforme all’art. 25, l. 17 maggio 1985, n. 210 e neppure al d.P.R. n. 383 del 1994, perché l’accertamento di conformità dell’opera pubblica stratale vi sarebbe stato solo nel 2006.

6.1. La censura è di portata oscura, in quanto la conferenza di servizi del 2000 era espressamente finalizzata all’approvazione della localizzazione di opera pubblica statale non conforme ai vigenti strumenti urbanistici, con effetto di variante degli stessi, in dichiarata applicazione dell’art. 3, d.P.R. n. 383/1994.

Né è chiaro perché si doveva osservare il procedimento di cui all’art. 25, l. n. 210 del 1985, superato ratione temporis dal d.P.R. n. 383/1994, quanto al procedimento di localizzazione, e dal t.u. n. 327 del 2001 quanto al procedimento espropriativo.

7. Con il sesto motivo dei due appelli si contesta il capo di sentenza che ha respinto le censure relative al decreto di occupazione d’urgenza.

7.1. Si lamenta che occorreva motivare sulle ragioni dell’urgenza, che non sarebbero in re ipsa trattandosi non di un intervento di mitigazione ambientale ma di opera autonoma.

Si lamenta che il decreto sarebbe illegittimo anche per la mancata indicazione dei termini di durata.

7.2. Le censure sono infondate.

Si è già osservato che l’area per cui è processo era ab initio destinata ad interventi di mitigazione ambientale. Pertanto, una volta che vi fosse stata la dichiarazione di pubblica utilità e che l’opera pubblica era in corso di realizzazione, era in re ipsa l’urgenza di realizzare in contemporanea i prescritti interventi di mitigazione (v. Cons. St., sez. IV, 29 maggio 2009 n. 3353: "anche in seguito all’entrata in vigore dell’art. 22bis, d.P.R. n. 327 del 2001, l’ordinanza di occupazione d’urgenza riguarda una fase puramente attuativa di quella riguardante la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dei lavori, con la conseguenza che è sufficiente la motivazione dell’ordinanza di occupazione che si limiti a richiamare espressamente tale dichiarazione, che ne costituisce l’unico presupposto e che consenta di rilevare l’urgenza della realizzazione delle opere previste nella dichiarazione di pubblica utilità."; Cons. St., sez. IV, 27 giugno 2007 n. 3696: "la realizzazione di ogni opera pubblica, specie quando siano stati reperiti i finanziamenti, è di per sé particolarmente urgente perché si tratta di soddisfare interessi pubblici, con la conseguenza che la motivazione sulla "particolare urgenza" di avviare i lavori, presa in considerazione dall’art. 22bis t.u. n. 327 del 2001, non è sostanzialmente dissimile dalla "urgenza" indicata nel precedente art. 22, e ciò in quanto in presenza dei presupposti procedimentali prescritti per l’emanazione dell’ordinanza di occupazione d’urgenza (il vincolo preordinato all’esproprio e la dichiarazione di pubblica utilità), l’amministrazione ben può immettersi senz’altro nel possesso dell’area in esecuzione dell’ordinanza di occupazione d’urgenza, per realizzare le opere per le quali c’è stata l’approvazione del progetto e lo stanziamento delle risorse in bilancio".).

Il provvedimento di occupazione d’urgenza non ha pertanto esulato dai presupposti normativi.

Quanto alla questione dell’apposizione del termine, la mancata indicazione della durata dell’occupazione non è vizio di illegittimità del decreto, in quanto l’art. 22bis, d.P.R. n. 327 del 2001 non considera elemento costitutivo del decreto di occupazione l’indicazione del termine di durata, fissando direttamente un termine massimo di efficacia coincidente con quello della dichiarazione di p.u.; infatti il decreto di occupazione d’urgenza perde efficacia se non è emanato il decreto di esproprio entro cinque anni decorrenti dalla dichiarazione di p.u.

8. Con il settimo motivo dei due appelli principali e con l’unico motivo degli appelli incidentali proposti dal Comune di Pero, che vanno esaminati congiuntamente, si contesta il medesimo capo di sentenza che ha dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado proposto avverso la delibera della conferenza di servizi del 2000, ritenuta dal Tribunale amministrativo atto non lesivo.

8.1. Con gli appelli principali osserva che ove si ritenga che da tale conferenza discende il vincolo preordinato all’esproprio, andrebbe esaminata nel merito la censura relativa al vizio di sviamento, eccesso di potere, per illegittimo ampliamento dell’area di mitigazione ambientale.

8.2. Anche il Comune di Pero contesta il capo di sentenza che ha dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado sul presupposto che la conferenza di servizi sarebbe atto meramente preparatorio.

Invece, da esso, ad avviso del Comune di Pero, discendeva il vincolo preordinato all’esproprio, sicché non sarebbe atto meramente preparatorio.

8.3. Il settimo motivo dei due appelli principali va accolto in rito, tuttavia i ricorsi di primo grado vanno respinti nel merito.

L’appello incidentale del Comune di Pero merita accoglimento.

8.4. Si è già osservato che il verbale della conferenza di servizi includeva l’area per cui è processo nell’ambito della localizzazione dell’opera pubblica e comportava apposizione del vincolo preordinato all’esproprio.

Ne consegue che era atto immediatamente e autonomamente lesivo.

Sicché il ricorso di primo grado non poteva essere dichiarato inammissibile sul presupposto erroneo del carattere preparatorio del verbale della conferenza di servizi.

Tuttavia, nel merito (e a prescindere da ogni considerazione sui profili di irricevibilità del ricorso di primo grado, proposto solo nel 2006 avverso un atto del 2000), le censure del ricorso di primo grado vanno disattese sulla base delle considerazioni già svolte, in ordine alla non irragionevolezza della scelta e dimensionamento dell’area da destinare a mitigazione ambientale.

In conclusione, vanno respinti gli appelli principali e accolti quelli incidentali.

Le spese di lite in considerazione della complessità delle questioni possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione sesta), definitivamente pronunciando sugli appelli in epigrafe:

respinge gli appelli principali;

accoglie gli appelli incidentali;

compensa interamente tra le parti le spese e gli onorari del giudizio di appello.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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