Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 01-12-2010) 12-01-2011, n. 604 Giudizio d’appello sentenza d’appello

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza emessa il 14 ottobre 2009, la Corte d’Appello di Napoli, in riforma della pronuncia del Tribunale di Napoli – Sezione Distaccata di Portici del 15 novembre 2005, nei confronti di A. A., in ordine ai reati di cui al D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 40, comma 1, lett. c); art. 679 c.p. e L. n. 327 del 1958, art. 8, commi 1 e 2 dichiarava non doversi procedere per intervenuta prescrizione relativamente alle ultime due violazioni, rideterminando la pena nei confronti del condannato con riferimento al primo reato (violazione del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 40) nella misura di mesi otto di reclusione ed Euro 13.000,00 di multa.

Avverso tale decisione il predetto proponeva personalmente ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e) in relazione all’art. 192 c.p.p., lamentando l’erronea applicazione della richiamata disposizione processuale da parte del giudice dell’appello il quale, con motivazione carente, sebbene specificamente sollecitato nell’atto di impugnazione ad una diversa valutazione del quadro probatorio acquisito nel giudizio di primo grado (con conseguente assoluzione dell’imputato o, in via subordinata, riduzione della pena irrogata), si sarebbe limitato ad un generico ed astratto richiamo alla motivazione del giudice di prime cure omettendo di indicare, in modo esauriente, le ragioni che avrebbero giustificato il mancato accoglimento dell’appello.

Con memoria, depositata il 21 settembre 2010 dalla difesa del condannato, venivano ribadite le censure mosse alla sentenza d’appello, menzionando la giurisprudenza di questa Corte ed insistendo per l’accoglimento del ricorso con richiesta di annullamento della sentenza per intervenuta prescrizione del reato.

Si rappresentava altresì, nella medesima memoria, che nell’atto di appello era stata evidenziata l’assenza, all’esito del giudizio di primo grado, di elementi probatori tali da assicurare che le bombole di gas oggetto di sequestro avessero come destinazione l’uso per autotrazione e ciò in quanto non erano stati rinvenuti la pistola erogatrice ed altri accessori essenziali al rifornimento delle autovetture.

Si sottolineava, infine, l’irrilevanza della circostanza, valorizzata in sentenza, della spontanea sottoscrizione da parte dell’imputato del verbale di sequestro.

Motivi della decisione

Il ricorso va dichiarato inammissibile perchè proposto per motivi manifestamente infondati.

Va preliminarmente osservato come la giurisprudenza di questa Corte, in parte menzionata nella sentenza impugnata e nella memoria prodotta dalla difesa, abbia costantemente ritenuto che la motivazione per relationem effettuata dal giudice d’appello sia generalmente legittima e consenta al giudice di fornire adeguata giustificazioni delle ragioni poste a sostegno della pronuncia.

L’ambito di ammissibilità di una siffatta motivazione è stato, tuttavia, compiutamente delimitato, indicando in modo dettagliato entro quali limiti il giudice d’appello possa avvalersene.

Si è così precisato, in un primo tempo, come non sia necessario, per il giudice d’appello, esaminare nuovamente le questioni genericamente formulate nei motivi di gravame e sulle quali si sia già soffermato il giudice di prime cure, con argomentazioni esatte e prive di vizi logici, quando le censure mosse alla sentenza di primo grado non contengano elementi nuovi rispetto a quelli già esaminati e disattesi (Sez. 5^, n. 4415, 8 aprile 1999; Sez. 5^, n. 7572, 11 giugno 1999; Sez. 6^ n. 31080, 15 luglio 2004).

E’ dunque consentito al giudice di appello uniformarsi, tanto per la ratio decidendi, quanto per gli elementi di prova, agli stessi argomenti valorizzati dal primo giudice, specie se la loro consistenza probatoria sia così prevalente e assorbente da rendere superflua ogni ulteriore considerazione (Sez. 5^, n. 3751, 23 marzo 2000).

In tale circostanza, ciò che si richiede al giudice del gravame è, in definitiva, una valutazione critica delle argomentazioni poste a sostegno dell’appello, all’esito della quale risulti l’infondatezza dei motivi di doglianza (cfr. Sez. 4^, n. 16886, 20 gennaio 2004).

Tali argomentazioni sono state ulteriormente ribadite, osservando che la conformità tra l’analisi e la valutazione degli elementi di prova posti a sostegno delle rispettive pronunce nelle sentenze di primo e secondo grado determina una saldatura della struttura motivazionale della sentenza di appello con quella del primo giudice tale da formare un unico, complessivo corpo argomentativo (Sez. 6^, n. 6221, 16 febbraio 2006).

L’individuazione dei limiti di legittimità della motivazione per relationem trova un ulteriore punto fermo nell’obbligo del giudice d’appello di argomentare sulla fallacia, inadeguatezza o non consistenza dei motivi di impugnazione in presenza di specifiche censure dell’appellante sulle soluzioni adottate dal giudice di primo grado, poichè il mero richiamo in termini apodittici o ripetitivi ala prima pronuncia o la semplice reiezione delle censure predette determina un evidente vizio di motivazione (Sez. 6^, 6221/06 cit.;

Sez. 6^, n. 35346, 15 settembre 2008; Sez. 4^, n. 38824, 14 ottobre 2008, Sez. 3^ n. 24252, 24 giugno 2010).

Date tali premesse, si osserva che, nel caso di specie, il giudice dell’appello non si è limitato ad un acritico richiamo della pronuncia di primo grado, poichè ha chiaramente evidenziato di aver assunto le proprie determinazioni alla luce dell’indirizzo interpretativo formulato dalla giurisprudenza richiamata rilevando, testualmente, che le censure formulate a carico della sentenza del primo giudice non contenevano elementi di novità rispetto a quelli già esaminati e dallo stesso disattesi.

Peraltro lo stesso ricorso presentato dall’ A. è privo di riferimenti specifici alle censure che la Corte d’Appello avrebbe trascurato di esaminare, mentre la memoria difensiva si limitava a riproporre quanto già evidenziato nell’atto di appello risolvendosi, in definitiva, in un generico addebito di mancanza di motivazione.

Correttamente, quindi, la Corte territoriale si è riportata alle argomentazioni del primo giudice che aveva compiutamente dato conto delle prove raccolte a carico dell’ A. nel corso dell’istruzione dibattimentale evidenziando, in particolare, il contenuto delle dichiarazioni rese dal teste escusso il quale, oltre a confermare il già documentato sequestro di 141 bombole di GPL, di un adattatore e di un’elettropompa, aveva riferito con quali modalità si era pervenuti all’individuazione dell’impianto abusivo.

All’inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende che si stima equo determinare in Euro 1000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende oltre al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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