Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 01-12-2010) 12-01-2011, n. 558

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza in data 16.03.2010 il Giudice di Pace di Ancona assolveva con formula d’insussistenza del fatto il nigeriano F. T. dal reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 10 bis, fatto denunciato come commesso il (OMISSIS), giorno del controllo del predetto straniero in territorio dello Stato, reato sul quale, in motivazione, veniva in conclusione rilevata "l’evidente insufficienza degli elementi probatori". Osservava invero detto giudice come non vi fosse prova certa, nel caso di specie, che al momento dell’effettuato controllo fosse decorso il termine previsto dalla normativa dalla data, non nota, di ingresso dell’imputato nel territorio dello Stato entro il quale egli avrebbe dovuto assolvere agli adempimenti amministrativi inerenti il titolo di soggiorno.

2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il Procuratore generale territoriale che motivava l’impugnazione deducendo: a) lo straniero era privo dei documenti personali di identificazione per cui l’ingresso nel territorio italiano non poteva che essere stato clandestino, il che ne rendeva irregolare anche la conseguente permanenza; b) in data 23.12.2009 all’imputato era stato notificato un atto da parte della Questura di Foggia, per cui l’ipotesi del primo giudice – di una fuoriuscita dello straniero e suo successivo rientro in tale breve periodo – non era plausibile.

Motivi della decisione

1. Il ricorso, fondato nei termini di cui alla seguente motivazione, deve essere accolto.

1.1 Va premesso che al predetto imputato è stata contestata la specifica ipotesi di reato dell’illegale trattenimento nel territorio dello Stato, dovendosi rilevare che il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 10 bis prevede – come osserva lo stesso P.G. ricorrente – due condotte (ingresso e trattenimento) caratterizzate da tendenziale reciproca alternatività (ben potendo uno straniero, che abbia fatto ingresso clandenstino, regolarizzarsi, mentre uno straniero, che pur abbia fatto ingresso regolare, rendersi successivamente clandestino), e ciò in evidente relazione alla complessa materia, incisa da numerose integrazioni e modificazioni (si pensi solo alle varie sanatorie). Orbene, ciò posto, non può certo essere condivisa l’affermazione del ricorrente – tra l’altro illogica perchè contraria alla sua stessa premessa – secondo cui, con improponibile automatismo, dal fatto che il F. sia stato trovato privo di documenti personali si dovrebbe trarre l’indefettibile inferenza del suo ingresso clandestino nel territorio dello Stato e quindi del suo successivo stato di clandestinità. Ed invero non può certo escludersi che l’anzidetto straniero possa aver fatto ingresso in modo regolare ed abbia poi, per motivi sopravvenuti di più varia natura (che possono andare dalla libera scelta soggettiva alle imposizioni malavitose o delle note organizzazioni su base nazionale) essere refluito nella irregolarità. Del resto, dalla contingente mancanza di documenti, al momento del controllo, se pur il fatto costituisce ex se violazione di legge, non può certo dedursi, in modo altrettanto indefettibile, che lo straniero tali documenti non possegga in assoluto, affermazione illogica che tende a confondere il dover essere con l’essere, ben molteplici – ancora una volta – potendo essere i concreti motivi per cui uno straniero – ripetesi:

pur violando altra specifica norma – sia solo momentaneamente sprovvisto di documenti.

Insomma, la sequenza proposta dall’Accusa (la contingente mancanza di documenti equivale ad assoluta mancanza di documenti, la mancanza di documenti equivale ad ingresso clandestino, l’ingresso clandestino equivale a trattenimento clandestino) non può essere condivisa. In realtà ogni passaggio deve essere adeguatamente provato. Orbene, su tutti tali profili fin qui analizzati, la ricorrente accusa pubblica, se da un lato propone spunti critici connotati da un non accettabile automatismo, dall’altro però colpisce l’evidente genericità della motivazione della sentenza impugnata che, lungi da approfondire nello specifico caso i temi suddetti, imprescindibili per la decisione, ripiega a sua volta su un automatismo di segno negativo ancorato solo al sistema e molto poco alla specifica vicenda.

1.2 Anche il secondo motivo di ricorso del P.G. – peraltro in sè riconducibile ad un accertamento in fatto (se lo straniero sia uscito e poi rientrato tra il (OMISSIS), giorno del suo controllo in (OMISSIS)) – viene impostato in termini di plausibilità, e dunque – in difetto di più specifici elementi concreti- con riferimento alla logica della motivazione dell’impugnata sentenza, che però tale tema assolutamente non tratta ex professo, limitandosi ad un – in sè – insignificante riferimento alla "acquisita relazione di servizio" senza ulteriore specificazione. E’ evidente, pertanto, la carenza di motivazione su tale punto.

1.3 Si impone dunque annullamento dell’impugnata sentenza per vizio di motivazione. Il giudice di rinvio, alla stregua dei rilievi formulati da questa Corte come sopra espressi, dovrà colmare le rilevate lacune, anche attraverso ulteriore ed opportuno approfondimento probatorio, nell’apporto dell’Accusa che dovrà provare i suoi assunti, ma anche se del caso ex officio in forza dei poteri discendenti dall’art. 507 c.p.p., fermo restando che le prove, sia rappresentative che logiche, dovranno convergere sul tema del trattenimento illegale, limite posto dalla contestazione.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Giudice di Pace di Ancona.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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