T.A.R. Abruzzo Pescara Sez. I, Sent., 12-01-2011, n. 60 Ricorso giurisdizionale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

I ricorrenti, che affermano di voler proporre un ricorso "cumulativo urgente", ricostruiscono la vicenda della domanda di permesso a costruire, negata con atto emesso ai sensi dell’art. 10 bis della legge 241 del 1990 e ricevuto in data 11 gennaio 2006.

Dopo ulteriori carteggi con l’amministrazione, la stessa, in data 6 settembre 2009, negava il permesso a costruire, con l’atto qui gravato.

Uno dei ricorrenti fa presente di aver chiesto un condono edilizio in data 31 dicembre 1986, su cui il Comune chiedeva documentazione integrativa il 28 settembre 1995, rimessa in data 30 dicembre 1995.

I ricorrenti illustrano a sostegno i seguenti motivi di diritto:

1. Violazione della normativa edilizia vigente e dell’art. 35 della legge 47/1985.

2. Nullità del procedimento per inosservanza delle norme processuali.

3. Difetto di istruttoria.

4. Omessa e illogicità della motivazione.

5. Violazione del giusto procedimento, travisamento ed erronea valutazione dei fatti, illogicità, contraddittorietà, difetto di motivazione e istruttoria, sviamento.

6. Violazione della legge 47 del 1985.

7. Violazione della Costituzione (articoli 1, 2, 3, 4, 10, 13, 15, 19, 21, 23, 24, 25, 27, 33, 35, 70, 97, 98, 101 – 110, 11, 112, 113, 114 e seg.), della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (articoli 6, 7, 10, 13, 14, 17 e 18), difetto di istruttoria e di motivazione, illogicità e ingiustizia manifesta, violazione della legge 241 del 1990 e del principio di legalità.

I ricorrenti elencano poi tutta una serie di vizi del procedimento.

Il Comune eccepisce l’inammissibilità del ricorso in quanto cumulativo e collettivo.

L’intervento di A.A. e A.L.D.R. sarebbe poi inammissibile.

Sempre ad avviso del Comune, il ricorso sarebbe infine inammissibile in quanto tardivo.

Si è costituita anche l’Unione dei comuni della Marrucina che chiede la sua estromissione dal giudizio risultandovi estranea.

Infine, nel corso della pubblica udienza del 2 dicembre 2010, dopo ampia illustrazione del ricorso da parte del patrono dei ricorrenti, la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

Oggetto della presente controversia sono una serie di atti, tra cui il diniego di permesso a costruire del 5 settembre 2006 e la richiesta di reiterazione della documentazione sulla sanatoria edilizia n. 135 del 1986. I ricorrenti chiedono poi l’accertamento del silenzio assenso sulla domanda di condono, l’accertamento delle responsabilità dei responsabili del procedimento e il risarcimento dei danni in relazione a tutte le domande proposte.

Come rettamente eccepito, va estromessa dal giudizio l’Unione del Comuni della Marrucina, in quanto la materia dell’edilizia e urbanistica viene ancora gestita in prima persona dal Comune di Filetto.

Il ricorso in epigrafe va qualificato come cumulativo e collettivo, in quanto si impugna il diniego del permesso a costruire di F. e L.A., la domanda di integrazione di documenti sul condono chiesto da A.A. e l’accertamento del silenzio assenso sulla medesima domanda di condono.

Invero, come noto, nel processo amministrativo il ricorso cumulativo è ammissibile soltanto quando tra gli atti impugnati sussiste quanto meno una connessione procedimentale ovvero un rapporto di presupposizione giuridica o quantomeno di carattere logico, in quanto i diversi atti incidono sulla medesima vicenda, ovvero qualora sussista tra i provvedimenti impugnati un vincolo di connessione, che legittimerebbe la riunione dei ricorsi (Consiglio di Stato, sez. IV, 6 maggio 2010, n. 2626).

Quanto al ricorso collettivo esso è ammissibile a patto che l’interesse sostanziale fatto valere non presenti punti di contrasto tra i ricorrenti, cosicché l’eventuale accoglimento del gravame torna a vantaggio di tutti; è necessario, inoltre, che le domande giurisdizionali siano identiche nell’oggetto, che gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e siano censurati per gli stessi motivi. Quando, poi, il ricorso collettivo riguarda anche una pluralità di atti (ricorso insieme cumulativo), occorre che tra gli stessi sussistano oggettivi elementi di connessione, in quanto riconducibili nell’ambito del medesimo rapporto o di un’unica sequenza procedimentale (tra le tante, T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 15 settembre 2010, n. 5988).

Nel caso in esame i requisiti indicati non sussistono, come emerge ad una semplice lettura del ricorso, rivolto avverso atti diversi riguardanti diversi soggetti e diversi oggetti; il ricorso medesimo risulta pertanto inammissibile.

Invero, a pagina 24 del ricorso introduttivo i ricorrenti spiegano che i ricorrenti F. e L.A. hanno chiesto di ampliare l’edificio sulla particella n. 474 area di pertinenza sub 1, mentre il fabbricato nella pertinenza sub 2 rimane dei coniugi A.A. e A.L.D.R.. In tal modo, per stessa ammissione dei ricorrenti, si dimostra la mancata connessione tra le due vicende e i due principali atti gravati. A conferma, nella nota datata 28 – 29 aprile 2006 depositata in causa dalla parte ricorrente e rivolta all’ingegnere Angelo Giamberardino, si precisa che l’opera di ristrutturazione edilizia non riguarda minimamente la pertinenza sub 2, riguardando solo la pertinenza sub 1.

L’annullamento della richiesta d’integrazione documentale riguarda invece la domanda di condono di A.A., per cui la mancanza di connessione e l’inammissibilità del ricorso risulta palese. Si tratta poi dell’impugnazione di una richiesta di documento, atto endoprocedimentale e interlocutorio non lesivo, per cui anche per tale aspetto il ricorso risulta inammissibile.

La domanda poi contenuta nel motivo di ricorso sub. 4 recante una curiosa richiesta di accertamento di "responsabilità dei responsabili del procedimento" risulta anch’essa palesemente inammissibile nell’ambito di un giudizio amministrativo.

La domanda di annullamento del diniego del permesso costruire risulta poi tardiva essendosi già formato il silenzio rigetto ex art. 20 del TU sull’edilizia (citato dai ricorrenti a pagina 8 del ricorso introduttivo), non tempestivamente impugnato.

In ogni caso, la tardività poi emerge relativamente al diniego comunale del 15 giugno 2006 prot. 2574, rispetto al quale la nota n. 3179 del 27 luglio 2006 risulta meramente confermativa, come espressamente indicato nella sua parte dispositiva: "si ribadisce quanto espresso nella nota prot. N. 2574 del 15.06.2006.".

Per mero scrupolo si aggiunga come l’opera oggetto di domanda di permesso a costruire vada qualificata come nuova costruzione, risultando variata la volumetria e la sagoma del fabbricato esistente, come emerge dalla documentazione in atti; ne consegue che l’opera non era assentibile ai sensi dell’art. 24 delle NTA vigenti, articolo citato e depositato in causa dalla stessa parte ricorrente.

Infine, il ricorso risulta inammissibile per palese indeterminatezza e genericità dei motivi di gravame, esposti in modo quasi incomprensibile e retoricamente sovrabbondante (in particolare nel motivo n. 7 si citano più di trenta articoli della Costituzione e della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, senza alcuna specificazione o puntuale individuazione dei presunti vizi).

Per completezza, va aggiunto che l’ultima memoria di parte ricorrente, depositata in data 20 novembre 2010 e quindi fuori termine, rispetto alle disposizioni del Codice del processo amministrativo (art. 73), applicabile alle fasi procedurali autonome non in corso alla data del 16 settembre 2010, (memoria che peraltro questo Collegio ritiene di ammettere applicando l’istituto dell’errore scusabile, avendo il ricorrente utilizzato i termini antecedenti all’entrata in vigore del Codice sul processo amministrativo) risulta anch’essa inammissibile, oltre che per assoluta genericità, anche in quanto contenente gravi e inaccettabili espressioni e illazioni non solo estranee alla vicenda, ma palesemente inconferenti in un giudizio proposto davanti al giudice amministrativo.

In conclusione, estromessa dal giudizio l’Unione del Comuni della Marrucina, il ricorso va dichiarato inammissibile per tutte le ragioni indicate.

Le spese di giudizio, come di regola (articoli 91 e seguenti del codice di procedura civile, richiamati dall’art. 26 del Codice del processo amministrativo – Decreto legislativo 2 luglio 2010 n. 104) seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’ Abruzzo sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Condanna i ricorrenti al pagamento a favore del Comune di Filetto delle spese ed onorari di giudizio, che liquida in complessivi euro 3.000 (tre mila), oltre agli accessori di legge, mentre a favore dell’Unione del Comuni della Marrucina, che si è difesa in giudizio, vanno liquidati ulteriori euro 1.000 (mille), oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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