Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 03-02-2011, n. 2598 Prepensionamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

T.L., licenziata da Poste italiane s.p.a con decorrenza dal 31 marzo 2002 nell’ambito di una procedura di licenziamento collettivo ha impugnato il recesso per violazione della L. n. 223 del 1991, sotto vari profili.

L’impugnazione, rigettata in primo grado, è stata accolta dalla Corte d’appello di Roma.

Per quel che ancora interessa, il giudice di merito riferisce che la lavoratrice aveva addebitato alla sentenza del tribunale di aver ritenuto legittimo il criterio unico di scelta dei lavoratori costituito dall’anzianità contributiva, aveva contestato l’assolvimento da parte del datore di lavoro dell’onere di puntuale indicazione delle modalità applicative dei criteri di scelta, ed aveva censurato gli effetti discriminatori delle modalità di scelta, osservando che i lavoratori licenziati non esaurivano il numero di quelli per i quali valeva il criterio della prepensionabilità alle date concordate nell’accordo sindacale del 17 ottobre 2001, avendo l’azienda mantenuto in servizio, fino al 31 dicembre 2002, 100 dipendenti prepensionabili.

E’ giudice del merito, richiamando Sa giurisprudenza di questa Corte, osserva che la previsione del prepensionamento come unico criterio di scelta è ammissibile ed è idonea a costituire la base di una graduatoria per la scelta stessa, ma non esonera il datore di lavoro dalla puntuale indicazione delle modalità applicative del criterio.

In altri termini, non basta allegare l’elenco dei lavoratori licenziati e degli altri dipendenti ed indicare i criteri in astratto applicabili, ma occorre dar specifico conto delle loro modalità di applicazione, indicando il procedimento di raffronto fra le singole posizioni, e la finale risultanza scaturente da tale procedura.

Ciò premesso, la Corte territoriale ritiene che Poste italiane s.p.a. fosse pienamente consapevole che l’unico criterio adottato non era sufficiente per effettuare, secondo buona fede e correttezza, la scelta dei lavoratori da licenziare fra quelli prepensionabili, quanto meno con riferimento ai 100 da mantenere in servizio fino al 31 dicembre 2002, e che non avesse in alcun modo esplicitato le modalità applicative dell’ulteriore criterio adottato, non consentendo così nè alle organizzazioni sindacali nè al singolo lavoratore di verificare la correttezza della sua condotta da punto.

Secondo il giudice di merito, in sostanza, la comunicazione L. n. 223 del 1991, ex art. 4, comma 9, è, nella specie, da ritenere insufficiente per omessa puntuale indicazione delle modalità di applicazione dei criteri di scelta, con conseguente inefficacia del licenziamento e necessità di adottare le conseguenti pronunzie reintegratorie e risarcitorie.

Poste italiane s.p.a chiede la cassazione di questa sentenza con ricorso per due motivi. L’intimata resiste con controricorso Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Motivi della decisione

Il primo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione della L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 4, comma 9 e si addebita, in sintesi, alla sentenza impugnata di non aver considerato che un modo di applicazione del criterio ha un senso qualora il criterio, sebbene unico, preveda differenziate vie di applicazione mentre ciò non vale quando, come nel caso di specie, criteri e modalità applicative coincidano.

Il secondo motivo di ricorso denunzia insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia con riguardo alla pretesa incomprensibilità della scelta di mantenere provvisoriamente in servizio alcuni dei dipendenti licenziandi.

I due motivi, da esaminare congiuntamente perchè connessi, sono infondati.

Il giudice di merito ha infatti accertato, motivando sul punto, in particolare con l’evidenziare il mantenimento in servizio di un certo numero di lavoratori, che il criterio richiedeva ulteriori specificazioni applicative ed ha quindi richiamato il principio secondo cui nella procedura di mobilità, la previsione, di cui alla L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 4, comma 9 – in base al quale il datore di lavoro, nella comunicazione preventiva con cui da inizio alla procedura, deve dare una "puntuale indicazione" dei criteri di scelta e delle modalità applicative – comporta che, anche quando il criterio prescelto sia unico, il datore di lavoro deve provvedere a specificare nella detta comunicazione le sue modalità applicative, in modo che essa raggiunga quel livello di adeguatezza sufficiente a porre in grado il lavoratore di percepire perchè lui – e non altri dipendenti – sia stato destinatario del collocamento in mobilità o del licenziamento collettivo e, quindi, di poter eventualmente contestare l’illegittimità" della misura espulsiva (cfr. di recente Cass. 22 marzo 2010, n. 6841; 19 dicembre 2008 n. 29831; 5 agosto 2008 n. 21138; 8 novembre 2007 n. 23275; 19 maggio 2006 n. 11886).

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, ma la non piena univocità del quadro giurisprudenziale giustifica la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso; compensa le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *