Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 24-09-2010) 12-01-2011, n. 618 Ammissibilità e inammissibilità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 3 giugno 2009 la Corte d’Appello di Napoli, così riformando la pronuncia di condanna emessa dal Tribunale di Torre Annunziata, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di T.S.in ordine al delitto di lesione volontaria grave in danno di U.L., così avendo riqualificato il fatto ricondotto dal primo giudice all’ipotesi lieve, per essere il reato estinto per prescrizione in conseguenza del giudizio di equivalenza delle attenuanti genetiche; ha invece tenuto ferma la condanna dell’imputato al risarcimento dei danni in favore della parte civile.

Secondo l’ipotesi accusatoria, fatta propria dal giudice di merito, nel corso di una discussione fra avvocati in udienza l’imputato aveva colpito la persona offesa con una testata al naso, cagionando la frattura delle ossa nasali cui era conseguito l’indebolimento permanente dell’organo della respirazione.

Ha proposto ricorso per cassazione il T., in base a motivi separatamente presentati dai due difensori, Avv.ti Antonio Graziarli e Bemardo Brancaccio.

Col primo dei sette motivi redatti dall’Avv. Graziani il ricorrente denuncia travisamento del fatto in ordine al giudizio espresso dal consulente tecnico della difesa; costui aveva espresso il parere che un deficit respiratorio fosse giustificato solo a seguito di eventi traumatici produttivi di fratture scomposte delle ossa del naso o di una contusione del setto di cospicue dimensioni: senza aggiungere, contrariamente – si assume – a quanto osservato dalla Corte di Appello, che ciò si fosse verificato nel caso di specie.

Col secondo motivo il ricorrente deduce omessa motivazione in ordine all’accertamento del nesso causale tra il fatto per cui si procede e il deficit ventilatorio accusato dall’ U..

Col terzo motivo, connesso al precedente, denuncia errata applicazione degli artt. 40 e 41 c.p..

Col quarto motivo impugna l’osservazione, svolta nella sentenza, secondo cui non sarebbe plausibile, se la deviazione del setto nasale risalisse al 1984, che l’ U. nulla avesse fatto in proposito per sedici anni, per poi addossare la responsabilità della menomazione al T..

Col quinto motivo deduce l’inosservanza dei canoni di valutazione della prova di cui all’art. 192 c.p.p., comma 2.

Col sesto motivo denuncia violazione dell’art. 129 c.p.p., comma 2, per essersi proceduto all’accertamento della natura ed intensità delle lesioni, nonchè della presenza di circostanze aggravanti, in contrasto con l’obbligo di immediata declaratoria della causa di estinzione del reato dipendente dalla prescrizione.

Col settimo motivo eccepisce di avere ricevuto la notifica di una copia meramente parziale dell’appello della parte civile; lamenta, altresì, l’omessa disamina della propria eccezione di tardività dell’appello del Procuratore Generale.

Il ricorso a firma dell’Avv. Brancaccio si articola in tre motivi.

Col primo di essi il ricorrente denuncia carenza motivazionale in ordine alla ritenuta gravità della lesione, esclusa dal primo giudice in adesione al parere espresso dal perito d’ufficio.

Col secondo motivo lamenta che il collegio di seconda istanza, pur avendo ritenuto necessario procedere alla rinnovazione della perizia, si sia poi immotivatamente discostato dalle conclusioni raggiunte dal nuovo perito medico-legale da esso stesso officiato.

Col terzo motivo deduce, per le stesse ragioni, un vizio di contraddittorietà della motivazione, per essersi il giudice sostituito al perito nelle valutazioni che ha pur riconosciuto essere di competenza di costui.

Motivi della decisione

Esaminando nel corretto ordine logico-giuridico le molteplici questioni introdotte dai motivi di ricorso, viene per prima in osservazione l’eccezione sollevata in udienza dal difensore della parte civile, col rilevare che l’Avv. Graziani – sottoscrittore di uno dei ricorsi e comparso in udienza in difesa del ricorrente – "non è costituito" e che già l’imputato risultava assistito da ben tre difensori. L’inferenza non è accoglibile sotto il primo profilo in quanto la difesa dell’imputato non richiede alcun formale atto di "costituzione", sufficiente essendo la nomina del difensore proveniente dall’interessato: nomina che, nel caso di specie, risulta apposta in calce al ricorso.

Sotto il secondo profilo, inerente al numero dei difensori, l’infondatezza dell’eccezione deriva dal principio già enunciato da questa Corte Suprema, secondo cui "la previsione di cui all’art. 24 disp. att. c.p.p. – per la quale la nomina del terzo difensore si considera senza effetto finchè la parte non provvede alla revoca delle nomine precedenti che risultino in eccedenza – deve essere raccordata, nel caso di assistenza dinanzi alla Corte di cassazione, con il disposto dell’art. 613 c.p.p. che richiede la presenza di un difensore iscritto nell’albo speciale della Corte, con la conseguenza che si deve ritenere valida ed efficace la nomina del difensore cassazionista, ancorchè in eccedenza rispetto alle precedenti nomine dei difensori di fiducia" (Cass. 7 marzo 2008 n. 14897).

Viene ora in esame l’eccezione di inammissibilità dell’appello proposto dal Procuratore Generale avverso la sentenza di primo grado;

in ordine ad essa la difesa del T. lamenta che Corte d’Appello abbia omesso la relativa disamina, sebbene a ciò sollecitata.

In argomento va detto che la – pur sussistente – lacuna motivazionale denunciata dal ricorrente non è causa di annullamento della sentenza in considerazione del fatto che, sulla inosservanza di norme processuali, la Corte di Cassazione decide in maniera diretta e non attraverso il sindacato sulla motivazione adottata dal giudice a quo:

e ciò in quanto nell’esame delle questioni inerenti a vizi in procedendo è giudice anche del fatto e può, pertanto, procedere direttamente all’esame dei relativi atti processuali.

Prima ancora di attendere al predetto esame, tuttavia, corre l’obbligo di rilevare che la questione qui riproposta è, nel caso concreto, priva di rilevanza effettiva. Ed invero, essendo in contestazione il gravame proposto da un organo del pubblico ministero, come tale legittimato a impugnare la sentenza soltanto agli effetti penali, la dichiarata estinzione del reato per effetto di prescrizione priva di qualsiasi interesse la verifica di tempestività dell’appello finalizzato a far riconoscere la sussistenza di un’aggravante del reato, per il quale era stata emessa condanna in prime cure. Ed invero, quand’anche la verifica di tempestività sollecitata dal ricorrente conducesse all’accoglimento dell’eccezione, per nulla muterebbe l’esito processuale consistito nella pronuncia di proscioglimento per estinzione del reato: per cui deve concludersi che il T. non ha un interesse concreto ed effettivo a far valere la tardività dell’appello del P.G., il che rende inammissibile il motivo di ricorso in esame.

Altra questione di rito sollevata dal ricorrente è quella che attiene alla incompletezza della copia dell’atto di appello della parte civile utilizzata per la notifica del gravame all’imputato.

In proposito va qui ricordato che la giurisprudenza di legittimità è costante nell’affermare che l’omissione stessa della notifica dell’impugnazione alle parti antagoniste nel processo non è causa di nullità di ordine generale (non rientrando nell’elencazione dell’art. 178 c.p.p.), nè di inammissibilità del gravame (non essendo prevista tra i casi di cui all’art. 591 c.p.p.), mentre ne può soltanto derivare la mancata decorrenza del termine per proporre appello incidentale (Cass. 10 dicembre 2009 n. 3266; Cass. 25 novembre 2008 n. 5525; Cass. 11 aprile 2007 n. 16891); a maggior ragione non è ipotizzarle alcuna sanzione processuale nel caso di mera incompletezza della copia notificata, essendo comunque raggiunto lo scopo di far conoscere al destinatario l’esistenza dell’impugnazione ed essendo sempre possibile alla parte interessata prendere cognizione del testo integrale dell’atto, contenuto nel fascicolo processuale.

Venendo all’esame dei restanti motivi di ricorso, giova rimarcare che può ormai ritenersi acquisita la ricostruzione del fatto nella sua storicità, secondo la quale nel corso di un’udienza insorse una discussione fra gli avvocati U. e T. e ad un tratto quest’ultimo, in uno scatto d’ira, colpì il collega con una testata al naso; sicchè le restanti ragioni di contestazione riguardano la gravità delle conseguenze derivatene sotto il profilo dell’indebolimento permanente dell’organo respiratorio; la questione, non più d’interesse in questa sede sul versante penale a motivo della già dichiarata prescrizione del reato, conserva intatta la sua rilevanza ai fini delle statuizioni civili, siccome idonea a influire considerevolmente sulla liquidazione dei danni rimessa al giudice civile.

Nell’approccio al thema decidendum corre l’obbligo di osservare innanzi tutto come non sia richiamato a proposito l’obbligo di immediata declaratoria della causa di estinzione del reato, quale ragione assertivamente impeditiva dei rinnovati accertamenti peritali svolti in grado di appello. Ed invero, a fronte di un’imputazione di lesione volontaria gravissima (in relazione al contestato sfregio permanente del viso) o quanto meno grave (in relazione all’indebolimento dell’organo della respirazione), mantenuta attuale dall’appello del pubblico ministero e comportante, se fondata, la correlazione del termine prescrizionale ordinario – con modalità diverse a seconda della disciplina da adottarsi in concreto L. 5 dicembre 2005, n. 251, ex art. 10 – alla corrispondente pena edittale, il giudice di secondo grado aveva il potere-dovere di espletare l’attività istruttoria ritenuta necessaria all’accertamento delle aggravanti contestate; e solo in esito alla rinnovata valutazione, seguita all’approfondimento istruttorio, quel collegio è pervenuto ad affermare la sussistenza della sola aggravante di cui all’art. 583 c.p., comma 1, n. 2, neutralizzata in virtù del giudizio di equivalenza rispetto alle attenuanti genetiche, giungendo per tal via a ritenere maturato il termine prescrizionale.

Per quanto si riferisce alle censure mosse alla cennata valutazione, sono senza dubbio condivisibili i principi giurisprudenziali evocati dal ricorrente in ordine alla necessità di dare compiuta motivazione, per un verso, alla decisione che importi totale riforma della sentenza di primo grado e, per altro verso, al giudizio difforme dalle conclusioni raggiunte dal perito appositamente officiato. Tuttavia tale obbligo di motivazione deve tenersi per adempiuto ogniqualvolta siano esplicitate, in modo completo e logicamente ineccepibile, le ragioni del convincimento contrastante col precedente deliberato e/o col parere tecnico del perito: senza che il sindacato di legittimità possa estendersi a una valutazione degli argomenti addotti sotto il profilo della persuasività.

Orbene, nel caso concreto la Corte d’Appello di Napoli ha esposto il discorso giustificativo in modo esauriente e conforme ai canoni della logica, valorizzando in primis la copiosa e lunga epistassi subita dalla persona offesa quale circostanza dimostrativa di una vera e propria frattura delle ossa nasali, e non già di una mera contusione al setto; a tanto si è indotta considerando anche, in assonanza coi consulenti di parte civile, che nella radiografia eseguita il giorno stesso del fatto, (OMISSIS), era dato riscontrare un’interruzione della continuità ossea, poi risultata ridotta nella radiografia del (OMISSIS) e consolidatasi in quella del (OMISSIS); che anteriormente all’episodio per cui è processo il medico curante dell’ U. aveva constatato la piena funzionalità respiratoria del suo naso; che il raffronto fra le fotografie riproducenti il viso della parte civile, prima e dopo il fatto, dimostrava chiaramente l’intervenuta deviazione del setto nasale; che l’intervento di rinosettoplastica subito in epoca antecedente risaliva all’anno 1984, per cui non era pensabile che la perdita di funzionalità, se fosse dipesa da quell’evento, si sarebbe protratta per ben sedici anni senza che l’ U. si sottoponesse a un nuovo intervento correttivo (l’aggiunta "per poi addossarne la responsabilità al T.", fatta segno a critica dal ricorrente, nulla apporta o toglie alla consequenzialità del ragionamento).

Le considerazioni testè sommariamente riassunte, sulla cui efficacia persuasiva – giova ribadirlo – non è consentita alcuna censura in questa sede, rispondono ai canoni della logica e rendono pienamente conto delle ragioni di dissenso del giudice di appello rispetto al deliberato di primo grado. E tanto basta a far sì che la decisione impugnata resista alle molteplici critiche, volte a prospettare un’individuazione alternativa della matrice causale da attribuirsi all’attuale carenza di funzionalità respiratoria.

A ciò vi è soltanto da aggiungere che non sussiste il preteso travisamento delle parole del consulente della difesa, insito secondo il ricorrente nell’uso, da parte della Corte di merito, dell’espressione: "Il perito dell’imputato, dr. B., ha osservato che un deficit respiratorio è giustificato solo a seguito di eventi traumatici produttivi di fratture scomposte del naso o di una contusione del setto di cospicue dimensioni. E nel caso in esame vi fu, come detto, sia la frattura delle ossa nasali, che la deviazione del setto". Al riguardo va rimarcato che solo il primo dei due periodi riferisce il contenuto dell’affermazione del ct. di parte, mentre il secondo riflette la valutazione della Corte; ciò emerge con evidenza sia dalla separazione dei due periodi, che nel testo della sentenza (contrariamente a quanto fatto nel ricorso) sono separati da un’interruzione di paragrafo; sia dalla mancata ripetizione della preposizione "che", alla quale si sarebbe altrimenti fatto ricorso; sia, infine, dall’inciso "come detto", attraverso il quale è richiamato in sintesi il complesso delle argomentazioni precedentemente svolte nella sentenza.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Spetta alla parte civile la rifusione delle spese di difesa sostenute nel presente giudizio di legittimità; la relativa liquidazione è effettuata in complessivi Euro 2.500,00, da maggiorarsi in ragione degli accessori di legge.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè alla rifusione delle spese a favore della parte civile, che liquida in complessivi Euro 2.000,00 oltre accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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