Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 01-12-2010) 13-01-2011, n. 656 Dichiarazione; Reati tributari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza emessa in data 7 Aprile 2010 la Corte di Appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale di Milano che in data 16 Febbraio 2009 aveva dichiarato estinte le violazioni previste per gli anni 2000 e 2001 e quindi, concesse le attenuanti generiche e la diminuente per il rito abbreviato, aveva condanno il Sig. S. alla pena di un anno di reclusione in relazione a plurimi reati D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, ex art. 5, relativi agli anni 2002-2004.

In particolare, la Corte di Appello ha ritenuto coperta da giudicato la condanna per le annualità 2002-2003, annualità per le quali non è stato proposto alcun motivo di appello, ed ha quindi respinto la richiesta dell’imputato di vedere esclusa la responsabilità con riferimento all’anno d’imposta 2004 per avere egli aderito alla procedura di condono e versato una parte delle somme dovute (6 rate, pari ad Euro 36.769,00, sulla somma totale di Euro 94.307,00). La Corte territoriale ha considerato che il versamento solo parziale impedisce l’applicazione della L. n. 289 del 2002 art. 8 e non consente neppure l’applicazione della circostanza attenuante speciale prevista dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 13.

Avverso tale decisione il Sig. S. propone ricorso tramite il Difensore.

Con primo motivo lamenta violazione di legge per avere la Corte di Appello omesso di considerare che il versamento spontaneo di oltre 36.000,00 Euro, che precedette gli accertamenti della Guardia di Finanza e l’atto di accertamento, comporta l’abbattimento dell’imposta evasa al di sotto della soglia di punibilità fissata dalla legge a 77.468,53 e, di conseguenza, l’esclusione della rilevanza penale del fatto. Opinare diversamente priverebbe di ogni rilevanza una condotta spontanea di adempimento successivo all’obbligazione fiscale.

Con secondo motivo lamenta la mancata dichiarazione di prescrizione per i fatti contestati in relazione agli anni d’imposta 2002-2003. La Corte ha errato nel non applicare il disposto dell’art. 129 c.p.p., che avrebbe imposto di rilevare l’avvenuta estinzione dei reati anche se questi non erano stati oggetto di specifica impugnazione. La violazione relativa all’anno 2002 si era certamente prescritta alla data della pronuncia di secondo grado.

Motivi della decisione

1. La Corte ritiene che il primo motivo di ricorso sia manifestamente infondato. Il versamento dell’imposta effettuato successivamente alla dichiarazione dei redditi, per quanto spontaneo, non elimina l’antigiuridicità del fatto e l’avvenuta consumazione del reato.

Detto versamento assume rilevanza rispetto al giudizio di responsabilità soltanto nel caso che risponda ai requisiti per l’estinzione del reato fissati dalla disciplina in materia di condono, oppure rispetto all’applicazione della circostanza attenuante fissata dal D.Lgs. 10 Marzo 2000, n. 74, art. 13. Va, dunque, escluso che la condotta del ricorrente successiva alla scadenza dei termini di presentazione delle dichiarazioni annuali possa avere influenza sulla determinazione dell’imposta evasa e, parimenti, sul superamento della soglia di punibilità.

Afferma il ricorrente che tale interpretazione della legge priverebbe di rilevanza il comportamento successivo alla commissione del reato.

Tale affermazione, che, sia detto per inciso, conferma come la condotta riparatoria successiva intervenga a reato oramai perfezionato, non può essere condivisa, posto che la presentazione di dichiarazione integrativa e il versamento dell’imposta dovuta risultano condotte in ogni caso valutabili ai fini della possibile applicazione delle circostanze attenuanti previste dall’art. 62 bis c.p. o della citata attenuante speciale, al pari di tutte le condotte che successivamente alla commissione di un reato integrino un risarcimento parziale o totale delle conseguenze dannose dell’illecito.

2. Quanto alla mancata dichiarazione di estinzione dei reati per intervenuta prescrizione, la Corte rileva che il termine massimo di sette anni e sei mesi di prescrizione (termine più favorevole introdotto dalla L. n. 251 del 2005 e applicabile al caso in esame) decorre dalla data di scadenza dei termini di presentazione delle dichiarazioni IVA e HDD, relativi a ciascun anno d’imposta. Va così escluso che i termini prescrizionali relativi ai reati commessi per gli anni d’imposta 2002 e 2003 siano maturati anteriormente alla sentenza della Corte di Appello, pronunciata il 7 Aprile 2010. Anche il secondo motivo di ricorso, dunque, risulta manifestamente infondato.

Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 16 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.

Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, nonchè al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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