Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 02-12-2010) 14-01-2011, n. 737 Impugnazioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 26.4.2010 il tribunale di Como, su richiesta delle parti, applicava la pena di anni due e mesi otto di reclusione ed Euro 8000 di multa a M.M., per il reato di cui all’art. 416 c.p. e per violazione D.Lgs. n. 236 del 1998, art. 12. 2. Avvero la sentenza interponeva ricorso per Cassazione la difesa per lamentare che il consenso del pm era stato espresso su una pena di anni due e mesi otto di reclusione ed Euro 7.5000 e che su quella successivamente applicata non sarebbe intervenuto consenso, di talchè deduceva la violazione di legge, anche in considerazione del fatto che per il reato satellite (art. 416 c.p.) non è prevista la pena pecuniaria e dunque non andava aumentata la pena ad Euro 8000, ma andava determinata in 7500 Euro. Inoltre viene dedotto il profilo di insufficiente o carente motivazione, non essendo stato dato atto dei criteri di cui all’art. 133 c.p., che sono stati seguiti nel valutare congrua la pena.

3. Il Pg ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso, sul presupposto che la richiesta con cui è stata aumentata la pena pecuniaria di 500 Euro, rispetto alla prima proposta, promanò dall’imputato e non dal Pm, con il che in capo all’imputato non vi è interesse a ricorrere. Quanto poi alla mancanza di motivazione è notorio che l’obbligo di motivazione va calibrato in funzione della natura della sentenza.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile.

La pena che è stata applicata è esattamente quella conforme alla richiesta della parte; non si versa in ipotesi di pena illegale, poichè una volta ritenuta la continuazione tra più reati, la determinazione della pena deve essere operata aumentando fino al triplo la pena per la violazione più grave, indipendentemente dal fatto che per i reati minori siano previste pene di specie e natura diverse (cft. Cass. Sez. 1, n. 15986) e dunque è stato corretto il calcolo della pena intervenuto in un momento successivo alla prima richiesta: difetta dunque l’interesse della parte ad impugnare.

Quanto poi alla ritenuta assenza di motivazione, la doglianza è del tutto infondata poichè, seppur succintamente, il giudice del Tribunale di Como ha dato atto che la pena proposta si profilava equa alla luce delle condizioni di vita dell’imputato, del suo corretto comportamento processuale e dell’ampia confessione resa, dati che consentivano la concessione delle circostanze attenuanti generiche, con il che deve ritenersi assolto l’obbligo di motivazione, obbligo che come è noto deve essere calibrato in funzione della natura propria della sentenza e che nel caso della sentenza di applicazione pena va ritenuto adempiuto anche con un argomentare scarno.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1500,00 alla cassa delle ammende, giusto il disposto dell’art. 616 c.p.p..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al pagamento della somma di Euro 1.500,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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