Cass. civ. Sez. II, Sent., 07-02-2011, n. 3023 Opposizione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La S.P.A.T.I. s.p.a. – Società Pubblicità Affari Totalizzatori Informazioni proponeva opposizione avverso il decreto con cui il Presidente del Tribunale di Milano le aveva ingiunto di pagare a favore della Sistema Tre s.r.l. la somma di L. 128.934.838 a titolo di corrispettivo di lavori di ristrutturazione realizzati presso le sue sale da gioco del nord Italia.

Deduceva che i lavori in questione erano stati appaltati e pagati alla R.M.B., per cui l’opposta era subappaltatrice di quest’ultima alla quale avrebbe dovuto rivolgersi per il pagamento: nessun rapporto contrattuale era intercorso con l’opponente.

L’opposta chiedeva il rigetto della domanda e, provvedendo alla chiamata in causa della R.M.B., che rimaneva contumace, estendeva la domanda nei suoi confronti.

Al presente giudizio era riunito quello instaurato dalla Sistema Tre s.r.l. nei confronti di A.R., dipendente della S.P.A.T.L s.p.a..

Con sentenza del 25 marzo 2003 il Tribunale revocava l’opposto decreto, ritenendo non provata la stipulazione del contratto di appalto fra S.P.A.T.I. s.p.a. e Sistema Tre s.r.l..

Con sentenza non definitiva dep. il 28 novembre 2006 la Corte di appello di Milano, in riforma della decisione impugnata dalla società opposta, dichiarava che il contratto di appalto era intercorso fra S.P.A.T.I. s.p.a. e Sistema Tre s.r.l. e che la prima era, pertanto, tenuta al pagamento del corrispettivo; rimetteva la causa sul ruolo per la prosecuzione dell’istruttoria relativamente alla quantificazione del dovuto.

Secondo i giudici di appello, la deposizione del teste L. e i documenti prodotti dalla S.P.A.T.I. s.p.a., in base ai quali il primo Giudice aveva ritenuto che il contratto di appalto sarebbe stato stipulato dalla S.P.A.T.I. s.p.a. con la R.M.B., era contraddetta dalla deposizione del teste F. che aveva riferito che l’incarico era stato conferito dall’ A. della S.P.A.T.I. s.p.a. e di avere sentito nominare il geom. Fa. della RMB solo alla fine dei lavori allorchè gli era stato riferito che i lavori sarebbero stati pagati da quest’ultimo, mentre i summenzionati documenti non dimostravano la conclusione di un contratto fra l’opponente e l’opposta, avente ad oggetto i lavori in questione.

In effetti, l’unico dato cero era rappresentato dalla sottoscrizione del verbale di consegna dei lavori realizzati da parte della Sistema Tre e dall’ A., per conto della S.P.A.T.I.: non era verosimile che detto verbale fosse stato sottoscritto dalla S.P.A.T.I. soltanto perchè destinataria anzichè committente dei lavori attesa l’autonomia del contratto di appalto da quello di subappalto;

inoltre, i lavori indicati nel verbale di consegna erano diversi da quelli elencati nel documento n. 1) prodotto dalla SPATI. Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione la S.P.A.T.I. s.p.a. – Società Pubblicità Affari Totalizzatori Informazioni, in liquidazione sulla base di quattro motivi illustrati da memoria.

Resiste con controricorso l’intimata.

Motivi della decisione

Con il primo motivo la ricorrente, lamentando omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo (art. 360 cod. proc. civ., n. 5), censura la decisione gravata che, comportandosi come giudice di primo grado anzichè di appello, aveva omesso di esaminare i numerosi argomenti con cui il Tribunale aveva escluso la stipulazione del contratto di appalto fra essa ricorrente e la Sistema Tre, stipulazione sempre negata da SPATI. Il motivo va disatteso Occorre innanzitutto chiarire che, nei limiti dell’effetto devolutivo determinato dai motivi, il giudice di appello è investito della piena cognizione del merito della intera controversia, dovendo procedere alla compiuta e diretta valutazione degli elementi probatori emersi nel corso del procedimento in una posizione non diversa da quella del giudice di primo grado.

Essendo stata con i motivi di gravame investita della questione concernente l’appalto avente ad oggetti i lavori dei quali era stato chiesto il pagamento ovvero l’individuazione del soggetto con il quale era stato concluso il contratto posto dalla Sistema Tre s.r.l. quale fatto costitutivo del diritto azionato, la sentenza impugnata ha necessariamente e correttamente analizzato le risultanze processuali e ha riformato la decisione di primo grado all’esito di una difforme valutazione del materiale probatorio, che invece aveva portato il Tribunale a ritenere provata la conclusione del contratto fra SPATI e R.M.B.: contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente i Giudici di appello hanno evidenziato, con motivazione congrua e immune da vizi logici e giuridici, non soltanto perchè non potesse darsi credito alla deposizione L. valorizzata dal Tribunale ma anche le ragioni per le quali i documenti 1) e 2) e quelli da 3) a 8) non fornissero la prova del contratto nè del rapporto che sarebbero intercorsi fra SPATI e la predetta R.M.B.. Ed invero, sono stati quindi indicati gli elementi presuntivi su cui la sentenza ha fondato il proprio convincimento: come si vedrà meglio infra, la prova del contratto fra le parti in causa era desunta dal verbale di consegna dei lavori eseguiti dalle medesime sottoscritto, essendo state analizzate criticamente le risultanze che avevano portato il primo giudice a ritenere dimostrato il contratto fra R.M.B. e S.P.A.T.I. Con il secondo motivo la ricorrente, lamentando palese contraddittorietà e illogicità della motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 cod. proc. civ., n. 5), deduce l’illogicità della motivazione laddove aveva ritenuto le deposizioni dei testi L. e F. in insanabile contrasto fra di loro, quando invece le due testimonianze convergevano sia in ordine al soggetto debitore della prestazione sia relativamente al soggetto che ebbe a conferire l’incarico. Inoltre, al teste F. erano state attribuite dichiarazioni che non risultavano dal verbale di causa, non avendo il citato teste mai affermato che l’incarico di eseguire i lavori fosse stato dato alla Sistema Tre dall’ A..

Il motivo è infondato.

Occorre innanzitutto premettere che il vizio deducibile ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, deve consistere in un errore intrinseco al ragionamento del giudice che deve essere verificato in base al solo esame del contenuto del provvedimento impugnato e non può risolversi nella denuncia della difformità della valutazione delle risultanze processuali compiuta dal giudice di merito rispetto a quella a cui, secondo il ricorrente, sì sarebbe dovuti pervenire:

in sostanza, ai sensi dell’art. 360, n. 5 citato, la (dedotta) erroneità della decisione non può basarsi su una ricostruzione soggettiva del fatto che il ricorrente formuli procedendo a una diversa lettura del materiale probatorio ovvero censurando la valutazione o l’interpretazione delle prove acquisite, atteso che tale indagine rientra nell’ambito degli accertamenti riservati al giudice di merito ed è sottratta al controllo di legittimità della Cassazione che non può esaminare e valutare gli atti processuali ai quali non ha accesso, ad eccezione che per gli errores in procedendo (solo in tal caso la Corte è anche giudice del fatto).

Orbene, in primo luogo deve escludersi l’asserita illogicità che sarebbe consistita nell’avere riscontrato fra le deposizioni dei testi summenzionati una inesistente contraddizione posto che la sentenza – procedendo all’esame e alla motivata analisi del contenuto di tali dichiarazioni – ha indicato le ragioni di tale contrasto, evidenziando che se, da un canto, la deposizione L. aveva fatto riferimento alla conclusione del contratto fra S.P.A.T.I. e R.M.B., il teste F. aveva invece riferito che l’incarico era stato conferito alla Sistemi Tre dall’ A., dipendente della S.P.A.T.I.: a conferma che il soggetto con il quale era stato stipulato il contratto non era stata la R.M.B., i Giudici hanno evidenziato la circostanza che il predetto teste aveva riferito di avere saputo soltanto a fine lavori che le opere sarebbero state pagate dal Fa. della R.M.B. quest’ultima, dovendo qui considerarsi che la successiva indicazione del soggetto che avrebbe proceduto al pagamento non stava necessariamente a significare che lo stesso dovesse identificarsi con la parte contraente.

Per quel che poi concerne la circostanza secondo cui al teste F. sarebbero state attribuite frasi che neppure sarebbero risultate dal verbale di causa, va qui ricordato che la denuncia dell’errore di fatto, consistito nell’inesatta percezione da parte del giudice di circostanze presupposte come sicura base del suo ragionamento, in contrasto con quanto risulta dagli atti del processo, non integra il vizio di motivazione deducibile ai sensi dell’art. 360, n. 5, ma costituisce semmai motivo di revocazione ai sensi dell’art. 395 cod. proc. civ., n. 4 (Cass. 17057/2007;

5715/2007; 24166/2006).

Con il terzo motivo la ricorrente, lamentando violazione dell’art. 2697 cod. civ., insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 cod. proc. civ., n. 5), censura la sentenza che non aveva applicato il principio dell’onere della prova, avendo dapprima esaminato gli elementi probatori prodotti dall’opponente per escludere che sussisteva il contratto di appalto intercorso fra S.P.A.T.I, e R.M.B., quando la prova di un diverso contratto fra S.P.A.T.I. – Sistemi Tre spettava a quest’ultima e non certo all’opponente. La motivazione si era rivelata insufficiente laddove aveva considerato unica prova certa il verbale sottoscritto dall’ A. che non aveva poteri per vincolare la società committente, mentre il riferimento alla natura autonoma del subappalto non avrebbe potuto escludere che la S.P.A.T.I., in quanto destinataria finale delle opere, fosse intervenuta per esercitare la mera sorveglianza sull’esecuzione dei lavori in modo da verificarne la corrispondenza a quanto pattuito. Insufficiente era la motivazione laddove la sentenza si era limitata ad affermare senza alcuna specificazione che i lavori indicati nei verbali di consegna erano diversi da quelli indicati nel documento 1), quando invece gli stessi erano sostanzialmente coincidenti.

Il motivo va disatteso.

La sentenza non ha violato il principio di cui all’art. 2697 cod. civ., avendo accertato, a stregua del verbale di consegna dei lavori eseguiti, che l’opposta aveva provato il fatto costitutivo posto a base della domanda di ingiunzione e che costituiva oggetto del suo onere probatorio, ovverossia il contratto di appalto intercorso con la S.P.A.T.I.: nel compiere la relativa indagine ha esaminato nel suo complesso gli elementi indiziari emersi, escludendo, d’altra parte, che l’appalto fosse stato affidato alla Sistemi tre dalla R.M.B., circostanza – questa – che il primo Giudice aveva posto a base della sentenza e che era stata censurata con i motivi di cui la Corte era stata investita con il gravame.

Il valore probatorio dei predetti verbali e, quindi, i poteri dell’ A. costituiscono oggetto di un tipico accertamento di fatto riservato all’indagine riservata al giudice di merito ed evidentemente sottratto al controllo di legittimità.

Deve ritenersi corretta la motivazione della sentenza laddove ha ritenuto che l’intervento della S.P.A.T.I. nel verbale di consegna delle opere appaltate costituisse prova che il contratto fosse intercorso con la Sistemi Tre e non potesse essere giustificato dal fatto che la medesima era la destinataria finale delle opere medesime: al riguardo appare immune da vizi il riferimento alla natura del contratto di subappalto che, seppure è condizionato alla sorte del contratto di appalto, è autonomo atteso che il subappaltatore risponde al subcommittente della corretta esecuzione delle obbligazioni nei suoi confronti assunte in base alle pattuizioni fra loro concordate, sicchè la consegna e il collaudo delle opere deve avvenire fra costoro, a meno che non si dimostri che il committente intervenga nella qualità di rappresentante o delegato del subcommittente.

Infine, con argomentazione ulteriore resa ad abundantiam e quindi priva di valore decisorio, la sentenza ha evidenziato la non identità fra i lavori oggetto dei verbali di consegna e quelli indicati nel doc. 1), al quale peraltro non aveva attribuito alcun valore probatorio escludendo, come si è detto, che potesse dimostrare la sussistenza di un contratto di appalto intercorso fra l’opponente e la R.M.B..

Con il quarto motivo la ricorrente, lamentando "sull’attendibilità dei testimoni violazione dell’art. 116 cod. proc. civ.", censura la sentenza laddove non aveva esaminato l’eccezione di incapacità a testimoniare del teste F., legale rappresentante e socio della opposta, che essa ricorrente aveva ripetutamente sollevato;

tale eccezione conteneva implicitamente il dubbio sull’attendibilità del teste su cui la sentenza aveva omesso ogni apprezzamento.

Il motivo va disatteso.

Sotto il profilo del mancato esame dell’eccezione di incapacità la censura difetta di autosufficienza laddove la ricorrente non ha indicato il verbale di causa in cui aveva formulato l’eccezione, dovendo qui ricordarsi che la nullità della testimonianza resa da persona incapace deve essere eccepita subito dopo l’espletamento della prova, ai sensi dell’art. 157 cod. proc. civ., comma 2 (salvo il caso in cui il procuratore della parte interessata non sia stato presente all’assunzione del mezzo istruttorio, nel qual caso la nullità può essere eccepita nell’udienza successiva), sicchè, in mancanza di tempestiva eccezione, deve intendersi sanata, senza che la preventiva eccezione di incapacità a testimoniare, proposta a norma dell’art. 246 cod. proc. civ., possa ritenersi comprensiva dell’eccezione di nullità della testimonianza comunque ammessa, ed assunta nonostante la previa opposizione, cfr. Cass. 8358/2007 2995 del 2004).

Per quel che concerne la mancata valutazione circa l’inattendibilità del testimone che doveva considerarsi implicitamente dedotta con la sollevata eccezione di incapacità, il giudizio sull’attendibilità del testimone è un tipico accertamento rimesso all’apprezzamento del giudice di merito e, come tale, sottratto al sindacato di legittimità, dovendo qui considerarsi – sotto il profilo del vizio di motivazione denunciato – che la sentenza, dando rilevanza decisiva al verbale di consegna dei lavori, ha implicitamente ritenuto il riscontro obiettivo e quindi l’attendibilità delle dichiarazioni rese dal citato teste.

Il ricorso va rigettato.

La domanda di risarcimento dei danni ex art. 96 cod. proc. civ., formulata con il controricorso nella presente fase dalla resistente, va respinta non sussistendo i presupposti della malafede o della colpa grave richiesti dalla norma citata, tanto più considerando che nel giudizio di merito la presente controversia ha dato luogo a soluzioni difformi.

Le spese della presente fase vanno poste a carico della ricorrente, risultata soccombente.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento in favore della resistente delle spese relative alla presente fase che liquida in Euro 3.000,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2.800,00 per onorari di avvocato oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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