Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 02-12-2010) 14-01-2011, n. 717 Arresto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con ordinanza deliberata in data 9 marzo 2009, depositata in cancelleria il 10 marzo 2009, il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Savona non convalidava l’arresto operato nei confronti di M.R. per il reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma quinto ter sul presupposto che l’unica forma di esecuzione di un nuovo provvedimento di espulsione adottato nei confronti dello straniero che già sia stato condannato per non avere volontariamente ottemperato all’ordine di allontanamento del Questore era l’accompagnamento coattivo alla frontiera.

2. – Avverso il citato provvedimento il Procuratore della Repubblica circondariale chiedendone l’annullamento per il seguente profilo:

– la polizia giudiziaria aveva agito in modo corretto e in base alla segnalazione dedotta dal terminale elettronico; secondo la costante giurisprudenza di legittimità il giudice deve limitarsi a verificare la sussistenza della fragranza di reato e se sia configurabile, nel caso concreto, l’ipotesi criminosa limitatamente al fumus commissi delicti senza procedere alla valutazione dei gravi indizi di colpevolezza il cui accertamento è riservato alla successiva fase processuale.

Motivi della decisione

3. – Il ricorso è fondato e merita accoglimento: l’ordinanza impugnata va annullata senza rinvio con le determinazioni di cui in dispositivo.

3.1 – Giova innanzitutto rilevare che il Pubblico Ministero ha interesse a proporre ricorso per la cassazione dell’ordinanza di mancata convalida dell’arresto sia al fine di far emergere l’illegittimità della situazione derivante dall’ordinanza di non convalida che incide sullo stato di libertà personale dell’indagato, sia per evitare che, in sede di fungibilità della detenzione (art. 657 c.p.p.), l’indagato possa costituirsi, per eventuali reati in precedenza commessi, un’impropria "riserva" di pena derivante dalla privazione della libertà personale senza titolo (cfr. Cass. Sez. 1, 17 dicembre 1998 n. 6481, Gessetto, rv. 212455). A ciò deve aggiungersi, sotto quest’ultimo profilo, che l’interesse del rappresentante della pubblica accusa potenzialmente si estende anche all’eliminazione dei presupposti per la proponibilità di eventuale domanda di riparazione per ingiusta detenzione. D’altro canto tale interesse a ricorrere non può non correlarsi altresì all’esigenza di vedere comunque riconosciute correttezza e legittimità dell’operato della polizia giudiziaria che ha proceduto all’arresto non convalidato. E, per ciò stesso, all’esigenza, in via indiretta, di vedere riconosciute correttezza e legittimità dell’azione giudiziaria del proprio ufficio, che quell’operato della polizia giudiziaria ha condiviso e fatto proprio. Azione giudiziaria che si giustappone, in sinergia funzionale, all’attività della polizia giudiziaria, del cui svolgimento lo stesso Pubblico Ministero (prima dell’udienza di convalida dell’arresto, che è in suo esclusivo potere richiedere ex art. 390 c.p.p.) effettua una previa diretta delibazione, che, in alternativa alla richiesta di convalida dell’arresto e di eventuale applicazione di una misura cautelare, può anche sfociare nell’immediata liberazione dell’arrestato (art. 389 c.p.p.).

3.2. – Tanto premesso si osserva che, come rileva il ricorrente, sono palesi gli a-spetti di incongruenza del percorso decisionale enunciato nell’ordinanza impugnata. La latitudine e i limiti del giudizio di convalida dell’arresto implicano, come a più riprese chiarito da questa Corte regolatrice, che il giudice della convalida, verificato il previo rispetto dei termini di rito (artt. 386 e 390 c.p.p.), deve compiere una valutazione volta a chiarire l’esistenza del fumus commissi delicti allo scopo di stabilire se l’indagato sia stato privato della libertà in presenza della flagranza di uno dei reati previsti dagli artt. 380 e 381 c.p.p., dovendosi escludere che tale valutazione investa l’esistenza di gravi indizi di colpevolezza ovvero la responsabilità per i reati contestati attraverso un’indagine ricostruttiva degli episodi incriminati nei loro specifici elementi costitutivi, un siffatto accertamento essendo riservato alle successive fasi processuali. In tale prospettiva il giudice deve controllare la legittimità dell’operato della polizia giudiziaria sulla base di una analisi di ragionevolezza coesa allo stato di flagranza e alla ipotizzabilità di uno dei reati previsti dagli artt. 380 e 381 c.p.p., senza prendere in esame gli aspetti della gravità indiziaria e delle esigenze cautelari (v. da ultimo:

Cass. Sez. 6, 28 marzo 2007 n. 24679, P.M. in proc. Adamo, rv.

235136; Cass. Sez. 6,5 febbraio 2009 n. 6879, P.M. in proc Perri, rv.

243072).

Inoltre, ai fini della convalida dell’arresto obbligatorio dello straniero per il reato previsto dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5-ter come modificato dalla legge n. 189 del 2002 (permanenza nel territorio dello Stato dello straniero espulso con provvedimento amministrativo) poichè l’elemento materiale di detto reato è costituito dalla violazione, da parte del soggetto, dell’ordine impartitogli dal questore di lasciare il territorio dello Stato entro cinque giorni, il giudice della convalida non ha alcuna facoltà di vagliare la legittimità del decreto (prefettizio o ministeriale) di espulsione che ne è presupposto, essendo il suo compito limitato a valutare la legittimità dell’arresto secondo le regole procedurali di cui all’art. 390 e segg. c.p.p., dal momento che la sua cognizione ha come oggetto esclusivo la sussistenza della violazione dell’ordine, sempre che non risulti già la prova che tale condotta sia dipesa da giustificato motivo, e la presenza di un decreto di espulsione emesso dalla competente autorità amministrativa (Cass., Sez. 1, 12 febbraio 2004, n. 5822, P.M. in proc. Magda, rv. 227549) ed è conseguentemente viziata da violazione di legge la mancata convalida dell’arresto medesimo che esorbiti dalla verifica detta circa i presupposti richiesti per la privazione dello "status libertatis" dell’indagato (Cass., Sez. 1, 25 novembre 2003, n. 45613, P.M. in proc. Tiriri, rv. 226481).

Il giudice deve allora effettuare una mera verifica esterna della validità dell’ordine rivolto dal questore allo straniero espulso di lasciare entro cinque giorni il territorio nazionale, senza la necessità di accertare la sussistenza concreta di esimenti o effettuare altre considerazioni che, pur attenendo alla responsabilità del soggetto (e in quanto tali non conosciute, nè conoscibili dalle forze dell’ordine non essendo loro richiesto alcun giudizio di tal genere) prescindono dalla correttezza dell’operato delle forze dell’ordine stesse che non sono tenute all’effettuazione di simili valutazioni di merito (Cass., Sez. 6,25 settembre 2003, n. 36788, P.M. in proc. El Bedri, rv. 226690).

4. – Ne consegue che deve adottarsi pronunzia ai sensi dell’art. 620 c.p.p..

P.Q.M.

annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata, essendo stato l’arresto legittimamente eseguito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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