Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 07-02-2011, n. 2979 Indennità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza dell’11/4/07 la Corte d’Appello di Caltanisetta rigettò l’appello proposto il 17/1/06 dalla RESAIS s.p.a avverso la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale di Enna del 23/11/05, con la quale era stato accolta la domanda di G.G., ex dipendente dell’Ente Minerario Siciliano in prepensionamento dall’1/8/84, diretta alla riliquidazione dell’indennità di prepensionamento e dell’indennità "una tantum", ai sensi della L.R. n. 42 del 1975, art. 6 attraverso il computo del compenso per lavoro supplementare svolto nel mese di riferimento prescelto.

La Corte territoriale addivenne al rigetto del gravame dopo aver rilevato l’infondatezza dell’eccezione di prescrizione, ritenendo che la stessa era stata interrotta per effetto del riconoscimento derivato dalla Delib. Commissario Straordinario Ente Minerario Siciliano n. 182 del 1993, e dopo aver accertato la computabilità del compenso per lavoro supplementare svolto con una certa frequenza nella base di calcolo dell’indennità di prepensionamento e di quella "una tantum".

Per la cassazione della sentenza propone ricorso la RESAIS – Risanamento e Sviluppo Attività Industriali Siciliana S.p.A. affidando l’impugnazione a tre motivi di censura.

Resiste il G. con controricorso.

Entrambe le parti depositano memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

1. Preliminarmente la Corte prende atto della rinunzia espressa dalla difesa della ricorrente a coltivare il primo motivo di censura attraverso il quale la RESAIS s.p.a. aveva eccepito, contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, la durata quinquennale e non decennale della prescrizione concernente il diritto al ricalcolo delle indennità in esame, per presunta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2948 c.c. in relazione alla L.R. Sicilia n. 27 del 1984, art. 6, (art. 360 c.p.c., n. 3). L’abbandono di tale motivo di censura comporta che il presente esame di legittimità rimane circoscritto alle sole doglianze espresse attraverso i successivi motivi n. 2 e n. 3 del ricorso.

2. Col secondo motivo si deduce la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., in relazione all’art. 2944 c.c. (art. 360, n. 3). In particolare, la difesa della ricorrente contesta l’efficacia interattiva della prescrizione che il giudice d’appello attribuisce alla Delib. Commissario Straordinario Ente Minerario Siciliano 30 dicembre 1983, n. 182 parificandola ad atto di riconoscimento del diritto dotato di efficacia interruttiva ai sensi dell’art. 2944 c.c..

Il quesito di diritto che viene posto dalla ricorrente a conclusione del motivo è il seguente:- "Se in base all’intenzione dell’autore e all’interpretazione complessiva, risulti o meno qualificabile come atto di riconoscimento del debito la delibera di un ente pubblico che – per essere rivolta indistintamente alla generalità dei prestatori di lavoro, per la presenza di specifica riserva di valutazione della prestazione individuale di ciascuno dei destinatari – non riveli piena e completa "conoscenza" o "consapevolezza" di ogni singolo (e diverso) rapporto di lavoro al quale il contenuto normativo dell’atto sia riferibile".

Per una corretta disamina di tale motivo è opportuno trascrivere il contenuto della delibera in questione che è il seguente: "il Commissario straordinario vista la L.R. n. 2 del 1963; visti il D.P.Reg. siciliana 13 ottobre 1992, n. 170 e la L.R. 11 maggio 1993, n. 15, art. 35; considerato l’interesse dell’Ente a dirimere l’annoso contenzioso avente per oggetto la richiesta di riconoscimento del compenso prestato a titolo supplementare nell’indennità di prepensionamento e/o una tantum; ritenuto il prevalente orientamento giurisprudenziale intervenuto sulla materia che afferma il principio che ai prepensionati L.R. n. 42 del 1975, ex art. 6 e successive va computato il compenso per lavoro supplementare prestato in corso di rapporto nella determinazione dell’indennità di prepensionamento e/o una tantum; preso atto del parere favorevole del Direttore Generale:

Delib. (n. 182 del 1993 CS) 1) riconoscere agli aventi diritto il compenso per lavoro supplementare prestato in corso di lavoro quale voce componente la retribuzione globale di fatto sulla quale determinare la indennità di prepensionamento e/o una tantum, purchè lo stesso sia stato svolto in modo continuativo e stabile in condizioni di eccezionalità e occasionante, fatte salve ovviamente le decadenze e le prescrizioni intervenute; 2) definire secondo i criteri di cui al precedente punto "1" il contenzioso pendente sulla materia autorizzando il servizio legale ad operare di conseguenza al meglio nell’interesse dell’Ente. La presente delibera viene trasmessa ai sensi della L.R. 21 dicembre 1973, n. 50, art. 13".

Ciò premesso, si osserva, anzitutto, che è da ritenere assolutamente corretto l’accertamento operato dalla Corte territoriale in ordine alla ritenuta natura assistenziale dell’indennità in esame ed alla conseguente applicazione del regime prescrizionale ordinario in ossequio ad un indirizzo giurisprudenziale consolidato di questa Corte, atteso che il fine perseguito dal legislatore regionale era quello di creare una erogazione sostitutiva del reddito di lavoro, di cui i minatori siciliani erano stati privati per ragioni di economia pubblica, cosicchè tale indennità non poteva non essere inquadrata tra le prestazioni di assistenza sociale, alle quali hanno diritto, a norma dell’art. 38 Cost., comma 1, i cittadini inabili al lavoro o privi dei mezzi necessari per vivere.

Come, infatti, ha avuto già modo di statuire questa Corte (Cass. sez. lav. n. 12944 del 22/11/99), "l’indennità cosiddetta di prepensionamento che, ai sensi della L.R. Sicilia n. 42 del 1975, art. 6 è prevista, nell’ambito della ristrutturazione del settore estrattivo, in favore dei dipendenti dell’Ente Minerario Siciliano in relazione alla anticipata risoluzione dei loro rapporti di lavoro, non è assimilabile ad un credito di lavoro, ma ha natura assistenziale e pertanto il diritto alla relativa prestazione si prescrive in dieci anni, e in cinque anni quello relativo ai ratei già maturati, senza che possa avere rilievo la circostanza che, per le pensioni dei pubblici dipendenti, sia previsto da una norma speciale il termine di prescrizione di cinque anni, giacchè, attesa la diversa natura del diritto in oggetto, deve applicarsi il termine di prescrizione ordinario di cui all’art. 2946 cod. civ., norma che, per espressa previsione, si applica a tutti i casi in cui, come quello in esame, la legge non abbia disposto diversamente, (in senso conf. C. Sez. lav. n. 9042 del 6/7/2000, nonchè Cass. sez. lav. n. 177 del 9/1/02 e C. sez. lav. n. 11105 del 26/7/2002 anche in materia di indennità "una tantum").

La natura assistenziale dell’indennità in esame è un aspetto decisamente importante per l’esatta comprensione della delibera sopra riportata, in quanto il significato ricognitivo di debito che le è stato riconosciuto dalla Corte territoriale, ai fini dell’efficacia interruttiva della prescrizione, implica anche la valutazione della natura della prestazione sulla quale il contenuto giuridico dell’atto stesso andava ad incidere: invero, trattasi di prestazione che, pur traendo lo spunto da un rapporto di lavoro è, però, essenzialmente assistenziale per le ragioni sopra esposte, con la altrettanto implicita considerazione che il Commissario Straordinario non poteva non essere consapevole della vasta portata degli effetti della delibera che in quel momento emanava, effetti destinati ad incidere in maniera automatica su tutte le posizioni di indennità di prepensionamento interessate dallo stesso atto, fatte salve, ovviamente, le ipotesi di prescrizione e decadenza già maturate.

D’altronde, il significato letterale delle espressioni adoperate nella suddetta delibera con riferimento ad entrambe le prestazioni (indennità di prepensionamento ed indennità una tantum), oltre che alle finalità perseguite dall’Ente (interesse alla soluzione dell’annoso contenzioso determinato dalla richiesta di riconoscimento di un determinato emolumento nel calcolo di altri istituti indiretti), nonchè l’ampio richiamo sia al prevalente orientamento giurisprudenziale formatosi in materia in tutte le sue articolazioni che al parere favorevole del Direttore Generale, sono tutti elementi che nel loro insieme inducono ragionevolmente a ritenere che l’atto deliberativo in questione era diretto a tutti i lavoratori minerari interessati dal fenomeno del prepensionamento ed era, altresì, idoneo ad incidere sul calcolo delle singole prestazioni di natura assistenziale non ancora travolte da decadenza o prescrizione, la qual cosa non poteva non essere nota all’autorità che l’aveva emanata al precipuo fine di dirimere il correlato contenzioso.

Pertanto, il quesito di diritto posto dalla ricorrente appare essere alquanto assertivo, dal momento che nello stesso, per come è formulato, è dato per scontato che l’autore della delibera in esame non avesse completa conoscenza o consapevolezza dell’incidenza del contenuto della stessa sui singoli rapporti generatori della prestazione di cui trattasi a prescindere dal fatto che riguardassero l’incidenza sul trattamento di prepensionamento di uno piuttosto che di un altro degli elementi retributivi dell’intercorso rapporto di lavoro. In tal modo la ricorrente finisce per omettere di esplicitare le sue censure avverso l’iter logico-argomentativo complessivamente seguito dal giudice d’appello sia nella qualificazione della natura della prestazione, sia nella individuazione del regime prescrizionale applicabile, sia nell’accertamento dell’efficacia interruttiva della stessa ad opera del suddetto atto deliberativo, rispetto al cui contenuto non può aprioristicamente escludersi la consapevolezza del suo autore di incidere indistintamente per il suo tramite su tutte le posizioni di prepensionamento ancora da definirsi, in guisa tale da interrompere il loro corso prescrizionale. In definitiva, non può non evidenziarsi una incompletezza della censura a causa del fatto che la stessa trascura il dato della verosimile consapevolezza della piena efficacia ricognitiva del debito da parte dell’autore della delibera in esame, per cui deve rilevarsi un profilo di inammissibilità del relativo motivo, inidoneo, per come strutturato, ad incidere sul percorso logico-argomentativo che ha condotto il giudice d’appello a riconoscere efficacia interruttiva della prescrizione al suddetto atto.

Il motivo è, perciò, infondato.

3. Col terzo motivo la Resais denunzia l’omessa e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5) in quanto contesta l’inclusione dell’emolumento per lavoro supplementare nella base di calcolo delle indennità di cui trattasi, inclusione che il giudice d’appello aveva ritenuto di poter desumere dalla frequenza della suddetta prestazione lavorativa. A sostegno della censura la ricorrente adduce che difettavano, nella fattispecie, i requisiti della continuità e della stabilità del lavoro supplementare necessari per il computo del relativo emolumento nella base di calcolo delle indennità oggetto di causa.

Anche tale motivo è infondato.

Invero, la L.R. n. 42 del 1975, art. 6, comma 2, nel testo modificato dalla legislazione successiva, ai fini della determinazione dell’indennità di prepensionamento spettante ai dipendenti dell’E.M.S., dispone che "è corrisposta a carico della Regione, e fino al raggiungimento dell’età pensionabile, un’indennità mensile pari all’80 per cento della retribuzione globale di fatto percepita il mese precedente alla data di risoluzione del rapporto di lavoro …"; detta norma indica chiaramente la volontà del legislatore di computare nella retribuzione da porre a base dell’indennità di prepensionamento, tutti i compensi corrisposti ai dipendenti, con la soia esclusione di quelli espressamente indicati (compensi per lavoro straordinario, notturno, festivo, indennità di vestiario e di trasporto e ogni altra indennità non derivante da accordi sindacali collettivi), la cui elencazione è stata ritenuto tassativa e non suscettibile di interpretazione estensiva o analogica (Cass. S.U. n. 8562 del 1990, Cass. n. 898 del 1991, Cass. n. 11030 del 1991).

In merito alla nozione di lavoro supplementare ed alla sua inclusione nella base di computo dell’indennità supplementare di cui trattasi questa Corte ha già avuto modo di precisare che "la nozione di lavoro straordinario, il cui compenso è escluso dalla base di computo dell’indennità prevista dalla L.R. Sicilia 6 giugno 1975, n. 42, art. 6 a favore dei lavoratori minerari prepensionati, deve essere desunta dalla specifica disciplina collettiva del settore in tema di orario di lavoro; ove questa stabilisca il normale orario di lavoro giornaliero in misura inferiore a quello massimo di otto ore previsto dalla legge, la prestazione eccedente l’orario concordato, ma inferiore al limite massimo legale (cosiddetto lavoro supplementare) deve essere qualificata come ordinaria – con conseguente inclusione del relativo compenso nella retribuzione ordinaria – ove sia accertata l’esistenza di una volontà delle parti, manifestata anche tacitamente, diretta a modificare detta regolamentazione con il prolungamento dell’orario normale di lavoro.

(Nella specie, è stata confermata la decisione dei giudici di merito che in base a tale regolamentazione pattizia ha incluso nella base di calcolo della indennità in questione i compensi per lavoro supplementare). (Cass. sez. lav. n. 11161 del 12/11/1993) Inoltre, il fatto che alcune erogazioni possano, in ipotesi, non essere continuativamente presenti nella retribuzione mensile del lavoratore, non costituisce ragione giuridicamente valida per escluderne la computabilità nella indennità di prepensionamento, una volta che il legislatore regionale, con la L. 10 agosto 1984, n. 46, art. 10 (aggiuntivo di un comma nella L. n. 42 del 1975, art. 6), ha attribuito all’interessato la facoltà di scegliere uno qualsiasi dei mesi precedenti la data di risoluzione del rapporto come termine di riferimento per calcolare la retribuzione globale di fatto da utilizzare per la determinazione dell’indennità medesima, in tal modo dando rilievo a tutti i compensi di natura retribuiva corrisposti in quel mese, eccettuati beninteso quelli espressamente esclusi (Cass. n. 4536 del 2000).

Questa Corte (Cass. sez. lav. n. 15058 del 28/11/01) ha, altresì, ribadito che ai fini della determinazione dell’indennità di prepensionamento spettante ai dipendenti dell’Ente Minerario Siciliano per l’anticipata risoluzione del rapporto di lavoro, L.R. Sicilia 10 agosto 1984, n. 46, ex art. 10 occorre riferirsi alla retribuzione globale di fatto riscossa dal lavoratore in relazione all’attività prestata nel mese prescelto, essendo irrilevante che tale retribuzione sia stata materialmente corrisposta per intero nel detto mese o se il pagamento di una parte di essa – per la necessità di un completo conteggio delle voci variabili afferenti l’attività prestata – sia avvenuto in un mese successivo, (v. in tal senso anche Cass. sez. lav. n. 27460 del 22/12/06).

Appare, quindi, evidente, secondo la stessa letterale formulazione della suddetta disposizione regionale, che il parametro è la retribuzione globale di fatto riscossa dal lavoratore in relazione alla attività prestata nel mese prescelto, non potendo interessare se materialmente la stessa gli sia stata corrisposta interamente in questo o se il pagamento di una parte di essa – per la necessità di un completo conteggio delle voci variabili afferenti la attività stessa – sia materialmente avvenuto in un momento successivo. In ogni caso si tratterebbe pur sempre di una interpretazione della opzione effettuata dal soggetto, la cui indagine il giudice di merito ha correttamente operato sotto il profilo logico.

Si rivela, pertanto, congrua e logica la parte della motivazione attraverso la quale la Corte territoriale riconosce, ai fini della dimostrazione dello svolgimento del lavoro supplementare, indubbia valenza probatoria alle buste paga prodotte ed alla indicazione, all’atto della cessazione del rapporto lavorativo, del mese di riferimento prescelto dall’ex-dipendente per il calcolo di entrambe le indennità in esame, per cui a nulla può valere il richiamo operato dall’odierna ricorrente al cosiddetto "foglio notizie", trattandosi di un documento interno della società, dalla stessa predisposto, senza che su di esso si sia fondata la decisione del giudice d’appello.

Ne consegue il rigetto del ricorso.

Va, altresì, dichiarata l’inammissibilità del ricorso proposto nei confronti dell’avv. Filippo Bennardo, quale difensore antistatario dell’intimato, stante la mancanza di motivi di censura e l’insussistenza di qualsiasi questione in ordine alla distrazione delle spese disposta in suo favore dal giudice d’appello.

Invero, come insegnano le sezioni unite di questa Corte (Cass., sez. un., 02-08-1995, n. 8458), con decisione ormai consolidatasi nel tempo, "il procuratore distrattario è parte limitatamente al capo di pronuncia con il quale gli sono state attribuite le spese ed alle censure che investono specificamente e direttamente tale capo; egli pertanto è legittimato a partecipare in proprio al giudizio di impugnazione soltanto se, con questa, si attacca il capo di pronuncia concernente la distrazione e nei limiti ed ai fini di tale censura".

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza della Resais spa e vanno liquidate come da dispositivo.

Le stesse non possono, però, essere distratte in favore del procuratore antistatario, in quanto il controricorso di G. G. risulta essere stato depositato (16/6/08) oltre il termine di venti giorni dalla sua avvenuta notifica (14/5/08), cioè il termine di cui all’art. 370 c.p.c., u.c., per cui è da considerare improcedibile (v. al riguardo Cass., sez. 3, 10-03-2000, n. 2805, secondo la quale "la tardività del deposito nella cancelleria della suprema corte del controricorso perchè effettuato oltre il ventesimo giorno dalla notificazione, implica improcedibilità del controricorso medesimo, evincendosi tale sanzione, pur in difetto di una espressa previsione della norma che fissa l’indicato termine (art. 370 c.p.c., comma 3), dai principi generali del processo civile in tema di inosservanza di termini inerenti ad atti processuali con i quali la parte porta a conoscenza del giudice e dell’avversario le proprie difese, con la conseguenza che non può tenersi conto nè del controricorso nè dell’eventuale memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c.).

Nessuna statuizione sulle spese va, invece, adottata nei confronti dell’Ente Minerario Siciliano non costituitosi.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio nei confronti di G. G. nella misura di Euro 12,00 per spese e di Euro 2500,00 per onorario, oltre spese generali, IVA, CPA. Nulla per le spese nei confronti dell’Ente minerario siciliano in liquidazione. Dichiara inammissibile il ricorso nei confronti dell’avv. Giuseppe Marino.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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