Cass. civ. Sez. III, Sent., 07-02-2011, n. 2955 Risoluzione del contratto per inadempimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La s.r.l Servizi Audiotel in liquidazione propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma che, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato le domande proposte dalla società nei confronti della Telecom Italia S.p.A., accogliendo la domanda riconvenzionale di risoluzione di diritto dei contratti inter partes, ex art. 1454 cod. civ..

Nell’atto introduttivo del giudizio la società attrice – premesso di avere stipulato con la Telecom Italia due successivi contratti di concessione di flussi (linee telefoniche) e di codici (numeri telefonici) contraddistinti dai prefissi 144 e 166 e che i relativi pagamenti erano stati sospesi dalla Telecom – aveva chiesto la condanna della Telecom al pagamento del cd. valore aggiunto, cioè dell’importo che, detratta la commissione del 25% spettante alla stessa Telecom, avrebbe costituito il corrispettivo del servizio, detratto il credito della Telecom per canoni fissi, relativamente al periodo agosto-novembre 1996 e giugno-luglio 1997 e, in secondo luogo, la risoluzione per inadempimento della Telecom dei contratti inter partes, con condanna al risarcimento dei danni.

La Telecom Italia S.p.A. resiste con controricorso.

Motivi della decisione

1.- Con il primo motivo la ricorrente deduce vizi di motivazione e violazione dell’art. 116 cod. proc. civ. formulando, sotto tale secondo profilo, il seguente quesito di diritto: "Dica la Suprema Corte adita se, una volta ritenuta in parte omessa (e comunque carente) ed in parte insufficiente ed incongrua la motivazione addotta dal giudice del merito nonchè l’arbitrario richiamo da parte di quest’ultimo del principio della non contestazione (ritenendo generica una contestazione che tale non era) per fatti che andavano comunque provati dalla parte interessata, sia ugualmente richiamabile ed adottabile il principio della libera valutazione delle prove – e dell’insindacabilità della valutazione di preminenza di alcune su altre – da parte dello stesso giudice del merito". 1.1.- Sotto il profilo della violazione di legge il mezzo è inammissibile per inadeguatezza del quesito di diritto, fondato su presupposti di fatto ipotetici e formulato in modo tale da richiedere una risposta necessariamente negativa.

1.2.- Non ricorre il denunciato vizio di motivazione (in relazione al quale il momento di sintesi può ravvisarsi alle pagg. 24 e 25 del ricorso), essendo congrua la motivazione della sentenza, contenente esplicito riferimento ai mezzi di prova valorizzati, riguardo alla anomalia idei traffico telefonico mobile (in quanto caratterizzato da sequenzialità e proveniente in gran parte da telefoni cellulari donati) ed alla interpretazione del contratto inter partes, in particolare per quanto concerne l’art. 14, riguardante la sospensione dei pagamenti.

2.- Con il secondo motivo la società ricorrente lamenta vizi di motivazione, quanto al rigetto della domanda relativa ai compensi relativi al traffico di telefonia da rete fissa, e violazione degli artt. 1241, 1362 e segg. e art. 2033 cod. civ. e art. 112 cod. proc. civ., formulando, sotto il secondo profilo, il seguente quesito di diritto: "Dica la Suprema Corte adita se a fronte del principio per il quale il giudice deve pronunciare non oltre i limiti della domanda nè può pronunciare d’ufficio su eccezioni che possono essere proposte soltanto dalle parti, costituisca violazione di tale norma l’operato del giudice di merito che ha ritenuto indebiti pagamenti sui quali non gli era stato chiesto di pronunciarsi ed ha operato tra i crediti riconosciuti per tali dalla ricorrente e da lui ritenuti indebiti pagamenti una compensazione che non era stata eccepita dalla Telecom ed una inclusione d’ufficio nei conteggi di dare e avere e se ulteriore violazione dell’art. 112 c.p.c., sia rinvenibile nell’operato del giudice che ha omesso di pronunciare sulla questione subordinata della mancata considerazione del corrispettivo dovuto per i n. 39.150 contatti da telefonia mobile considerati leciti, nonchè ancora se a fronte del principio per il quale l’intenzione contrattuale delle parti va ricostruita primieramente secondo il dato letterale del contratto (in claris non fit interpretatio) costituisca violazione di tale principio il ritenere che sia consentito "sospendere" pagamenti già effettuali detraendo tali pagamenti da somme sicuramente dovute". 2.1.- Sotto il profilo della violazione di legge il mezzo è inammissibile per inidoneità del quesito di diritto, sia perchè attinente a profili autonomi e differenziati di violazione di legge diverse, sia perchè comunque fondato su presupposti di fatto esclusi dalla sentenza impugnata ("…ha ritenuto indebiti pagamenti sui quali non gli era stato chiesto di pronunciarsi …" … ha operato (…) una compensazione che non era stata eccepita dalla Telecom …") e comunque non veritieri (l’eccezione di compensazione, per quanto risulta dalla sentenza, risulta espressamente proposta con il secondo motivo di appello), sia perchè riguardante, in parte, questione di fatto, e non di diritto, quale quella relativa all’interpretazione di un contratto.

2.2.- Non sussiste nemmeno il lamentato vizio di motivazione, essendo adeguatamente chiarito, a pag. 9 della sentenza, che la Corte di appello ha ritenuto di effettuare "un semplice accertamento contabile di dare e avere nell’ambito dello stesso rapporto, al quale il giudice deve procedere anche d’ufficio". 3.- Con il terzo motivo la ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 1454 cod. civ., chiedendo nel quesito di diritto se gli effetti della diffida ad adempiere "possano ritenersi raggiunti allorquando la diffida provenga da una parte già a sua volta inadempiente per ben maggiori importi oppure allorquando non sia previsto il termine di 15 giorni di cui al secondo comma della stessa disposizione normativa". 3.1.- Il terzo motivo è inammissibile, nella parte in cui si fonda su una circostanza di fatto (che la Telecom fosse inadempiente) esclusa in sentenza, ed infondato nel resto, atteso che il termine ad adempiere era stato già concesso – a quanto si legge in sentenza – mediante la rateizzazione del debito.

4.- Con il quarto motivo la società ricorrente deduce vizi di motivazione e violazione di legge, chiedendo alla Corte, sotto tale ultimo profilo, "se sia consentito pronunciare la risoluzione di un contratto per inadempimento laddove il preteso inadempimento di una delle parti si sostanzi in un ritardo di due giorni lavorativi in periodo estivo nel pagamento di somme non solo inferiori ai crediti per altro titolo della parte debitrice ma per di più comunque di quantità percentuale di gran lunga inferiore alla generale portata dei rapporti patrimoniali tra le parti". 4.1.- Il mezzo è inammissibile in quanto fondato su presupposti di fatto non coerenti con quanto affermato in sentenza, da cui risulta che l’inadempimento della odierna ricorrente posto a base della risoluzione consiste nel mancato pagamento (e non nel semplice ritardo) della terza rata del debito di complessive L. 68.402.000. 5.- Il ricorso va pertanto rigettato, con la condanna della società ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 3.200, di cui Euro 3.000 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 3.200, di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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