T.A.R. Campania Napoli Sez. VIII, Sent., 14-01-2011, n. 134 Rapporto di pubblico impiego

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

1. La ricorrente partecipava al concorso magistrale per la scuola elementare statale della provincia di Napoli bandito con decreto del Provveditore agli Studi di Napoli n. 57896 del 30 settembre 1982, risultando utilmente collocata nella graduatoria finale di merito ai fini della immissione in ruolo per l’anno scolastico 1983/84 beneficiando dei posti della dotazione organica aggiuntiva (posti, cioè, resi vacanti dopo la copertura di quelli destinati al concorso ordinario nonché di quelli destinati alle insegnanti di ruolo prive di sedi ovvero in attesa di assegnazione provvisoria o di trasferimento). Tuttavia, con successivo provvedimento il Ministero della Pubblica Istruzione dichiarava l’indisponibilità dei posti da assegnare ai nuovi docenti e, per l’effetto, la esponente rimaneva esclusa dalle assunzioni scolastiche.

Tale provvedimento veniva gravato innanzi al T.A.R. Lazio e, con sentenza n. 878 del 1985 (confermata in appello dal Consiglio di Stato con decisione n. 567/1986), il Tribunale capitolino disponeva l’annullamento dell’atto ministeriale di riduzione dei posti e dichiarava l’obbligo dell’amministrazione scolastica di ricoprire tutti i posti della dotazione organica mediante scorrimento della graduatoria. Pertanto, la ricorrente conseguiva la nomina in ruolo con decorrenza giuridica 10 settembre 1983 ed economica dal maggio 1987, data di immissione in servizio.

In seguito, la ricorrente proponeva azione risarcitoria innanzi al tribunale civile per il ristoro dei danni patiti in relazione alla tardiva immissione in ruolo ai fini economici ma il giudice ordinario dichiarava il proprio difetto di giurisdizione, trattandosi di controversia devoluta alla competenza del giudice amministrativo.

Con ricorso in trattazione, iscritto al numero di registro generale 3068 del 2005, la Sig.ra M.F. chiede il risarcimento dei danni patiti in relazione alla tardiva immissione in ruolo ai fini economici con riferimento al danno patrimoniale corrispondente alle retribuzioni non percepite a partire dall’anno scolastico 1983/4 fino alla effettiva immissione in ruolo(1987). Ciò in quanto il ritardo sarebbe addebitabile esclusivamente alla intimata amministrazione che, con il suo illegittimo comportamento, rimosso a seguito e per effetto dell’accoglimento del ricorso giurisdizionale a suo tempo proposto, aveva impedito la tempestiva instaurazione del rapporto di lavoro.

L’amministrazione intimata si è costituita in giudizio, eccepisce l’inammissibilità del ricorso, la prescrizione del diritto al risarcimento dei danni e conclude per la reiezione del gravame.

Alla pubblica udienza del 6 dicembre 2010 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

2. Il Collegio deve anzitutto affermare la giurisdizione del giudice amministrativo sulla controversia in esame, tenuto conto dell’orientamento espresso dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (ordinanza 20 aprile 2006 n. 9153) secondo cui nel caso di costituzione del rapporto di pubblico impiego, in seguito a ricorso in giudizio, con retrodatazione della nomina ai fini giuridici, ma non a quelli economici, la controversia instaurata nei confronti dell’amministrazione ed avente ad oggetto la richiesta di risarcimento del danno, commisurato alle retribuzioni non percepite per il periodo anteriore all’effettiva immissione in servizio, appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Infatti la pretesa risarcitoria si collega necessariamente al rapporto di pubblico impiego, che risulta esistente (perché costituito con efficacia retroattiva) nel periodo in relazione al quale si lamenta la perdita economica, con la conseguenza che la relativa domanda è devoluta, in virtù di tale collegamento, alla cognizione del giudice cui spetta la giurisdizione del rapporto (Cass. Sez. Un. 17 dicembre 1998 n. 12621, 27 marzo 2001 n. 139, 4 giugno 2002 n. 8086, 27 giugno 2002 n. 9341, 11 gennaio 2005 n. 317).

Peraltro, avverso tale conclusione non può ostare lo ius superveniens rappresentato dall’art. 68 del D.Lgs. 3 febbraio 1993 n. 29, come novellato dal D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 80, dal momento che il giudizio attiene ad una fase del rapporto di pubblico impiego anteriore alla data del 30 giugno 1998 (termine ultimo di persistenza della giurisdizione amministrativa ai sensi dell’art. 45 comma 17 del D.Lgs. 80/1998 ed attualmente dell’art. 69 comma 7 del D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165).

3. In limine litis, la difesa dell’amministrazione, ispirandosi alla c.d. pregiudiziale amministrativa, eccepisce in rito l’inammissibilità del ricorso per omessa tempestiva impugnazione dei provvedimenti di immissione ritenuti pregiudizievoli dalla ricorrente, con particolare riferimento al decreto del Provveditore agli Studi di Napoli n. 59159 del 7 maggio 1987 con il quale è stata individuata la decorrenza giuridica del 10 settembre 1983 ed economica dalla data di effettiva assunzione in servizio (e cioè dall’inizio dell’anno scolastico 1987/1988).

4. L’argomentazione si presta a positiva considerazione con le precisazioni che seguono.

5. E’ noto che per "pregiudiziale amministrativa" si intende la necessità di impugnare ed ottenere l’annullamento dell’atto amministrativo prima di poter conseguire il risarcimento del danno derivante da quel medesimo atto.

E’ evidente che il problema della pregiudiziale si pone unicamente in ipotesi di danno derivante dal provvedimento illegittimo, mentre non vi è alcuna pregiudizialità dell’azione di annullamento in fattispecie di danni derivanti da comportamento, o comunque non direttamente provocati dagli effetti del provvedimento illegittimo (è evidente che se il danno non deriva da un provvedimento amministrativo, non si pone neanche il problema di dover impugnare tale provvedimento).

6. Nell’ambito della responsabilità dell’amministrazione per i danni causati nell’esercizio dell’attività amministrativa, la tipologia di fattispecie più frequente è quella in cui il danno deriva direttamente dal provvedimento illegittimo: si tratta di una responsabilità da provvedimento, in cui il privato è leso da un provvedimento di carattere negativo, di reiezione di una propria istanza (lesione di interessi legittimi pretesivi) o da un provvedimento positivo destinato ad incidere su una sua posizione già consolidata (interessi legittimi oppositivi) e in entrambe le ipotesi il danno è causato direttamente dal provvedimento amministrativo illegittimo.

Ciò è quanto si è verificato nel caso in esame, nel quale parte ricorrente lamenta in sostanza il pregiudizio conseguente ad una determinazione dell’amministrazione (compendiata nel precitato decreto del Provveditore agli Studi di Napoli del 1987) che ha fissato la decorrenza economica in una data successiva rispetto a quella giuridica, con conseguente vanificazione del diritto della ricorrente a percepire gli emolumenti arretrati.

7. In passato la giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 26 marzo 2003 n. 4) ha affermato che necessaria condizione per l’accesso alla tutela risarcitoria è l’utile esperimento, nel termine di decadenza, della tutela demolitoria, evidenziandosi, altresì, che l’annullamento deve essere richiesto in via principale nel termine di decadenza, atteso che al giudice amministrativo non è consentita la cognizione incidentale della illegittimità dell’atto e che il medesimo organo giurisdizionale non ha il potere di disapplicazione dell’atto illegittimo.

Pur dopo il contrario orientamento espresso dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (ordinanze 13 giugno 2006 n. 13659 e n. 13660 e del 15 giugno 2006 n. 13911), l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (22 ottobre 2007 n. 12) ha ribadito la regola della necessità, ai fini dell’accesso alla tutela risarcitoria, della previa, tempestiva ed utile proposizione della domanda di annullamento del provvedimento amministrativo pregiudizievole, supportando le conclusioni raggiunte da ulteriori argomentazioni, attinenti alla (I) struttura del processo amministrativo, nel quale viene in considerazione in via primaria la tutela demolitoria e solo in via consequenziale ed eventuale quella risarcitoria; (II) presunzione di legittimità del provvedimento amministrativo, la quale si consolida (trasformandosi da relativa in assoluta) con lo spirare del termine di decadenza per l’impugnativa dell’atto; (III) articolazione della tutela giurisdizionale dell’interesse legittimo, la quale, sia in sede demolitoria che risarcitoria, ha ad oggetto sempre la legittimità del provvedimento, con la conseguenza che in sede risarcitoria il danno ingiusto, del quale è elemento fondante l’illegittimità dell’atto, non può essere accertato a seguito della inoppugnabilità del provvedimento che ha comportato la trasformazione della presunzione di legittimità da relativa in assoluta; (IV) rilevanza della decadenza (dall’impugnazione del provvedimento) nell’azione risarcitoria, atteso che, in presenza di atti inoppugnabili, non risulta configurabile un presupposto di essa e, cioè, l’ingiustizia del danno.

8. Il giudice amministrativo ha, in larga parte, condiviso la tesi della pregiudizialità anche successivamente all’ulteriore intervento in senso contrario delle Sezioni Unite della Cassazione (Sez. Unite, 23 dicembre 2008 n. 30254), le quali, pronunziandosi proprio sulla decisione dell’Adunanza Plenaria da ultimo richiamata, hanno affermato che "Proposta al giudice amministrativo domanda risarcitoria autonoma, intesa alla condanna al risarcimento del danno prodotto dall’illegittimo esercizio della funzione amministrativa, è viziata da violazione di norme sulla giurisdizione ed è soggetta a cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione la decisione del giudice amministrativo che nega la tutela risarcitoria degli interessi legittimi sul presupposto che l’illegittimità dell’atto debba essere stata precedentemente richiesta e dichiarata in sede di annullamento".

A sostegno della "pregiudiziale amministrativa" sono stati, tra gli altri argomenti, richiamati: il principio di certezza delle situazioni giuridiche di diritto pubblico, a cui presidio è posto il breve termine di decadenza, il quale subirebbe un rilevante vulnus ove si ammettesse la possibilità di esperire l’azione risarcitoria anche a notevole distanza di tempo senza aver impugnato il provvedimento amministrativo; l’obbligo per l’amministrazione di conformarsi al giudicato, che comporterebbe per quest’ultima, a seguito di una sentenza di condanna al risarcimento emanata sul presupposto accertamento della illegittimità dell’atto, il dovere di annullare quest’ultimo, con evidente elusione del termine decadenziale, l’esistenza nell’ordinamento di numerose ipotesi (es. in materia di ordinanzaingiunzione) nelle quali la tutela del diritto o dell’interesse richiedono necessariamente la previa eliminazione della determinazione che ha costituito fonte del danno, risultando in tal modo espressione del principio generale secondo cui quando è stabilito un termine di decadenza per instaurare in quelle situazioni una contestazione in sede giurisdizionale, lo spirare del termine non consente di far valere né quel diritto né le conseguenze che seguirebbero se fosse fondata la pretesa (Consiglio di Stato, Sez. VI, 19 giugno 2008 n. 3059).

Il giudice amministrativo ritiene, dunque, che tali dati esegetici confermano che un sistema processuale ancorato alla previa impugnazione del provvedimento amministrativo, al fine di conseguire il risarcimento del danno, risponde al principio di effettività della tutela giurisdizionale e rientra nella scelta discrezionale del legislatore: in conclusione, il principio di pregiudizialità ben si coordina con i principi di economia processuale, di ragionevole durata del processo e del correlato dovere di "responsabile collaborazione" delle parti.

9. Nella recente giurisprudenza amministrativa si è inoltre registrata una ulteriore evoluzione relativa alla questione della pregiudiziale amministrativa.

In particolare, si è ritenuto che dalla mancata impugnazione dell’atto amministrativo pregiudizievole discende la inaccoglibilità della domanda di risarcimento danni, considerato che l’illegittimità del provvedimento impugnato è condizione necessaria, ancorché non sufficiente, per accordare il risarcimento del danno, sicché l’infondatezza della domanda di annullamento comporta inevitabilmente il rigetto di quella risarcitoria.

In applicazione del principio della pregiudiziale amministrativa è infatti ammissibile, ma infondata nel merito, la domanda di risarcimento danni che non sia stata preceduta dall’annullamento dell’atto asseritamente illegittimo, che tale danno avrebbe provocato, atteso che la sua mancata impugnazione gli consente di operare in modo precettivo dettando la regola del caso concreto, autorizzando la produzione dei relativi effetti ed imponendone l’osservanza ai consociati ed impedisce così che il danno possa essere considerato ingiusto o illecita la condotta tenuta dall’amministrazione in esecuzione dell’atto inoppugnato (Consiglio di Stato, Sez. V, 3 novembre 2010, n. 7766; Sez. IV, 31 marzo 2009, n. 1917).

10. Da ultimo, la questione relativa alla "pregiudiziale amministrativa" è stata infine risolta con il codice del processo amministrativo che all’art. 30 (rubricato "azioni di condanna") rappresenta un momento di composizione e compromesso fra le divergenti posizioni sopra ricordate.

L’articolato, infatti, prevede, da un lato, l’abbandono del modello rigido di relazione fra l’azione risarcitoria e quella di annullamento basato sulla pregiudiziale amministrativa, ma, dall’altro, controbilancia l’autonomia dell’azione risarcitoria assoggettandola ad un termine decadenziale breve, benché più lungo di quello per l’impugnazione dell’atto lesivo, e, soprattutto, escludendo la risarcibilità delle conseguenze dannose che avrebbero potuto essere evitate ricorrendo ad altri strumenti di tutela ("La domanda di risarcimento per lesione di interessi legittimi è proposta entro il termine di decadenza di centoventi giorni decorrente dal giorno in cui il fatto si è verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento se il danno deriva direttamente da questo. Nel determinare il risarcimento il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti").

Tanto premesso, considerato che la controversia in esame deve essere risolta alla stregua del quadro normativo previgente all’entrata in vigore del codice del processo amministrativo (trattandosi di ricorso proposto nel 2005), ritiene il Tribunale che la decisione debba essere di infondatezza nel merito e, quindi, di rigetto.

11. Ciò in quanto, alla stregua del summenzionato indirizzo espresso recentemente dal Consiglio di Stato (Consiglio Stato, Sez. V, 3 novembre 2010, n. 7766 e 13 luglio 2010 n. 4522; Sez. IV, 31 marzo 2009, n. 1917), l’irricevibilità dell’azione di annullamento conduce alla reiezione della domanda di risarcimento del danno, atteso che l’applicazione del principio della pregiudiziale non comporta una preclusione di ordine processuale all’esame del merito della domanda risarcitoria, ma determina un esito negativo nel merito di essa.

La domanda risarcitoria è ammissibile, ma è infondata nel merito in quanto la mancata tempestiva impugnazione dell’atto impedisce che il danno stesso possa essere considerato ingiusto o illecita la condotta tenuta dall’amministrazione in esecuzione dell’atto inoppugnato.

Invero, ove l’accertamento in via principale sia precluso nel giudizio risarcitorio in quanto l’interessato non sperimenta o non può sperimentare (a seguito di giudicato, decadenza o altro) i rimedi specifici previsti dall’ordinamento per contestare la conformità a legge della situazione medesima, la domanda risarcitoria deve essere respinta nel merito perché il fatto produttivo di danno non è suscettibile di essere qualificato illecito.

12. In conclusione, ribadite le svolte considerazioni, il ricorso deve essere respinto. Le spese del presente giudizio, in considerazione della peculiarità della controversia e delle questioni giuridiche trattate, possono essere integralmente compensate tra le parti costituite.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa tra le parti costituite le spese ed onorari di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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