TAR EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. I – 22 settembre 2009, n. 673 INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

sezione staccata di Parma (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 173 del 2008, proposto da Ericsson Telecomunicazioni S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Massimo Rutigliano, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo avvocato in Parma, borgo S.Brigida 1;

DIRITTO

La società ricorrente presentava una domanda di rilascio di permesso di costruire per la realizzazione di un impianto di telefonia mobile nel sito di viale Saint Mary/v.le Du Tillot, in Comune di Parma; il Comune stesso chiedeva la produzione del computo metrico estimativo ma, al contempo, disponeva anche la sospensione dell’esame della pratica fino all’approvazione del «piano annuale complessivo delle installazioni fisse di telefonia mobile» per l’anno solare 2008.

L’interessata censura la decisione di rinviare l’adozione della determinazione conclusiva, sia perché non si sarebbe tenuto conto della circostanza che fin dal settembre 2007 era stato presentato dal gestore il programma annuale per il 2008 e che, a suo dire, si era oramai da tempo formato il silenzio-assenso ex art. 8 della legge regionale n. 30 del 2000, sia perché il protrarsi del procedimento di approvazione del piano annuale comunale non dovrebbe gravare sui gestori addossando loro le conseguenze negative dei ritardi dell’Amministrazione, sia perché una sospensione “sine die” del vaglio dell’istanza si risolverebbe nell’inosservanza del dovere di leale collaborazione e di conclusione in tempi certi dei procedimenti avviati su istanza del privato, sia perché andrebbe dichiarata illegittima la normativa comunale che – nel subordinare il rilascio dei singoli titoli abilitativi alla previa inclusione dei relativi siti nel piano comunale da approvare annualmente – non rechi la previsione di termini ben definiti per l’ultimazione del corrispondente procedimento o comunque introduca vincoli procedurali incompatibili con la formazione del silenzio-assenso al decorso dei novanta giorni di cui all’art. 8 della legge reg. n. 30 del 2000, a tutela del prevalente interesse pubblico al corretto svolgimento del servizio di telefonia mobile.

Donde la richiesta di annullamento della misura soprassessoria e della disciplina comunale di cui la prima dovesse risultasse atto applicativo, con richiesta altresì di condanna dell’Amministrazione locale al risarcimento dei danni.

Il Collegio ritiene di dovere innanzi tutto definire il quadro normativo entro cui si iscrive la vicenda oggetto della lite.

Nel disciplinare le autorizzazioni comunali all’installazione degli impianti fissi di telefonia mobile, l’art. 8 della legge regionale dell’Emilia-Romagna 31 ottobre 2000, n. 30, recante «norme per la tutela della salute e la salvaguardia dell’ambiente dall’inquinamento elettromagnetico», prevede – tra l’altro – che le “autorizzazioni sono rilasciate dal Comune, di norma, a seguito della presentazione da parte dei gestori … del Programma annuale delle installazioni fisse da realizzare … corredato dalla localizzazione degli apparati e dalla documentazione tecnica per la valutazione dei campi elettromagnetici …” (comma 2), che il “Comune … dà notizia alla cittadinanza dell’avvenuta presentazione del Programma fissando un termine per la presentazione delle osservazioni …” (comma 3), che il “Comune, acquisito il parere dell’A.R.P.A. e dell’A.U.S.L., … autorizza l’installazione degli impianti previsti nel Programma o parte di essi nel rispetto dei limiti di esposizione ai campi elettromagnetici … e tenuto conto delle esigenze di copertura del servizio sul territorio” (comma 4), che “l’autorizzazione è rilasciata entro novanta giorni dalla presentazione del Programma e contiene le deduzioni in ordine alle osservazioni presentate dai soggetti di cui al comma 3” (comma 5), che “in casi particolari singole installazioni di impianti fissi di telefonia mobile possono essere autorizzate nel rispetto delle procedure di informazione di cui al comma 3 e con le modalità di cui al comma 4 …” (comma 6), che “al fine di ridurre l’impatto ambientale e sanitario nonché di favorire sia una razionale distribuzione dei nuovi impianti fissi di telefonia mobile, sia il riordino delle installazioni esistenti e l’utilizzo delle medesime strutture impiantistiche nella realizzazione di reti indipendenti, il Comune assume idonee iniziative di coordinamento delle richieste di autorizzazione dei diversi gestori, subordinando a questi obiettivi il rilascio o il diniego delle medesime” (comma 7), che “decorsi inutilmente i termini previsti ai commi 5 e 6 per il rilascio del provvedimento la domanda di autorizzazione si intende accolta” (comma 9-ter, aggiunto dall’art. 2, comma 3, della legge reg. n. 30/2002).

Con apposita direttiva, poi, la Regione Emilia-Romagna (v. deliberazione della Giunta n. 197 del 2001) ha provveduto a dare attuazione alla suindicata legge, con il dichiarato obiettivo – tra l’altro – di uniformare le procedure amministrative e di pianificazione urbanistica fra gli enti locali delegati all’esercizio delle relative funzioni; in particolare, per quel che rileva nella presente controversia, l’art. 8 della direttiva stabilisce che il “… programma annuale oltre a indicare la localizzazione puntuale degli impianti può individuare altresì le aree circoscritte, di ampiezza non superiore a 150 metri di raggio dal punto ottimale di collocazione dell’impianto, dove il gestore, per garantire il servizio secondo gli standard stabiliti dalla concessione ministeriale, prevede di installare gli impianti. L’autorizzazione pertanto riguarderà solo gli impianti localizzati in siti puntuali, mentre, per le aree circoscritte in cui si prevede di localizzare altri impianti, il Comune ne valuta la compatibilità urbanistico-edilizia ed ambientale, demandando il rilascio dell’autorizzazione alle procedure previste al comma 6 dell’art. 8 …”.

Ciò premesso, e passando all’esame delle questioni dedotte, viene innanzi tutto in rilievo la censura relativa all’asserita formazione del silenzio – assenso sul programma annuale del gestore per l’anno 2008, con la conseguenza che l’impianto oggetto della controversia rientrerebbe tra quelli già sorretti da un titolo abilitativo tacito e, come tali, insuscettibili di una misura soprassessoria che ingiustificatamente ignori la preesistenza dell’atto di assenso. Sennonché – osserva il Collegio – il sito oggetto della presente controversia non era stato inserito nel programma Wind 2008 come «sito puntuale» bensì quale «area di localizzazione macro r = 150m», e si è visto come la direttiva regionale limiti l’ordinaria autorizzazione agli “impianti localizzati in siti puntuali”, mentre le c.d. «aree circoscritte» (o «aree di ricerca») restano soggette ad un iter autonomo con l’autorizzazione da rilasciare solo all’esito della definitiva e precisa localizzazione dell’impianto secondo la procedura particolare prevista per singole installazioni al di fuori del programma annuale dei gestori; nella fattispecie, pertanto, il vano decorso del termine di novanta giorni dalla presentazione del programma 2008 non ha dato luogo al formarsi dell’assenso tacito per l’impianto localizzato in viale Saint Mary/v.le Du Tillot, e tempestivo allora risulta il provvedimento (di sospensione dell’istruttoria) intervenuto il 7 maggio 2008 a seguito della proposizione della domanda risalente al precedente 05 marzo.

Quanto, poi, ai vincoli legati all’approvazione annuale di un piano con cui il Comune di Parma, sulla base delle proposte dei gestori, definisce complessivamente le installazioni degli impianti di telefonia mobile ammesse sul territorio comunale e a queste previsioni subordina il rilascio delle varie autorizzazioni, la Sezione si è già espressa nel senso dell’ammissibilità di tale strumento programmatorio (v., tra le altre, sentenza n. 10 del 12 gennaio 2006). E’ stato invero rilevato che un simile modulo operativo legittimamente contempera l’esigenza di copertura del servizio sul territorio comunale con quella pianificatoria di un corretto insediamento degli impianti – per lo più di rilevante impatto urbanistico-ambientale -, oltre che con l’esigenza di minimizzare l’esposizione ai campi elettromagnetici, assicurando al contempo ai gestori uniformità di trattamento in sede di vaglio congiunto delle relative richieste; che a tale conclusione induce il riparto di competenze desumibile dalla legge n. 36 del 2001 (“Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”), nel senso che allo Stato è affidata la fissazione delle c.d. «soglie di esposizione», mentre alle Regioni e agli enti locali spetta la disciplina dell’uso del territorio in funzione della localizzazione degli impianti, cioè le ulteriori misure e prescrizioni dirette a ridurne il più possibile l’incidenza negativa sul territorio, sempreché naturalmente i criteri localizzativi e gli standard urbanistici non siano tali da impedire o ostacolare ingiustificatamente l’insediamento degli impianti medesimi (v. Corte cost. sentenza 7 ottobre 2003 n. 307); che significativamente l’art. 8, comma 6, della legge n. 36 consente ai comuni l’adozione di un “… un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici”; che la legge regionale n. 30 del 2000 prevede che gli impianti fissi di telefonia mobile siano autorizzati previa presentazione da parte dei gestori di un “programma annuale” delle installazioni da realizzare (art. 8, comma 2) e che a tali fini le Amministrazioni comunali assumano idonee iniziative di coordinamento delle richieste di autorizzazione (art. 8, comma 7); che non si ravvisa dunque una sostanziale incoerenza tra la disciplina statale e regionale, da una parte, e la normativa regolamentare adottata dal Comune di Parma, dall’altra, in quanto la redazione del “piano complessivo delle installazioni” consente il contestuale esame delle istanze di autorizzazione provenienti dai vari gestori e favorisce di conseguenza sia una ponderata valutazione delle localizzazioni proposte sia il puntuale accertamento della razionale distribuzione degli impianti sul territorio, anche in ragione dell’obiettivo di minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici, e più in generale di contenere l’impatto ambientale e sanitario degli impianti; che non viene neppure in tal modo indebitamente aggravato il procedimento o alterato l’iter preordinato al rilascio delle autorizzazioni, in quanto la disciplina sovraordinata lascia liberi i comuni di definire norme integrative e di dettaglio, che nella fattispecie peraltro non esorbitano dagli ambiti di autonomia dell’ente locale, risolvendosi le stesse nel concentrare in un solo atto, di cadenza periodica, le determinazioni conclusive dell’Amministrazione – senza richiedere adempimenti ulteriori ai gestori -, e comunque ponendosi in diretta attuazione di prescrizioni che affidano agli enti locali la tutela degli interessi pubblici coinvolti; che profili di insanabile contrasto non si ravvisano nemmeno nella disciplina di cui al d.lgs. 1 agosto 2003, n. 259 (“Codice delle comunicazioni elettroniche”), ed in particolare nelle disposizioni che recano modalità procedurali informate alle regole della semplificazione amministrativa e della celerità (artt. 86 e 87), anche in vista della uniforme disciplina dei procedimenti (v. art. 41, comma 2, della legge n. 166 del 2002), posto che il “piano complessivo delle installazioni” deve pur sempre essere approvato in tempi rapidi e con modalità tali da far salvo il procedimento regolato dal legislatore statale, oltre che nel rispetto dei parametri di valutazione fissati dalla legge n. 36 del 2001 nonché dalla legge reg. n. 30 del 2000, rimanendo integra la competenza delle Regioni sia per il governo del territorio sia per la tutela della salute (v. Corte cost. 27 luglio 2005 n. 336); che la circostanza, poi, che gli impianti di telefonia mobile siano oramai classificati come opere di urbanizzazione primaria (v. art. 86, comma 3, del d.lgs. n. 259/2003), lungi dal liberalizzare “in toto” l’insediamento di simili impianti e dal sacrificare le attribuzioni comunali in tema di disciplina dell’uso del territorio, rivela esclusivamente la volontà normativa di qualificare sotto il profilo urbanistico le relative strutture, e dunque, pur orientando conseguentemente le scelte localizzative rimesse al vaglio delle Autorità locali, non impedisce loro l’esercizio delle ordinarie competenze a tutela del corretto assetto urbanistico-edilizio delle aree interessate.

A tali considerazioni il Collegio ritiene di poter tuttora aderire, avendo la giurisprudenza osservato che strumenti programmatori del genere, per assolvere la funzione di introduzione di criteri minimi di conoscenza preventiva e di pianificazione dell’installazione degli impianti, soddisfano la fondamentale esigenza di razionalità dell’azione amministrativa, onde non sono in sé illegittimi, a meno che in concreto non ne derivi una dilatazione dei tempi per il rilascio delle prescritte autorizzazioni – incompatibile con la necessità di una disciplina uniforme sul piano nazionale alla stregua delle superiori norme statali. Tale situazione di contrasto non sussiste, tuttavia, quando la disciplina locale prevede, in coerenza con l’assetto normativo della materia, termini perentori per la redazione del piano (v. Cons. Stato, Sez. VI, 21 giugno 2006 n. 3734; e, da ultimo, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VII, 21 marzo 2008 n. 1480).

Dunque, poiché l’art. 11 del “regolamento per l’installazione e l’esercizio degli impianti per telecomunicazioni per telefonia mobile e per televisione mobile” (approvato dal Comune di Parma con deliberazione consiliare n. 220/38 del 15 dicembre 2006) prevede una procedura di approvazione del «piano annuale complessivo delle installazioni» svincolata da termini perentori per la conclusione dell’iter, occorre prendere atto di un regime normativo locale che confligge “in parte qua” con il paradigma procedimentale tipizzato dalla disciplina statale e regionale.

Sotto questo limitato profilo, dunque, alla luce di un oramai consolidato indirizzo giurisprudenziale, il Collegio ritiene doveroso discostarsi da precedenti decisioni della Sezione, la quale aveva considerato satisfattiva delle esigenze di celerità dell’azione amministrativa l’astratta possibilità per i gestori di ovviare alle eventuali lungaggini dell’Autorità locale attraverso il ricorso, di volta in volta, ai rimedi giudiziali a tale fine ammessi dall’ordinamento.

Di qui la fondatezza della doglianza imperniata sull’illegittimo rinvio ad un «piano annuale complessivo delle installazioni» sottratto a tempi certi di approvazione e, quindi, assorbite le restanti censure, l’annullamento del regolamento comunale nella parte in cui non prevede un termine perentorio per la conclusione del procedimento di formazione del «piano» (art. 11), nonché l’annullamento della misura soprassessoria che, nel subordinare la prosecuzione dell’istruttoria all’approvazione del «piano», ha lasciato indefinito il termine entro il quale il relativo procedimento deve essere ultimato.

E’ appena il caso di rilevare, poi, che non si oppone all’annullamento “in parte qua” del regolamento comunale la circostanza che la società ricorrente non ne abbia puntualmente indicato gli estremi e che, anzi, abbia richiamato (pag. 3) la previgente disciplina, tenuto conto del costante orientamento giurisprudenziale secondo cui l’oggetto del gravame non deve essere individuato avendo riguardo formalisticamente all’epigrafe del ricorso o alle sue conclusioni, ma occorre fare riferimento a criteri sostanziali e non a mere prospettazioni formali, ricercando l’effettiva volontà del ricorrente, desumibile dal contesto dello stesso ricorso e da ogni altro elemento utile, ancorché l’atto impugnato sia stato indicato in modo non preciso o erroneo (v., ex multis, T.A.R. Lazio, Sez. III, 5 novembre 2007 n. 10852); sicché nella fattispecie è sufficiente che si sia voluto censurare il regolamento recante la disciplina del «piano annuale complessivo delle installazioni» e che la normativa vigente sia agevolmente identificabile.

Quanto all’istanza risarcitoria, infine, va considerato che, per costante giurisprudenza, l’interessato ha, in simili casi, l’onere di dare concreti e circostanziati elementi di prova circa i danni subiti in dipendenza degli atti impugnati (v., ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 10 novembre 2008 n. 5585), tanto più che il ricorso al criterio equitativo ex art. 1226 cod.civ. è ammissibile solo per l’accertamento dell’entità del danno (quando risulti impossibile dimostrarne l’ammontare preciso), non anche per la prova della sua esistenza, a tanto dovendo provvedere chi agisce in giudizio, secondo il principio generale desumibile dall’art. 2697 cod.civ. e dall’art. 115 cod. proc. civ.

Non avendo la società ricorrente addotto alcunché a dimostrazione di eventuali pregiudizi patrimoniali determinatisi “medio tempore”, il Collegio non può dunque che disattendere la domanda.

La peculiarità delle questioni esaminate giustifica la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia-Romagna, Sezione di Parma, pronunciando sul ricorso in epigrafe lo accoglie parzialmente e, per l’effetto, annulla il “regolamento per l’installazione e l’esercizio degli impianti per telecomunicazioni per telefonia mobile e per televisione mobile” – limitatamente all’articolo 11 e nei sensi di cui in motivazione – nonché il provvedimento del 07.05.2008, prot. n. 81577, limitatamente alla parte soprassessoria.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Parma nella camera di consiglio del giorno 23 giugno 2009 con l’intervento dei Magistrati:

Luigi Papiano, Presidente

Italo Caso, Consigliere

Emanuela Loria, Primo Referendario, Estensore

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 22/09/2009

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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