TAR CAMPANIA, Napoli, Sez II – 11 settembre 2009, n.4949 DIRITTO URBANISTICO

DIRITTO URBANISTICO – Lavori di rifacimento di ruderi – Titolo abilitativo – Nuova costruzione – Concetto giuridico di rudere – Fattispecie: organismo edilizio dotato di sole mura perimetrali. I lavori di rifacimento di ruderi, di un edificio già da tempo demolito o diruto sono qualificabili come nuova costruzione, con necessità di un’apposita concessione edilizia o titolo corrispondente, secondo la vigente normativa. Nel concetto giuridico di rudere rientra, senza dubbio, il caso relativo al rifacimento di un organismo edilizio dotato di sole mura perimetrali, e privo di copertura, con conseguente non invocabilità della disposizione urbanistica che consente il mantenimento dei volumi preesistenti, e quindi la mera ristrutturazione e non la nuova costruzione. Pres.d’Alessandro, Est. Pappalardo – F. s.r.l. (avv. Parisi) c. Comune di Crispano (avv.ti Barbagallo e Barone) – TAR CAMPANIA, Napoli, Sez II – 11 settembre 2009, n.4949

N. 06524/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania
(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 6524 del 2006, proposto da:
Fiorann S.r.l., in persona del legale rapp.te p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Antonio Parisi, presso cui elett.te dom. in Napoli, via S. Aspreno N. 13;

DIRITTO

Giusta quanto anticipato nella premessa in fatto, la società ricorrente quale attuale proprietaria dell’immobile sito alla via Marconi 2, ha richiesto permesso di costruire per mutamento di destinazione d’uso del fabbricato anzidetto ed in ordine alla domanda il Comune ha emesso provvedimento di diniego .
Al riguardo, la società Fiorann contesta una serie di elementi relativi ai dati tecnici contenuti nel progetto proposto, alle volumetrie ivi previste, ed all’esatto regime dell’area individuato nel piano regolatore generale; lamenta in sostanza che l’avversato diniego è frutto di una istruttoria superficiale ed inadeguata ed insiste sulla qualificazione dell’intervento quale ristrutturazione senza sostituzione edilizia, con mutamento di destinazione d’uso del fabbricato consentito dalle prescrizioni urbanistiche vigenti..
Deve rilevarsi che la natura e consistenza dell’intervento edilizio proposto risulta precisata attraverso i chiarimenti resi dal Comune, e soprattutto la verificazione disposta dal Collegio, nei termini che seguono.
In primo luogo, va rilevato che la stessa amministrazione in sede di riesame del provvedimento di diniego, ha abbandonato il motivo ostativo relativo alla mancanza di titolarità della FIORANN; prendendo atto del subentro nella proprietà del bene oggetto di richiesta di permesso di costruire.
Quanto alla contestata difformità dello stato dei luoghi dal titolo edilizio, ed alle altre obiezioni di carattere tecnico, -principalmente destinazione dell’area cortilizia ed impossibilità di considerare ai fini volumetrici quei volumi impegnati dagli essiccatoi del fabbricato rurale, va fatto riferimento agli elementi di fatto accertati dalla verificazione disposta .
Anche in tal caso,deve preliminarmente rilevarsi che l’amministrazione intimata a seguito del riesame del diniego, ha eliminato i riferimenti alla difformità dello stato dei luoghi dai titoli edilizi che sorreggono il fabbricato, prendendo atto della previsione in progetto di eliminazione di tutte le superfetazioni non conformi.

La verificazione tecnica ha accertato:

a) sul primo quesito: descrizione dell’intervento proposto, specificando se si tratti di demolizione e ricostruzione, ovvero di ristrutturazione dell’esistente; e comunque se siano previsti aumenti di volumetria e sagoma rispetto agli edifici attualmente esistenti; la consulenza di ufficio distingue tra i due corpi di fabbrica di cui è composto il compendio immobiliare, corpo A e B. La relazione di verifica precisa che si tratta di un intervento proposto su due fabbricati in aderenza, di cui il primo, denominato corpo A (NCEU foglio 4 mappale 686) è apprezzabile in termini volumetrici, sì che il relativo intervento è qualificabile come ristrutturazione edilizia con mutamento di destinazione di uso ;mentre il secondo,denominato corpo B è in stato di rudere, sì che il relativo intervento è da qualificare come edificazione ex novo, non potendo il preesistente edificio essere individuato nei suoi elementi essenziali, e mancando dunque il presupposto per poter radicare una ipotesi di ristrutturazione edilizia. Assume quindi che rispetto a tale corpo deve parlarsi di nuova costruzione. Conseguentemente, anche il quesito teso ad accertare se siano previsti aumenti di volumetria, o variazioni di sagoma ha ricevuto risposta negativa per il corpo A ,mentre per il corpo B si afferma che non si può procedere con sufficiente grado di certezza alla ricognizione degli elementi strutturali che determinano volumetria e sagoma dell’esistente, essendo il fabbricato allo stato di rudere. Naturalmente, la relativa qualificazione giuridica, posti incontestati gli accertamenti in punto di fatto, spetta al Collegio, e va ricostruita come di seguito sarà precisato.

b) sul secondo quesito: se il progetto prevede l’ eliminazione delle superfetazioni ,che il Comune indica quali motivi ostativi all’accoglimento della domanda di permesso di costruire; la verificazione precisa che tale eliminazione è prevista per il corpo A- non ovviamente per il corpo B atteso lo stato di rudere

c) sul terzo quesito: se il cortile ricadente in zona D3 sia area di sedime di fabbricati da realizzare, ovvero come dedotto in ricorso preveda solo area attrezzata a camminamenti a verde con rinuncia alla utilizzazione del cortile secondo la destinazione commerciale; il funzionario ha accertato che il cortile non è area di sedime dei fabbricati da realizzare, ma solo area di passaggio-

d) sul terzo quesito: se nell’area interessata dalla richiesta in oggetto, e ricadente in zona A siano ammessi interventi di ristrutturazione edilizia che comportino cambio di uso, e se il proposto cambio risulti compatibile con le categorie edilizie previste per detta zona omogenea dalle NTA; la verificazione attesta che la zona di PRG interessata dall’intervento è qualificata come A conservativa vecchio centro, sottoposta alla disciplina dell’art. 7 delle NTA che- nelle more dell’approvazione del piano particolareggiato- non consente l’edificazione in aree libere, ma solo interventi di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia di cui all’art. 3 DPR 380/01 , nonchè sostituzione nel caso di insieme urbanistici chiaramente definibili, alle condizioni e limiti previsti dall’art. 7 comma 13 e con un limite volumetrico assoluto di 3 mc/mq anche in caso di maggior volume preesistente-
quanto all’ulteriore richiesta di precisare se l’area interessata dalla richiesta di permesso di costruire rientri tra quelle soggette a piani di recupero ( cd. puntinato scuro sulla tavola di zonizzazione), ovvero se si tratti di area conservativa- vecchio centro, e in tal caso, se la tabella allegata alle NTA del PRG contenga o meno i parametri edilizi ai fini della edilizia di sostituzione consentita. La verificazione precisa che l’area è indicata in puntinato chiaro sulla tavola, quindi soggetta al limite dei piani esecutivi nella ipotesi di nuova edificazione. In sintesi, in tale area sono ammessi interventi di ristrutturazione edilizia che comportano cambio di destinazione di uso, ma non la nuova costruzione legata al lotto minimo di 1000 mq, lotto minimo che come accertato in seguito la verificazione, non è riscontrato. Nella specie il funzionario precisa che non si verte in tema di demolizione e ricostruzione (cd intervento sostitutivo) , ma di mera ristrutturazione solo per il corpo A;

e) sull’ulteriore quesito: ubicazione ed originarie caratteristiche costruttive e tipologiche dei fabbricati che sono stati considerati dal Comune quali volumi tecnici ( cd. essiccatoi) . La relazione attesta che gli essiccatoi non erano locali tecnici in senso proprio , ma locali indispensabili al sistema produttivo che si svolgeva nella fabbrica, e testimonianza di una attività in disuso per sopravvenuta tecnologia. L’eccedenza volumetrica, è stata contestata dla Comune in riferimento al fatto che gli essiccatoi erano aperti per un lato; si precisa inoltre che per l’edificio B non vi è preesistenza volumetrica.

f) sulla misurazione dei due lotti dei quali si invoca l’asservimento: è stato accertato che si tratta di lotti in zone omogenee diverse, e l’asservimento non è consentito per zone omogenee con diversa destinazione urbanistica; non è rispettato quindi il lotto minimo previsto per l’intervento di sostituzione edilizia in zona A pari a 1000 mq;

g) sul procedimento di approvazione della modifica al regolamento edilizio che ha interessato l’art. 36 : vi è stata adozione del regolamento con delibera della commissione straordinaria 21.3.2006 n. 29- pubblicazione dell’avvenuto deposito della delibera; controdeduzione alle osservazioni con delibera n. 14.9.2006 n. 78 ed approvazione del nuovo Regolamento edilizio, pubblicazione sul BURC n. 49 del 30.10.2006- precisando che l’atto impugnato risale ad agosto 2006.

Dall’ insieme degli elementi accertati tramite la verificazione la questione giuridica sottoposta all’esame del Collegio , in ordine alla legittimità dell’avversato diniego, si concentra su due elementi: si tratta in sostanza di stabilire se, poste le caratteristiche morfologiche del corpo B dell’edificio, possa parlarsi anche con riferimento a quest’ultimo di una ristrutturazione edilizia, o piuttosto se il relativo intervento debba qualificarsi di nuova costruzione; nonché di qualificare la natura giuridica dei locali destinati in passato ad essiccatoi siti nel corpo A, ovvero se siano o meno riconducibili a volumi tecnici.

Da tali qualificazioni discende la ricostruzione in termini di legittimità o meno dell’avversato diniego, che è incentrato sul predicato del Comune dell’intervento come nuova costruzione, nonché sulla impossibilità di computare la pregressa consistenza volumetrica dei locali cd. essiccatoi, in ragione della loro originaria destinazione di uso.

La relazione di verificazione al riguardo afferma che il primo edificio , denominato corpo A (NCEU foglio 4 mappale 686) è apprezzabile in termini volumetrici, sì che il relativo intervento è qualificabile come ristrutturazione edilizia con mutamento di destinazione di uso ;mentre il secondo,denominato corpo B è in stato di rudere, sì che il relativo intervento è da qualificare come edificazione ex novo, non potendo il preesistente edificio essere individuato nei suoi elementi essenziali, e mancando dunque il presupposto per poter radicare una ipotesi di ristrutturazione edilizia. Assume quindi che rispetto a tale corpo deve parlarsi di nuova costruzione.

Dette conclusioni sono ad avviso del collegio condivisibili, in quanto fondate su validi elementi logico- giuridici.

Occorre prioritariamente qualificare l’intervento relativo al corpo B, precisandosi se possa considerarsi volume preesistente la definizione rinvenibile attraverso le mura perimetrali , e la traccia del solaio, allo stato crollato.
Per la giurisprudenza, onde considerarsi verificata una preesistenza , deve sussistere una parte dell’opera muraria, anche se ridotta a rudere, sì da rendere possibile la individuazione dei connotati essenziali del manufatto originario, in modo da poter “fotografare” la sua fedele ricostruzione.
Di qui consegue la infondatezza dell’assunto di parte difensiva secondo cui i lavori oggetto di contestazione sarebbero consistiti in un mero intervento di ristrutturazione edilizia consentito per la zona omogenea in questione, trattandosi in parte qua di intervento correttamente qualificato dall’amministrazione come “nuova costruzione” .
La nozione di ristrutturazione, sebbene ulteriormente estesa per effetto delle disposizioni contenute nell’art. 3 d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, si distingue ora pur sempre da quella di nuova costruzione per la necessità che la ricostruzione sia identica per sagoma, volumetria e superficie al fabbricato demolito (T.A.R. Marche, 07 aprile 2006 , n. 139; Consiglio Stato , sez. V, 01 aprile 2006 , n. 2085).
Per giurisprudenza pacifica, anche di questo Collegio, i lavori di rifacimento di ruderi, di un edificio già da tempo demolito o diruto sono qualificabili come nuova costruzione, con necessità di un’apposita concessione edilizia o titolo corrispondente, secondo la vigente normativa. E nel concetto giuridico di rudere rientra, senza dubbio, il caso di specie relativo al rifacimento di un organismo edilizio dotato di sole mura perimetrali, e privo di copertura, con conseguente non invocabilità nel caso in esame della disposizione urbanistica che consente il mantenimento dei volumi preesistenti, e quindi la mera ristrutturazione e non la nuova costruzione.
Quanto al contestato aumento di volume per il corpo A , il funzionario incaricato della verificazione, pur ammettendo la preesistenza dello stesso e la sua configurazione in termini planovolumetrici, aggiunge che rispetto alla concessione edilizia n. 38/1981 il secondo piano del fabbricato sarebbe arbitrariamente chiuso su tre lati. Tale titolo edilizio assentiva una sopraelevazione al secondo piano destinata a stenditoio per l’essiccazione del pellame lavorato , quindi un secondo livello destinato ad essiccatoio di altezza totale mt 4. Va premesso che essiccatoio è un locale areato ove si esponeva il pellame prima della lavorazione, assentito in tale misura ed in tale funzione dall’ indicata concessione edilizia, e in relazione al quale peraltro l’amministrazione intimata non risulta avere mai contestato illeciti edilizi o difformità rispetto ai titoli assentiti. Considerato, quindi, che il verificatore attesta che per l’edificio A non sono previsti aumenti di volumetria e variazioni di sagoma rispetto all’attuale configurazione dei luoghi, può concludersi che la preesistenza volumetrica va ritenuta verificata con riferimento a tutti i due livelli superiori dell’edificio A.
Va infine esaminato il rilievo che si verificherebbe un aumento non consentito delle volumetrie (attraverso la trasformazione dei volumi pertinenziali dell’essiccatoio pelli in volumi residenziali). Alla luce di quanto accertato, e descritto in sede di verificazione, i volumi citati non possono considerarsi tecnici, poiché ab origine funzionali alla pregressa attività agricola ( destinati ad ospitare impianti legati da un rapporto di strumentalità necessaria con l’utilizzazione dell’immobile). Il concetto di volume tecnico comprende invero ogni spazio destinato alla allocazione di impianti tecnici a servizio del manufatto e non può riferirsi a ben due piani in sopraelevazione di un edificio, per i quali è ben definita la funzione indispensabile al sistema produttivo che si svolgeva nella fabbrica, non trattandosi di una funzione meramente complementare o accessoria al resto dell’edificio.
Relativamente poi all’intervento richiesto per l’edificio A, restano da esaminare gli ulteriori motivi di diniego, con i quali si oppone la mancanza di piano attuativo.
La zona di PRG interessata dall’intervento è qualificata come “A “ – conservativa vecchio centro, sottoposta alla disciplina dell’art. 7 delle NTA che- nelle more dell’approvazione del piano particolareggiato- non consente l’edificazione in aree libere, ma solo interventi di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia di cui all’art. 3 DPR 380/01 , nonchè sostituzione nel caso di insieme urbanistici chiaramente definibili, alle condizioni e limiti previsti dall’art. 7 comma 13 e con un limite volumetrico assoluto di 3 mc/mq anche in caso di maggior volume preesistente.
Si è inoltre accertato che l’area interessata dalla richiesta di permesso di costruire non rientra tra quelle soggette a piani di recupero ( cd. puntinato scuro sulla tavola di zonizzazione), ma si tratta di area conservativa. La verificazione precisa al riguardo che l’area è indicata in puntinato chiaro sulla tavola, quindi soggetta al limite dei piani esecutivi nella ipotesi di nuova edificazione. In sintesi, in tale area sono ammessi interventi di ristrutturazione edilizia che comportano cambio di destinazione di uso, ma non la nuova costruzione legata al lotto minimo di 1000 mq, lotto minimo che come accertato dalla verificazione, non è riscontrato.
Nella specie il funzionario precisa che non si verte in tema di intervento sostitutivo, ma di mera ristrutturazione solo per il corpo A, e pertanto anche in tal caso deve ritenersi che il requisito del lotto minimo è richiesto per le sole nuove costruzioni.
Sempre con riferimento al solo edificio A, illegittimo è anche il motivo di diniego basato sulla mancanza di un piano di recupero, in quanto smentito in fatto dalla circostanza che per la zona in questione non è richiesta la previa approvazione di piano attuativo (l’area interessata non è contrassegnata con il retino scuro indicato nella tavole planimetrica di zonizzazione del PRG e quindi non è soggetta a piano di recupero); di qui l’erroneità del riferimento all’art. 9 co 2 DPR 380/01.
Infine, il diniego fa riferimento alla impossibilità di utilizzare a scopi residenziali il volume destinato a fabbricato rurale, secondo la condizione ostativa posta dall’art. 36 del regolamento edilizio. Nella sostanza, detto art. 36 fa divieto di adibire locali e pertinenze agricole a funzioni residenziali, ma ciò non potrebbe che riferirsi alle residenze in zona A, cui è impressa la destinazione conservativa -vecchio centro.
Va osservato che l’art. 36 è frutto di una modifica deliberata il 21.3.2006 dalla commissione straordinaria e non ancora in vigore al momento dell’avversato diniego: invero, a mente dell’art. 29 LR 16/2004, il Ruec è adottato dal consiglio comunale, depositato presso la sede del Comune al fine di provocare osservazioni nei 30 gg. ; scaduto il termine per le osservazioni, nei successivi 30 gg. lo stesso va approvato contestualmente alla decisione sul osservazioni, e quindi trasmesso per la pubblicazione.

Dispone il citato Articolo 29:

“1. Il Ruec è adottato dal consiglio comunale e depositato presso la sede del comune. Del deposito è data notizia su due quotidiani a diffusione regionale. Ulteriori forme di pubblicità possono essere determinate dagli statuti comunali.
2. Nel termine di trenta giorni dal deposito chiunque può presentare osservazioni al Ruec adottato. Entro i trenta giorni successivi alla scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni, il consiglio comunale approva il Ruec, decidendo contestualmente in ordine alle osservazioni, sempre in coerenza con il Puc e le Nta. Della approvazione è dato avviso mediante pubblicazione sul bollettino ufficiale della regione Campania. Copia integrale del Ruec è trasmessa alla provincia e depositata presso la casa comunale per la libera consultazione.

3. Il Ruec è approvato contestualmente all’approvazione del Puc ed entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

4. Le varianti e gli aggiornamenti al Ruec sono sottoposti al procedimento di formazione di cui al presente articolo.”

All’atto della pubblicazione, che a mente del comma 4 dell’art 29 comporta la entrata in vigore del regolamento, la domanda di permesso di costruire era pendente, atteso che l’atto impugnato risale all’agosto 2006 e la pubblicazione nella specie risulta compiuta ad ottobre 2006.

In ogni caso, anche qualora volesse considerarsi applicabile la norma al procedimento in esame, deve rilevarsi che il regolamento edilizio non potrebbe incidere, modificandole , sulle disposizioni del PRG che è fonte sovraordinata. Lo stesso articolo 29 citato sottolinea come le disposizioni del regolamento devono porsi in coerenza con il PUC e con le relative norme tecniche di attuazione. Se pertanto tali disposizioni consentono in zona A il cambio di destinazione di uso, non può con regolamento edilizio elidersi tale possibilità.

La domanda va conclusivamente accolta, salvo gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione in sede di esame della domanda di cui in epigrafe.

Attesa la complessità delle questioni trattate sussistono giusti motivi per dichiarare integralmente compensate le spese di lite tra le parti, ivi compreso il contributo unificato e le spese di verificazione, che si liquidano come da dispositivo in favore dell’architetto Felicia Sembrano.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania – sede di Napoli – Sezione Seconda definitivamente pronunciando sulla domanda in epigrafe, così provvede:

a) accoglie la domanda per quanto di ragione e per l’effetto annulla la nota n. 8580 del 4.8.2006 del responsabile UTC con cui è stata respinta la domanda di permesso di costruire presentata il 17.10.2005 dai sigg. Sarnelli- Cennamo, nei sensi di cui in motivazione e salvo gli ulteriori provvedimenti della P.A.;

b) spese compensate, ivi comprese quelle relative al contributo unificato e le spese di verificazione, che si liquidano in favore dell’Architetto Felicia Sembrano in complessivi Euro 1200,00.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 23/07/2009 con l’intervento dei Magistrati:

Carlo d’Alessandro, Presidente
Dante D’Alessio, Consigliere
Anna Pappalardo, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/09/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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