T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 14-01-2011, n. 50 Armi da fuoco e da sparo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il sig. C.L. impugna, con il ricorso in esame, il decreto con cui il Questore della Provincia di Mantova ha respinto l’istanza dello stesso volta al rinnovo della licenza e del relativo porto di fucile uso caccia: ciò in ragione della segnalazione del Comando dei Carabinieri secondo cui il richiedente era stato denunciato per omessa denuncia del trasferimento di residenza, avvenuto senza autorizzazione al trasporto delle armi, nonché arrestato per porto abusivo di armi e possesso ingiustificato di chiavi alterate e grimaldelli. Ne è derivata una valutazione negativa in termini di permanenza dei requisiti necessari al rilascio delle autorizzazioni di Polizia in materia di armi, la quale ha determinato il rigetto della domanda.

Tale provvedimento negativo ha formato oggetto di ricorso amministrativo, il cui esito è censurato dal sig. C., in considerazione del fatto che, preso atto dei fatti posti a base del primo diniego, anche il Prefetto ha confermato la carenza dei requisiti in questione.

Il ricorrente lamenta, quindi:

1. omessa convocazione e audizione del ricorrente, nonostante tale richiesta fosse stata puntualmente esplicitata nel ricorso. La mancata audizione integrerebbe, quindi, la violazione del disposto della legge n. 689/81, con conseguente nullità del provvedimento impugnato;

2. violazione e falsa applicazione degli artt. 10,11 e 43 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, eccesso di potere per carenza, insufficienza ed apoditticità della motivazione e carenza di istruttoria. Al ricorrente è stato contestato il fatto di essere venuto meno a quella diligenza che il titolare di una autorizzazione in materia di armi è tenuto ad osservare nell’interesse della sicurezza propria ed altrui, ma né l’art. 11, né l’art. 43 del T.U.L.P.S. prevedono, tra le ipotesi che escludono la possibilità del rilascio dell’autorizzazione di polizia, quella ora descritta. Per quanto attiene all’ arresto per porto abusivo di armi e possesso ingiustificato di chiavi alterate e grimaldelli, infine, esso non ha mai condotto ad una condanna, essendo stato l’imputato assolto dai reati contestati. Al ricorrente non potrebbero, quindi, essere contestati comportamenti tali da determinare la revoca della licenza di caccia e del relativo porto d’armi;

3. carenza di elemento soggettivo: lo stesso sig. C., dopo aver trasferito la propria residenza da Taranto a Viadana, si è presentato presso la locale stazione dei Carabinieri per denunciare il possesso delle armi. In tale occasione gli è stato contestato il trasporto delle armi senza la necessaria autorizzazione, ma la evidente buona fede dello stesso non può che condurre ad escludere la configurabilità di qualsiasi violazione ai sensi della legge n. 689/81, proprio per mancanza dell’elemento soggettivo. In ogni caso, in ventotto anni di possesso del porto d’armi al ricorrente non è mai stato contestato alcun abuso, con la conseguenza che il giudizio probabilistico sulla pericolosità dovrebbe condurre ad un esito negativo.

L’Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio ha eccepito l’infondatezza del ricorso.

Parte ricorrente ha, quindi, depositato una memoria di replica lo stesso giorno dell’udienza pubblica del 16 dicembre 2010, in cui la causa, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

Deve essere preliminarmente dichiarata l’inammissibilità del ricorso avverso il provvedimento di diniego del rinnovo di porto d’armi, per tardività dello stesso e per carenza di interesse alla sua caducazione attesa la sopravvenuta notificazione della decisione sul ricorso gerarchico presentato avverso il suddetto provvedimento.

Ciò premesso, pur prescindendo dal contenuto della memoria depositata fuori termine, peraltro ribadito in sede di discussione orale, nella parte restante il ricorso appare meritevole di positivo apprezzamento.

Il provvedimento di rigetto del ricorso gerarchico, infatti, si fonda esclusivamente sulla considerazione della mancata comunicazione del cambio di residenza e della correlata mancata assunzione dell’autorizzazione al trasporto nel trasferimento e cioè su uno solo dei motivi che avevano determinato il rigetto del rinnovo di porto d’armi da parte del Questore della Provincia di Mantova.

Tale rigetto risultava, infatti, motivato anche da un arresto, avvenuto nel 1975, per i reati di porto abusivo di armi e possesso ingiustificato di chiavi alterate e grimaldelli.

A prescindere dal fatto che a quest’ultimo evento non è seguita alcuna condanna, ciò che appare determinante, in un’ottica di valutazione dell’affidabilità del soggetto, è che dalla contestazione dei fatti risultano essere trascorsi venticinque anni, senza che all’odierno ricorrente sia mai stato contestato alcun ulteriore reato.

Correttamente, quindi, in sede di decisione del ricorso gerarchico, non è stata data alcuna rilevanza a tale fatto, valorizzando esclusivamente il comportamento non rispettoso della normativa che impone la tempestiva comunicazione di ogni cambio di residenza e la necessità di ottenere l’autorizzazione per il trasporto delle armi al di fuori dei casi in cui risulti strumentale all’esercizio dell’attività per cui è rilasciata la licenza (uso caccia, nel caso di specie).

Incontestata la evidenziata violazione degli obblighi di diligenza imposta ai titolari di un’autorizzazione di polizia, il Collegio ritiene, peraltro, nel caso di specie, che il comportamento del sig. C., che ha provveduto esso stesso a denunciare l’avvenuto trasferimento delle armi, conduca ad escludere quel venire meno dell’affidabilità del soggetto che sta alla base anche della prevista sanzione della decadenza dell’autorizzazione in caso di mancata comunicazione del trasferimento delle armi.

È pur vero, infatti, che, ai sensi dell’art. 34 del R.D. 773/1931: "Il commerciante, il fabbricante di armi e chi esercita l’industria della riparazione delle armi non può trasportarle fuori del proprio negozio od opificio, senza preventivo avviso all’autorità di pubblica sicurezza.

L’obbligo dell’avviso spetta anche al privato che, per qualunque motivo, deve trasportare armi nell’interno dello Stato.".

La violazione della suddetta disposizione e dell’art. 38 dello stesso T.U. – il quale recita: "Chiunque detiene armi, munizioni o materie esplodenti di qualsiasi genere e in qualsiasi quantità deve farne immediata denuncia all’ufficio locale di pubblica sicurezza o, se questo manchi, al comando dei reali carabinieri." – configura un reato.

A tale proposito la giurisprudenza del giudice penale chiarisce come l’imposizione dell’obbligo di denunciare le armi detenute nella propria abitazione sia finalizzata a rendere possibile quel controllo che l’autorità di pubblica sicurezza ha facoltà di eseguire ai sensi dell’art. 38, ultimo comma, del Testo Unico leggi di Pubblica Sicurezza; a tal fine, la denuncia deve essere necessariamente ripetuta ogni qual volta il detentore si trasferisce in una diversa abitazione ivi trasportando le sue armi (in tal senso Cass., sez. I, 1/16 ottobre 2009 n. 40173; Cass., sez. I, n. 1708 del 2008).

Ciononostante il Collegio ritiene che, privilegiando un’interpretazione ispirata alla ratio della norma, piuttosto che ad una sua applicazione letterale, la mera omissione della denuncia del trasferimento, cui ha poi provveduto spontaneamente lo stesso detentore delle armi, non possa di per sé essere sufficiente ad escludere l’affidabilità del portatore delle armi, con conseguente carenza di motivazione del provvedimento di rigetto del ricorso gerarchico.

Peraltro, considerato che la vicenda è scaturita dall’omissione di adempimenti imposti dalla legge al detentore di armi, si ritiene opportuno stabilire che gli effetti della sentenza decorrano dalla pubblicazione della stessa, così che gli effetti della mancata disponibilità delle armi e del titolo legittimante al loro uso ricadano integralmente sul detentore delle medesime armi, quale conseguenza immediata e diretta del mancato rispetto dell’onere di comunicazione imposto dalla legge nei termini ivi previsti.

Per le stesse ragioni le spese del giudizio possono trovare compensazione tra le parti in causa.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara in parte inammissibile e per la parte rimanente lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento indicato in motivazione, con effetto a decorrere dalla data di pubblicazione della presente sentenza.

Dispone la compensazione delle spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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