Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 03-12-2010) 18-01-2011, n. 1061 Frode nell’esercizio del commercio Indicazioni obbligatorie

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il tribunale del riesame di Salerno,con ordinanza del 5 marzo del 2010, rigettava l’istanza avanzata nell’interesse di P. S., quale legale rappresentante della ditta La Doria S.P.A. di (OMISSIS), diretta ad ottenere la revoca del sequestro preventivo di 3446 barattoli di pomodori risultati privi del codice identificativo del lotto di produzione e della data di produzione, disposto in danno del predetto, quale indagato per il delitto di tentata frode in commercio.

Secondo l’ipotesi accusatoria recepita dal giudice per le indagini preliminari, La Doria S.P.A. aveva consegnato per il confezionamento i barattoli oggetto del sequestro alla DEFIAP S.r.l. perchè la stessa provvedesse alla successiva commercializzazione, dopo avere apposto sui barattoli delle etichette false, non solo in ordine al lotto di produzione, ma anche alla società produttrice.

Ricorre per cassazione l’interessato per mezzo del proprio difensore deducendo:

la violazione del D.Lgs. n. 109 del 1992, artt. 2, 14 e 27 perchè la ricostruzione del tribunale si fonda sull’erronea premessa che esiste l’obbligo giuridico di apporre i codici identificativi del produttore e dell’anno di produzione contestualmente al riempimento del contenitore; sostiene che nella fattispecie la merce era ancora nella disponibilità giuridica del produttore, in quanto solo materialmente si trovava presso il deposito della ditta DEFIAP (in forza di apposito contratto di completamento del ciclo di lavorazione con le operazioni di etichettatura dei barattoli, previo scarto degli eventuali esemplari difettosi;

la violazione degli artt. 56 e 525 c.p., in quanto si è erroneamente ravvisata una condotta inequivocabilmente idonea a trarre in inganno i futuri acquirenti delle confezioni di conserva di pomodoro sulla base della mera assenza di qualsiasi indicazione sulle confezioni del produttore; la tesi del tribunale si fonda su mere congetture ossia sull’illazione che la mancanza delle indicazioni fosse preordinata a future etichettature fraudolente, invece, la mancata contestuale indicazione riscontrata dagli inquirenti era dipesa dal mancato funzionamento della macchine aziendali per improvvise e temporanee carenze di erogazione di energia elettrica.

Motivi della decisione

Il ricorso va respinto perchè infondato.

La tesi del ricorrente si fonda sulla premessa dell’insussistenza dell’obbligo giuridico a carico del produttore di conserve di pomodoro di procedere all’apposizione litografata dei codici alfanumerici, indicativi dell’anno di produzione e del lotto di produzione, nonchè sul fatto che la mancata apposizione dei dati identificativi contestualmente alla produzione era dipesa da un cattivo funzionamento delle relative macchine.

L’assunto è infondato.

Il D.P.R. 11 aprile del 1975, n 428, art. 7 con cui è stato approvato il Regolamento di esecuzione della L. 10 marzo del 1969, n. 96, concernente l’istituzione di un controllo qualitativo delle esportazioni di pomodori pelati e concentrati di pomodoro, come modificato dal D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 109, art. 27, tra l’altro, dispone che: i contenitori dei prodotti di cui al presente decreto fabbricati in Italia e destinati al consumatore, oltre alle menzioni obbligatorie prescritte dalle norme generali in materia di etichettatura, devono riportare il nome o la ragione sociale o il marchio depositato della sede del fabbricante; la sede dello stabilimento; una dicitura di identificazione del lotto impressa o litografata o apposta in maniera indelebile sul contenitore o sul dispositivo di chiusura" Da ciò consegue che i barattoli contenenti pomodori o conserve di pomodoro non possono uscire dalla stabilimento produttivo senza l’indicazione dei dati identificativi. Tali indicazioni devono essere apposte al momento del confezionamento. La contestualità, ancorchè non espressamente prevista dalla norma richiamata, si desume dal sistema perchè dal confezionamento decorre la data di scadenza del prodotto o del termine minimo di conservazione. Spostare in avanti la data di produzione equivale anche a posticipare quella di scadenza del prodotto. La contestualità ha anche la finalità di evitare frodi comunitarie effettuate mediante l’immissione sul mercato di eccedenze produttive.

Il Ministero per le attività produttive, con la circolare richiamata dal tribunale, ha puntualizzato che l’apposizione dei dati identificativi va effettuata al momento dell’iscatolamento e che un eventuale malfunzionamento delle macchine preposte all’apposizione dei dati identificativi deve essere immediatamente segnalato ai Servizi regionali.

Il riferimento al D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 109, art. 14 contenuto nel ricorso, secondo il quale per i prodotti alimentari preconfezionati destinati al consumatore ma commercializzati in una fase precedente alla venditele indicazioni di cui all’art. 3, ossia la denominazione di vendita, la data di conservazione ecc, possono figurare soltanto su un documento commerciale relativo a detti prodottile è garantito che tale documento sarà unito ai prodotti cui si riferisce al momento della consegna, non è pertinente perchè l’art. 14 richiamato dal ricorrente si riferisce a prodotti alimentari diversi dai barattoli di pomodoro. Per questi ultimi il citato D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 109, art. 27 prescrive che i dati identificativi devono essere apposti in maniera indelebile sui contenitori.

Il mancato funzionamento delle macchine predisposte per l’apposizione dei dati identificativi,non risulta denunciato ai competenti uffici regionali.

Caduta la premessa dalla quale parte il ricorrente, viene meno anche l’enunciato sull’astratta configurabilità del reato ipotizzato dalla pubblico accusa.

In proposito, premesso che in materia di sequestro preventivo il giudice non deve accertare la penale responsabilità dell’indagato, ma deve verificare che l’ipotesi prospettata dall’accusa sia concretamente raffigurabile in base agli elementi processuali, si rileva che, eliminata la distinzione tra atti preparatori ed atti esecutivi, deve considerarsi idoneo a configurare il tentativo qualsiasi atto adeguato alla commissione del delitto in quanto capace, in base ad una valutazione prognostica, di contribuire in modo rilevante alla realizzazione dell’evento.

Orbene l’uscita dallo stabilimento di produzione di confezioni prive dei dati identificativi, mancando qualsiasi segnalazione su un eventuale malfunzionamento delle macchine predisposte per l’apposizione di tali dati, può, mediante l’apposizione di una data di produzione diversa da quella effettiva, costituire atto idoneo a porre in commercio prodotti aventi caratteristiche diverse da quelle effettive. Tale ipotesi nel caso concreto risulta avvalorata dalla circostanza che presso il depositario sono stati rinvenuti anche barattoli privi di segni identificativi, palesemente alterati.

Orbene, per la configurabilità del tentativo della frode in, commercio, anche se il prodotto non è ancora uscito dalla sfera di disponibilità del produttore (e nella fattispecie secondo i giudici del merito era uscito perchè già consegnato al depositario), è sufficiente che venga preparato con caratteristiche diverse da quelle dichiarate o prescritte dalla legge Confezionare un prodotto senza la contestuale apposizione dei dati identificativi imposti dalla legge equivale a preparare un prodotto destinato al commercio in maniera diversa da quella prescritta.

Alla stregua delle considerazioni svolte il ricorso va respinto con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

LA CORTE Letto l’art. 616 c.p.p. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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